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Sahara Occidental Politica Area Mediterranea 2009

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea Specialistica in


POLITICHE ED ECONOMIA DEL MEDITERRANEO

(classe 60/S – Relazioni internazionali)

LA QUESTIONE DEL SAHARA OCCIDENTALE


NELLA POLITICA DELL’AREA MEDITERRANEA

Tesi di Laurea in
Storia e Politica Internazionale del Mediterraneo

Relatore: Candidata:

Prof. ssa MARIA GRAZIA LUCIA CORRIDONI


BOTTARO PALUMBO

ANNO ACCADEMICO 2007/2008


Indice

Introduzione ....................................................................................................................... 6

Capitolo 1. Le origini del conflitto.................................................................................. 12


1. Le radici storico-culturali del Sahara Occidentale..................................................... 12
2. La colonizzazione spagnola ......................................................................................... 15
3. Il Marocco indipendente: movimenti anticoloniali e lo sviluppo di un’identità
nazionale saharawi .......................................................................................................... 21
4. La nascita del Fronte Polisario ................................................................................. 27
5. Il Piano di Autonomia di Franco e gli interessi di Hassan II: il Sahara tra il
Segreto di Stato e le Nazioni Unite .................................................................................. 32
6. La Marcia Verde e gli Accordi di Madrid ................................................................... 39
7. La fondazione della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) e
l’intensificarsi del conflitto.............................................................................................. 45
8. Verso l’inizio del Processo di Pace............................................................................. 53

Capitolo 2. Il Piano di Pace del 1991 e altri percorsi della via diplomatica (1991-
2006) .................................................................................................................................. 56
1. Il Piano di Pace: origine e contenuti ........................................................................... 56
2. I primi ostacoli e il blocco del processo di identificazione dei votanti ....................... 60
3. James Baker e il rilancio del processo di pace............................................................ 68
4. La “terza via” proposta dall'ONU: il Progetto di Accordo-Quadro (2001) ............... 72
5. Il Piano di Pace per l’autodeterminazione del Popolo del Sahara Occidentale (2003)
81
6. I negoziati in una nuova fase di stallo......................................................................... 86
7. Le violazioni dei diritti umani nei Territori Occupati................................................ 92

Capitolo 3. Mutamenti sociali e transizione politica in Marocco. La questione del


Sahara Occidentale nell’evoluzione dello Stato............................................................. 96
1. Un breve excursus sulla storia del Marocco. I primi anni dell’indipendenza............ 96
2. Effervescenza sociale e instabilità politica nel Marocco di Hassan II ..................... 104
3. Mohamed VI: il nuovo re tra continuità autoritaria e apertura democratica ......... 111
Le tesi sulla “marocchinità” del Sahara ........................................................................... 118
4. La conquista del Sahara Occidentale, tra causa nazionale e interessi economici .. 121
5. Il Piano di Autonomia marocchino........................................................................... 127

3
Capitolo 4. Il contesto internazionale ........................................................................... 133
1. Le implicazioni del conflitto nella “Sponda Sud” del Mediterraneo: le relazioni inter-
maghrebine .....................................................................................................................133
L’Unione del Maghreb Arabo .......................................................................................... 140
L’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA). L’Unione Africana............................... 142
2. La questione del Sahara Occidentale in seno all’Unione Europea. Le responsabilità
di Spagna e Francia nella costruzione di una posizione condivisa nell’Unione .........146
Le relazioni tra la Spagna e il Marocco............................................................................ 146
Il Marocco, “figlio” della madrepatria francese ............................................................... 153
La posizione dell’Unione Europea................................................................................... 155
La società civile e i governi locali nella questione del Sahara Occidentale ..................... 161
3. Al di là dell’Atlantico. La politica estera degli Stati Uniti nel conflitto del Sahara
Occidentale e il ruolo dell’America Latina ...................................................................164
L’America Latina e il Sahara Occidentale ....................................................................... 168
4. Le Nazioni Unite.........................................................................................................169

Capitolo 5. Il conflitto del Sahara Occidentale: dinamiche attuali, letture e


prospettive....................................................................................................................... 173
1. Le negoziazioni dirette tra il Marocco e il Fronte Polisario (2007-2008): gli incontri
di Manhasset...................................................................................................................173
2. Dopo Manhasset III e IV. Considerazioni e prospettive in incontri pubblici e
Conferenze Internazionali .............................................................................................188
EUCOCO 2008: la XXXIV Conferenza Europea di Coordinamento e di Sostegno al
Popolo Saharawi ........................................................................................................ 192
La Conferenza Internazionale sul Multilateralismo e il Diritto Internazionale di Pretoria,
Sudafrica. Carlos Ruiz Miguel: gli obblighi legali della Spagna in quanto Potenza
Amministratrice del Sahara Occidentale ................................................................... 197
L’intervento di Abdelhamid El Ouali. Autodeterminazione e il Conflitto del Sahara
Occidentale: la prospettiva marocchina..................................................................... 204
Frank Ruddy: Le Nazioni Unite e il Sahara Occidentale ................................................. 205
3. Il coinvolgimento delle potenze mondiali oggi. Gli interessi degli Stati Uniti,
dell’Europa e l’avvento della Cina nella regione..........................................................207
4. Possibile deriva islamista nel futuro del Fronte Polisario?......................................219

Conclusioni...................................................................................................................... 223

Appendice........................................................................................................................ 231
1. Cronología...................................................................................................................231
2. Documenti...................................................................................................................240
Il Parere della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, del 16 ottobre 1975, sulla
richiesta effettuata il 21 dicembre 1974 dal Regno del Marocco .............................. 240
Risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite .............................................. 244
Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ............................................ 259
Rapporti del Segretario Generale delle Nazioni Unite..................................................... 282
Risoluzioni e Raccomandazioni del Parlamento Europeo sulla situazione del Sahara
Occidentale ................................................................................................................ 350

4
La Proclamazione di Indipendenza della Repubblica Araba Saharawi Democratica (27
febbraio 1976) ........................................................................................................... 353
3. Elenco dei Paesi che hanno riconosciuto la RASD .................................................. 354
4. Mappe e immagini...................................................................................................... 355

Bibliografia ..................................................................................................................... 356


Fonti ............................................................................................................................... 356
Pubblicazioni.................................................................................................................. 361

5
Introduzione

La risoluzione 1514 (XV) del 14 dicembre 1960 costituisce il testo di riferimento delle
Nazioni Unite in materia di decolonizzazione. Votata l'anno in cui 16 nuovi stati africani
facevano il loro ingresso nelle Nazioni Unite, essa segna l'inizio di una vigorosa politica
anticoloniale guidata dal Movimento dei Paesi Non Allineati, che porterà alla creazione
del Comitato speciale sulla decolonizzazione nel 1961 1 . Essa sancisce il diritto
all'autodeterminazione per le popolazioni ancora soggette a qualsiasi forma di
colonialismo, condizionando questa possibilità al rispetto dell'unità e dell'integrità
nazionale.
La risoluzione 1541 (XV), votata il giorno successivo, precisa le modalità di esercizio di
tale diritto e prevede che il processo di emancipazione e maturazione del popolo in
questione, possa sfociare non solo nell'indipendenza, ma anche nell'associazione o
integrazione ad uno Stato già esistente.

E’ proprio nel caso unico di «decolonizzazione mancata 2 » che il Sahara Occidentale


rappresenta ancora oggi, e in particolare relativamente alle rivendicazioni avanzate in
sede ONU dal Marocco, che queste risoluzioni acquisiscono una notevole importanza. In
effetti esse hanno legittimato le diverse alternative di un Sahara Occidentale indipendente,
associato oppure integrato ad un altro Stato. Nel sostenere quest'ultima possibilità, il
Marocco si è appellato più volte a quel paragrafo della risoluzione 1514 che proclama
incompatibile con la Carta dell'Onu «ogni tentativo di distruggere parzialmente o
totalmente l'unità nazionale e l'integrità territoriale di un paese».

Grazie all'uscita dalla clandestinità del Frente Popular de Liberación de Saquiet el-
Hamra y Rio de Oro (Fronte Polisario), la lotta di autodeterminazione del popolo
saharawi assumerà una dimensione internazionale, presentandosi come lotta per
l'indipendenza, contraria al colonialismo spagnolo e alle tesi nazionaliste del Marocco.
L'impegno delle organizzazioni internazionali inviterà la Spagna a lasciare
definitivamente l'ex-colonia e a promuovere un referendum per l'autodeterminazione,
appoggiato anche dalla Corte Internazionale di Giustizia.

1
Il Comitato speciale sulla decolonizzazione è stato istituito con la Risoluzione 1654 (XVI) del 27 novembre 1961
2
Cfr. G. CALCHI NOVATI, La Nazione senza l'Africa: la difficile decolonizzazione dei possedimenti spagnoli, “Spagna
Contemporanea”, n. 22, 2002, p. 7.

6
Ma nel 1975 due eventi modificano radicalmente tali prospettive: la morte del Generale
Franco e le trattative per la spartizione del Sahara Occidentale tra il Marocco e la
Mauritania. In seguito ad esse, gli attacchi aerei dell'esercito marocchino e l'occupazione
di quei territori, costringeranno parte dei saharawi a cercare rifugio nel deserto algerino.
Proprio nei pressi dei campi profughi creati in quei luoghi, il 27 febbraio 1976, il Fronte
Polisario proclamerà la Repubblica Araba Saharawi Democratica.

Nonostante la questione del Sahara sia presente nell’agenda delle Nazioni Unite fin dal
1963, la comunità internazionale interverrà concretamente solo nel 1988: dal 1991 le
Nazioni Unite sono presenti nel Sahara Occidentale, per il monitoraggio del cessate il
fuoco fra Marocco e Polisario, e per organizzare un referendum che decida il futuro di
questa territorio, che scelga cioè fra l'integrazione con il Marocco e l'indipendenza, con
l'adozione del Piano per la Pace e l'istituzione della Missione delle Nazioni Unite per il
Referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO).
La complicità e l'inconciliabilità degli obiettivi delle parti interessate (Fronte Polisario,
Marocco, Algeria, Spagna, Francia e USA) hanno costituito ostacoli insuperabili. A causa
del boicottaggio sistematico di Hassan II, che non riconoscerà valide le liste dei votanti e
favorirà l'insediamento di nuovi coloni marocchini nel Sahara, il referendum atteso per il
1992, più volte rimandato, non avrà mai luogo. Per tutti gli anni Novanta, e fino ad oggi,
vi sono state molte proposte, negoziazioni e accordi per la risoluzione del contenzioso,
ma tutti sono falliti al momento della loro reale attuazione.

La situazione attuale è assai problematica e vede la popolazione saharawi divisa. Parte


continua a vivere nel Sahara Occidentale sotto l'occupazione marocchina, e parte nei
campi profughi. A questi va aggiunta una diaspora numerosa, prevalentemente in Spagna,
nelle isole Canarie, in Mauritania o nello stesso Marocco. In questa complessità
geografica, sociale e politica, il Fronte Polisario ha rinunciato progressivamente alle
azioni militari per intraprendere la via diplomatica.
Il 2007 avrebbe potuto rivelarsi un anno importante, forse risolutivo visto che i
rappresentanti del Marocco e del Fronte Polisario si incontrarono per nuovi negoziati
diretti, ma di fatto poco si é mosso. I termini delle negoziazioni sono cambiati spesso nel
corso di tutti questi anni, e oggi la posta in gioco è alta: seppur “congelato” questo
conflitto dura da troppo tempo e tutti gli attori coinvolti percepiscono l'importanza di
porvi fine in maniera definitiva ed equilibrata. La risoluzione del conflitto nel Sahara
occidentale rimane la chiave principale per qualsiasi successo di collaborazione fra
l'Europa e il Nord Africa.

Probabilmente, ed è ciò che emergerà in questo elaborato, la posizione più difficile è


quella del Fronte Polisario. Rinunciando alle armi, esso ha conquistato la fiducia e la
credibilità della comunità internazionale, ma un ennesimo fallimento della via
diplomatica potrebbe far degenerare la sfiducia della popolazione in un ritorno alla lotta

7
armata. Ma è anche ciò che il Fronte Polisario non può permettersi: sarebbe come buttare
al vento i sacrifici e i successi di una lotta politico-sociale che ha contribuito alla loro
evoluzione sociale da tribù autonome ad un solo popolo, unito dal sentimento nazionale.
D’altra parte pesano sulla popolazione saharawi, sulle scelte e sulla disponibilitá al
compromesso del Fronte Polisario più di trent’anni di lotta: l’accettazione di uno status
autonomico all’interno del regime marocchino é un risultato frustrante nell’ottica di
decenni di opposizione, mentre le possibilitá concrete dell’attuazione di un referendum di
autodeterminazione, pur trattandosi di un diritto indiscusso in seno all’ONU, appaiono
sempre più remote, per le implicazioni dei rapporti presenti e futuri, dell’Europa
soprattutto, nei riguardi del Marocco e piú in generale dei Paesi appartenenti alla cosidetta
“Sponda Sud” del Mediterraneo.
Gli obiettivi di sicurezza contro le minacce terroristiche, di controllo dell’immigrazione,
gli accordi economici e tutto ció che attiene alla Realpolitik paiono, a avviso di alcuni,
muovere l’ago della bilancia più verso un compromesso che tuteli relazioni amichevoli
con il Marocco piuttosto che a favore del diritto internazionale e della salvaguardia degli
interessi di un popolo.

Al fine di capire e descrivere quali siano stati gli strumenti e le strategie messe in atto dal
Fronte Polisario, prima come movimento nazionalista e militare, poi come partito nella
Rasd, mi pare importante chiarire le origini del conflitto con un inquadramento storico
antecedente il 1973, che evidenzi ancora una volta il peso dell’epoca coloniale e delle
scelte europee sullo sviluppo dell’area nordafricana. In seguito a queste premesse si
osserverà la nascita del Fronte Polisario come organizzazione militare, il suo progressivo
coinvolgimento come interlocutore politico presso gli organismi internazionali e
l'elaborazione del Piano di pace del 1991. Il secondo capitolo sarà dedicato alle difficoltà
incontrate nell'organizzazione del referendum, fino ad arrivare ai tentativi più recenti di
rilanciare il processo di pace, dal cosidetto “Piano Baker III” ai round delle negoziazioni
dirette tra le parti.
Come Paese principalmente coinvolto, ho dedicato il terzo capitolo allo studio della storia
recente del Marocco e alle politiche adottate in particolare da Hassan II e dal figlio
Mohamed VI, attuale sovrano, analizzando le riforme intraprese da quest’ultimo e le
aperture del nuovo governo.

Il quarto capitolo consiste in un’analisi, più approfondita di quanto fatto nel secondo
capitolo, del conflitto all’interno del contesto internazionale: le implicazioni e le relazioni
con i paesi della regione maghrebina; la posizione dell’Unione Europea, considerando in
particolare la Spagna e la Francia per il loro passato coloniale nell’area nordafricana; la
politica degli Stati Uniti; il peso degli organismi internazionali, dell’OUA e ovviamente
delle Nazioni Unite, per tutto il periodo che va dall’anno dell’indipendenza del Marocco
(1956) al 2006.

8
Il quinto e ultimo capitolo é esclusivamente dedicato agli avvenimenti e riflessioni più
recenti, insieme all’analisi di esperti giuridici, storici e della politica internazionale
Polisario e del regime marocchino. Ho tentato di porre in evidenza quali siano le poste in
gioco future, legate in particolare al coinvolgimento delle potenze internazionali e
all'esito dei recenti negoziati. Mi riferirò dunque agli sforzi delle Nazioni Unite e alla
politica intrapresa dall’Unione Europea, e alla posizione degli Stati Uniti, con un accenno
ai movimenti e organizzazioni sorte, soprattutto in Europa, a sostegno della causa
saharawi. Le posizioni dei paesi vicini, Algeria e Mauritania sono state prese in
considerazione, anche nell’ottica delle complesse relazioni intramagrebine e del
significato particolare che assumeranno nel contesto della stabilità e sviluppo pacifico
della regione all’interno della neonata Unione per il Mediterraneo.

Se in Spagna, dove si é svolta gran parte delle mie ricerche, vi é una proliferazione della
letteratura in materia, anche attuale, la produzione accademica francese in materia ha
subito invece una battuta d’arresto a partire dalla metà degli anni Novanta. Ciononostante,
sono da segnalare i numerosi servizi radiofonici e televisivi, che seppur di carattere per lo
più divulgativo e spesso poco approfonditi, confermano la volontá di diffusione delle
problematiche in questione a livello di un vasto pubblico.
Come é emerso nel corso delle mie ricerche, sono varie in Italia le associazioni di
sostegno ai saharawi, e alcune, come l’associazione El Ouali di Bologna, sostenuta in
maniera speciale dalle istituzioni della Regione Emilia Romagna, posseggono un ricco
centro di documentazione. Si tratta però in maggioranza di associazioni di volontariato e
solidarietà, i cui sforzi sono tesi per lo più all’accoglienza temporanea di bambini
saharawi, per la prestazione di cure mediche primarie . Si tratta ovviamente di obiettivi
importantissimi, cui si aggiunge attraverso tali associazioni, la possibilità concreta di
visitare gli accampamenti.

Le informazioni reperibili in tali centri di sostegno alla causa saharawi sono comunque
insufficienti ai fini della conoscenza della “questione del Sahara Occidentale”, perchè
comprensibilmente incentrate sulle precarie condizioni di vita dei rifugiati e perció
“parziali”.
Il limite maggiore, tuttavia, consiste nel fatto che chi accede alle informazioni
disponibili, vi giunge proprio perchè già a conoscenza del tema e molto pochi sono gli
sforzi per sensibilizzare i cittadini italiani. In generale in Italia ho riscontrato grande
scarsità di documentazione in materia, e soprattutto disinformazione, un quasi totale
disinteresse e in molti casi ignoranza da parte dei media italiani nei riguardi di un
conflitto cosí vicino e che si protrae da quasi trentacinque anni.

Infine, la partecipazione alla 34º Conferenza di coordinamento e sostegno al popolo


saharawi, tenutasi nello scorso novembre 2008 a Valencia, pur cosciente della “parzialitá”
dell’evento, mi ha permesso di incontrare numerose personalità: da Mohamed Abdelaziz,

9
Segretario Generale del Fronte Polisario e Presidente della RASD, a Pierre Galand,
Presidente del Coordinamento Europeo di solidarietá al popolo saharawi (Task Force), da
Mohamed Sidati, Rappresentante per l’Europa del Fronte Polisario, a membri del
Congresso spagnolo e del Parlamento Europeo, ed esperti conoscitori della questione del
Sahara Occidentale, come Luciano Ardesi, il Presidente dell’Associazione Nazionale di
Sostegno al Popolo Saharawi (ANSPS). Si é trattato di un incontro estremamente
stimolante, in un ambiente internazionale, non solo europeo, svoltosi con la
partecipazione di un numeroso gruppo algerino e australiano, ma, ancora una volta,
purtroppo, totalmente sottaciuto dall’informazione italiana.

10
Figura 1. Abbozzo di mappa del Sahara Occidentale.

11
Capitolo 1. Le origini del conflitto

1. Le radici storico-culturali del Sahara Occidentale

Prima dell'arrivo degli Arabi la parte occidentale del Sahara era abitata da popolazioni
berbere: solo agli inizi del XIII° secolo, infatti, gli arabi Maquil, originari dello Yemen,
giunsero nella regione dopo aver attraversato il Nord Africa, passando lungo la parte
settentrionale del Sahara e poi dall’Egitto fino in Tunisia, fondendosi progressivamente e
non senza resistenze con la popolazione locale di lingua berbera, e riuscirono a penetrare
stabilmente nel deserto alla ricerca di nuove rotte commerciali.
Le popolazioni berbere si dividevano all’epoca in tre gruppi principali: gli Zenata,
all’interno dell’attuale Tunisia, i Masmuda nella regione dei monti dell’Atlante, in
Marocco, e i Sanhdaja che vivevano in un’area desertica compresa tra il Sud dell’attuale
Marocco, l’attuale Mauritania e l’attuale Mali.
L’organizzazione sociale delle circa 40 tribù nomadi che abitavano quei territori era ben
delineata e poggiava su una stratificazione gerarchica, basata nei valori tradizionali e le
attività svolte dalle stesse.

Al vertice della gerarchia vi erano infatti le tribù chorfa, “religiose”, poiché vantano la
loro discendenza da uomini santi o direttamente dal Profeta Muhammad). Seguivano le
tribù guerriere, i maalemin (artigiani specializzati soprattutto nella lavorazione di pelli e
metalli) e i griot (poeti, musici, cantastorie), mentre al gradino più basso figuravano gli
harratin (schiavi affrancati) e gli abid (schiavi) 3 .
Alla base di ogni qabila (tribù) c’erano la khaima, ovvero la famiglia coniugale,
composta da padre, madre, figli non sposati, e l’aial, la famiglia allargata . Khaima stava
a significare sia la famiglia coniugale sia la tenda, sua residenza. L’aial riuniva le persone
che discendevano da un antenato vivente, e poteva comprendere varie tende collocate in
accampamenti anche distanti fra loro. Un insieme di aial costituiva una frazione, cioè un
gruppo familiare con un antenato comune (anche morto). Più frazioni formavano una
tribù.

3
Cfr. L. ARDESI, Sahara Occidentale, EMI della Coop. SERMIS, Bologna, 2004.

12
Ogni tribù era guidata da un capo (cheikh) e dall'assemblea tribale di notabili (yema’a)
composta dai capifamiglia 4 . Lo cheikh (“anziano”) veniva scelto sulla valutazione dei
suoi meriti personali e per i suoi servizi resi alla società: la carica non era perciò
ereditaria. L’assemblea di notabili (anziani che rappresentavano il proprio gruppo
familiare) esercitava il potere legislativo, esecutivo e giudiziario: la yemaa. Questa
istituzione politica in ambito giuridico si atteneva alla Shari’a 5 , la legge coranica, e
all’orf, il codice orale delle norme comportamentali nomadi.
La natura acefala del sistema sociale saharawi e il sistema di alleanze fra tribu,
diversamente organizzate nel periodo precoloniale, può portare a concludere che i
saharawi fossero un gruppo fondamentalmente diviso. Tuttavia, come ha sottolineato
anche Maurice Barbier 6 nell'analisi relativa ai caratteri antropologici della popolazione
saharawi, vi erano sufficienti analogie per poter distinguere queste tribù da quelle di zone
vicine e per identificare una “società saharawi segmentaria”. Un certo legame di
protezione e solidarietà ('asabiyya) interna al gruppo si riproduceva inoltre ad ogni livello
della società (tribù, fazioni, famiglie).

Tra l’altro, pur in assenza di un nucleo di potere istituzionale permanente, l'Ait al Arbain
(Consiglio dei Quaranta), che si riuniva in caso di pericolo o per la gestione dei conflitti
interni, costituiva una struttura politica simile ad un'assemblea dei capi tribù. Il suo
principio ispiratore si può individuare nella volontà di offrire un minimo di coesione in
una società, in quanto nomade, tendente alla frammentazione.
L’indipendenza che le tribù chorfa rivendicavano autodefinendosi libere per la loro
discendenza da Maometto, il fiero rifiuto di sottomissione ad altri stati, la conflittualità
intertribale, e il nomadismo erano dunque i caratteri dominanti dell’originario popolo del
Sahara Occidentale.
Come scrisse in un’altra opera Barbier,

“Le popolazioni del Sahara Occidentale erano molto attaccate alla


loro indipendenza e alla loro libertà. Questo gusto dei nomadi per
l’indipendenza caratterizzava i rapporti delle tribù sia tra loro che
con l’esterno. A Nord mantenevano e difendevano la loro
indipendenza nei confronti del sultano marocchino [...], a Sud si
battevano con la grande tribù degli Yahya ben Othman dell’Adrar
mauritano e inoltre respingevano le incursioni degli europei che
provenivano dal mare” 7 .

4
Cfr. A. TORTAJADA, Hijas de la arena, International Editors’ Co, 2002. E’ disponibile la traduzione italiana del libro:
Figlie del deserto. Parlano le donne del popolo saharawi, Sperling & Kupfer, Milano, 2004.
5
L’etimologia del termine (“via diritta”) rappresenta, tra l’altro, un chiaro riferimento alla vita nomade nel deserto
originaria: il verbo sharia’a significava infatti “segnare con la calce il sentiero che porta all’acqua” (era una abituale pratica
tra i nomadi) e considerando quanto le fonti di acqua siano sempre state di vitale importanza per la sopravvivenza
dell’uomo, tanto più in territori desertici, quali quelli che vedono la nascita e la diffusione iniziale dell’Islam, si può
trasporre tale significato in “la strada maestra da seguire”, ovvero “la giusta via che porta alla fonte, alla salvezza” e cioè la
giusta strada verso Dio. Cfr. A. Tortajada, Ibidem.
6
Cfr. M. BARBIER, Le conflit du Sahara Occidental, Ed. L'Harmattan, Paris, 2003, riedizione dell’opera pubblicata nel
1982, p. 21.
7
Cfr. M. BARBIER, La question saharauie, un problème historique-politique, in Le processus historique de la formation
du peuple saharaoui, Ed. L'Harmattan, Paris, 1987, op. cit., p. 20.

13
In sintesi, sarebbero proprio gli elementi di coesione e di omogeneità che consentono di
parlare di una specificità delle tribù che abitavano il Sahara Occidentale in quel periodo,
rispetto a quelle che vivevano nelle aree dell’attuale Marocco e della attuale Mauritania.
La radice etnica della società saharawi (“abitante del deserto”) del periodo pre-coloniale
si presenta allora come il risultato di una fusione, di un processo di scontro-incontro-
assimilazione avvenuto dal XIV secolo in poi, tra la componente araba Maquil delle tribù
dei Ben i Hassan e la componente di carattere “autoctono regionale” del gruppo berbero
dei Sanhdaja.

Tali processi originarono alcuni caratteri peculiari nelle tradizioni di quei territori, come
l’islamizzazione dei gruppi nomadi, da sempre politeisti, e l’arabizzazione delle
popolazioni berbere, nel caso concreto il nascere del dialetto arabo della hassaniya, il
quale ancora oggi costituisce la lingua parlata dai Saharawi. La lingua scritta rimane
l’arabo classico: da una parte i berberi fecero da tramite per la cultura religiosa
musulmana, dall’altra le tribù arabe imposero definitivamente l’uso della lingua araba.
Tale dialetto è di fondamentale importanza per la cultura saharawi se si considera il suo
utilizzo nella letteratura popolare orale, nella poesia, nelle feste e nei riti. La hassaniya,
diffusa in quasi tutta la parte settentrionale della Mauritania, è molto simile all’arabo
classico ma molto diversa dai dialetti parlati oggi in Marocco o in Algeria.
Esistono certamente documenti che testimoniano la resistenza delle tribù del Sahara
Occidentale alla penetrazione coloniale sin dal 1800, ma ciò si svolse con dinamiche non
diverse da quanto accadde nell’intera area e cioè: mobilitazione anti-occidentale in
particolare sulla base della diversità religiosa e lotta politica per l’inserimento delle tribù
della regione negli spazi della politica coloniale.

Riassumendo, prima dell’arrivo dei coloni spagnoli non esisteva nel Sahara Occidentale
alcuna autorità sovratribale; piccoli gruppi di nomadi migravano in vaste aree in cerca di
pascoli per il bestiame e ciò non contribuì alla nascita di strutture statali. I Saharawi nel
periodo pre-coloniale non costituirono mai una “nazione” in senso proprio: il loro
nazionalismo dalle varie fasi di maturazione è il frutto di un processo storico che ha le sue
radici nella storia recente, e nasce come reazione al colonialismo spagnolo da loro subito
e cioè all’incirca dalla fine degli anni ’50 in poi 8 .

8
T. CALLAU, El Sàhara Occidental: història i actualitat d’un poble, Llibres de l’Index, Barceona, 2004.

14
2. La colonizzazione spagnola

Il periodo immediatamente precedende alla colonizzazione spagnola fu segnato dal


tentativo delle potenze europee di insediarsi lungo la costa occidentale dell'Africa e
contendere le rotte commerciali arabe di materiali preziosi e schiavi. Le pescose isole
Canarie furono uno dei primi luoghi in cui portoghesi e spagnoli riuscirono ad insediarsi,
tanto che già nel 1494 il trattato di Tordesillas accordava agli spagnoli la costa africana di
fronte ad esse, fino all'attuale Agadir, e iniziava la ricerca di oro e schiavi anche in quella
parte di territorio che sarebbe diventato il Sahara Occidentale.
Fu, però, nel secolo XIX, il secolo dei viaggi e delle esplorazioni, che la corsa alla
colonizzazione africana si intensificò. Negli anni Sessanta del 1800 si crearono infatti
numerose compagnie private che avevano come obiettivo l'esplorazione dei territori
coloniali. Sorsero ad esempio la Società di Pesca Canario-Africana, alla quale il Governo
spagnolo concesse nel 1881 il privilegio di pesca sulla costa africana, e, due anni più
tardi, la Compagnia Commerciale Ispano-Africana di Barcellona, che con a capo Emilio
Bonelli cominciò a sviluppare le relazioni commerciali della Spagna con l'Africa
mediante lo stabilimento di industrie e la creazione di un servizio marittimo regolare.
Incalzata da questi successi, la Spagna tentò di conquistare le aree desertiche vicine al
Marocco, dove già possedeva le enclaves di Ceuta e Melilla, riconosciutegli dal trattato di
Tetuan del 1860 9 e, a partire dal 1884, iniziò a colonizzare quello che sarà chiamato
Sahara spagnolo e, poi, Sahara Occidentale.

In questa prima fase la Conferenza di Berlino (1884-1885) diede un forte impulso alle
conquiste coloniali, in quanto non impose una definizione precisa dei confini delle terre
scoperte da ognuna delle potenze europee, ma ritenne sufficiente la notificazione delle
nuove occupazioni al fine di poterne sfruttare i territori. Nel corso della Conferenza, così,
il governo di Madrid comunicò alle altre potenze europee di aver occupato i territori del
Rio de Oro e venne riconosciuta alla Spagna la possibilità di stabilire nell'area sahariana
uno stabilimento per la lavorazione del pesce.
Sorto il rischio di turbamenti dovuti all’espansione coloniale francese nella zona limítrofe
e alla crescita delle compagnie commerciali spagnole, il Governo spagnolo, consolidando
le imprese di Bonelli, che era stato nominato nel frattempo comissario regio della zona,
inviò una circolare alle potenze straniere, dichiarando sotto il suo protettorato la costa
occidentale dell'Africa compresa tra Capo Bojador e Capo Blanco.

9
Con lo stesso trattato la Spagna acquisì anche il territorio dell'Ifni e parte del Rio de Oro. Quest'ultimo corrisponde alla
regione meridionale e più povera degli insediamenti del Sahara Occidentale, di cui costituisce i ¾ circa del territorio.

15
Figura 2. Ordine Reale del 26 dicembre 1884 mediante il quale la Spagna comunica alle altre potenze i suoi diritti sul
Sahara Occidentale.

Una spedizione inviata nell’area di Saguia el Hamra nel 1886 e altre successive nel Rio
de Oro portarono a termine una serie di patti, notificati da un notaio, con le tribù
autoctone, con le quali i capi nativi si ponevano sotto la protezione del governo spagnolo.
Questi trattati giocheranno un ruolo decisivo per la Spagna, poiché serviranno a tenere
lontane dai confini di questo territorio altre potenze straniere.
Il Marocco, allora l'unico regno costituito nella regione, dal canto suo rimaneva una
potenza influente nella regione, e tentava da anni di rinforzare la propria presenza nel
Sahara a scapito delle tribù berbere, che avevano resistito a tutte le dinastie: Almoravidi,
Saaditi e Alawiti.
Tra il 1767 e il 1895 furono stipulati numerosi trattati anche con il Regno, cui le potenze
straniere si rivolgevano per ottenere libertà di movimento nella regione, e per garantirsi
un'intermediazione in caso di naufragi e rapimenti lungo le pericolose coste del Sahara.
Questi trattati 10 si rivelarono, decenni piú tardi, molto utili per capire quale fosse il
controllo effettivo del Marocco sui territori interni del Sahara. L'autorità del sultano era
garantita fino alla regione di El Noun, ovvero appena più a sud di Ifni. Non soltanto il
sultano non rivendicava nulla al di là di quel limite, ma declinava ogni responsabilità nei
confronti delle potenze europee per quei territori, sulle cui popolazioni nomadi non aveva
controllo né possibilità di intervento 11 .

10
Cfr. a tal proposito i Trattati di Marrakech (1767), di Mecknes (1799), di Teutan (1860) e di Madrid (1861) tra Spagna e
Marocco, il Trattato di Tangeri (1856) e l’accordo del 1895 tra Inghilterra e Marocco.
11
Cfr. M. BARBIER, Voyages et exploration au Sahara Occidental au XIXème siècle, Ed. L’Harmattan, Paris, 1985.

16
I confini esatti della zona del Sahara furono tracciati in varie fasi di trattative prima fra la
Gran Bretagna e la Francia nel 1890, poi fra Spagna e Francia negli anni 1900, 1904 e
1912:
• Nel 1890 il trattato fra Francia e Gran Bretagna stabilì il dominio francese nel Sahara
nella zona delimitata da Figuig, Igli e Capo Bianco.
• Il Trattato di Parigi, firmato nel 1900, tracciò il confine fra il dominio spagnolo nel
Sahara e quello francese in Mauritania, attribuendo alla Francia le zone di Adrar
Tammar, Bahia del Galgo e le saline di Gil (ricche di ferro); divise inoltre la penisola
del Rio di Oro in due parti lasciando alla Spagna la metà esterna aperta all'Oceano
Atlantico, tralasciando completamente sia l'elemento geografico, che quello etnico
delle popolazioni coinvolte.
• Il trattato del 1904 previde la ratificazione del trattato del 1900 e precisò il dominio
della Spagna nel Sahara Occidentale in questo modo: per la zona del Rio de Oro fra
Capo Bianco e il parallelo 26°, per la zona del Saguiet el Hamra fra il 26° e il 27°40
parallelo. In definitiva il trattato stabiliva la sfera di influenza spagnola sulla costa
marocchina del Mediterraneo e quella francese nella costa sud.
• Il Trattato di Fès del 1912, stabilendo il protettorato francese in Marocco, fissò
definitivamente anche i confini del Sahara Occidentale (provincia Spagnola in Africa)
nello spazio fra il parallelo 27°40 e la penisola di Capo Bianco.

La definizione di tale area non era troppo lontana da quello che i saharawi considerarono
il proprio territorio, tuttavia assegnavano al Marocco, pur sotto il protettorato spagnolo, la
provincia di Tarfaya, compresa tra il fiume Draa e il parallelo 27º40', nonostante tale
territorio non fosse mai stato marocchino: definendo come protettorato la regione di Villa
Bens infatti, quest’area sarebbe stata ammininistrata non direttamente dal governo
spagnolo, ma tramite un califfo nominato dal sultano del Marocco.
Grazie agli accordi di cui sopra la Spagna dunque controllava, oltre al protettorato di
Tarfaya (il cosidetto Sahara Spagnolo) e ai territori del Rif e Tetuan, molti altri
possedimenti con statuti diversi l'uno dall'altro: colonie nel caso della Saguiat el Hamra e
Rio de Oro (il Sahara Occidentale), una “concessione” a Ifni ed enclaves nel caso di
Ceuta e Melilla.

Le difficoltà amministrative nel gestire e controllare possedimenti così diversi si


manifestarono fin dall’inizio: innanzitutto, poichè le popolazioni che vi abitavano non
avevano mai conosciuto il rispetto di un confine territoriale delimitato.
Inoltre, gli emirati mauritani al sud del Sahara Occidentale costituivano entità politiche
piuttosto stabili, con abitanti nomadi ma pure sedentari, nelle quali l’autorità dell’emiro si
perpetuava in una stessa famiglia. Sorsero dunque forti rifiuto e ostilità da parte delle
tribù saharawi nell’area contro la penetrazione francese, fin dai primi del ‘900, quando il

17
capo religioso Ma El Ainin fondò Smara, la prima città del deserto, e da lì organizzò i
primi attacchi contro la potenza francese.

Nel 1912 si stabilì il protettorato di Francia e Spagna sul Marocco. Quando l’anno
seguente l’esercito francese assalì e devastò Smara, divenuta centro politico e religioso, i
figli di Ma El Ainin continuarono l’organizzazione della lotta contro gli europei, creando
una vera e propria roccaforte della resistenza.
La resistenza delle popolazioni dell’Africa Occidentale contro la Francia era acuita anche
dall’assenteismo spagnolo nei territori interni oltre la costa del Sahara Occidentale, che
creava notevoli difficoltà ai francesi, i cui corpi di spedizione

“[…] si incaricavano di respingere gli sconfinamenti delle tribù


guerriere, servendosi di unità mobili, montate sui cammelli
(mehari), in cui erano arruolati anche i nomadi. Queste truppe
mehariste venivano lanciate contro i Reguibat 12 , che
periodicamente compivano razzie di animali presso le tribù che si
erano sottomesse alla Francia. Si trattava di un vero e proprio
esodo dei Reguibat dalla Mauritania verso il Saquiet el-Hamra,
che cominciò a divenire un polo di attrazione per tutti i nomadi
che intendevano sottrarsi al controllo francese.” 13

Gli Spagnoli si erano limitati ad occupare solo i porti, in particolare tre luoghi della costa:
Tarfaya (appartenente al protettorato marocchino di Tetouan o Tetuán), Villa Cisneros 14 e
La Güera. Le popolazioni della regione, nonostante i crescenti legami con le comunità
spagnole, si occupavano solo della loro economia pastorale e applicavano le loro leggi
(l’orf e la Shari’a). E’ da questa situazione che, pare, si formò una prima resistenza
saharawi, certo non ancora istituzionalizzata né rivendicante l’indipendenza: si trattava,
piuttosto di violenza e razzie verso i colonizzatori europei e quelle tribù che avevano
accettato di sottomettersi.

Nel 1934 la Spagna, a causa delle minacce alla stabilità dell’area, iniziò l’occupazione
effettiva del territorio, dotandolo di un’organizzazione amministrativa e militare atta a
determinare un inquadramento politico della popolazione, e anche la tribù dei Reguibat si
sottomise alla dominazione.
L'occupazione spagnola del territorio mise dunque fine al sistema politico esistente
nell’area abitata dai saharawi, al cui vertice, come giá accennato, era il Consiglio dei
Quaranta (Ait Al Arbain). Furono applicate misure amministrative che miravano alla
distinzione dei saharawi dai cittadini dei paesi vicini, obbligandoli a portare i documenti
d'identificazione, prima inesistenti, e venne istituita la necessità di un visto di
autorizzazione per attraversare i confini; al fine di garantirne il controllo la popolazione
fu, inoltre, costretta alla concentrazione forzata nelle grandi città.

12
Tribù guerriera saharawi.
13
M. BARBIER, Voyages et exploration au Sahara Occidental au XIXème siècle, cit., p. 97.
14
L’attuale Dakhla, fondata nel 1884-1885.

18
Questi avvenimenti accelerarono la disintegrazione della struttura tribale indigena e la
sedentarizzazione successiva, anche se il dirompere della Guerra Civile spagnola provocò
una battuta d'arresto nel processo di colonizzazione del Sahara occidentale.

Tra il 1934 e il 1960 queste colonie vennero affidate prima ad un prefetto e poi a dei
militari che lasciarono sostanzialmente statica la situazione; tuttavia è dopo la Seconda
Guerra Mondiale, esattamente a partire dal 1945, che il controllo della Spagna su Ifni e
sul Sahara aumentò.
Le cause di questo rinnovato interesse sono da ricercare in due ambiti, di cui il più
importante sicuramente fu il risveglio del nazionalismo marocchino: il partito nazionalista
dell’Istiqlal, il cui fondatore fu Allal al-Fassi, era negli anni ‘50 anni molto attivo nella
lotta anticoloniale e nel recupero dei territori soggetti ancora alla dominazione francese e
spagnola.
L’ideale del “Grande Marocco” elaborato da questo partito esigeva di unire al Marocco il
Sahara, le Canarie, parte del sud algerino, la Mauritania e parte del Mali, sulla base del
raggiungimento di frontiere su cui in passato si era esercitata qualche influenza di sultani
marocchini, e che erano considerate per questo “naturali e storiche” 15 . Il contagio di
questi fermenti nazionalisti avrebbe potuto costituire un pericolo per la stabilità delle
vicine colonie spagnole, ma vi era certo anche un fattore più strettamente economico, la
scoperta di giacimenti di fosfati presso Bou Craa, nel 1947.

Il colonialismo spagnolo si caratterizzò dunque in tre fasi. La prima si sviluppò con una
serie di missioni dell’esploratore italiano Emilio Bonelli per conto della Spagna; queste
missioni, di interesse puramente commerciale, si arrestarono alla zona costiera del Rio de
Oro.
La seconda fase ebbe inizio, all’inizio del ‘900, attraverso le varie intese tra Francia e
Spagna che portarono alla spartizione del territorio tra le due potenze. Gli accordi
rimasero tuttavia solo sulla carta, poichè la Spagna per circa trenta anni si limitò a
controllare la zona costiera.
Solo nella terza fase, che prese avvio a partire dal 1934, il Governo spagnolo si spinse
verso l’interno. Durante la Guerra Civile spagnola, per necessità innanzitutto militari, si
iniziò ad occupare interamente il territorio e si fondarono nuove postazioni e villaggi: El
Aaiún, nel 1938, per mano del tenente colonnello De Oro, Tantan nell’area di Tarfaya,
Güelta, Auserd, ecc.
La colonizzazione effettiva proseguì fino a conoscere un’accelerazione nel suo ultimo
decennio, in particolare dagli anni sessanta in poi.

La colonizzazione spagnola del Sahara Occidentale ebbe quindi una particolare


caratteristica: la sfasatura cronologica rispetto alla colonizzazione del resto del Maghreb,
perché praticamente si consolidò quando questa si avviava alla sua fine.

15
Cfr. tra gli altri, L. ARDESI, Sahara Occidentale, cit..

19
Gli anni '50 furono decisivi per la regione, in quanto portarono cambiamenti profondi dal
punto di vista politico, amministrativo, economico e sociale. Mentre l'impegno coloniale
spagnolo si intensificava, le rivendicazioni contrapposte di Marocco e Mauritania e il
conflitto tra Algeri e Rabat, contribuirono ad inserire il Sahara Occidentale nell'intreccio
degli interessi strategici ed economici internazionali; l'avvio dello sfruttamento dei fosfati
della miniera di Bou Craa fu determinante nel risvegliare l'interesse per la regione da
parte di gruppi finanziari spagnoli, statunitensi e marocchini 16 .
Quegli stessi anni segnarono l'avvio di una fase decisiva nella messa in discussione dei
rapporti coloniali e nel processo di indipendenza dei paesi africani.

Tra il 1955 e il 1956 anche numerosi combattenti saharawi si aggregarono all'Armata di


Liberazione Popolare marocchina (ALP), anti-imperialistica e anti-monarchica, la cui
esistenza era solo tollerata dal sovrano in vista di un eventuale tornaconto.
Il Movimento di Liberazione del Sahara affonda le sue radici proprio in questo primo
nazionalismo anti-europeo: come scrisse Luciano Ardesi

“i saharawi si arruolano nell’Armata di Liberazione di stanza nel sud


del Marocco; gli obiettivi […]: la liberazione dell’enclave di Ifni, del
Sahara Spagnolo e della Mauritania occupata dai francesi” 17 .

E’ importante sottolineare che l’adesione dei saharawi all’ALP non significava il loro
consenso all’annessione del Sahara Occidentale al Marocco, ma si trattava piuttosto di
una “adesione ad un ideale comune di liberazione del colonialismo” 18 .

16
Miniera di fosfati di Bou Craa è situata nella regione di Seguia el Hamra, a sud-ovest di El Aaiún (o El Ayoun, a seconda
che la trascrizione derivi dallo spagnolo o dal francese. Nei casi di doppia denominazione delle città, per esempio, o degli
organi istituzionali, si è tentato nel presente elaborato di riportare sempre lo stesso nome; in ogni caso, si sappia che
entrambe le denominazioni sono corrette). Questi gruppi finanziari fecero pressioni sul regime franchista perché
mantenesse il più a lungo possibile il controllo dei territori e costruisse infrastrutture per il trasporto e la
commercializzazione delle materie prime estratte, tanto che anni dopo (nel 1976), grazie alle evoluzioni portate
dall'accordo di Madrid e dall'occupazione, il Marocco crerà con la Spagna una società mista per lo sfruttamento dei fosfati.
17
Cfr. L. ARDESI, Sahara Occidentale, cit., p. 4.
18
Cfr. Ibidem.

20
3. Il Marocco indipendente: movimenti anticoloniali e lo sviluppo di un’identità
nazionale saharawi

L’indipendenza del Marocco dalla Francia nel 1956 suppose importanti variazioni nel
territorio.
L’esercito marocchino era penetrato nel Sahara nel 1957, manipolato, diretto e pagato dal
governo di Mohamed V, e intenzionato ad annettersi le regioni rivendicate secondo il
progetto del Grande Marocco; nell’aprile dello stesso anno Madrid e Rabat stipularono
una dichiarazione congiunta, per cui la Spagna di Franco si impegnava a rispettare la
sovranità territoriale del Marocco ma non intendeva rinunciare ai possedimenti del
Sahara, di Ifni e di Tarfaya.
La tensione era destinata a crescere nel corso di tutto il 1957, con scontri violentissimi tra
esercito spagnolo, Marocco e popolazioni dell'Ifni e del Sahara, che vennero duramente
repressi nell'operazione franco-spagnola Ecouvillon-Ouragan nel febbraio del 1958, a
seguito della quale gli eserciti europei rioccuparono le postazioni perse durante la
guerriglia e spinsero l’ALP marocchina e le popolazioni a fuggire nel Sud del Marocco o
nella vicina Mauritania.

Non si trattò soltanto di repressione militare con attacchi aerei e mezzi motorizzati, ma vi
fu un vero e proprio accanimento contro la popolazione, della quale furono avvelenati i
pozzi di acqua potabile e massacrato il bestiame. Costrette alla fuga, queste tribù si
rifugiarono nei principali centri urbani, anche marocchini, intensificando i processi di
disgregazione tribale e di sedentarizzazione in tutta l’area. L’ALP fu costretta ad
abbandonare in gran parte il territorio del Sahara spagnolo. Una parte dell’Armata venne
integrata nelle FAR, un’altra continuò ad esistere per qualche anno nel Sud del Marocco,
in particolare nella regione di Tarfaya.
Ma la “pacificazione” della zona era solo provvisoria, e a partire da questo momento la
rivendicazione del Marocco sul Sahara, e sulla Mauritania fino al 1969, sarà costante,
tanto nelle sue relazioni con la Spagna che con le Nazioni Unite.

La trasformazione del Sahara Occidentale da colonia a provincia rappresentava quasi un


gesto obbligato: la Carta delle Nazioni Unite alla quale la Spagna aveva aderito nel 1955
obbligava infatti gli stati membri che ancora possedevano colonie a “sviluppare
l’autogoverno delle popolazioni” e “promuovere il progresso politico, economico, sociale
ed educativo […] tenendo conto delle particolari condizioni di ciascun territorio e delle
sue popolazioni, delle aspirazioni liberamente manifestate dalle popolazioni interessate
[…]” 19 .
Sempre nel 1958 la Spagna concesse l'indipendenza al protettorato di Tarfaya e
riorganizzò, così, il controllo amministrativo nelle regioni di Saguiat el Hamra e nel Rio

19
Cfr. Statuto delle Nazioni Unite, adottato a San Francisco il 26 giugno 1945, Capitolo XI Dichiarazione concernente i
territori non autonomi, art. 73 b. Cfr. anche la Risoluzione 1514 (1960) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

21
de Oro, ovvero nel Sahara Occidentale, convertendolo in provincia spagnola, con capitale
El Aaiún e con una legislazione specifica.

L'organo e soggetto rappresentativo dello Stato spagnolo nel territorio era il Governatore
Generale, che aveva sede a El Aaiún e che governava la provincia in qualità di
rappresentante del governo. Il Sahara era ora rappresentato, come qualsiasi altra provincia
spagnola, da tre dellegati alle Cortès di Madrid; venne creato anche un Consiglio
Provinciale (Cabildo) cui si affiancavano due Consigli Municipali (a El Aaiún e a Villa
Cisneros) e due Consigli Locali (a Smara e a La Güera), composti anche da capifamiglia
saharawi.
Nella risoluzione 2027, votata il 16 dicembre 1965, l'Assemblea Generale delle Nazioni
Unite si rivolse direttamente alla Spagna affinché mettesse fine alla colonizzazione,
invitandola l'anno successivo 20 , tramite un’altra risoluzione, ad organizzare un
referendum per permettere alla popolazione autoctona di esercitare il proprio diritto
all'autodeterminazione. Sempre nel 1966 il Consiglio dei Ministri dell'OUA adottò la sua
prima risoluzione sul Sahara Occidentale, chiedendo la libertà e l'indipendenza per questo
territorio.
Nel 1967 venne creata allora un'Assemblea Generale (la Yema’a), creata formalmente per
svolgere la doppia funzione di organismo rappresentativo superiore dell’amministrazione
locale e organo di promozione degli affari di interesse generale sul territorio, ma che si
limitava, in concreto, ad accettare le decisioni dell'amministrazione spagnola 21 .

La scoperta delle risorse presenti nel territorio comportarono un immediato intensificarsi


del processo di colonizzazione, con l’arrivo di migliaia di coloni spagnoli; l'impiego dei
saharawi come manodopera nello sfruttamento delle miniere di Bou Craa favorì poi lo
sviluppo di un’identità del “popolo del deserto”, attraverso la sedentarizzazione della
popolazione.
L’urbanizzazione 22 che ne conseguì fu poi alimentata da due ondate di siccità, la prima
nel periodo 1961-1964 e la seconda nel 1968-1973, che costrinsero molti nomadi a
stabilirsi nelle città per tentare di sopravvivere. La società nomade entrò in una profonda
fase di crisi trasformandosi, nel 1970, per l’80% in urbana.
Si costituì allora un proletariato facilmente sfruttabile, che non tardò comunque a
prendere coscienza della propria condizione rivendicando migliori condizioni di lavoro,
diritto alle cure mediche e una maggior autonomia interna.

Altro fattore fu costituito dal frazionamento delle tribù più grandi, quella guerriera dei
Reguibat, la tribù degli Ouled Delim e infine quella degli Izarguien, allo scopo di

20
Si tratta della risoluzione 2229 (XXI) del 1966.
21
La Djemaa o Yema’a rimase tuttavia l'unico organo rappresentativo saharawi davanti al governo di Madrid fino al suo
scioglimento, avvenuto nel novembre 1975 in seguito alla Proclamazione di Guelta, quando decise di auto-sciogliersi e
appoggiare la nascita della Repubblica Araba Saharawi Democratica.
22
Una città come El Aaiún passò da meno di 10.000 abitanti nel 1967 a più di 28.000 nel 1974, Smara invece vide la sua
popolazione più che quadruplicata nello stesso arco di tempo.

22
facilitare l’amministrazione e il controllo spagnoli. Il mescolamento delle vecchie qabail
e la sostituzione della vita e della cultura tradizionale nomade con quella urbana, generò
un sentimento di comune appartenenza, in un’ottica di differenziazione, se non
contrapposizione, rispetto sia alla potenza coloniale, sia agli Stati vicini.
La sedentarizzazione dei saharawi, la loro proletarizzazione e i cambiamenti avvenuti
nelle loro strutture di classe, quindi, sono tutti elementi che contribuirono a far emergere
una coscienza nazionale, in reazione alla Spagna ed alla “minaccia identitaria” esterna
rappresentata dal Marocco.

Per quanto riguarda il Marocco, nel 1965 il nuovo sovrano Hassan II, succeduto al padre
Mohammed V nel 1961, aveva creato un Ministero per le questioni della Mauritania e del
Sahara, poiché anche la Mauritania era oggetto delle sue rivendicazioni, sciogliendolo poi
nel 1969 quando riconobbe quest’ultima con il Trattato di Ifrane; la potenziale
importanza di questo atto non sfuggì ai saharawi: se la Mauritania, che pure faceva parte
del disegno imperiale del “Grande Marocco”, era riuscita a far riconoscere dal Marocco i
suoi diritti di nazionalità, speranze vi erano anche per il Sahara Occidentale.
Per un certo verso la Spagna e il Marocco favorirono dunque lo sviluppo di una coscienza
nazionalista saharawi, reciprocamente antagonista: la Spagna si espresse infatti più volte
circa l’impegno nella sua paterna difesa verso i saharawi, per proteggerli da una “falsa
fratellanza” di coloro che [li consideravano] un parente povero da sfruttare come un
domestico” 23 .

Altrettanto determinante fu il contatto delle élites saharawi con i movimenti di liberazione


dei paesi vicini, divenuti indipendenti in quegli anni. Il contesto internazionale era
dominato infatti dall'intensificazione dell'azione politica nel mondo arabo. L'imperialismo
rafforzò la sua presenza, proclamandosi determinato a combattere apertamente per
preservare i suoi interessi nel mondo arabo del petrolio, nell'intento di compensare le
perdite subite in Medio Oriente.
Ciononostante la Spagna continuò la sua occupazione del Sahara, tentando di sanare la
propria economia grazie allo sfruttamento delle risorse del territorio, e a ritardare le
risposte attese dagli appelli dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La colonizzazione intensiva degli anni ’60 fece nascere una nuova coscienza, tanto
collettiva quanto anti-coloniale, grazie alla quale crebbero nuovi movimenti di
aggregazione e di resistenza.
Tra i primi gruppi formati in funzione della resistenza anti-spagnola vi fu il Mouvement
de résistence des hommes bleus (MOREHOB) 24 , così chiamato in riferimento alla tunica

23
E’ qui citata parte del discorso del Generale Camillo Menèndez Tolosa, ministro della difesa spagnola, durante una visita
ad El Aaiún nel maggio del 1967; cfr. T. BÁRBULO, La historia prohibida del Sáhara Español, Ed. Destino, 2002, p. 43.
Si tratta di un libro-cronaca interessantissimo e unico, anche se di complicata lettura, con un vasto repertorio di fotografie e
contenente, tra l’altro, documenti del governo spagnolo che erano coperti dal segreto di stato e che non erano mai stati resi
noti prima della pubblicazione del libro.
24
Per un'analisi più specifica di tale gruppo, cfr. S. CARRINGTON, La lutte pour l'indépendence du Sahara espagnol, in
“Le Monde diplomatique”, agosto 1974, p. 3.

23
blu abitualmente indossata dai tuareg sarahawi, anche chiamati hombres de las nubes. Il
movimento, fondato nel 1966 da Mohammed R’Guibi, o Moha, appoggiava le tesi della
“marocchinità” del Sahara Spagnolo e le rivendicazioni del Marocco sul territorio. Il
MOREHOB decise di aderire nel 1975 25 al Fronte di Liberazione Unitaria del Marocco,
nato dal “Movimento 21 Agosto”, altro gruppo il cui obiettivo era portare avanti una lotta
senza quartiere contro il nemico spagnolo fino al riconoscimento del diritto legittimo e al
ritorno alla nazione marocchina del Sahara occupato, di Ceuta e di Melilla.

L’Harakat Tahir Saguia el-Hamra wa Oued ed-Dahab, il Movimento per la Liberazione


del Sahara 26 fu invece fondato da Bassir Mohamed uld Hach Brahim, Bassiri, a Smara, il
18 dicembre 1969.
Giornalista e intellettuale saharawi, aveva studiato in Egitto e in Siria; tornato in Marocco
nel 1966, aveva fondato il giornale Al Chihabb (“La Fiaccola”) a difesa dell’identità
saharawi. Alla fine degli anni '60 cominciò il suo lavoro di proselitismo: nel 1967 si
trasferì a Smara come insegnante in una scuola coranica, e fu al suo interno che trovò i
primi sostenitori della causa saharawi.
A Bassiri si deve la nascita di una genuina e più consistente espressione del nazionalismo
saharawi, da subito oggetto di grandi consensi, in particolare tra i giovani saharawi dei
centri urbani. Comprensibilmente l’adesione era maggiore in quelle città dove più forte
era stata la colonizzazione e la spinta economica: l’uso dell’arabo come lingua franca
comune e le radio a transistor, piuttosto diffuse, permettevano ai saharawi di ascoltare in
quel periodo, ad esempio, le risoluzioni delle Nazioni Unite, le affermazioni dei paesi
vicini relative alla decolonizzazione del territorio e lo stato delle lotte per l’indipendenza
degli altri paesi.

La leadership del nuovo movimento anticoloniale era molto diversa, nella formazione
come nell’esperienza, rispetto a coloro che avevano partecipato alla guerriglia del 1957-
1958. Il Movimento si pose fin dall’inizio quali principali obiettivi: l’autonomia interna;
un accordo con il Governo spagnolo volto alla definizione di un tempo massimo entro cui
proclamare l’indipendenza del Sahara Occidentale, con l’evacuazione della legione
spagnola; e l’impegno affinché nessuna risorsa mineraria fosse sfruttata senza il consenso
del Movimento stesso. Il MLS non teneva perciò in considerazione né la lotta armata né
l'indipendenza inmediata: questo fattore è molto importante per la definizione delle
vicende successive.
L’Harakat Tahrir si strutturò segretamente in partito sei mesi più tardi, e lo stesso Bassiri
fu eletto Segretario Generale. Come scrisse Tomás Bárbulo, man mano che il partito
cresceva, maggiore si prospettava il rischio di essere scoperti; tale pericolo aumentò in
forma esponenziale quando lo stesso

25
Il MOREHOB sembrò in più occasioni essere ispirato e mosso direttamente dall'armata reale marocchina, che non solo
gli fornì uomini e mezzi necessari alla lotta armata, ma lo utilizzò come copertura politica per l'annessione territoriale del
novembre 1975. Altre fonti lo definirono una creazione dei servizi informative marocchini, stabilitosi tra l’altro ad Algeri
nel 1975 come movimento di liberazione.
26
Letteralmente, Movimento di Avanguardia per la Liberazione del Saguia el-Hamra e del Rio de Oro.

24
“Basiri decidió redactar un documento que tituló: «Carta abierta
del pueblo saharaui al Gobernador General».
En el texto, sin firma, recordaba a Pérez de Lema que los
saharauis nunca habían sido dominados por otros pueblos,
rechazaba cualquier intento anexionista por parte de los tres países
vecinos […] y solicitaba al Gobierno que «en su día y de común
acuerdo se nos conceda regirnos por nosotros mismos, de una
forma escalonada 27 ».

L’esposizione era evidentemente moderata, non prefigurava alcun sovvertimento violento


dell’ordine e anzi esprimeva la fiducia dell’Harakat Tahir verso la condotta futura della
Spagna, ma peccò di ingenuità.
Pérez de Lema e il comandante Asensi decisero di convocare una manifestazione di
adesione alla Spagna per il 17 giugno 1970, ad El Aaiún; Basiri consideró fosse il
momento propizio per esercitare una qualche pressione sul Governo spagnolo e organizzò
per lo stesso giorno una manifestazione alternativa, pacifica, che avrebbe dovuto tenersi
in un luogo appartato rispetto al sito di concentramento ufficiale.
Non senza abbandonare i tentativi di negoziazione: scrisse al delegato governativo López
Huerta esponendo le rivendicazioni del Movimento, ma, ricevutolo in udienza, il delegato
rispose che tali scritti non avevano alcun valore.

Il 17 giugno migliaia di saharawi risposero invece all’invito di Bassiri, e si riunirono


nell’area di Zemla, all’uscita della cittá verso Smara, ma López Huerta e gli altri dirigenti
erano militari franchisti per nulla disposti ad aperture o “ingerenze” nella politica
autoritaria del paese.
Il rapporto della polizia spagnola, datato il giorno stesso, riferí:

“A petición del Delegado Gubernativo se ordenó cargar contra la


concentración y hacer fuego para disolver la misma.
Dado que no retrocedían y la lluvia de piedras a las Fuerzas de
Orden Público era copiosa […] hubo que replegarse y volver a
cargar sucesivamente. […] se hizo fuego al aire, siendo agredidos
con piedras y palos igual que la anterior Fuerza de Policía, en
cuyo momento se vio que caían a tierra algunos nativos 28 ”

A dispetto del resoconto la reazione delle forze coloniali contro i saharawi fu immediata:
venne attuata una violenta repressione da parte della Legione spagnola, il fuoco fu aperto
sulla folla, causando circa dieci morti, centinaia di feriti, e numerosi furono gli arresti.
Bassiri non era un agitatore rivoluzionario, ma un teorico della liberazione araba con
carattere essenzialmente pacifista; tuttavia venne presto identificato come l'anima del
movimento nazionalista, e il Governo Spagnolo del Sahara ordinò la sua “sparizione”.

27
Cfr. T. BÁRBULO, op.cit, p. 74.
28
Ibidem, p. 85. Per come esposta, la morte e il ferimento dei saharawi presenti risulta curiosamente inspiegabile, in quanto
contestuale agli spari in aria.

25
Il capo del Movimento di Liberazione del Sahara divenne il primo desaparecido
saharawi.
Solo rimangono tre documenti relativi a Bassiri, ad oggi tutti universalmente considerati
falsi. Il primo documento consiste nella scheda della polizia riferita a Bassiri, risalente al
presunto giorno della sua detenzione: questa includeva solo la fotografia dell’uomo con il
numero 7492, il nome e l’indicazione della tribù di appartenenza, senza alcuna traccia né
della data di nascita, né di dati personali e familiari, né della sua professione, o di
specificazioni relative al suo arresto: una scheda decisamente incompleta, il che ha
portato a ritenere fosse stata redatta di fretta successivamente alla sua morte, a
sostituzione dell’originale, probabilmente molto più compromettente per le autoritá
coloniali. Il secondo documento giunto ad oggi era un ordine di detenzione nel caso
Bassiri fosse stato individuato, datato 28 luglio 1970. Il terzo documento, infine, datato
15 settembre 1970, costituiva un ordine di espulsione in Marocco, a seguito della
detenzione avvenuta il 29 luglio, quindi il giorno successivo al precedente ordine di
detenzione.

Il governo spagnolo dichiaró di aver affidato Bassiri al governo marocchino, il quale


negherà costantemente, e di essere venuto a conoscenza del fatto che Bassiri morí in
Marocco, in seguito a un tentato golpe contro Hassan II.
Nel 1998, in risposta ad un reclamo formale di alcuni suoi familiari e dopo aver
consultato il Ministero dell’Interno, il Ministero degli Affari Esteri spagnolo affermó di
non essere in possesso di “algún indicio de la suerte que corrió el líder saharaui.”.
La “sparizione” di Bassiri fu solo la prima di varie azioni che avrebbero inclinato per
sempre la fiducia dei saharawi nella Spagna e, ad una lettura attuale e lucida, annientò la
migliore occasione di giungere ad una decolonizzazione pacifica del territorio.

26
4. La nascita del Fronte Polisario

In generale, la crisi della politica colonialista spagnola nel Nord Africa si originò a causa
del ritardo con cui vennero adottate le misure per permettere una soluzione al contenzioso
col Marocco. La potenza coloniale non mosse nessun passo significativo durante i primi
anni Settanta, nonostante all'interno del Ministero degli Affari Esteri cominciassero ad
alzarsi diverse opinioni contrarie a questa politica immobilistica e che segnalavano la
necessità di non ritardare ulteriormente la soluzione al problema del Sahara.
L'opinione pubblica spagnola, intanto, continuava a vivere nell'ignoranza sulla questione,
favorita da una legge del 1968 che dichiarava "materia riservata" tutte le informazioni
relative al territorio del Sahara.
Ad ogni modo, le misure adottate dalla Spagna furono insufficienti per detenere sia la
pressione delle Nazioni Unite, sia l'espansione del sentimento nazionalista fra i saharawi.

A partire dal 1973 sorsero infatti con forza altri gruppi che, appoggiati più o meno
dichiaratamente da diversi paesi, difendevano e proclamavano apertamente le loro tesi
indipendentiste nel Sahara, insieme al rifiuto della presenza spagnola.
Inizialmente si trattava di piccoli gruppi politici, più o meno organizzati e divisi tra loro
per l'intensità e le modalità con cui si opponevano alla politica coloniale: alcuni volevano
l'indipendenza del Sahara, altri chiedevano invece l'integrazione al Regno del Marocco.
Oltre al Fronte di Liberazione Unitaria del Marocco, cui si è già accennato, va ricordato il
Partito dell'Unione Nazionale Saharawi (PUNS), fondato nel 1974 da un gruppo di
ufficiali spagnoli, impiantato soprattutto nei centri urbani.
Il PUNS fu l'unico partito politico riconosciuto legalmente dal governo spagnolo;
nonostante fosse inizialmente opposto al Fronte Polisario, parte dei militanti del PUNS vi
confluirono dopo il suo scioglimento, quando nel 1975 il suo Segretario Generale
Ijalihenna uld Rachid abbandonò il partito e rese vassallaggio al re marocchino Hassan
II 29 .

Invece, dalle ceneri dell’Harakat Tahir nacque un’organizzazione più solida, che più
avanti sarebbe stata disposta all’uso delle armi e alla lotta contro il nemico per conseguire
l’obiettivo, primario e ineludibile, della indipendenza.
El Ouali Mustafa Sayed, membro dell’élite di studenti saharawi di Rabat, nel 1973 fondò
il Fronte Polisario. El Ouali (o El Wali), meglio conosciuto come Lulei, era nato in una
poverissima famiglia nel 1948 in Marocco. Riuscì a portare avanti gli studi, grazie a delle
borse di studio del Governo, fino alla laurea in legge, conseguita presso l’università di
Rabat “Mohammed V”. Fu proprio negli anni accademici, come Bassiri, che maturò il
suo impegno per la causa saharawi e lo mise in pratica insieme con gli altri studenti 30 di

29
Per maggiori informazioni, si consiglia di consultare T. BÁRBULO, op. cit., pp. 174-184.
30
Gli studenti saharawi erano molto pochi presso le università negli anni ’70. Hodges afferma che potessero essere tra 40 e
50 gli studenti saharawi frequentanti l’università di Rabat. Cfr. T. HODGES, op. cit.

27
un collettivo autogestito, cui parteciparono molti nomi che più tardi assolveranno le alte
cariche all’interno del Fronte e della futura Repubblica.

Il loro primo obiettivo era la fine della colonizzazione spagnola, e per raggiungere lo
scopo si impegnarono a cercare l’appoggio dei partiti marocchini di opposizione alla
Monarchia, primo fra tutti l’Istiqlal di Allal el-Fassi, il primo partito nazionalista del
paese e sostenitore dell’ideologia del “Grande Marocco” 31 .
Ma il gruppo di studenti di Rabat, disilluso dall’atteggiamento dilatorio dei partiti
nazionalisti marocchini, iniziò a cercare sostegno proprio tra i saharawi nel Sud del
Marocco, nel Sahara Occidentale stesso e in altri siti dove vivevano i saharawi, come a
Tindouf in Algeria e a Zouerate in Mauritania. Questa ricerca di appoggio portò
all’organizzazione di un incontro clandestino a Tan Tan, città situata nel sud del Marocco
nella regione di Tarfaya, nell’ottobre del 1971.
Parteciparono all’incontro circa un centinaio di saharawi, riunitisi per discutere della
formazione di un nuovo Movimento di Liberazione del Sahara Occidentale. Nella
primavera del 1972 iniziarono anche i primi appelli di sostegno ai governi stranieri, quali
la Libia, l’Algeria, la Mauritania, l’Iraq e ovviamente lettere indirizzate al governo
marocchino 32 .

Le richieste formali di aiuto, l’esperienza di Tan Tan, il contatto con gli stessi saharawi
sparsi tra la Mauritania e l’Algeria, consolidarono il carattere autonomo e autogestito del
gruppo di El Ouali - Lulei. Gli studenti di Rabat adottarono allora una visione molto più
nazionalista rispetto all’inizio della loro attività nel 1970 e ciò avvenne anche grazie ad
una relazione diretta con i saharawi del Sahara Occidentale, che permise di stabilire
rapporti con i precedenti membri dell’Harakat Tahrir, i quali avevano avuto una visione
più di indipendenza che di integrazione al Marocco.

Nel frattempo, in Marocco si viveva un periodo di forte tensione politica, a causa di due
falliti tentativi di assassinio del re: era scontro aperto con i partiti politici nazionalisti e
nei campus universitari si ebbero tumulti politici, che portarono, tra l’altro, allo
sciogliento forzato dell’UNEM, l’Unione Nazionale di Studenti Marocchini; la tensione
non lasciò immune il gruppo di El Ouali, che iniziò a subire anch’esso restrizioni di
libertà.
Nel marzo del ’72 la polizia marocchina mise fine a una dimostrazione anti-spagnola non
autorizzata a Tan Tan, arrestando alcuni studenti tra cui lo stesso El Ouali. Sempre a Tan
Tan, due mesi dopo, vennero arrestati quarantacinque studenti saharawi.
Fu allora chiaro che la costituzione di un Movimento di Liberazione sarebbe stata
impraticabile in territorio marocchino.

31
L’Istiqlal si unisce, nel 1970, all’altro importante partito nazionalista, l’UNFP, formando un fronte nazionale comune:
“Kutlah al-Wataniya”.
32
Le lettere vennero inviate rispettivamente al Colonnello Gheddafi nel marzo e giugno del 1972, al Presidente Mokhtar
Ould Daddah nel marzo e aprile del 1972, al Presidente Houari Boumedienne e al Governo dell’Iraq nel marzo del 1972.

28
Gli attivisti intrapresero dunque “missioni investigative” per rafforzare i contatti con gli
esuli saharawi. A questo scopo Mohammed Lamine Ould Ahmed, Mohammed Ali Ould 33
e Beyadillah Mohammed Sheikh si recarono ad El Aaiún, ed El Ouali a Tindouf, dove
presero contatto con i saharawi del posto e gli ufficiali del Fronte di Liberazione
Nazionale dell’Algeria (FLN).
L’incontro che si rivelò decisivo per la nascita del Fronte Polisario si svolse però a
Zouerate, al confine tra il Sahara Occidentale e la Mauritania, dove El Ouali incontrò
Mohammed Ould Ziou e Ahmed Ould Qaid, entrambi veterani dell’Armata di
Liberazione e del Movimento per la Liberazione del Sahara, stabilitisi in Mauritania dopo
la guerra del 1957-1958.
I rapporti tra questi ultimi e il governo della Mauritania erano buoni e riuscirono ad
ottenere i permessi di residenza per El Ouali ed alcuni suoi compagni. Tale confronto
portò subito ad una riflessione politica, che fece emergere ulteriormente la distanza del
Movimento dalle posizioni dei partiti marocchini.

Durante un congresso segreto tenutosi proprio a Zouerate nacque il Fronte POLISARIO,


Frente Popular para la Liberación de Saguia el-Hamra y Rio de Oro 34 .
Era il 10 maggio del 1973.
In occasione del congresso costitutivo venne reclamata la ferma opposizione
all’integrazione del Sahara Spagnolo al Marocco o alla Mauritania. L'indipendenza del
Sahara si configurava come l'obiettivo finale del progetto politico del Movimento, e
questo proprio nel momento in cui si moltiplicavano le rivendicazioni straniere sul
territorio 35 .
Il Primo Congresso del Fronte elesse El Ouali Segretario Generale e istituì un Comitato
Esecutivo, insieme all’elaborazione di un Manifesto. In esso il Fronte si autodefiniva

“[…] l’unica espressione delle masse, che opta per la violenza


rivoluzionaria e la lotta armata come mezzi con i quali il popolo
africano arabo Saharawi può ottenere la sua totale libertà e
fermare la manovra del colonialismo spagnolo” 36 .

Il Fronte, che ancora non era radicato nel popolo saharawi, intese farsi subito espressione
della sua volontà collettiva, autodefinendosi come tale. Il programma costitutivo del
Polisario era stato elaborato e concepito unicamente considerando l'aspetto della lotta

33
I due personaggi ricopriranno, rispettivamente, i ruoli di Primo ministro della Repubblica Araba Saharawi Democratica
(RASD) e di membro del Comitato esecutivo del Polisario.
34
Secondo L. ARDESI, op. cit., non bisogna interpretare il nome di “Fronte” come un insieme di organizzazioni o di vari
orientamenti: si trattava semplicemente di un “far fronte”, un’ opposizione al colonialismo. Probabilmente, e questa è
l’opinione sostenuta da Annamaria Bozzo, si alludeva anche all’esperienza del Movimento di Liberazione algerino che
portava questo nome.
35
Cfr. E. MANCINELLI, L'odissea del popolo saharawi, Edizioni dell'Arco, Bologna 1998, pp. 29-32.
36
Fronte Polisario, “Manifesto politico del 10 maggio 1973”, testo disponibile nel sito dell’Associazione El Ouali di
Bologna, ricchissimo di riferimenti a pagine di rassegna stampa, cronaca abbastanza attuale e archivi ufficiali.

29
armata, lasciando per il futuro la confezione di un progetto più completo di azione
nazionale.
Il Manifesto del 10 maggio 1973 affermava inoltre che:

"è stato comprovato che il colonialismo spagnolo vuole mantenere


il suo dominio sul nostro popolo arabo, cercando di annegarlo
nell'ignoranza e nella miseria, e lo ha separato dal Maghreb arabo
e dalla nazione araba; in seguito al fallimento di tutti i mezzi
pacifici utilizzati dal movimento, […] invitiamo tutti i popoli
rivoluzionari a mobilitare le proprie file per affrontare il nemico
comune.
La libertà si ottiene con il fucile." 37

Il Fronte Polisario rifiutava qualsiasi ingerenza dei vicini Stati africani e rivendicava un
Sahara libero e indipendente; considerava la collaborazione con la rivoluzione popolare
algerina una tappa meramente transitoria, ma anche un elemento essenziale per arrestare
le manovre occidentali verso il Terzo Mondo.
Tuttavia all’inizio, nel 1973, il Fronte Polisario presentava due istanze, la lotta
rivoluzionaria e il rifiuto del colonialismo, che non prevedevano ancora in questa prima
fase un’esplicita richiesta di indipendenza. L’evoluzione fu però molto rapida: un anno
dopo la sua nascita, durante il secondo Congresso nel 1974, la strategia del Polisario si
delineava attorno ai due obiettivi che diventeranno presto centrali: l’indipendenza e la
creazione di un governo nazionale repubblicano, “con la partecipazione delle masse”.

Il 20 maggio 1973, esattamente dieci giorni dopo l’esposizione del Manifesto, iniziò la
lotta armata, con l'attacco e l'occupazione della postazione militare spagnola presso El-
Khanga, nel nord-est di Saguiat el-Hamra. Questa prima azione divenne un simbolo,
l’inizio di una sorta di rivoluzione per i saharawi e gli occupanti spagnoli. Si produssero,
infatti, a partire da allora, una serie di attacchi contro pattuglie, postazioni e convogli
spagnoli, attacchi che continuarono l’anno successivo e fino al giugno 1975.
Nel primo periodo della lotta armata le azioni combattive non furono, in realtà, né tanto
frequenti, né ben organizzate: il Fronte Polisario non disponeva di accampamenti fissi,
che sarebbero stati localizzati immediatamente, e non poteva neppure nascondersi tra i
grandi gruppi di nomadi, che ormai non esistevano più in qunato si erano sedentarizzati.
Le operazioni di attacco, che più che cercare uno scontro diretto erano volte al sabotaggio
e tentavano di sollevare la coscienza nazionale, venivano effettuate sempre di notte,
calcolando con precisione i tempi per avvicinarsi all'obiettivo e per poter allontanarsi, poi,
verso una posizione ottimale dove montare un'imboscata alle forze di persecuzione.

Alle azioni armate si univa, nelle città, la propaganda: idee elementari, nazionaliste e
rivoluzionarie, ma facilmente assimilabili e condivisibili per la popolazione, come
l'importanza della fede dell'Islam, la necessità di liberarsi dal colonialismo, la costruzione
37
Ibidem.

30
della nazione araba per liberare i saharawi dal dominio coloniale, dall'analfabetismo e dal
sottosviluppo. Nei primi tempi l’unico nemico da combattere segnalato era la potenza
coloniale, senza alcun riferimento alle minacce che sarebbero potute provenire dalle
nazioni vicine. In questa primissima fase l'impegno del Fronte Polisario fu, perciò, più
rivolto all'azione politica e alla creazione del consenso che alla lotta armata, anche a
causa della scarsità di armi e munizioni.
Il Fronte Polisario si sostenne fin dal principio quasi esclusivamente con le proprie forze:
in quegli stessi anni si palesavano le rivendicazioni dei paesi vicini sul territorio del
Sahara Occidentale e le iniziative della Spagna per una “decolonizzazione controllata”.
Il II° Congresso ebbe luogo nell'agosto 1974. Il programma di azione nazionale, adottato
in quell'occasione, insisteva maggiormente proprio sul ruolo delle masse e sulla necessità
della loro informazione e mobilitazione. Vi si esprimeva preoccupazione per quella che
sembrava una falsa decolonizzazione, ovvero una sostituzione del Marocco alla Spagna:

“davanti a queste manovre, il popolo saharawi non ha altra


soluzione che la lotta, fino ad ottenere l'indipendenza, le sue
ricchezze e la sovranità completa del suo suolo” 38 .

Una volta raggiunti questi obiettivi, il Fronte Polisario prevedeva di realizzare l'unità
nazionale, di instaurare un regime repubblicano e di creare un'economia attenta
all'industrializzazione, allo sviluppo agricolo e allo sfruttamento delle risorse minerarie.
A livello sociale si reclamava una giusta distribuzione delle ricchezze, la soppressione di
qualsiasi forma di sfruttamento, il rispetto dei diritti della donna e il mantenimento delle
tradizioni religiose della popolazione.
Certamente si trattava di un momento di cambiamento importante per il Fronte: furono
anche rimarcati gli scopi della lotta armata, per cui ciò che più contava era combattere

“[…] per la liberazione nazionale, contro ogni forma di


colonialismo e per l’ottenimento di una completa indipendenza e
per la creazione di un regime repubblicano nazionale con
l’effettiva partecipazione delle masse” 39 .

Sempre nell’ambito del secondo Congresso si delineò un altro elemento: il rifiuto di ogni
lignaggio, la negazione di qualsiasi affiliazione tribale. Anche l’appartenenza alle caste
veniva abolita.
Tra il 1974 e il 1975 il Fronte aveva costituito già un'importante organizzazione militare,
provvista di un buon armamento, con piccoli accampamenti nella zona di Tindouf, che
passò ad essere in questo momento il centro di maggior importanza per il Polisario.
Il movimento nazionalista si era esteso a tutti gli strati della popolazione.

38
“Manifesto politico del II Congresso del Fronte Polisario” (25/8/1974 - 31/8/1974).
39
Ibidem.

31
5. Il Piano di Autonomia di Franco e gli interessi di Hassan II: il Sahara tra il
Segreto di Stato e le Nazioni Unite

In seguito alla forte pressione internazionale e alle sollecitazioni alla decolonizzazione


formulate dall’ONU, la Spagna intraprese lo studio di un progetto per la regione del
Sahara che potesse accontentare l’istituzione internazionale e contemporaneamente
permettesse di scongiurare la formazione di forze realmente nazionaliste.
L’idea del dittatore spagnolo consisteva infatti nel dilatare la decolonizzazione
concedendo al Sahara uno statuto di autonomia che affidasse la sua amministrazione in
mano ai nativi. Nella pratica, sarebbe stato un piano per poter continuare ad esercitare un
certo controllo sulla regione, perché quasi tutte le decisioni prese dai saharawi avrebbero
dovuto passare attraverso l’approvazione del Governo di Madrid.
Antonio Carro fu incaricato da Franco di stilare il progetto di autonomia: il territorio,
affermava il primo articolo, veniva amministrato dalla Spagna in accordo con i principi
della Carta delle Nazioni Unite; gli articoli 5 e 6 prevedevano poi che

“El Estado español garantizerá la integridad territorial del Sahara,


lo representerá en el ámbito internacional y asegurara su defensa.
Los asuntos internos serán de competencia de los órganos propios
del Territorio. […] un Gobernador General a quien corresponderá
la organización de los servicios, la tutela del régimen del territorio
y la defensa de las instituciones. 40 ”

La bozza dei documenti, corretti a penna, giunse tra le mani dei servizi segreti di Hassan
II, che possedevano un palazzo nella Gran Via di Madrid, e che immediatamente la
inviarono a Rabat.
Il sovrano marocchino era bisognoso di ricreare fiducia e credibilità intorno alla Casa
Reale, in particolare dopo i due attentati alla sua persona del 1971 e del 1972, e convogliò
così l’attenzione sul tema dell’integrità della nazione utilizzandolo come escamotage per
dare nuovo credito al potere alawita.
Fino a quel momento una parte non esigua del mondo arabo aveva mostrato resistenze ad
appoggiare le rivendicazioni marocchine sul territorio del Sahara: molti paesi infatti,
contrari all’espansionismo marocchino, preferivano confidare nel fatto che la Spagna
avrebbe portato a termine la decolonizzazione.
Con quella bozza, segreta, dello statuto di autonomia, re Hassan II avrebbe dimostrato
che Francisco Franco voleva approfittare di un mascherato processo di
autodeterminazione per prolungare in forma indeterminata la sua presenza sul territorio, e
minacció la mobilitazione generale dei suoi sudditi “per il recupero dei territori usurpati”,
inviando una lettera all’Ambasciatore spagnolo.

40
Riporto qui la trascrizione del testo dello Statuto di autonomia per il Sahara, che non fu mai promulgato, come appare in
T. BÁRBULO, op. cit., pp. 218 e 219, e riprodotto nella pagina successiva.

32
Fig. 3. Bozza del Piano di Autonomia elaborato da Antonio Carro, datata 11 maggio 1974.

Dal punto di vista del sostegno interno al re, il successo dell’operazione fu indubbio:
quasi tutti i partiti si allearono con il Sovrano, che ottenne anche il sostegno dell’Esercito,
non senza subire però, prima, una forte epurazione al suo interno.
Hassan II inviò in agosto in Spagna il suo Primo ministro e il Responsabile degli Affari
Esteri. La loro missione consisteva nel proporre agli spagnoli una soluzione della
questione al di fuori della ONU, e di fatto ottennero la paralizzazione del progetto di
autonomia; il Presidente del Governo spagnolo Carlos Arias, il Ministro degli Affari
Esteri Pedro Cortina Mauri e Antonio Carro, di fronte all’insoddisfazione dei loro pari
marocchini, assicurarono inoltre che nonostante l’inevitabilità del referendum di
autodeterminazione imposto dalle Nazioni Unite, la Spagna avrebbe indirizzato
l’autoderminazione del Sahara verso il Marocco.

Il governo di Madrid nell’agosto del 1974 informò quindi l’ONU 41 della sua volontà di
organizzare, entro 12 mesi, un referendum. La principale conseguenza fu tuttavia una
crescente tensione tra Madrid e Rabat.
Hassan II era cosciente che se il referendum fosse stato celebrato, il Marocco avrebbe
perso il Sahara definitivamente. Una simile conclusione della questione, dopo il fervore
nazionalista che egli stesso aveva alimentato negli ultimi mesi, avrebbe sicuramente
comportato per il sovrano la perdita del trono.

41
Il segretario delle Nazioni Unite era, in quel periodo, Kurt Waldheim.

33
L’indipendenza del territorio non fu neppure presa in considerazione: Hassan II promosse
una mobilitazione patriottica tramite una campagna di stampa anti-spagnola dai toni
molto duri e il giorno dopo l’annuncio spagnolo alle Nazioni Unite affermò che
l’eventuale referendum annunciato dalla Spagna avrebbe dovuto considerarsi nullo.

Consapevole che lo scontro con la Spagna non potesse avere, come epilogo, la guerra fra i
due Stati, il Re adottò una tattica dilatoria, riuscendo a rinviare il referendum previsto per
il primo semestre del 1975, nella speranza di trovare un accordo con Madrid.
Hassan II propose infatti al governo spagnolo di ricorrere al Tribunale Internazionale di
Giustizia dell’Aia, affinché si pronunciasse sullo status giuridico del Sahara Occidentale
prima della colonizzazione: se la Corte avesse dichiarato il Sahara terra nullius, il
Sovrano proclamò che avrebbe accettato la celebrazione del referendum. Se, al contrario,
i giudici avessero affermato che il Marocco possedeva un titolo giuridico sul territorio, il
Re avrebbe allora richiesto alle nazioni Unite di sollecitare negoziazioni dirette tra
Madrid e Rabat per il trasferimento della sovranità del Sahara.

Perché la richiesta del Marocco avesse consistenza, doveva essere avvallata dai Paesi
vicini; il Ministro degli Esteri Laraki si rivolse, a tale proposito, primariamente alla
Mauritania: dichiaró che questa, per ragioni geografiche e storiche, era interessata al
futuro del Sahara e perciò avrebbe dovuto essere inclusa nella soluzione della contesa che
poneva a confronto la Spagna e il Marocco; invitò dunque la Mauritania ad associarsi alla
richiesta del parere della Corte dell’Aia.
Tale dichiarazione supponeva implicitamente il riconoscimento da parte del Marocco
dello stato mauritano di fronte alla comunità internazionale, ancora non reso esplicito
dalla monarchia, e la conseguenta rinuncia alle rivendicazioni territoriali sul Paese.

Il rappresentante della Mauritania rivendicò la presenza di legami storici, etnici e culturali


e dichiarò il suo appoggio alla proposta del Marocco, sostenendo che, qualunque fossero
state le considerazioni del Tribunale, il diritto di autodeterminazione del popolo saharawi
non sarebbe stato oggetto di alcun impedimento.
Il rappresentante dell'Algeria aveva sostenuto anch’egli l'idea del Marocco di sottoporre
la questione alla Corte dell'Aia, con la speranza che tale procedura facilitasse
l’allontanamento della Spagna dal continente e un accordo sulla decolonizzazione del
Sahara; dichiarò che il suo paese non aveva nessuna rivendicazione sul territorio e che il
problema sarebbe stato risolto rispettando il concetto di confini ereditari.

La proposta di sottomettere la questione del Sahara Occidentale al parere della Corte


Internazionale di Giustizia fu sollevata dal Ministro degli Esteri marocchino di allora,
Ahmed Laraki, durante la XXIX sessione dell'Assemblea Generale, ovvero nella sessione
ordinaria del 1974 dell'Assemblea Generale.

34
Nel dicembre del 1974 l’ONU invitò dunque Madrid a rinviare la tenuta del referendum,
fino alle conclusioni della Corte dell’Aia.
E’ necessario segnalare che la pressione esercitata nei confronti dell’ONU da parte della
Mauritania, e quindi l’appoggio di Nouakchott a Rabat, trovava ragioni in un accordo
segreto, stipulato tra i due paesi poco prima della richiesta del Marocco alla Corte
dell’Aia, nell’ottobre del ’74, che prevedeva la spartizione del Sahara Occidentale tra i
due paesi.

Durante l'estate e l'autunno del 1975 si intavolarono negoziazioni tra Polisario e il


Governo spagnolo che portarono al riconoscimento, da parte dell'amministrazione
coloniale, del Fronte Polisario come forza nazionale fondamentale ma non esclusiva del
Sahara. L'11 settembre il Polisario emise un comunicato a Parigi dove affermava la
positiva attitudine della Spagna, dichiarandosi disposto a ristabilire le relazioni di
amicizia e di cooperazione con il popolo spagnolo. Si giunse così ad un accordo di pace
tra il Governo Generale del Sahara e i dirigenti del Fronte. Tuttavia, poco tempo dopo il
Tribunale dell'Aia avrebbe pronunciato la sua relazione e, allo stesso tempo, Hassan II
avrebbe annunciato la Marcia Verde.
Il nazionalismo saharawi aveva terminato il suo combattimento contro la presenza
coloniale, ma cominciava un altro conflitto, che sarebbe stato molto più lungo e duro.

Il parere della CIG fu reso noto il 16 ottobre del 1975 42 .


I paragrafi essenziali del rapporto della Corte Internazionale affermavano sostanzialmente
che la Corte non rilevava l’esistenza di alcun vincolo di sovranità tra il Sahara
Occidentale e il Marocco o la Mauritania. La relazione della Corte infatti sentenziò che

“[…] il Sahara Occidentale (Rio de Oro e Saquiat el-Hamra) non


era un territorio senza proprietario al momento della
colonizzazione da parte della Spagna” 43 .

La Corte affermava che, in base ai dati che le erano stati forniti dalla missione delle
Nazioni Unite inviata sui territori marocchino, mauritano e del Sahara Occidentale per
recuperare dati e informazioni, al momento della colonizzazione spagnola quest’ultimo
era abitato da una popolazione organizzata socialmente in tribù e governata dai Capi di
queste. Perciò, la Corte ritenne che il territorio non possedesse lo status di terra nullius.

42
I dibattiti in merito alla questione del Sahara Occidentale durarono dal 25 giugno al 30 luglio 1975, per un totale di 27
udienze. Le parti di testo riportate tra le virgolette appartengono al testo messo a disposizione alla stampa dalla Corte
stessa. La votazione dei sedici giudici fu di 14 contro 2 per quanto riguarda il Marocco, e di 15 contro 1 per la Mauritania.
43
“Sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, 16 ottobre 1975. Il documento completo è consultabile nel sito
della Corte Internazionale di Giustizia, http://www.icj-cij.org, nella sezione “Cases”, “Advisory Proceedings”; per
l’eccessivo volume del documento (si tratta di 145 pagine) e l’agevolezza della sua consultazione in formato pdf, il testo
integrale non è presente in questo lavoro; tuttavia, in appendice è riprodotto il riassunto del parere della Corte, anch’esso
consultabile nel sito web del Tribunale dell’Aia.

35
L’esposizione della delegazione marocchina di fronte alla Corte dell’Aia si sviluppava in
quattro punti fondamentali. L’argomentazione del Marocco cominciava con una
rivendicazione di “possesso immemoriale” che risaliva all’espansione dell’Islam nel nord
Africa più di 1300 anni fa, ma il Tribunale non ammise tale rivendicazione; alla Corte
parve che “il carattere esteso, intermittente e a volte transitorio di molti di tali
avvenimenti rendevano il materiale storico confuso come prova del possesso del
territorio”.

La seconda rivendicazione presentata dai giuristi marocchini consisteva nella difesa di


una “continuità geografica” tra il Marocco e il Sahara Occidentale. Riguardo tale punto, il
Marocco aveva citato un precedente del Tribunale dell’Aia, precisamente lo Statuto
Giuridico della Groenlandia Occidentale, ove il possesso della Danimarca di una parte
della Groenlandia si tradusse nella sovranità sul territorio inteso nella sua totalità.
Tuttavia, il Tribuale non giudicò tale argomentazione pertinente, poiché già aveva
stabilito che il Sahara Occidentale era abitato nel 1885 da un popolo altamente
organizzato, mentre nel caso della Groenlandia, lo status riconosciuto di terra nullius era
stato fondamentale per l’opinione favorevole all’annessione del territorio alla Danimarca.

La delegazione marocchina aveva poi spiegato la natura dello Stato marocchino


precoloniale. Lo “stato sceriffale”, secondo la delegazione marocchina, era strutturato in
maniera tale che, seppure alcuni gruppi sociali si sentivano più o meno sotto il controllo
diretto dell’ordine centrale del sultano, tutti i gruppi comunque riconoscevano la sua
“autorità spirituale” in quanto discendente del profeta Mohamed, al-Sharif e Comandante
dei Credenti (Amir al-mu’minin). Lo stato marocchino precoloniale non solo includeva le
terre sotto controllo formale del sultano (Bilad al-majzan) ma anche le terre fuori dallo
stesso (Bilad al-siba), ove la sua autorità spirituale era comunque suprema.
“Dato il patrimonio culturale comune”, affermava la delegazione marocchina, “l’autorità
spirituale del sultano era sempre riconosciuta”.

Come osservò il Tribunale ai paragrafi 94 e 97 della sentenza, la regione del sud del
Marocco compresa tra i fiumi Sus e Dra’a (a nord del Sahara Occidentale) era “in uno
stato permanente di insubordinazione e parte di Bilad al-siba”.
Questo, a giudizio del tribunale, implicava “che non ci fu un esercizio, effettivo e
continuato, delle funzioni dello Stato, anche in quelle aree a nord del Sahara
Occidentale”.

Affermando che il Sahara Occidentale era stato sempre legato al Marocco da vincoli
comuni di cultura etnologica e religiosa, che vennero rotti dalla colonizzazione europea,
la delegazione marocchina reclamava poi i vincoli di lealtà tra il sultano e certi capi
saharawi (qa’ids); particolare riferimento fu fatto dai giuristi marocchini ai qa’ids della

36
confederazione tribale di Tikna, estesa tra la regione del fiume Noun nel sud del Marocco
fino alla regione di Saguia el-Hamra nel nord del Sahara Occidentale.
Il Tribunale constatò anche in questo caso che la prova presentata sembrava

“appoggiare l’opinione che quasi tutti i dahirs e altri atti con


relazione ai qa’ids si trovano nel contesto delle aree situate
nell’attuale Marocco e pertanto non apportano di per sé prova
dell’esercizio effettivo dell’autorità marocchina nel Sahara
Occidentale”.

La delegazione marocchina pose di rilievo anche la figura di Chej Malainin, un


riconosciuto e potente capo nell’area più a ovest del Sahara; questi era divenuto
rappresentante personale del sultano del Marocco alla fine del secolo XIX e aveva diretto
movimenti di resistenza contro la dominazione coloniale.
Tuttavia, il Tribunale non era convinto che Malainin avesse attuato sempre nell’interesse
del Marocco. “La complessità della sua storia può lasciare dubbi come quella della
necessità di precisare la natura delle sue relazioni con il sultano”, si legge nella sentenza.
Di fatto, la storia suggeriva che Malainin diresse i movimenti di resistenza anticoloniale
per impadronirsi del trono marocchino, non per restaurarlo. Il tribunale era cosciente di
questo, per cui neppure il materiale addotto in questo caso portò il tribunale a concludere
“che i presunti atti di resistenza nel Sahara Occidentale alla penetrazione straniera
potrebbero essere considerati come atti dello Stato marocchino”.

Nonostante il Tribunale non fosse convinto delle rivendicazioni del Marocco riguardo la
sovranità sul Sahara Occidentale, non escluse l’autorità marocchina su alcune tribù nel
Sahara Occidentale, ad esempio le tribù di Tikna.
Tuttavia, tale rivendicazione non si estendeva alle confederazioni di Rgaybat, le più
dominanti nel Sahara Occidentale per popolazione e zona di distribuzione, o ad altre tribù
indipendenti. Tutto ciò che il Tribunale trovò a riguardo era che “un vincolo giuridico di
lealtà era esistito nel periodo pertinente tra il sultano e alcune, ma solo alcune, delle
popolazioni nomadi presenti sul territorio 44 .

Uno degli aspetti più importanti da chiarire era costituito, poi, dalle rivendicazioni
marocchine di un riconoscimento internazionale della sua sovranità sul Sahara
Occidentale. L’argomentazione si basava in particolare su trattati stipulati tra il sultano
marocchino e i governi di Spagna (1767 e 1861), Stati Uniti (1836) e Gran Bretagna
(1856). Questi accordi, tutti su “naufragi”, avevano a che fare con la regolamentazione
della sicurezza e del recupero dei marinai e dei carichi delle navi. Il Marocco presentò
anche un trattato del 1895 con la Gran Bretagna, che riguardava le terre tra il fiume Dra’a
(Marocco) e Cabo Bojador (ex Sahara Spagnolo), e una corrispondenza franco-tedesca
risalente al 1911.

44
Cfr. International Court of Justice, Advisory Opinion of 16 October 1975, par. 99, 103-107.

37
La delegazione marocchina affermò che l’articolo 18 del Trattato Ispano-marocchino di
Marrakech del 1767 aveva riconosciuto il potere del sultano marocchino di prendere
decisioni riguardo a Wad Noun e dintorni.

Tuttavia il testo del trattato in spagnolo, che differisce dalla versione araba, esponeva ai
paragrafi 109-110 in modo inequivoco che il sultano del Marocco si asteneva

“(…) de expresar opiniones respecto al puesto de comercio que Su


Católica Majestad desea establecer al sur del río Noun, ya que no
puede asumir la responsabilidad por los accidentes y las
desgracias, porque sus dominios no se extienden más allá de esto”

Per dare prova effettiva dell’autenticità della versione spagnola del Trattato, la
delegazione di Madrid allegò ad esso importanti scambi diplomatici.
Il Tribunale ricevette anche la documentazione riguardo la clausola di un naufragio
(articolo 38) del Trattato Ispano-marocchino di Commercio e Navigazione del 1861.
La delegazione marocchina affermava che tale articolo costituiva un esplicito
riconoscimento da parte della Spagna della sovranità del sultano sulle tribù saharawi,
esercitata effettivamente più tardi per la consegna dei marinai alla Spagna nel caso della
nave Esmeralda, catturata a seguito di un naufragio a 180 miglia a sud del fiume Noun.

Tuttavia, la delegazione spagnola apportò documenti che mostrarono che a permettere il


rilascio dell’imbarcazione e dell’equipaggio che vi viaggiava non fu l’influenza del
sultano del Marocco, ma l’intervento del Cheij Beyrouk, un importante qa’id di el Noun,
che aveva liberato i marinai negoziando direttamente con il Console di Spagna a Mogador
(oggi Essaouira). Il Tribunale affermò quindi che il “Trattato del 1861 e il caso Esmeralda
non giustificavano la conclusione che la Spagna riconoscesse la sovranità territoriale del
sultano”.
A maggior ragione, l’evento confermava invece ciò che il Tribunale aveva già
riaffermato: i sultani marocchini esercitavano la loro autorità personale o influenza sui
qa’ids di Tikna ed el-Noun. Neppure gli esempi dei trattati stipulati con la Gran Bretagna
e l’accordo franco-tedesco presentati dal Marocco costituivano per la Corte prove di tale
sovranità.

In conclusione, gli elementi e le informazioni che erano stati portati a conoscenza del
Tribunale Internazionale non stabilivano

“[…] l’esistenza di alcun vincolo di sovranità territoriale tra il


territorio del Sahara Occidentale da un lato e il regno del Marocco
o l’insieme mauritano dall’altro.
La Corte non ha dunque constatato l’esistenza di vincoli giuridici
di natura tale da modificare l’applicazione della risoluzione 1514
(XV) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per quanto

38
riguarda il Sahara Occidentale, ed in particolare l’applicazione del
principio di autodeterminazione attraverso la libera e autentica
espressione della volontà delle popolazioni del territorio” 45 .

Ciononostante, esponenti marocchini tentarono di avvalorare l’idea che la Corte avesse


accolto la tesi di Rabat dal momento in cui, nel suo verdetto, affermava

“[…] l’esistenza, al momento della colonizzazione spagnola, di


vincoli giuridici di sottomissione tra il sultano del Marocco e
alcune tribù che vivevano sul territorio del Sahara Occidentale
[…] e certi diritti relativi alla terra che costituivano dei vincoli
giuridici fra la Mauritania e il Sahara Occidentale.” 46

La Corte stimava infatti che il nomadismo della maggior parte degli abitanti del Sahara
aveva dato luogo ad alcuni “vincoli giuridici” tra le tribù del territorio marocchino e
alcune tribù della Mauritania, che possedevano nel Sahara alcuni diritti, incluso sulla
terra. Tuttavia il Tribunale reiterò insistentemente che non si trattava di vincoli di
sovranità.

6. La Marcia Verde e gli Accordi di Madrid

Hassan II colse però subito il vero significato di rifiuto che la sentenza rappresentava per
il Marocco, e il medesimo giorno della sentenza della Corte si diresse al suo Paese
attraverso la radio e la televisione, affermando che il diritto internazionale islamico non
differenziava tra vincoli giuridici e di vassallaggio, e assicuró ai suoi sudditi che il
tribunale aveva stabilito la legittimità marocchina e riconosciuto l’esistenza di un
conflitto giuridico tra il Marocco e la Spagna.
Annunciò la sua intenzione di organizzare una pacifica marcia popolare, diretta ad
oltrepassare il confine con la colonia spagnola, per “liberare” il Sahara Occidentale.
Ai partecipanti alla marcia venne richiesto di portare con sé una copia del Corano e
bandierine verdi, il colore dell’Islam, che furono distribuite da uffici appositamente aperti
in tutte le province del regno.

Il Governo di Madrid, considerando la Marcia Verde una mera provocazione, rispose


inviando un ordine di allerta alle truppe al confine con il Sahara Occidentale.
L’idea di uno scontro diretto tra Spagna e Marocco appariva tuttavia inverosimile e i fatti
lasciavano sottendere ragioni e relazioni, certamente sconosciute all’opinione pubblica
spagnola, ma ignorate anche dall’ONU.

45
Ibidem.
46
Ibidem.

39
D’altra parte, già il giorno prima che fosse reso noto il parere della Corte dell’Aia, il 15
ottobre, Hassan II aveva ricevuto a Rabat il Segretario di Stato statunitense Henry
Kissinger. Non risultano documenti relativi al contenuto della loro conversazione, ma
tornato a Washington Kissinger aveva dichiarato che stava per profilarsi “una nuova
crisi”. Di fronte all’Algeria, socialista, e alla Mauritania ancora incerta sulle proprie linee
politiche di condotta, il governo nordamericano non aveva dubbi sull’importanza di
appoggiare il Marocco.

Negli stessi giorni, la situazione interna della Spagna precipitò. Il 17 ottobre del 1975 il
Generale Franco iniziava la sua agonia, che lo avrebbe portato alla morte il 20 novembre.
L’esecutivo spagnolo era diviso riguardo la questione del Sahara Occidentale: l’esercito
sembrava disposto a compromessi con Rabat, mentre la corrente liberale, capeggiata dal
Ministro degli Esteri, era favorevole ad una soluzione di autodeterminazione per il popolo
saharawi. Gli ufficiali militari nella colonia erano, dal canto loro, sgomenti all’idea di
cedere alle pretese del Marocco perché convinti che la Spagna potesse preservare i suoi
interessi nel Sahara in una cornice neo-coloniale e che, comunque, le forze armate
marocchine non sarebbero state in grado di competere in un conflitto.

A fine ottobre, sotto raccomandazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 47 , il
Segretario Generale dell’Assemblea si recò nella regione (il 25-28 ottobre) visitando i
territori di giurisdizione marocchina, mauritana, algerina e spagnola, e redasse poi, come
di consueto, un rapporto finale nel quale espose le posizioni delle parti interessate.
Il Marocco, come risultava dalle consultazioni avute con Hassan II, non intendeva
conformarsi al parere espresso dalla Corte Internazionale di Giustizia, che poneva in luce
sì l’esistenza di legami giuridici e di allégeance fra il sultano del Marocco e le tribù del
Sahara, ma negava l’esistenza di vincoli di sovranità fra il territorio e il regno del
Marocco.
Hassan II aveva dichiarato, tra l’altro, che erano in corso trattative con il Governo
spagnolo e la Mauritania volte all’elaborazione di una soluzione. La Mauritania risultava
avere una posizione basicamente simile a quella del Marocco.

L’Algeria, invece, come riferito dal presidente Boumedienne, rifiutava categoricamente la


posizione dei due Stati vicini; non nutriva alcuna rivendicazione territoriale sul Sahara
Occidentale e confermava il suo appoggio alla celebrazione di un referéndum di
autodeterminazione organizzato dall’ONU affinché il popolo saharawi potesse decidere
del proprio avvenire.
Boumedienne aveva ribadito, nell’occasione, che qualsiasi soluzione presa fuori
dall’ambito delle Nazioni Unite sarebbe stata inaccettabile per l’Algeria.

47
Risoluzione 377 (1975) del 22 ottobre 1975, Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

40
La Spagna, infine, tramite le conversazioni avvenute con il primo ministro Arias Navarro
e il ministro degli esteri Cortina Mauri, aveva manifestato il desiderio di giugere ad un
accordo accettabile per tutte le parti, negando espressamente l’esistenza di trattative
bilaterali o trilaterali in corso con il Marocco e/o la Mauritania, e aveva proposto la
possibilità di invitare le Nazioni Unite ad amministrare temporaneamente il territorio
finchè non risultasse chiaro quali erano i desideri del popolo saharawi.

Il rapporto del Segretario Generale terminava con il riconoscimento da parte di tutti gli
Stati in questione che le Nazioni Unite fossero un elemento fondamentale nella ricerca di
una soluzione accettabile per tutti.
Tuttavia, giá il 21 ottobre José Solis Ruiz, nominato Responsabile dei negoziati con il
Marocco, e re Hassan II si erano incontrati per discutere le trattative di un accordo tenuto
segreto all’informazione spagnola. L’accordo raggiunto prevedeva che la Spagna, in
cambio della cessione di 2/3 dei territori del Sahara Occidentale al Marocco, ricevesse il
60% delle quote di sfruttamento delle miniere di Bou Craa, e ottenesse agevolazioni per
la pesca nelle acque al largo delle coste del Sahara.
La parte restante del Sahara Occidentale sarebbe spettata invece alla Mauritania.

Il 31 ottobre 1975 un contingente delle forze armate marocchine, stimato intorno ai


20.000 uomini, entrò dunque nelle zone a nord-est del Sahara; contestualmente si
produssero i primi combattimenti tra i saharawi e l’esercito marocchino ad Hausa,
Echdeiria e Farsia.
Il 6 novembre, dopo aver coinvolto anche l'opposizione, Hassan II annunciò la partenza
della "Marcia Verde": circa 350.000 cittadini marocchini attraversarono il confine fra
Sahara e Marocco. Per la maggior parte si trattava di poveri a cui il re aveva promesso un
futuro eccellente, garantito certamente dalla ricchezza del territorio verso il quale si
stavano muovendo.
L’avanzamento della Marcia fu seguita scrupolosamente dalla stampa e dalla televisione
marocchina: verso la sera del 6 novembre si poteva calcolare che già più o meno 50.000
partecipanti si erano stabiliti dentro il territorio del Sahara Occidentale, dove iniziarono a
montare un immenso accampamento.
Di fatto, la Marcia Verde era avanzata di una decina di chilometri con il beneplacito del
governo spagnolo. Qualche giorno prima, infatti, il Primo Ministro Osman aveva pattuito
con il governo spagnolo che la marcia potesse procedere per 10 Km nel territorio durante
quarantotto ore, ma l'accordo venne presto invalidato: il governo marocchino informò che
la marcia sarebbe proseguita.

La popolazione saharawi fuggí in massa dalle città e dai villaggi di fronte all’invasione
straniera e si rifugiò in vari accampamenti nel deserto, diretti prevalentemente all’area di
Tindouf.

41
La Spagna inviò l’allora Ministro Carro in Marocco per negoziare con Hassan II e si
concluse così, il giorno 9 novembre, l'accordo per la consegna del Sahara: Carro presentò
al sultano una lettera del Governo spagnolo che esprimeva il desiderio di riannodare le
conversazioni, sebbene imponesse una sola condizione: la cessazione della Marcia Verde.
La risposta marocchina non si fece attendere: il re accettò l'arresto della Marcia e affermò
che la risoluzione definitiva del problema del Sahara sarebbe passata solo attraverso la
consegna, al Marocco e alla Mauritania, di tutte le responsabilità e l'autorità militare e
civile che la Spagna esercitava sul territorio.
Una volta ottenute le garanzie che la consegna del territorio sarebbe avvenuta, Hassan II
pronunciò un discorso al Paese, affermando che gli obiettivi politici erano stati raggiunti.
Il Marocco dimostrava di nuovo la sua grande abilità di negoziazione e la capacitá di
utilizzare correttamente le sue armi contro il governo spagnolo.

La Marcia Verde non fu altro che il mezzo per far pressione sui governanti spagnoli, e
allo stesso tempo costituì la perfetta valvola di sfogo delle tensioni interne marocchine,
con il conseguente rafforzamento del trono di Hassan II.
In una lettura a posteriori servì anche come copertura per il governo spagnolo, che trovò
tramite l’intraprendenza marocchina un pretesto sufficiente per la negoziazione e la
consegna del Sahara, liberandosi così, secondo i dirigenti dell’epoca, di una questione
annosa all’interno della comunità internazionale mondiale ed europea, e costosa per lo
stato spagnolo in termini di finanza pubblica nella fase, difficile, della crisi della dittatura.
Il 14 novembre 1975 la Spagna firmò con il Marocco e la Mauritania una serie di
documenti noti come Accordo Tripartito di Madrid.

La reazione di condanna dell’Algeria non si fece attendere: il giorno stesso, infatti, il


portavoce del Ministero degli Esteri algerino affermó che l’Algeria non poteva ripudiare
“la più preziosa conquista dei popoli e il principio cardinale dell’ONU rappresentato dal
diritto all’autodeterminazione”, e ribadíva che per il governo algerino solo l’ONU poteva
procedere ad una equa e giusta decolonizzazione del Sahara Occidentale.
Nel novembre del 1975, inoltre, in un’intervista a “Le Nouvel Observateur”, il presidente
algerino Boumedienne denunciò le pressioni francesi e statunitensi sul governo spagnolo.
Oltre ad infrangere un principio di diritto internazionale fondamentale, l’occupazione
marocchina rappresentava per l’Algeria anche “la negazione dell’unità maghrebina, che
doveva essere costruita con il consenso e non con prese di possesso 48 .
Con la Tunisia che rigettava la tesi della sovranitá marocchina ma era nettamente
contraria all’autodeterminazione del popolo saharawi, e che appoggiava piuttosto la
spartizione dei territori, e una Libia dalle posizioni mutevoli, l’alleanza tra il Marocco e la
Mauritania lasciava isolata l’Algeria nella politica regionale del Maghreb.

48
L. ARDESI, La questione saharawi e l’unità maghrebina, in “Africa e Mediterraneo”, n. 1, 1992, p. 110.

42
Il 18 novembre le Cortes approvarono la Legge sulla Decolonizzazione del Sahara. Sei
giorni dopo moriva Francisco Franco. Il 22 novembre il testo dell’accordo venne diffuso
dal quotidiano “Le Matin”. Nel testo si leggeva:

“(…) La Spagna afferma la sua decisione di decolonizzare il


Sahara Occidentale, ponendo fine alla responsabilità e ai poteri di
cui essa dispone in tale territorio in qualità di potenza
amministratrice.
In conformità ai negoziati raccomandati dalle Nazioni Unite la
Spagna procederà all’istituzione di un’amministrazione interinale
nel territorio con la partecipazione del Marocco e della Mauritania
e la collaborazione della Jama’a 49 […].
A tal fine è stato convenuto di nominare due governatori aggiunti,
uno su proposta del Marocco e l’altro su proposta della Mauritania
[…]. La presenza spagnola nel territorio terminerà definitivamente
prima del 28 Febbraio 1976. L’opinione della popolazione
sahariana espressa dalla Jama’a sarà rispettata.” 50

I Governi di Madrid e Rabat raggiunsero inoltre un’intesa su alcune questioni chiave della
cooperazione economica. Per quanto riguardava la delimitazione delle acque territoriali, il
Marocco concesse alla Spagna per 15 anni il diritto di pesca lungo la costa atlantica con
un massimo di 600 barche, e lungo la costa mediterranea con un massimo di 200; si
contemplò lo stabilimento di varie società di investigazione geologica, che si sarebbero
occupate delle indagini minerarie nel territorio del Sahara e del Marocco; venne ratificato,
infine, un accordo di assistenza tecnica per inserire nella produzione la miniera di fosfato
di Mescala (Marocco), e un altro per iniziare un progetto di una industria siderurgica. Un
documento differente sanciva le conversazioni tra Spagna e Mauritania in merito agli
aspetti economici derivati dal trasferimento dell'amministrazione.
Il testo esatto degli Accordi Tripartiti di Madrid, non fu dato a conoscenza fino alla
pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dello Stato della Legge di Decolonizzazione del
Sahara. Le misure economiche adottate dai tre paesi nel suddetto accordo non vennero
mai pubblicate.

Il 28 novembre un altro fatto importante scosse il Sahara: parte della Yema’a, che
secondo il Trattato di Madrid sarebbe stata un’attore rilevante all’interno del nuovo
ordine previsto, ma che nella prassi non rappresentanva genuinamente i saharawi, si riunì
nella città di Güelta Zemmur ed elaborò un comunicato 51 nel quale affermava che:

"1. la Jama’a non accetta la firma degli Accordi Tripartiti di


Madrid;
2. affinché non si faccia uso da parte del colonialismo spagnolo di
questa istituzione fantoccio, e in vista della manovre realizzate dai
49
Nulla di quanto affermato in riferimento alla Jama’a (o Yema’a) venne poi attuato: l’Assemblea proclamò infatti il suo
autoscioglimento il 28 Novembre 1975 con la “Dichiarazione di Güelta Zemmour”.
50
“Accordo Tripartito di Madrid” tra Spagna, Marocco e Mauritania, firmato il 14 novembre 1975.
51
Questo Manifesto fu firmato da tre membri del Parlamento spagnolo, 67 membri dell'Assemblea Generale saharawi e 60
capi tribù.

43
nemici del popolo saharawi, la Jama’a decide, con l'unanimità dei
suoi membri, la sua dissoluzione definitiva;
3. si ribadisce che l'autorità, unica e legittima, del popolo saharawi
è il Fronte Polisario, riconosciuto dall'ONU per mezzo delle
conclusioni della Missione inviata dalle Nazioni Unite.
4. riaffermiamo la nostra determinazione nel continuare la lotta
per la difesa della nostra patria, finché conseguiremo la totale
indipendenza e salvaguarderemo la nostra integrità territoriale." 52

A partire dal mese di dicembre si produsse inoltre un vero esodo della popolazione
saharawi verso la frontiera algerina, mentre le truppe marocchine iniziavano a consolidare
la loro presenza nel Sahara. L'esercito dei saharawi contava allora poche migliaia di
uomini, che tentarono inutilmente di arrestare l'avanzata dell’esercito marocchino e delle
truppe mauritane, che iniziavano l'occupazione nel sud.
In seguito all'occupazione del territorio, Marocco e Mauritania crearono nuove strutture
amministrative nel Sahara e procedettero all'incorporazione degli abitanti del Sahara nelle
strutture del proprio Stato. Nella zona marocchina si costituirono tre nuove province: El
Aaiún, Smara e Bojador; mentre in Mauritania si crearono quattro dipartimenti: Dakhla,
Assusert, Arghub e La Güera.

Oramai anche in sede ONU il Fronte Polisario era considerato l'unico interlocutore
credibile e legittimo nel rappresentare la popolazione originaria del Sahara Occidentale;
questo dato positivo riguardo al coinvolgimento delle Nazioni Unite non si accompagnò
però ad una condanna esplicita della Marcia Verde né degli accordi di Madrid.
L’Assemblea Generale, infatti, adottò nel dicembre dello stesso anno due risoluzioni
molto diverse. Queste, pur affermando il diritto all'autodeterminazione, poggiavano
l'una 53 sull'espressione della volontà popolare e sulle opinioni giuridiche e politiche degli
organismi internazionali, come il parere espresso dalla CIG, l'altra 54 sull'accordo di
Madrid.

Nel gennaio 1976 il governo spagnolo ricorse nuovamente alle Nazioni Unite richiedendo
al Segretario Generale dell'Assemblea che inviasse nel Sahara un rappresentante per
monitorare la situazione nella zona e valutare l’eventualità del referendum, che era stato
posticipato in attesa del parere della Corte dell’Aia.
Venne inviato l'ambasciatore svedese Olof Ridbeck. Le conclusioni cui giunse Ridbeck
non erano favorevoli alla possibilità di celebrare il referendum nelle condizioni attuali del
territorio: i governi marocchino e mauritano, al veder messa in pericolo nuovamente la

52
“Proclamazione di Güelta”, 28 novembre 1975.
53
Si tratta della risoluzione 3458 A (XXX) del 10 dicembre 1975, che riflette le posizioni dell'Algeria e che venne votata
anche dall'URSS.
54
La risoluzione 3458 B (XXX) dello stesso anno, che sosteneva le posizioni di Marocco e Mauritania e che fu votata
anche dagli Stati Uniti e dalla Spagna. La linea geopolitica occidentale era, come già accennato, contraria alla nascita in
questa zona dell’Atlantico di uno Stato indipendente, sostenuto dall’Algeria e dalla Libia e dentro la linea progressista
araba; allo stesso tempo inoltre la Spagna temeva che un Sahara indipendente avrebbe costituito un pericolo per i
possedimenti delle Canarie.

44
loro presenza nel Sahara, avevano rifiutato la mediazione del rappresentante dell'ONU nel
conflitto, facendo concludere la missione dell'ambasciatore.
Il 26 febbraio, comunque, la Spagna pose fine ufficialmente alla sua presenza nel
territorio; il suo ambasciatore all’ONU Jaime de Piniés lesse dinanzi all'Assemblea un
comunicato che affermava che la Spagna si considerava “slegata da tutte le
responsabilità” di carattere internazionale con relazione all'amministrazione temporanea
che si era stabilita nel territorio, e che la decolonizzazione del Sahara Occidentale non
fosse da considerarsi conclusa, bensì che sarebbe terminata quando l'opinione della
popolazione si fosse espressa validamente.

Maurice Barbier scrisse che la pubblicazione “di documenti troppo a lungo ignorati mira
a chiarire il conflitto attuale del Sahara Occidentale dandogli una profondità storica
insospettata 55 ”.
Le consultazioni tra Spagna e Marocco dell’ottobre 1975 e lo stesso Accordo di Madrid
rappresentarono infatti, come dichiarò poi lo stesso de Piniés nel 1998, una deviazione dal
processo di decolonizzazione previsto dalla risoluzione delle Nazioni Unite 1514 (XV)
del 1960, e trasformarono gli antichi rapporti di potere in un nuovo colonialismo.
I documenti coperti dal Segreto di Stato da parte della Spagna hanno rivelato le enormi
responsabilità dello stato europeo, che ricadono anche sulla situazione a tutt’oggi
disperata delle popolazioni Sahara Occidentale.

7. La fondazione della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) e


l’intensificarsi del conflitto

L’occupazione del Marocco proseguì, e tra la fine del 1975 e il gennaio del 1976 i
saharawi fuggirono in massa dagli accampamenti verso la hammada, l’altopiano desertico
algerino nella regione di Tindouf, sotto i bombardamenti dell’aviazione marocchina,
nonostante la difesa Fronte Polisario e anche dell’esercito algerino. La maggior parte dei
fuggitivi era composta da donne, bambini e anziani, perché i giovani e gli uomini si erano
tutti incorporati all’Armata di resistenza. I saharawi più ricchi fuggirono con veicoli
carichi di utensili, animali e persone; chi poteva scappò su cammelli o somari. Ma la gran
parte della popolazione saharawi lo fece camminando: le immagini che giunsero ai mezzi
di comunicazione in Europa e gli articoli dei quotidiani, per lo più francesi e spagnoli,
descrissero madri con fardelli di vestiti legati alla schiena, con i figli per mano al loro
fianco, vagando per il deserto in gruppi isolati, tra i cadaveri di chi non era sopravvissuto
al calore e allo sforzo. Numerose furono le vittime, principalmente nella zona di Um
55
Cfr. T. BÁRBULO, op. cit.,, p. 23.

45
Draiga e Tifariti, dove le truppe marocchine avevano ricevuto l’ordine di sparare
sistematicamente contro chi fosse giunto sopravvivendo al cammino.
Durante tutto l’anno 1976 il numero dei rifugiati negli accampamenti improvvisati in
Algeria venne aumentando, dai 40.000 del gennaio fino a superare i 100.000 individui
alla fine dell’anno.

Immediatamente dopo la dichiarazione del ritiro della Spagna dal Sahara Occidentale, il
Fronte Polisario aveva avviato un dibattito interno presso l’oasi di Bir Lahlu, la prima
località liberata dal Fronte.
Il Consiglio Nazionale Saharawi, la massima rappresentazione della volontà popolare
dall’auto-dissoluzione della Yema’a, proclamò la nascita della Repubblica Araba
Saharawi Democratica (RASD). La bandiera del Fronte Polisario si convertiva in
emblema nazionale: la parte superiore, nera, simbolo della sofferenza; l’intermedia,
bianca e più grande, rappresentazione del desiderio di pace; la parte inferiore, verde, a
simboleggiare la speranza nel futuro. Il triangolo rosso a toccare i tre colori, a ricordo del
sangue versato dai saharawi nella transizione dalla sofferenza alla speranza; la luna e la
stella a cinque punte sopra la striscia bianca come gesto di pace verso il mondo arabo.
Era il 27 febbraio 1976.

La nuova repubblica si definí democratica, araba di tendenza unionista, islamica


progressista, africana, non allineata 56 ; fu definita l’hassanya come lingua ufficiale. Altro
valore condiviso era il socialismo, nell’accezione di “socialismo arabo”: non allineato,
diverso dall’esperienza sovietica, teso alla giustizia sociale e alla presa di possesso delle
proprie risorse e ricchezze naturali in logica anti-coloniale e e anti-imperialistica, nel
rispetto delle origini arabo-africane e della religione musulmana.
Si esprimeva così la volontà di edificare una società socialista fondata sui principi di
eguaglianza, sulla democrazia e sulla proprietà comune dei mezzi di produzione, anche se
veniva rispettata la proprietà privata a patto che non praticasse “alcun tipo di
sfruttamento” 57 . Tra gli obiettivi proposti dalla nuova Repubblica figurava, già nel 1976,
anche l’unità dei popoli del Maghreb.
La RASD dichiarò subito il suo impegno nell’azione diplomatica, con l’adesione alla
Carta delle Nazioni Unite, all’OUA, alla Carta della Lega Araba e alla Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo, e lanciò un appello alla comunità internazionale per il
proprio riconoscimento 58 .

56
“Carta della Proclamazione di Indipendenza della Repubblica Araba Saharawi Democratica”, Bir Lehlu, 27 febbraio
1976. La Costituzione del 1976 e le successive revisioni sono disponibili nell’archivio, ricchissimo, del sito web
http://www.arso.org, “Association de soutien à un référendum libre e régulier au Sahara Occidental.”
57
Cfr. articolo 7, capitolo II della Costituzione.
58
I primi paesi a riconoscere la nuova Repubblica furono l’Algeria, il Benin, il Burundi, la Corea del Nord, la Guinea-
Bissau, il Madagascar, il Mozambico, il Ruanda, il Togo e l’Angola. Cfr.l’elenco in Appendice.

46
Pochi giorni dopo la sua fondazione, il 4 marzo, venne completata la formazione del
Governo, al cui vertice fu designato Mohammed Lamine Ould Ahmed. Si trattava del
primo governo in esilio della nuova Repubblica.
Lo Stato assunse una struttura suddivisa “in livelli”. Alla base erano previsti dei Comitati
popolari per l’Educazione, la Sanità, la Giustizia, l’Artigianato e per i Rifornimenti, in
realtà una ripetizione, al livello più basso, dell’articolazione dei Ministeri: Sanità,
Giustizia, Commercio, Cultura, Educazione, con l’aggiunta del Ministero degli Interni,
degli Esteri e della Difesa.
Il vertice della struttura della RASD era costituito dal Congresso Popolare Generale,
eletto ogni tre anni, e che a sua volta eleggeva il Comitato Esecutivo del Fronte e il
Consiglio del Comando della Rivoluzione.
Il potere legislativo era proprio invece di un organo a parte: il Consiglio Nazionale
Saharawi, Parlamento della RASD, costituito da 25 membri dell’Ufficio politico del
Fronte e i 20 presidenti delle dà’ira, eletti dai Consigli popolari.
Il sistema del Fronte e della Repubblica prevedeva quindi una stretta interrelazione tra
apparato ideologico-politico e apparato statale. Questo tipo di struttura fu una scelta
mirata di “reciproca autonomia”, dettata dall’esigenza di evitare rischi di disgregazione a
causa dell’esodo e di rafforzare la coesione sociale e la mobilitazione popolare.

Tra il 26 e il 30 Agosto del 1976 si svolse il III Congresso del Fronte Polisario, il primo a
partecipazione popolare, il cui fine immediato era “approfondire la coscienza e la
mobilitazione del popolo nella sua lotta per l’indipendenza” 59 , e durante il quale fu
approvato il Programma di Azione Nazionale, sostanzialmente una ripresa dei punti del
precedente Congresso.
Il Congresso fissava alcuni obiettivi anche sul piano diplomatico. La RASD ambiva ad un
rafforzamento dei legami con quelli che definiva i “suoi alleati naturali e storici” nel
mondo arabo e africano; la Libia e l’Algeria erano considerate come riferimento per la
formazione di un fronte progressista arabo africano, un primo possibile passo verso un
polo di unità maghrebina, che sarebbe stato di esempio per le popolazioni arabe e
africane 60 . Venne inoltre meglio definita la struttura del Fronte.

Importante è chiarire il rapporto, tutt’ora esistente, tra il Polisario e la RASD. Questi


possedevano, fin dalla formalizzazione dell’entità statale, una struttura biunivoca: la loro
compagine era duplice perché il Fronte rappresentava l’istanza politica del popolo
saharawi e la RASD lo Stato:

“Le due strutturazioni si integrano e si compenetrano, superando il


rischio di avere da un lato una realtà determinata dal partito unico,
come in gran parte degli stati della regione, e dall’altra di creare

59
Cfr. L. ARDESI, La questione saharawi e l’unità maghrebina, cit., p. 10.
60
In Libia, dal ’69, Gheddafi aveva avviato un nazionalismo e panarabismo di stampo nasseriano (anche se presto si
allontanò dal Fronte per un riavvicinamento con il Marocco nel 1984).

47
una serie di istanze burocratiche, contrarie al mantenimento della
mobilitazione di massa e alla mobilitazione popolare” 61

Il Polisario venne dunque organizzato, come lo Stato, “in livelli”. Alla base della struttura
si trovavano delle cellule, le quali, volendo fare una corrispondenza con l’organizzazione
statale, corrispondevano ai Comitati di Base della RASD. All’interno della compagine del
Fronte si rifletteva la struttura della RASD anche tramite la suddivisone in due
Dipartimenti: quello delle da’ira e quello delle wilaya. I responsabili delle cellule di base
appartenevano, infatti, ad un “livello superiore” della struttura, il Dipartimento di
Orientamento delle dà’ira, a sua volta integrato in quello delle wilaya. Procedendo nella
successione, dal Dipartimento delle wilaya scaturiva l’Ufficio Politico del Fronte, con un
suo Segretario, il quale partecipava all’istanza più alta, costituita dal Comitato Esecutivo.
L’Ufficio Politico e il Comitato Esecutivo erano dunque le massime istanze del Polisario.
Il Comitato Esecutivo del Fronte era poi incluso nel Consiglio del Comando della
Rivoluzione, chiamato ad eleggere il Presidente della Repubblica.
Con le successive modifiche alla Costituzione del 1976 il Segretario Generale, Capo di
Governo 62 , divenne anche Presidente della Repubblica, e la RASD divenne, quindi, una
sorta di Repubblica Presidenziale.

Poiché il Marocco aveva occupato gran parte del territorio del Sahara Occidentale, i
campi profughi in Algeria costituirono il cuore della Repubblica saharawi e del Fronte
Polisario 63 .
La duplice struttura del Fronte e della RASD e i principi enunciati nel Congresso del ’76
si riflessero nell’organizzazione dei campi presso Tindouf: per scongiurare che la
popolazione dispersasi in Algeria e Mauritania si sentisse “abbandonata” e per evitare lo
smembramento socio-culturale tipico di questo tipo di situazioni, nelle tendopoli fu
ricostituita la stessa struttura virtuale che la RASD avrebbe avuto nel suo territorio
occupato dal Marocco, e anche la stessa toponomastica.
La Repubblica fu suddivisa in tre wilaya che presero il nome dalle tre principali città
sahariane, considerate virtuali capoluoghi di provincia: El Aaiún, Smara e Dakhla, a loro
volta suddivisi nelle entità più piccole delle dà’ira.
La RASD nacque, dunque, a completamento di un processo politico complesso, il cui
soggetto principale era il Fronte Polisario.

61
Cfr. A. TORTAJADA, op. cit., p.48.
62
Il fatto che da più di trent’anni Abdelaziz regga le massime cariche del Fronte e della Rasd ha suscitato non poche
critiche. Bisogna però evidenziare come la RASD sia stata fondata in una situazione di emergenza e di come la sua
amministrazione si svolga ancora in tale condizione. La dirigenza della RASD e del Fronte può essere paragonata ad una
sorta di patriarcato, in cui, per cause di forza maggiore, la democrazia non può essere assicurata in modo completo. Con la
Costituzione del ’91 la RASD approvò il multipartitismo, dopo la liberazione della Patria e il compimento della fase
transitoria (art. 9).
63
I saharawi rimasti nel Sahara Occidentale erano all’epoca circa i 3/5 della popolazione totale saharawi ma il Marocco tese
poi ad eliminare l’identità saharawi favorendo i matrimoni misti, ma soprattutto con la violenza e la violazione continua dei
diritti e della dignità delle persone. Questi metodi, insieme all’oscuramento dei siti internet pro-saharawi e il disturbo del
segnale delle radio, sono a tutt’oggi mezzi adoperati dalla monarchia marocchina nei territori occupati. A causa di queste
difficoltà, il Polisario e la RASD riescono in minima parte a mantenere i legami clandestini con il territorio d’origine.

48
Il Fronte aveva ripreso con maggiore determinazione gli attacchi armati dal 1975,
definendo la propria strategia. Le azioni militari avevano fino ad allora ottenuto un certo
esito, ma non poterono impedire alle truppe marocchine l’occupazione dei maggiori
centri urbani, tra i quali la città di Smara, invasa dalle truppe marocchine il 27 Novembre
1975, e di Guelta Zemmour, bombardata dall’aviazione di Hassan II. Anche la resistenza
nello scontro di La Guera contro l’esercito mauritano fu epica: il 10 dicembre il Polisario
si ritirò dopo 10 giorni di bombardamenti.
Dall'aprile 1976 fino al 1978 l’azione del Polisario per cercare di recuperare i territori si
susseguì lungo tre fasi: una prima fase difensiva, incentrata sulla mobilitazione e sul
tentativo di creare una forza militare forte, che assicurasse la protezione della popolazione
che fuggiva dal Sahara e potenziare al massimo il ruolo della RASD nel mondo; una fase
più propriamente offensiva, a partire dall'estate del 1976: si potenziò infatti il ruolo
dell'Esercito di Liberazione Popolare Saharawi (ELPS), che contava più o meno su
100.000 uomini, e la guerra si estese fino ad entrare nel territorio nemico per minarne
l’organizzazione; il Polisario organizzò infine i fronti di combattimento per evitare di
essere colta di sorpresa dal nemico e intensificò l'azione militare contro i punti nemici
nevralgici.
Il Fronte perse dunque le città più importanti, ma i risultati dei suoi attacchi di guerriglia
nel maggio del 1976 furono sorprendenti per il Marocco, grazie alla conoscenza del
territorio privo di strade, che gli permise estrema mobilità, e l’utilizzo di Land Rover
mimetizzate color sabbia, per evitare i bagliori delle parti metalliche. Le piccole unità
saharawi si muovevano di notte, colpivano rapidamente e poi si disperdevano.

È contro la Mauritania che il Polisario concentrò maggiormente le sue energie


reputandola, a ragione, l’anello politicamente e strategicamente più debole. L’esercito
mauritano era infatti esiguo, mal equipaggiato 64 a fronte di un territorio da controllare
molto vasto.
Le miniere di ferro di Zouerate, che assicuravano allo Stato circa l’80% delle risorse, e la
ferrovia, che le collegava al porto di Nouadhibou, erano l’elemento strategico
dell’economia mauritana; il Polisario ne era consapevole e concentrò l’offensiva verso
quegli obiettivi: grazie alle sue incursioni, che presero di mira il nastro trasportatore di
Bou Craa, il Fronte riuscì a far cessare le esportazioni di fosfati.
Il Fronte Polisario obbligò così la Mauritania ad una posizione di difesa e la privò della
possibilità di approfittare delle ricchezze del territorio, facendo intendere che la crisi
economica dei regimi espansionisti non sarebbe cessata fintanto che il conflitto non si
fosse sistemato.

Le azioni più eclatanti furono rivolte contro Nouakchott. Il 9 giugno del 1976 durante la
ritirata seguente al primo attacco alla capitale, El Ouali perse la vita. Un secondo attacco
venne sferrato nel luglio del 1977.

64
Circa 3.000 uomini, cfr. L. Ardesi, La questione saharawi e l’unità maghrebina, cit.

49
La Mauritania si vide sottoposta ad una forte pressione che provocò costanti
cambiamenti politici e confronti interni, e che condussero, nel luglio del 1978, ad un
colpo di Stato; il presidente Ould Daddah fu rovesciato per mano dell’esercito e
sostituito al governo dal colonnello Ould Salek. La Mauritania si ritirava dal conflitto 65 .
Seguì un anno di tregua, terminata con la ripresa degli attacchi del Polisario per spingere
il nuovo governo della Mauritania a firmare la pace, fino al 5 agosto 1979 66 .

Nella dichiarazione di pace, firmata ad Algeri, la Mauritania dichiarò solennemente che


non avrebbe più avanzato alcuna rivendicazione territoriale o di altro tipo sul Sahara
Occidentale, e che sarebbe uscita definitivamente dalla guerra.
Al successo diplomatico e militare della pace di Algeri si aggiunse il riconoscimento del
Fronte Polisario come unico rappresentante del popolo saharawi 67 , e della RASD.

Si procedette all'evacuazione della zona mauritana del Sahara, ma il Marocco non perse
tempo e occupò militarmente anche il territorio del Rio de Oro.
Nel 1979 il Polisario iniziò l’attacco conosciuto come l'offensiva El Ouali, in ricordo del
Segretario Generale del Polisario: il Marocco subì durissimi attacchi nei territori occupati
e nel proprio territorio (a 200 Km. da Agadir).
Il governo di Rabat decise allora di ripiegarsi sulla costa, lasciando quasi tutto il territorio
nelle mani del Polisario. Iniziavano, però, i cospicui aiuti nordamericani forniti da
Reagan, includendo anche le proibite bombe a frammentazione.
Mentre nel 1981 l'ELPS era costituito da 10.000-12.000 uomini, le Forze Armate Reali di
Hassan II contavano tra i 100.000 e i 140.000 membri; ad ogni modo, la situazione vide
per alcuni anni protagonista il Fronte Polisario, che portò avanti sia azioni terrestri che
marittime, per evitare lo sfruttamento della pesca nelle acque che erano state oggetto di
accordo tra il Marocco e la Spagna.

Nel 1980 iniziò, però, la costruzione di muri elettrificati da parte del Marocco.
Gli obiettivi di questi muri erano molteplici: innanzitutto, conseguire l'effettivo dominio
del territorio, a cominciare dalla zona più utile economicamente e dalle città principali; in
secondo luogo, era intenzione del Marocco avvicinare il più possibile i muri ai confini
con la Mauritania e l’Algeria per dimostrare che il Polisario agiva da postazioni in
territorio “non liberato”, in mano a “pericolosi ribelli”; in terzo luogo, era importante per
il Regno isolare la popolazione saharawi dei territori occupati rispetto alla zona ove si era
stanziato il Polisario, dividere le famiglie e frammentare i gruppi tribali oltre che
realizzare la "marocchinizzazione" del territorio, favorendone l'insediamento della
popolazione marocchina.

65
Nonostante il sostegno di 10.000 soldati marocchini e dell’aviazione francese il peso della guerra era insostenibile per la
Mauritania. Il forte ribasso delle esportazioni di ferro, la tensione tra la comunità maura e quella nera e l’impasse militare
spinsero l’esercito a rovesciare il Presidente il 10 Luglio ’78.
66
La Mauritania, anche se riconobbe la RASD solo nel 1984, difese energicamente dopo la pace la causa saharawi nei fori
internazionali, specialmente nell'ambito dell'ONU.
67
Cfr. M. BARBIER, Le conflit du Sahara Occidental, l'Harmattan, Paris, 1982, p. 21.

50
Il primo muro 68 si cominciò a costruire nell'agosto 1980; questo divise il territorio del
Sahara Occidentale in due zone: la parte comprendente la costa e i giacimenti di Bou Craa
(il “triangolo utile” che il Marocco voleva proteggere, ovvero Smara - Bou Craa - El
Aaiún) e l’altra costituita esclusivamente dal deserto.

Nel 1981 si procedette alla costruzione del secondo muro, che rafforzò ulteriormente la
protezione di El Aiúun e Smara. Nel 1984 venne eretto il terzo sbarramento.
Un quarto muro fu edificato tra il 1984 e il 1985; il quinto, tra il 1985 e il 1986: entrambi
ampliarono la zona sotto dominio marocchino.
L'ultimo muro, il sesto, fu costruito nel 1986, con l'intento di chiudere la frontiera
marocchina con la Mauritania.
Al di lá dei muri, costruiti con pietra e terra e tra i due e i tre metri d'altezza, nel territorio
occupato i marocchini predisposero campi minati, fossati anti-cingolati, postazioni di
artiglieria media e pesante e sistemi radar. Ogni 700-1000 metri vi era (e vi è) una
postazione di osservazione con una quindicina di uomini; vi furono stanziati plotoni ogni
2,5 km e ogni 20 km gruppi di intervento rapido.
Al Polisario rimasero solo i territori di confine con l’Algeria e la Mauritania 69 .

La tattica saharawi dovette allora modificarsi per far fronte alle nuove circostanze della
guerra. L'ELPS passò a nuove offensive, che produssero ingenti perdite marocchine: di
notte i saharawi si avvicinavano con grande rapidità e un elevato numero di carri in un
punto qualsiasi con l'obiettivo di distruggere il più possibile il muro. Questi attacchi
potevano durare solo poche ore e permettevano di penetrare nel territorio al massimo per
una ventina di chilometri, altrimenti si sarebbe rischiata l'annichilazione delle truppe.
La guerra, che provocò enormi spese e spreco del materiale militare ad entrambe le parti,
ma soprattutto al Polisario che disponeva di minori finanziamenti rispetto al Marocco,
continuò ininterrotta fino al 1988 quando, dai primi di maggio, le circostanze nel seno
dell'ONU cominciarono a cambiare e si iniziò ad intraprendere il cammino verso un
processo di pace per il Sahara e il suo popolo.

68
Ritengo necessario accennare che molto si é discusso intorno alla “paternità intellettuale” della tecnica dei muri, tra
l’altro giá utilizzati durante il conflitto del Vietnam; l'opinione più accreditata è che siano stati gli Stati Uniti e la Francia ad
aver consigliato questi muri ad Hassan II. Dato che un piano del genere richiedeva un potenziale tecnologico ed economico
ingente, che il Marocco non possedeva, è verosimile in effetti pensare sia stata l'intelligence nordamericana a formulare il
progetto, con il sostegno anche della Francia e di Israele giá in quegli anni molto avanzata dal punto di vista tecnologico.
Cfr. a proposito, tra gli altri, Yahia H. Zoubir, La Politique Étrangère Americaine au Maghreb : constances et
adaptations, “Journal d’étude des relations internationales au Moyen-Orient”, Vol. 1, N.1 (luglio 2006).
69
Nonostante i continui attacchi e le condanne dell’opinione internazionale i muri dividono ancora oggi le tendopoli di
Tindouf dai territori occupati.

51
Fig. 4. Mappa delle città principali e schema dei “muri difensivi marocchini”.

70
Fig. 5. L’ampliamento delle zone recintate tra il 1982 e il 1987. .

70
Come si può chiaramente notare, le zone della capitale (El Aaiún) e la Miniera di fosfati di Bou Craa furono circondate
per prime allo scopo di "difendere" i luoghi più importanti dal punto di vista strategico ed economico. Successivamente
vengono contornate anche altre zone importanti come la città di Dakhla (importante accesso all'Atlantico), la città di Smara
(crocevia economico nel deserto del Sahara Occidentale) e le zone più a sud, ai confini con la Mauritania.

52
8. Verso l’inizio del Processo di Pace

Il conflitto, che aveva acquisito una dimensione internazionale già dal 1975, continuò a
preoccupare la comunità internazionale fino alla fine degli anni ’70 e anche nel decennio
successivo. Per tutti gli anni Settanta le organizzazioni internazionali erano intervenute
con tentativi di mediazione 71 e alcuni paesi, tra cui la Spagna, la Francia e gli Stati Uniti,
furono maggiormente coinvolti a causa delle alleanze economiche e militari intrattenute
nella regione.
Nel 1979 il problema del Sahara fu sottoposto all'attenzione di due nuove istanze
internazionali: il Tribunale Permanente dei Popoli 72 e il Parlamento Europeo. Il primo
diede una sentenza favorevole all'autodeterminazione del popolo saharawi riconoscendo
il Fronte Polisario; deplorò l'esecuzione della Marcia Verde e dichiarò incompatibili con
il diritto internazionale gli accordi di Madrid.
Il Parlamento Europeo, invece, pur condannando l'occupazione del Marocco, fece notare
che la nazionalità delle popolazioni che vivevano nei campi profughi non fosse mai stata
accertata né autenticata come originaria del Sahara Occidentale.

Durante le riunioni del XVII vertice dell'OUA a Nairobi, nel giugno 1981, il Marocco
ammise per la prima volta la possibilità di organizzare un referendum nel Sahara
Occidentale. Hassan II accettò in quell’occasione, oltre al referendum, anche che la fonte
per stabilire la base del corpo elettorale fosse il censimento del 1974, realizzato dalla
Spagna, a condizione che l'esercito e l'amministrazione marocchini rimanessero nel
territorio. Questo era il frutto di vari impegni presi dall'OUA a partire dall'istituzione di
una commissione ad hoc, la “Commissione dei Saggi”, nel 1979, che mirava alla ricerca
di una soluzione del conflitto. Nel 1981 la RASD era stata ammessa all’OUA come 51°
membro.

L'11 novembre 1983, Pérez de Cuéllar, allora Segretario Generale delle Nazioni Unite,
dichiarò che l'ONU era disposta a collaborare con l'OUA per trovare una soluzione al
conflitto fra Marocco e Polisario.
La risoluzione AHG/104 (XIX) dell’Assemblea Generale dell’OUA, approvata al vertice
di Addis Abeba del 1983, e che sarebbe diventata il modello di riferimento per le
successive risoluzioni ONU, stabilì la necessità di effettuare negoziati diretti tra le parti in
causa sotto l’egida dell’OUA e dell’ONU, in vista del cessate il fuoco.
Per la prima volta il Marocco e il Fronte Polisario venivano esplicitamente indicati come
parti di un conflitto armato, e si salutò con favore l'atteggiamento della dirigenza

71
Tra questi si distinsero diverse proposte di negoziazioni (tendenzialmente favorevoli al Marocco e alla Mauritania)
avanzate nei vertici dell'OUA e proposti dal Senegal nel 1976, dal Mali, dall'Arabia Sudita e dalla Tunisia con l'Egitto nel
1977.
72
Il Tribunale Permanente dei Popoli è un ribunale etico permanente, fondato nel giugno del 1979 dalla Fondazione
Internazionale Lelio Basso. Proprio la prima sentenza del Tribunale, nel 1979, fu discussa a Bruxelles il 10-11 novembre e
riguardava il Sahara Occidentale. Per maggiori informazioni si consiglia di consultare il sito web della Fondazione, dal
quale è scaricabile la citata sentenza: http://www.internazionaleleliobasso.it/index.php.

53
saharawi, che si era ritirata dal vertice dell’OUA per evitare ulteriori spaccature con il
Marocco.
Il 12 novembre 1984, l'OUA accettò definitivamente la RASD come suo 51° membro, e
il Marocco si ritirò dall'Organizzazione.

Nel 1988 Pérez de Cuellar cominciò ad intavolare negoziazioni tra il Marocco e il Fronte
Polisario, per stabilire un piano di pace che fosse accettato da entrambe le parti, e ad
organizzare un incontro diretto tra le due diplomazie. Il Marocco tuttavia sminuì il
risultato raggiunto, definendo l’incontro una semplice udienza del Re concessa al
Segretario Generale e rifiutando, quindi, di riconoscere sia il Fronte che la RASD, ma
accettò la proposta di referendum che si sarebbe svolto sulla base del censimento
spagnolo del 1974 dopo il cessate il fuoco.
Venne elaborato finalmente un piano di pace dal Segretario Generale dell'ONU in
collaborazione con l'OUA, per una risoluzione pacifica del conflitto del Sahara
Occidentale, che fu accettato dalle parti in causa.

Pérez de Cuellar portò quindi all'attenzione del Consiglio di Sicurezza le linee guida del
processo di pace, che venne approvato solo il 29 aprile 1991, con la risoluzione 690. Si
trattava di un piano dettagliato, che comprendeva il cessate il fuoco, lo scambio dei
prigionieri, il ritorno degli esiliati, l’annullamento delle leggi repressive; principali
elementi di tale risoluzione erano che i saharawi avrebbero scelto tra indipendenza e
integrazione al Marocco; che l'esercito marocchino avrebbe progressivamente ridotto la
sua presenza ma l'amministrazione marocchina non si sarebbe ritirata, e le forze dell'ONU
ne avrebbero garantito la sicurezza; infine, alla MINURSO, Missione delle Nazioni Unite
per il Referendum nel Sahara Occidentale, creata con il compito di garantire le condizioni
necessarie per l'effettuazione del referéndum, sarebbe stato affiancato un Rappresentante
Speciale del Segretario Generale per il Sahara Occidentale.

Nell'estate successiva all'approvazione del Piano di Pace, tuttavia, il Marocco cominciò a


porre ostacoli e ordinò un'ampia operazione militare contro i “territori liberati” dal
Polisario; continuò sistematicamente a ritardare i processi di identificazione della
popolazione per il referendum e, di conseguenza, il Piano di Pace, attaccando il
censimento fatto dal governo spagnolo nel 1974, che considerava incompleto, e annunciò
la sua pretesa di includere nella lista tutte le persone che erano giunte nei territori dopo il
1974. Organizzó anche una seconda Marcia, questa volta occultata, che fece arrivare nel
territorio del Sahara Occidentale ben 170.000 presunti saharawi, cifra che si andava ad
aggiungere ai già 350.000 marocchini che vi si erano stabiliti precedentemente 73 .

Il 6 settembre 1991, come previsto nel Piano, entrò in vigore il cessate il fuoco, ma il
referendum non avrà mai luogo a causa del continuo boicottaggio da parte del Marocco.

73
L. ARDESI, Il muro della diffidenza, in “Nigrizia”, settembre 1990, p. 14.

54
Fig. 6. Mappa schematica delle variazioni territoriali del Sahara Occidentale a seguito delle occupazioni marocchina e mauritana
e area dei “Territori Liberati”.

55
Capitolo 2. Il Piano di Pace del 1991 e altri percorsi della via
diplomatica (1991-2006)

1. Il Piano di Pace: origine e contenuti

L'anno 1990 vide la maturazione delle proposte formulate dall’ONU e


dall’Organizzazione per l’Unità Africana, che poco a poco si disimpegnò della questione
del Sahara cedendo tutte le prerogative alle Nazioni Unite.
Cuéllar nominò lo svizzero Johannes Manz come suo Rappresentante Personale per la
Questione del Sahara, e a partire da questo momento il processo per arrivare al Piano di
Pace del 1991 subì un’accelerazione.
Nell'aprile del 1991, come ho accennato in precedenza infatti, il Segretario Generale
presentò un “Rapporto Definitivo sulla Situazione del Sahara”, stabilendo un completo e
complesso Piano di Pace che preparasse il terreno per la celebrazione del referendum,
rimandato già dal 1975. Secondo il Piano di Pace, il Marocco e il Fronte Polisario
riconoscevano alle Nazioni Unite la responsabilità unica ed esclusiva nell'organizzazione
e realizzazione di tale referendum.
Si stabiliva, inoltre, una Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara
Occidentale, conosciuta come MINURSO, sotto la dipendenza del Rappresentante
Speciale Manz, composta da un gruppo civile, uno di polizia e uno militare.
A partire dal giorno del cessate il fuoco sarebbe cominciato un periodo di transizione di
venti settimane, che sarebbe dovuto poi terminare con la proclamazione dei risultati del
referendum, le cui opzioni erano, ricordo, l’indipendenza o l’accettazione di integrazione
al Marocco.

Il 29 aprile 1991 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvò all’unanimità il rapporto del


Segretario Generale, con la risoluzione S/690, nella quale si esprimeva il totale appoggio
agli sforzi fatti fino a quel momento da de Cuéllar; i punti 3 e 4 richiamavano le parti a
collaborare e contenevano l’approvazione della proposta di costituzione della MINURSO:

“[The Security Council]


3. calls upon the two parties to cooperate fully with the Secretary-
General in the implementation of his plan as described in his

56
report of 18 June 1990 and amplified in his report of 19 April
1991;
4. decides to establish, under its authority, a United Nations
Mission for the Referendum in Western Sahara in accordance with
the report of 19 April. […]” 74 .

Il Piano di Pace, che prevedeva un preventivo di 200 milioni di dollari per un'operazione
che non aveva precedenti, constava di cinque stadi: la prima fase consisteva in che, tra il
giugno e l’agosto 1991, il Governo del Marocco e il Fronte Polisario avrebbero stabilito
di comune accordo le condizioni per il cessate il fuoco, che sarebbe stato effettivo a
partire dal 6 settembre 1991. Personalità ufficiali della Commissione d'Identificazione
della MINURSO sarebbero giunte nel Sahara Occidentale e avrebbero aggiornato il
censimento realizzato nel 1974 dalla Spagna. Le 74.000 persone elencate in quel
documento avrebbero quindi costituito la base su cui sarebbe stata formata la nuova lista
dei votanti per il referendum.
Nella seconda fase la MINURSO avrebbe monitorato il ritiro della metà delle forze
dell'esercito marocchino che occupavano il Sahara Occidentale. Le unità armate del
Fronte Polisario sarebbero invece rimaste confinate in località prefissate dall'ONU.
Era stato previsto inoltre lo scambio dei prigionieri di guerra sotto gli auspici del
Comitato Internazionale della Croce Rossa. La Commissione di Identificazione avrebbe
verificato e poi pubblicato successivamente la lista definitiva degli aventi diritto a
partecipare al referendum di autodeterminazione.

Conformemente al terzo stadio del Piano di Pace e sotto la supervisione della MINURSO,
i 165.000 rifugiati che erano stati contati fino a quel momento a seguito dell'invasione
marocchina del 1975 sarebbero stati trasportati dai loro accampamenti, per lo più situati
nel deserto e vicini a Tindouf, fino a località sicure all’interno del territorio del Sahara
Occidentale. Anche i saharawi rifugiatisi in Spagna e in Mauritania sarebbero stati
rimpatriati. Osservatori internazionali sarebbero giunti anch’essi nella zona per
controllare la validità della campagna e la trasparenza del processo di votazione.
La quarta fase riguardava strettamente la campagna elettorale: la sua durata venne
stabilita in tre settimane. La quinta fase vedeva finalmente lo svolgimento dell’atteso
referendum, da effettuarsi in un periodo superiore all’arcio di una giornata. I saharawi
registrati nelle fasi precedenti sarebbero stati chiamati a votare sotto la supervisione della
MINURSO, e avrebbero deciso per la loro indipendenza legale o per la piena integrazione
all’interno delle istituzioni del Regno del Marocco.

Tanto il Marocco come il Fronte Polisario diedero il loro consenso a realizzare la


celebrazione della consultazione elettorale, alle condizioni previste dal Piano di Pace, e

74
Risoluzione S/690 (1991) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il documento è disponibile, in formato pdf, alla
pagina di archivio del sito ONU,
http://daccessdds.un.org/doc/RESOLUTION/GEN/NR0/596/26/IMG/NR059626.pdf?OpenElement.

57
acconsentirono entrambi a stabilire la data del 6 settembre 1991 come giorno definitivo
del cessate il fuoco. I saharawi avevano ottenuto sul piano militare la stabilizzazione delle
forze marocchine lungo i muri difensivi, e sul piano diplomatico il riconoscimento
internazionale pieno del loro diritto all'autodeterminazione e indipendenza anche se non
della Repubblica Araba Saharawi 75 .

L’aggravarsi della Guerra del Golfo pose in secondo piano la questione del Sahara
Occidentale dinanzi al Consiglio di Sicurezza, modificando l’agenda politica e le priorità
decisionali dell’organo, ma finalmente il Piano di Pace proposto dall’Assemblea Generale
ricevette l’avvallo del Consiglio di Sicurezza.
Tuttavia l'avvio vero e proprio del Piano non fu affatto scontato: nel corso dell’estate del
1991 si presentarono difficoltà logistiche di vario grado che fecero temere ritardi più
gravi; nel mese di luglio, ad esempio, il Rappresentante Speciale dell'ONU Johannes
Manz non poté recarsi ad El Aiúun a causa della chiusura dei confini da parte del
Marocco; il 12 agosto un'intera équipe di esperti della MINURSO si vide inoltre rifiutato
il permesso di ingresso nei territori.
Alla vigilia del cessate il fuoco erano arrivati in Sahara Occidentale solo 200 dei 1700
funzionari previsti dal Piano. Di fatto, il controllo di Hassan II su porti, strade e su tutte le
vie di accesso al paese ritardò di qualche mese l'inizio dei lavori della Missione 76 .

L’avvio della MINURSO comportò un iniziale dispiegamento nel Sahara Occidentale di


personale civile e militare proprio della missione, integrato da funzionari appartenenti a
più di 50 nazioni, tra cui quelle dei cinque paesi membri permanenti del Consiglio di
Sicurezza (Cina, Federazione Russa, Francia, Regno Unito, Stati Uniti); fu rispettata la
data del 6 settembre per il cessate il fuoco e si diede inizio al processo di identificazione
dei potenziali votanti sulla base dell’ultimo censimento realizzato. Il Segretario Generale
e il Consiglio di Sicurezza fissarono la celebrazione del referendum per
l’autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale in una data non successiva al
febbraio 1992.
Nonostante l’avvio della Missione il conflitto continuò e in agosto, poco prima del
previsto cessate il fuoco, l’esercito marocchino bombardò e distrusse le città di Tifariti e
di Bir Lahlou. Le “ostilità” nel Sahara Occidentale continuarono in realtà anche dopo la
dichiarazione del cessate il fuoco del 6 settembre, e la stessa MINURSO avrà occasione
di denunciarne svariate violazioni, operate da entrambe le parti.

Tuttavia, la violazione più grave ed eclatante del Piano di Pace fu l'organizzazione di una
“Seconda Marcia Verde” il 26 settembre 1991, subito denunciata dal Fronte Polisario; il
governo marocchino giustificò quest'operazione adducendo che si trattava del ritorno in
patria, in occasione dello svolgimento del referendum, di circa 170.000 saharawi (dunque

75
A tutt’oggi la RASD è riconosciuta internazionalmente da una settantina di Paesi (v. Appendice), ma non dall’ONU.
76
La Missione riferì in un rapporto del 1991 che addirittura nei porti vennero rallentate le operazioni di scarico del
materiale d'ufficio necessario alla Minurso.

58
potenziali votanti) che secoli prima si erano rifugiati nelle province meridionali del
Marocco, principalmente Tan Tan e Goulimine, per sfuggire alla colonizzazione
spagnola.

Di per sé questo spostamento di persone era conforme a un rapporto del Segretario


Generale 77 , secondo il quale avrebbero potuto partecipare al referendum anche i non
censiti nel 1974, maggiorenni e residenti al di fuori dei territori. Tale rapporto, infatti, al
punto 20 relativo all’Identificazione e registrazione dei votanti, affermava che la
Commissione d’Identificazione si sarebbe attenuta ai criteri, accettati dalle due parti, che

“[…] All Western Saharians to whom the 1974 census undertaken


by the Spanish authorities related and who are aged 18 or over
will have the right to vote […]. The Commision’s mandate to
update the 1974 census will include (…) and (b) considering the
applications from persons who claim the right to participate in the
referendum on the ground that they are Western Saharians and
where omitted from the 1974 census.”

Tuttavia, lo stesso punto 20 proseguiva specificando che tali richieste dovessero essere
previamente giudicate dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(UNHCR), con sede a Ginevra, e soprattutto dichiarava espressamente, al punto 35, che la
Commissione di Ginevra sarebbe stata

“(…) responsible for the implementation of the repatriation


programme, which will form an integral part of the MINURSO
operation and will be carried out in accordance with the
UNHCR’s mandate. 78 ”

Il trasferimento dei saharawi, ovunque si trovassero in condizione di rifugiati, era dunque


anch’esso inserito nel programma MINURSO e il fatto che le autorità marocchine si
appellassero ad esso per legittimare un flusso tanto ingente di popolazione, che già aveva
avuto un precedente nel 1975, risultò quantomeno inappropriato.
Il Fronte Polisario ritenne che il motivo di questa seconda marcia fosse rinvenibile
nell’intenzione di falsare il risultato del referendum, facendo votare anche quei cittadini
marocchini residenti negli ex-protettorati di Tarfaya e Ifni che possedevano documenti di
identità spagnola, ma non erano appartenenti a tribù saharawi, così da trasformare, in un
progetto a lungo termine, il Sahara Occidentale in una provincia marocchina in cui gli
elementi culturali saharawi fossero una minoranza, e denunciarono l’azione del Marocco
in sede ONU. Questo episodio non venne comunque mai esplicitamente condannato dalla
Missione e neppure dall’organizzazione internazionale, poiché esso non costituiva una

77
Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite, S/22464 del 19 aprile 1991, par.II, punti 19-23.
78
Il documento è disponibile in versione pdf alla pagina http://membres.lycos.fr/tomdsm/s22464.pdf.

59
violazione militare del Piano di Pace. Tuttavia già allora le Nazioni Unite vennero
fortemente criticate per la loro ambiguità e passività al riguardo.

Altri ritardi nel calendario previsto furono provocati dalle stesse istituzioni. Il Marocco
iniziò presto a sollevare alcune critiche e richiese una modifica sostanziale della clausola
relativa ai votanti del futuro referendum, che lo stesso aveva accettato, insieme all’altra
parte, solo alcuni mesi prima; le pretese marocchine vennero sostanzialmente ignorate, in
un primo momento, proprio per la sua recente adesione al Piano.
Qualche mese prima dell'avvio delle procedure di identificazione, tuttavia, Pérez de
Cuéllar propose di modificare le regole per l’identificazione del corpo elettorale.
Il suo tentativo di cambiare la composizione dei partecipanti al referendum incontrò vive
critiche anche tra i membri del Consiglio di Sicurezza, ma egli addusse a spiegazione che
fosse manifesta la necessità di semplificare i criteri di un processo di identificazione dei
votanti troppo complesso: nel suo ultimo rapporto da Segretario 79 , Cuéllar evidenziò che
la tendenza delle parti ad interpretare in maniera differente i relativi paragrafi era proprio
la conseguenza principale di tale complessità e poteva costituire facilmente un alibi per
tentare di modificare il processo di selezione delle domande a proprio favore.

2. I primi ostacoli e il blocco del processo di identificazione dei votanti

Cuéllar proponeva dunque di utilizzare nuovi criteri di identificazione, interpretando in


maniera estensiva quella che era stata la modalità del censimento spagnolo. Per valutare
la corrispondenza ad almeno uno di questi criteri, i potenziali votanti avrebbero dovuto
fornire due tipi di prove: documenti ufficiali e testimonianze orali.
Cinque erano i criteri proposti:
1. essere presenti nel censimento del 1974;
2. aver vissuto sul territorio come membro di una tribù saharawi all'epoca del
censimento, ma non essere stato censito;
3. essere discendente diretto di individui appartenenenti a uno dei due primi gruppi;
4. essere figli di padre nato nel territorio;
5. essere membro di una tribù saharawi e aver vissuto nel territorio per 6 anni
consecutivi o 12 discontinui prima dell’1 dicembre 1974.

L’introduzione unilaterale di nuovi criteri di identificazione dei votanti rispetto a quelli


che erano già stati inseriti nel rapporto S/23299 del 19 dicembre, avvenne giusto qualche

79
Pérez de Cuéllar, peruviano, ricoprì la carica di Segretario Generale dell'ONU dal 1982 al 1991.

60
giorno prima della fine del mandato di Cuéllar 80 , e non risolse affatto le divergenze tra il
Fronte Polisario e il Marocco; al contrario, i nuovi criteri di ammissibilitá delle richieste
ne alimentarono di nuove. Se infatti il Polisario voleva limitare il corpo elettorale alle
persone censite nel 1974 e sosteneva il criterio della cittadinanza territoriale, il secondo
ricercava proprio una sua estensione per includervi i membri di tribù favorevoli
all'integrazione marocchina. Vista la difficoltà nello stabilire chi effettivamente abitasse il
Sahara al momento della decolonizzazione, il criterio tribale poteva in effetti permettere
un allargamento (quasi) senza limiti dei potenziali votanti 81 . Per chiarire ulteriormente
questo punto, la Commissione d’Identificazione specificò che il concetto di appartenenza
tribale non era accettabile, poichè la popolazione così definita non sarebbe stata legata al
censimento, oltre che a non corrispondere né ad un determinato periodo, né ad un
territorio specifico.
Il cambiamento dei criteri di ammissibilità per il referendum proposti da Pérez de Cuéllar,
poichè contraddicevano le precedenti risoluzioni e gli accordi del 1989, misero da subito
in crisi la credibilità del Consiglio di Sicurezza, tanto che il presidente della Commissione
di Identificazione, Frank Ruddy 82 , rassegnò le proprie dimissioni. Lo stesso Manz si
dimise, denunciando la mancata presa di posizione di Cuéllar riguardo la seconda Marcia
Verde 83 .

Superando le reticenze e non disposto a posticipare l’avvio del processo di


identificazione, il Fronte Polisario decise comunque di accettare quattro dei criteri
proposti; di fronte al clima di incertezza in seno all’ONU il Marocco invece li rifiutò tutti.
Per quanto riguarda il Consiglio, molti dubbi vennero espressi in sede di riunione anche a
causa delle dimissioni presentate dai due principali responsabili delle operazioni. Non
trovandosi nelle condizioni di poter approvare o rifiutare le modifiche che erano state
apportate, con la risoluzione SC/725 del 31 dicembre 1991 il Consiglio richiese
all’Assemblea Generale di stilare un nuovo rapporto relativo alla questione, che
contenesse una proposta di soluzione che incontrasse il favore delle parti.
Le responsabilità ricaddero dunque su Boutros Ghali, ex Ministro degli Affari Esteri
egiziano, che accettó la nomina a Segretario Generale il giorno seguente, il primo gennaio
1992. La polemica rimase aperta, e con essa la prima ferita inferta al Piano di Pace.

80
Il quotidiano EL PAÍS, nella sua edizione del 7 gennaio 1992, commentò la decisione del Segretario Generale in questi
termini: “es difícil conocer los motivos que empujaron a Pérez de Cuéllar a cambiar de un plumazo la anterior postura de la
ONU”. Archivio online de “EL PAÍS”.
81
Cfr. T. DE S. MAURICE, Sahara Occidental 1991-1999. L'enjeu du référendum d'autodétermination, Ed. L'Harmattan,
Paris 2000, p. 67.
82
Frank Ruddy, ex ambasciatore degli USA ed ex Vicepresidente della MINURSO, fu autore nel 2007 di un
interessantissimo intervento in Alaska la cui trascrizione è disponibile sotto il titolo di Western Sahara, Africa’ Last
Colony, del quale tratterò in seguito.
83
Manz venne a sapere che vi era stato uno scambio di lettere tra de Cuéllar e Hassan II, che lo informava dell'imminente
arrivo di 170.000 persone dal Marocco, ma la risposta venne effettuata senza consultare né avvertire il Rappresentante
Speciale, che rimase all'oscuro di tutto fino al dicembre dello stesso anno.
Le accuse di parzialità a Cuéllar saranno in parte avallate dalla notizia, nel gennaio 1993, della sua nuova carica di vice-
presidente della Optorog, società di commercio internazionale per il 70% di proprietà della famiglia reale marocchina.

61
Il 1992 iniziò in modo positivo per l’Organizzazione delle Nazioni Unite; a fronte delle
numerose sfide e azioni necessarie che si profilavano, e delle diverse aree di conflitto,
molte idee e progetti vennero alla luce. Come emerse dal testo “An Agenda for Peace 84 ”,
furono precisate e ampliate le competenze dell’ONU relativamente alla prevenzione e
gestione dei conflitti.
Riguardo alla situazione del Sahara Occidentale, il primo rapporto del nuovo Segretario
fu caratterizzato da un grande realismo: vi si registravano le “dimostrazioni di ostilità” e
violenze avvenute fino a quel momento 85 , le divergenze d'interpretazione del Piano, e
Boutros Ghali avanzó fin dal principio l'ipotesi di abbandono degli impegni concordati se
fosse venuta a mancare la collaborazione.

Per la nomina del nuovo Rappresentante Speciale, si lasciarono le parti libere di


accordarsi su una persona a partire da una lista di dieci nominativi. Anche questo punto fu
causa peró di tensioni: avendo il Marocco rifiutato energicamente la nomina di otto dei
dieci candidati proposti alla Presidenza, ed essendo le preferenze delle due parti ancora
una volta inconciliabili, il 26 febbraio 1992 il Rappresentante Generale incontró a New
York il Presidente della RASD Mohamed Abdelaziz per convincerlo della necessità di
trovare un accordo, e al Fronte Polisario non rimase che accettare Yacoub Khan 86 .
I rapporti tra la delegazione del Polisario e il Rappresentante Speciale furono comunque
conflittuali durante tutto il suo mandato, e nel marzo 1994 il Fronte gli comunicò,
attraverso una lettera inviata anche al Consiglio di Sicurezza, che il Polisario aveva
esaurito la fiducia nel suo operato. Al di là delle relazioni con il Fronte, il periodo di
rappresentanza di Yacoub Khan fu caratterizzato in effetti da un tentativo forse eccessivo
del Rappresentante di porre le relazioni su un piano personale, di incontri “privati” spesso
al di fuori di quanto previsto dall’ONU e Khan venne successivamente allontanato dalla
questione del Sahara Occidentale, probabilmente, come scrisse Ahmed Boukhari, “por
consejo de miembros influyentes del Consejo de Seguridad. 87 ”

Nel frattempo Rabat annunciò le elezioni municipali e legislative nel Paese, insieme alla
volontà di effettuare un referendum costituzionale che avrebbe coinvolto anche il Sahara

84
Il testo del documento “An Agenda for Peace” è disponibile alla pagina web delle Nazioni Unite
http://www.un.org/Docs/SG/agpeace.html.
85
Al 31 dicembre 1991 il Rappresentante Generale segnalava che il cessate il fuoco era stato rispettato; tuttavia, erano state
denunciate, anche se non verificate, 75 violazioni attribuite al Marocco, e 2 al Fronte Polisario, da parte di membri della
missione e funzionari presenti sul territorio. Fonte ONU.
86
Sahabzada Yacoub Khan, ex-ministro degli Esteri del Pakistan, risultava per il Polisario molto meno parziale di Vernon
Walters, uno dei sostenitori e artefici degli accordi di Madrid del 1975 e notoriamente legato da vincoli di amicizia con il
palazzo marocchino.
87
Cfr. A. BOUKHARI, Las dimensiones internacionales del conflicto del Sahara Occidental y sus repercusiones para una
alternativa marroquí, Cuadernos GEES, 2005.
Il GEES, fondato nel 1986 a Madrid e con varie sedi negli Stati Uniti, è stato il primo think tank spagnolo; di orientamento
neoconservatore, si è spesso schierato a favore del Marocco e della posizione americana di sostegno al Paese; lungi quindi
dall’appoggiare incondizionatamente la causa saharawi, si è però spesso pronunciato a favore della legalità internazionale e
della necessità del referéndum per il Sahara Occidnetale. Mi sembrava perciò un’apportazione molto interessante per il mio
lavoro.
Per quanto riguarda Yacoub Khan, Bachir Musta Sayed, capo della delegazione saharawi in sede ONU nel 1992, denunció
durante una delle sedute dell’Assemblea che in un incontro “tête a tête” di qualche minuto richiesto proprio dall’ex
Rappresentante Speciale, Khan gli disse che il Re Hassan “me manda a decirte que si necesitas algo personal, que me lo
digas”. La frase non fu smentita in quell’occasione, né dal sovrano marocchino né tantomeno da Khan.

62
Occidentale. Per il Fronte Polisario si trattava di una vera e propria dichiarazione di
guerra, che dimostrava il fallimento di un Piano di Pace mai iniziato, ma a seguito di
indagini specifiche e richieste ai dirigenti marocchini, Boutros-Ghali intervenne
personalmente per chiarire che si sarebbe trattato di ”elezioni (...) del tutto indipendenti e
distinte dalla tenuta di un referendum conforme al piano dell'ONU 88 ”.
Durante le manifestazioni di protesta contro le elezioni organizzate ad Assa, El Aaiún e
Smara, vi fu una repressione durissima, con violenze e arresti, ma i vertici dell'ONU
dichiararono di non esserne stati messi al corrente.
Le elezioni marocchine si svolsero il 4 settembre 1992 e i risultati ottenuti rivelarono il
grande consenso nei confronti del monarca, che indicò tra le sue priorità lo sviluppo del
Sahara Occidentale, ormai incluso nel progetto di regionalizzazione del Marocco. In
effetti l'anno seguente, il Ministro dell'Interno annunciò un piano di divisione del paese,
in regioni dotate di parlamento e governo locale 89 .

Solo nel rapporto del gennaio 1993 il Segretario Generale segnalò con preoccupazione
l'aumento dell’ostilità e delle manifestazioni di violenza nell’area, e la necessità che il
personale militare della Missione rinnovasse l’impegno a far rispettare il cessate il
fuoco 90 .
Visto che le parti mantenevano atteggiamenti che ostacolavano l'applicazione del Piano
concordato, Boutros-Ghali propose tre vie per superare l'impasse, che consistevano
precisamente in:
1. la continuazione e l’intensificazione dei negoziati;
2. un’applicazione immediata del Piano di Pace sulla base dei criteri presenti nel
rapporto originario di Pérez De Cuéllar del dicembre 1991 (in questo caso anche
senza la cooperazione di una delle parti); o
3. l’adozione di un nuovo approccio, non fondato sul Piano di Pace adottato nel 1991.

Privilegiando la prima proposta, il 2 marzo 1993 il Consiglio di Sicurezza votò la


risoluzione SC/1993/209, con la quale in seno all’ONU si approvava l'organizzazione di
un referendum prima della fine dell'anno in corso.
Venne deciso di iniziare al più presto la registrazione dei votanti, cominciando dalle liste
aggiornate del censimento del 1974, per mettere in atto quanto già indicato nelle
risoluzioni SC/1991/658 e SC/1991/690.
Fu annunciato l'inizio della registrazione dei potenziali votanti. Tre erano i passaggi
procedurali previsti: la manifestazione dell'intenzione di partecipare al voto, con la
conseguente archiviazione e vaglio della Commissione, l'identificazione, in presenza

88
Rapporto di Boutros-Ghali S/24464, 22 agosto 1992, punti a-b, p.4. Il sito delle Nazioni Unite http://www.un.org/Docs
raccoglie i Rapporti della Segreteria Generale solo a partire dal 1994, tuttavia segnalo che il testo in inglese, è disponibile,
tra l’altro, alla pagina web http://membres.lycos.fr/tomdsm/s24464en.pdf:
89
La legge sulla regionalizzazione del territorio è stata approvata definitivamente solo il 28 aprile 1997. Il Sahara
Occidentale vi è stato incluso amministrativamente con tre regioni: Ouad Eddahab, Laatoune-Boujdour, Guelmin-Smara.
Quest'ultima si trova tra la frontiera meridionale del Marocco e la parte settentrionale del Sahara occupato.
90
Tra il 20 agosto 1992 e il 20 gennaio 1993, ci furono infatti 50 azioni violente tra le parti, di cui 46 attribuite al Marocco
e 4 al Polisario.

63
delle parti, del capo tribù della fazione e dell'osservatore dell'OUA 91 , e infine l'analisi del
dossier risultante, in base ai criteri stabiliti, alle testimonianze e alle prove prodotte dai
richiedenti.

Come già si era immaginato, la presentazione delle prove costituì uno dei capitoli più
controversi. Le testimonianze orali e la presenza dei capi tribù suscitarono riserve da
entrambe le parti: il Fronte Polisario avrebbe voluto riconoscere solo le prove scritte
risalenti al periodo coloniale, chiaramente imparziali in quanto precedenti il conflitto,
mentre il Marocco manifestava la sua diffidenza nei confronti dell'amministrazione
spagnola e preferiva le testimonianze orali dei capi tribù.
Il Polisario inoltre, a differenza del Marocco, considerava una sotto-fazione come
«radicata nel territorio» se la maggioranza dei suoi membri era stata censita nel 1974: in
merito all'affiliazione tribale, infatti, lo stesso Boutros Ghali aveva convenuto che fosse
l'appartenenza di una persona ad un gruppo familiare (sotto-fazione di tribù), radicata nel
territorio, e confermata dagli Cheikhs e dai notabili di ciascun gruppo, “a prevalere per
determinare il diritto di partecipazione al referendum.”

Nel tentativo di superare le difficoltà che si stavano presentando, furono moltiplicati i


centri operativi della MINURSO sia nel Sahara Occidentale che nei campi profughi,
rinviando di un anno la consultazione referendaria.
I continui rallentamenti avevano reso il clima tutt'altro che disteso. Le manifestazioni a
favore dell'indipendenza provocarono risse, arresti e rappresaglie, tanto che il Consiglio
di Sicurezza decise di inviare una propria delegazione. Questa avrebbe dovuto esercitare
pressioni sulle parti affinchè nel loro comportamento prevalesse la necessità di
collaborare, reciprocamente e con la MINURSO, nella valutazione dei progressi effettuati
durante il processo di identificazione, e nel verificare i problemi relativi alla riduzione
delle forze militari, al rilascio dei prigionieri politici e infine al ritorno dei rifugiati.
L'analisi della delegazione fu chiara:

“Although both parties stressed their commitment to the process


and their desire to see it through under the Settlement Plan, in
practice they had difficulty from time to time in cooperating fully
with all aspects of the process thus often causing interruptions in
the identification. (…)” 92

La scarsa fiducia e il sospetto tra le parti facevano sì che anche i minimi problemi tecnici
venissero ingigantiti e trasformati in questioni politiche. Anche uno dei coordinatori della
MINURSO espresse preoccupazione per le modalità delle operazioni di identificazione;
secondo lo stesso rapporto del Segretario, infatti,

91
Per questa seconda tappa, venne creato un piccolo tribunale composto da 2 rappresentanti dell'Onu, 1 rappresentante
dell'OUA, 2 capi tribù (nominati ognuno da una delle parti), 2 osservatori per ogni parte.
92
Rapporto della Missione del Consiglio di Sicurezza, S/1995/498, 21 giugno 1995, punto 10.

64
“[…] According to Mr. Sayed, so far in the identification, the two
sheikhs appeared to disagree in 60 per cent of the cases; […]
the difficulty the POLISARIO sheikhs had in being called to
testify in the identification of persons, only 20 per cent of whom
had been included in the Spanish census and 80 per cent of whom
were said to be without adequate documentation.
It would not be easy for the POLISARIO to convince the sheikhs
to continue participating in a process characterized by lack of
transparency.” 93

Il 25 giugno il Presidente della RASD Mohamed Abdelaziz annunciò la sospensione della


partecipazione al Processo di Pace. All'origine di questa decisione vi erano le violazioni
marocchine al suddetto piano, l'introduzione delle nuove domande di registrazione
all'ultimo momento, e la condanna di otto studenti saharawi a 15-20 anni di prigione per
aver partecipato ad una manifestazione.
Solo grazie all'intervento di Human Rights Watch, dell'OMDH 94 e del Parlamento
Europeo, Hassan II ridusse la pena di quegli studenti, e il Fronte Polisario ripristinò la
propria partecipazione al Processo di Pace.

Durante la Segreteria di Boutros Ghali la MINURSO potè tuttavia iniziare, nell’agosto


1994, la prima fase di identificazione dei votanti per il referendum, grazie tra l’altro agli
sforzi di Jensen, nuovo Presidente della Commissione di Identificazione. Ciononostante
tale processo si ritrovò paralizzato nuovamente poco tempo più tardi, di fronte alle
insistenze marocchine relative all’inclusione nelle liste di migliaia di persone appartenenti
alle tribù definite come “contestate”.
Gli ulteriori ritardi, causati principalmente dagli interventi del Marocco relativi alle
nomine degli osservatori dell'OUA, resero evidente la sua capacità di influire
profondamente anche sulle dinamiche interne degli organismi internazionali.
Addirittura, al 31 ottobre 1994, risultavano essere stati valutati i dossier di solo 4.000
potenziali elettori, e parve chiaro che sarebbe stato impossibile realizzare il referendum
entro il febbraio 1995, già posticipato rispetto alla risoluzione del 2 marzo del Consiglio
di Sicurezza. Alla fine del 1994 rimanevano ancora 100.000 “nuove” domande ad
ostacolare l'attuazione del referendum, tutte provenienti dalle tribù indicate con le sigle
H41, H61, J51/52, quegli abitanti del sud del Marocco o della Mauritania che avevano la
comune caratteristica di non poter essere considerate come radicate nel territorio, di non
essere menzionate nel censimento spagnolo e neppure le loro sotto-fazioni, e di non avere
nemmeno capi-tribù in grado di riconoscerne i membri.

93
Ibidem, punti 22-24.
94
L'OMDH, Office of Minority Health and Health Disparities opera in tutto il Mondo a tutela delle minoranze, delle
disabilità e disparità all’interno delle diverse popolazioni. Tra gli obiettivi ha quello di fornire informazione sulle
condizioni di salute fisica e psichica di tutte le minoranze presenti, ed è piuttosto attiva ancora oggi nella denuncia delle
violenze delle autorità marocchine contro i saharawi del Sahara Occidentale.

65
Fig. 7. Dislocazione della Missione MINURSO nel 1995.

Di fronte all'ennesima inconciliabilità riguardo alla valutazione di queste tribù, il


Consiglio di Sicurezza decise la sospensione del processo d’identificazione, insieme alla
riduzione del 20% del personale militare della MINURSO 95 .
Il processo di identificazione dei votanti subì quindi una situazione di stallo, che proseguì
fino alla fine del mandato di Boutros Ghali. A sette anni dalla firma dell'accordo per il
Piano di Pace, i saharawi non avevano ancora esercitato il loro diritto
all'autodeterminazione sancito dalla Carta ONU e buona parte di loro viveva ancora nei
campi profughi.
Pochi mesi prima di lasciare la Segreteria Generale, nel suo Rapporto del maggio 1996,
Boutros Ghali espresse chiaramente la delusione riguardo i risultati ottenuti:

95
Cfr. a tale proposito la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU S/RES/1056, del 31 maggio 1996.

66
“Regrettably, as a result of the positions of the parties, described
above, all efforts to achieve that result have so far been frustrated.
Although both the Government of Morocco and the Frente
Polisario profess their commitment to the Settlement Plan and to
the identification process, the impasse reached at the end of 1995
continues. 96 ”

Il Segretario Generale proseguiva inoltre affermando che

“[…] the required willingness does not exist to give MINURSO


the cooperation needed for it to resume and complete the
identification process within a reasonable period of time. 97 ”

Il veto degli Stati Uniti al rinnovo del mandato di Boutros-Ghali come Segretario
Generale permise l’arrivo alla carica di Kofi Annan. Il suo profilo di uomo conoscitore
del processo di decolonizzazione e la sua condizione di cittadino di uno stato, il Ghana,
che riconosceva la Repubblica Araba Saharawi Democratica, sembrò offrire nuove
prospettive al conflitto; in ogni caso, come apparve qualche anno più tardi, la sua
intenzione fin dal principio fu quella di ricercare una via alternativa al Piano di Pace, il
che significava rinunciare alla risoluzione del conflitto attraverso le vie previste dalla
dottrina delle Nazioni Unite in materia di decolonizzazione, previste, per il caso del
Sahara Occidentale con il consenso delle parti nel menzionato Piano. In effetti, nel suo
primo rapporto già accennava alla via che intendeva seguire, ponendosi le seguenti
questioni: era possibile portare a buon fine il Piano di Pace nella sua forma attuale? In
caso contrario, si sarebbero potute predisporre soluzioni accettabili per le due parti, per
risolvere il conflitto che le contrapponeva? E infine, esistevano altri mezzi attraverso i
quali la comunità internazionale avrebbe potuto aiutare le parti a giungere ad un accordo?
Per raggiungere il suo proposito procedette a creare un nuovo incarico che, insieme al suo
Rappresentante Speciale, avrebbe avuto un peso specifico nel corso delle manovre. Si
trattava dell’Inviato Personale del Segretario Generale per il Sahara Occidentale, incarico
che fu assegnato nel marzo 1997 all’ex Segretario di Stato degli Stati Uniti, James Baker
III, affinchè valutasse la fattibilità del Piano, esaminasse mezzi per aumentare le
possibilità di riannodare la sua applicazione in un prossimo futuro e, nel caso non fosse
possibile, consigliasse il Segretario Generale riguardo altre possibili manovre in grado di
impulsare il processo di pace.

96
Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Ghali, S/1996/343 dell’ 8 maggio 1996, “VI -
Observations”, punto 24.
97
Cfr. Ibidem, punto 29.

67
3. James Baker e il rilancio del processo di pace

A cercare un nuovo avvio del processo di pace fu dunque Baker, nel 1997; grazie alla sua
statura politica e alla credibilità internazionale di cui godeva, Baker riuscì fin da subito a
conquistare una serie di vittorie diplomatiche.
I primi negoziati diretti, tenutisi a Londra, rivelarono inoltre che entrambe le parti erano
disposte a delle concessioni per permettere all’ONU di sbloccare la situazione.
A Lisbona, nel giugno 1997, si ebbero nuovi negoziati diretti, con la presenza di Baker,
che riuscì ad ottenere tre mesi dopo un altro incontro ancor più decisivo: gli accordi di
Houston dovevano essere l'ultimo sforzo diplomatico prima del referendum, previsto
ormai per il 7 dicembre 1998.

Gli Accordi di Houston 98 , conclusisi nel luglio 1997 riuscirono, almeno temporalmente, a
sbloccare il processo di identificazione dei votanti.
In virtù di tali accordi, il Marocco accettava di non patrocinare, né direttamente né
indirettamente, né presentare per la sua identificazione, i richiedenti che appartenevano
alle tribù menzionate con le sigle H41, H61, J51/52 e che non figuravano nel censo
spagnolo. Nella sostanza il Marocco rinunciava a presentare una domanda globale, per
cui i dossier relativi ai membri delle tribù contestate sarebbero stati valutati caso per caso;
il Fronte Polisario ammetteva, dal canto suo, la validità delle testimonianze orali.
In questo modo si permetteva alla MINURSO di proseguire con il processo di
identificazione della parte rimanente delle persone che avevano richiesto di essere incluse
nelle liste per la partecipazione al referendum, ovvero, di tutte le persone appartenenti alle
tribù saharawi effettivamente stanziate nel territorio, un processo che era rimasto
paralizzato dopo le proposte di Pérez de Cuéllar e di Boutros-Ghali.

Per quanto riguardava la regolazione del periodo transitorio, il Marocco e il Fronte


Polisario riconobbero l’autorità delle Nazioni Unite sul territorio durante un periodo che
avrebbe avuto inizio a partire dal giorno successivo il termine dell’identificazione dei
votanti e per tutta la durata del referendum; le parti si impegnarono anche riguardo il
“codice di condotta”, affermando perciò i propri sforzi al fine di garantire un processo
elettorale il più possibile trasparente, assicurando l’accesso ai media e il rispetto della
libertà di espressione.
La riduzione delle rispettive forze militari costituiva un altro punto importante dei nuovi
accordi, così come la liberazione dei prigionieri di guerra e dei detenuti politici, il
rimpatrio dei rifugiati di Tindouf e l’adozione di un nuovo calendario per il Piano di Pace.

98
Il testo degli accordi di Houston è consultabile nel rapporto del Segretario Generale del 24 settembre 1997 (S/1997/742,
Annesso II). I protocolli e linee direttive che complementavano gli accordi sono consultabili nei documenti S/1999/483,
Add.1, S/1999/554 e S/1999/555.

68
L'operato di Baker e gli indiscutibili sforzi diplomatici da parte sia del Marocco che del
Fronte Polisario riuscirono a rivitalizzare il processo di pace e la fiducia delle Nazioni
Unite per il buon esito della MINURSO.
Secondo alcune analisi 99 tuttavia questo successo celava incognite e ambiguità: solo per
porre un esempio, era difficile pensare che il Marocco, dopo aver investito un grosso
potenziale simbolico ed economico nel “recupero dei territori perduti” del Sahara, fosse
disposto a giustificare di fronte all'opinione pubblica un eventuale ritiro e, se il
referendum avesse avuto esito positivo per i saharawi, la rinuncia definitiva al Sahara
Occidentale. L'ipotesi è che la riuscita dei negoziati sia stata in qualche modo influenzata
dalla prospettiva di aiuti economici e investimenti avanzata dalla diplomazia statunitense.
Altre ragioni che avrebbero spinto Rabat a riprendere il processo di pace sarebbero stati le
condizioni di povertà generale del paese, a fronte di ingentissime spese per il
mantenimento dell’esercito, la maggiore, seppur graduale, democratizzazione delle
istituzioni e infine i problemi di successione emersi con la malattia del re Hassan II.

Gli Accordi di Houston ebbero certamente grande importanza, e come sottolineato dallo
stesso Segretario Generale dell’ONU nel suo Rapporto al Consiglio di Sicurezza del
settembre 1997,

“With these agreements, and the goodwill and spirit of


cooperation during the talks, the main contentious issues that have
impeded the implementation of the plan have thus been
satisfactory addressed. It may be recalled that in order to reach
resolution of the issues, my Personal Envoy agreed with the
parties at the start of the talks that no issue would be considered as
finally agreed until all outstanding issues were agreed. [...] These
achievements create the conditions to proceed toward the full
implementation of the Settlement Plan, starting with the
resumption of the identification process (...) 100 ”

Il primo dicembre 1997 il processo di identificazione riprese.


Ad alcune accuse di tendenziosità della MINURSO, avanzate dalla stampa marocchina
riguardo la mancata identificazione proprio dei gruppi tribali “contestati”, rispose lo
stesso Kofi Annan facendo notare come il processo stesse proseguendo rapidamente e
come restassero da identificare solo 20.000 persone, e aggiungendo che

“Provided that both parties continue to cooperate fully, the


identification of these applicants should be completed in August
1998. (…) However, both parties still maintain their positions
with respect to these groups, as outlined in my previous report
(S/1998/404, paras. 5 and 7). After completing his consultations,

99
Cfr, F. CORREALE, Marocco-Sahara Occidentale: verso una soluzione piena di incognite, in “Africa e Orienti”, n.2.
1997, pp. 33-35.
100
Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, S/1997/742, paragrafi 26 e 27, del 24 settembre
1997.

69
my Special Representative will submit to me his assessment and
recommendations.”

Nel frattempo l'atteggiamento di Rabat si fece conciliante, tanto che venne riconosciuto
ufficialmente lo stato legale della MINURSO, e fu siglato un accordo per lo sminamento
delle zone non militari del Sahara Occidentale.
La morte di Hassan II nel luglio del 1998 e la successione del figlio Mohammed VI
causarono però ben tre rinvii del referendum 101 . Più grave ancora, la mancata
ufficializzazione della presenza dell’UNHCR provocò un ritardo fatale nel rimpatrio dei
rifugiati, che erano stimati in 105.000 provenienti da Tindouf, 10.000 dalla Mauritania e
5.000 da altri Paesi 102 .
Come conseguenza di nuove pressioni marocchine, si tornarno a porre dubbi riguardo le
modalità di identificazione accordate a Houston, e il Segretario Generale presentò nel
maggio 1999 cinque protocolli addizionali relativi ai ricorsi.
Una parte delle liste provvisorie venne pubblicata il 15 luglio 1999; il termine per
presentare eventuali ricorsi venne fissato di lì a due mesi e, come prevedibile, quasi tutti
coloro che erano stati esclusi dalla lista perché non conformi a nemmeno uno dei criteri,
esposero ricorso. Doveva inoltre ancora concludersi l'identificazione degli appartenenti
alle tribù classificate H41, H61, J51/52.

Dopo gli Accordi di Houston, la MINURSO riuscì a sbloccare nel dicembre dello stesso
anno e finalizzare, nel gennaio del 2000, il processo di identificazione dei votanti.
Il Rapporto del Segretario Generale del 2000 informò il Consiglio di Sicurezza che, a
conclusione del processo di identificazione, 198.469 persone erano apparse dinanzi alla
Commisione di Identificazione.
Delle quasi duecento mila richieste presentate, solo 86.386 furono accettatte, poichè
conformi ai criteri stabiliti, il che suppose un aumento di circa 12.000 votanti rispetto al
censimento spagnolo 103 . Si trattava in effetti di una cifra che si approssimava ad un
aggiornamento di tipo scientifico dell’ultimo censimento spagnolo del 1974, perciò
verosimile. La conclusione del processo dimostrava, secondo il Polisario, che le Nazioni
Unite quando fornite dei mezzi e delle capacità necessarie potevano “agire con
determinazione e obiettività 104 ”.

101
Il referendum venne infatti rinviato dal dicembre '98 al dicembre '99, poi a marzo del 2000 e poi ancora al luglio 2000.
102
Cfr. UNHCR 1999, Global appeal, Western Sahara Repatriation Operation, disponibile nella pagina web
http://www.unhcr.org/publ/PUBL/3eaff43e29.html del sito della stessa Agenzia ONU.
103
Cfr. A. THEOFILOPOULOU, The United Nations and Western Sahara: a Never-ending Affair, United States Institute
of Peace, Special Report 166, luglio 2006, disponibile sul sito http://www.usip.org.
La Theofilopoulou si è occupata del Sahara Occidentale e del Nord Africa, per conto del Department of Political Affairs
delle Nazioni Unite, dal 1994 al 2006. Ha lavorato a stretto contatto con l' ex Segretario di Stato James A. Baker III durante
il suo incarico in qualità di Inviato Personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale, dal
marzo 1997 fino alle sue dimissioni nel giugno 2004. E’autrice di vari articoli, pubblicati da diverse organizzazioni e centri
di ricerca (come il United States Institute of Peace, il GEES, l’italiano ISPI, Peacelink), nei quali pose in rilievo non solo la
frequente indisponibilità delle parti a cooperare, ma pure le responsabilità delle Nazioni Unite, in particolare dei membri
del Consiglio di Sicurezza, nella “non-soluzione” del conflitto.
104
Cfr. Memorandum del Fronte Polisario relativo al Piano di pace per il Sahara Occidentale, 19 settembre 2000,
disponibile alla pagina web http://www.arso.org/fpmemos0900.htm.

70
Nel febbraio 2000 la MINURSO publicó la lista delle 86 mila persone e apriva, allo
stesso tempo, la possibilità di esercitare il diritto di ricorso per coloro che tenessero
“prove supplementari convincenti”, che non fossero state presentate in precedenza.
La possibilità di ricorrere è una pratica legale inerente a qualsiasi ordinamento giuridico,
tuttavia la parte essenziale del lavoro di identificazione era stata realizzata con successo.
Tutto ciò rendeva possibile fissare per la fine del 2000 una data concreta per la
celebrazione del referendum, conformemente al calendario modificato da Kofi Annan alla
base degli Accordi di Houston.

In queste circostanze il Marocco decise di presentare circa 131.000 ricorsi contro il


censimento elaborato, ponendo dubbi riguardo l’imparzialità della Commissione
d’Identificazione. In un primo momento 105 il Fronte Polisario rifiutò di accettare l’enorme
mole di richieste di appello che avrebbero dovuto ripassare nuovamente il vaglio del
centro di identificazione, e la sensazione generale era come se si avesse dovuto
ricominciare un processo che era costato più di cinque anni, considerando, poi, che circa
il 95% dei facenti ricorso non avrebbero quasi sicuramente potuto apportare nuove prove
che potessero giustificare l’ammissione al referendum, in accordo con i criteri stabiliti dal
Piano di Pace e dalle disposizioni successive. Tuttavia il Movimento di liberazione
nazionale saharawi finirà per ammettere anche che la MINURSO terminasse
l’identificazione dei ricorsi senza la presenza degli sheiks o dei capi tribù proposti dal
Fronte Polisario e dal Marocco 106 .
La prospettiva di organizzare il referendum si allontanava anziché avvicinarsi:
teoricamente la fase finale del processo di identificazione era vicina, ma nella pratica
rimanevano molte questioni da regolare, relative all'applicazione del risultato del
referendum. Era chiaro che nessuna delle due parti avrebbe accettato una sconfitta e che
cooperavano in tale fase solo perché convinte che la composizione del corpo elettorale
avrebbe determinato l'esito del referendum.

Il Consiglio di Sicurezza si era già pronunciato sulla questione nelle risoluzioni 1238 e
1263 del maggio e settembre 1999, invitando le parti a non abusare del ricorso. Tuttavia,
pur trattandosi di un ostacolo serio, di natura tecnica, l’ONU avrebbe potuto risolverlo
piuttosto agevolmente, forse, semplicente aumentando il numero di funzionari della
Commissione di Identificazione per accellerare i tramiti dell’inatteso alto numero di
ricorsi. Ciò sarebbe stato un evidente segnale politico della volontà di avanzare nel Piano
di Pace, tuttavia avrebbe costituito allo stesso tempo un brusco cambiamento di tendenza
rispetto alle riduzioni di personale militare, civile, e alla riduzione di finanziamenti che
già da alcuni anni si stava verificando. Certamente non si può ignorare la frustrazione dei
membri della Missione di fronte agli scarsi risultati raggiunti e alle ingenti spese
sostenute.

105
Cfr. Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni UniteS/1996/343 dell’8 maggio 1996.
106
Cfr. “Proposte ufficiali presentate dal Fronte Polisario per superare gli ostacoli che impediscono l’applicazione del piano
di pace”, S/2001/613, Annesso IV, appendice, par. 1.

71
Inoltre, oggi risulta molto pù semplice, rispetto a qualche anno fa, valutare gli
avvenimenti e gli equilibri politici di allora. La diplomazia francese dopo la morte di
Hassan II informò Baker e Kofi Annan riguardo i rischi di una destabilizzazione nell’area
per il nuovo re Mohamed VI. Tra l’altro, il Presidente francese Chirac sosteneva
esplicitamente il suo appoggio al Marocco, riferendosi ripetutamente nelle occasioni
ufficiali alle “province del Sud marocchine” e non ad un più neutro, forse, ma
sicuramente più equo e indicato “territori del Sahara Occidentale”.
Più tardi Baker e Kofi Annan riconobbero in modo esplicito che la ragione fondamentale,
come si poteva supporre, non erano le divergenze riguardo i ricorsi in appello bensi il
fatto che Marocco non era “disposto a continuare nel Piano di Pace 107 .”

4. La “terza via” proposta dall'ONU: il Progetto di Accordo-Quadro (2001)

Di fronte a quest'ennesima impasse, il Segretario Generale si affidò nuovamente al suo


Inviato Personale James Baker, affinchè organizzasse altri negoziati 108 . Per la prima volta
venne avanzata l'ipotesi di una soluzione politica, cioé di un compromesso negoziato tra
le parti, che sancisse un'integrazione totale del Sahara Occidentale al Marocco, la sua
piena indipendenza oppure ancora una soluzione intermedia. Da allora ipotesi simili
vennero proposte periodicamente e tutti i successivi negoziati prevedettero la possibilità
di un compromesso che eludesse un referendum immediato. Tale possibilità si
concretizzò nella cosiddetta “Terza via”, della quale il Consiglio di Sicurezza incoraggiò
l'adozione 109 .
Dopo lo stallo generato dalla questione dei ricorsi del febbraio 2000, Baker convocò le
parti in due riunioni a Londra, nel maggio e nel giugno del 2000. Agli incontri
parteciparono anche le delegazioni di Algeria e Mauritania.
Nel corso della riunione celebrata a Berlino in settembre, il Marocco dichiarò
apertamente che considerava il Piano di Pace inapplicabile, e che era disposto a
considerare solamente, attraverso "un dialogo franco con l’altra parte", una soluzione che
riconoscesse anticipatamente la sua sovranità sul Sahara Occidentale.
Il Capo della delegazione saharawi, Mahfud Ali Beiba, rifiutò in situ quella che il
Marocco considerava un’offerta, e insistì sul fatto che qualsiasi negoziato diretto avrebbe
dovuto essere inquadrato all’interno del Piano di Pace, il cui obiettivo, ricordava, era la
celebrazione di un referéndum di autodeterminazione del popolo saharawi, e nessuna
opzione sarebbe stata considerata accettabile al di fuori di quest’ultimo.

107
Cfr. Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite S/2002/178, del 19 febbraio 2002, paragrafo 48.
108
Si tratta dei negoziati di Londra dell'8-11 aprile 2000 e del 28 giugno 2000; di Berlino del 28 settembre 2000 e della
riunione tecnica di Ginevra del 20-21 luglio 2000.
109
Cfr. a tal proposito la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU n.1359 del 29 giugno 2001.

72
Il cammino delle Nazioni Unite si trovava però già segnato con la prima versione della
“terza via”, il Progetto di Accordo-Quadro, i cui dettagli si trovavano nel Rapporto del
Segretario Generale indirizzato al Consiglio di Sicurezza S/2001/613, datato 20 giugno
2001.
Il Progetto di Accordo-Quadro prevedeva basicamente il seguente: innanzitutto, un
periodo transitorio di quattro anni, invece dei sei mesi previsti dal Piano di Pace, durante i
quali il Territorio sarebbe rimasto sotto la sovranità marocchina, mentre diversi corpi
elettorali, che includevano anche la popolazione marocchina, avrebbero eletto un
Consiglio Legislativo e un Consiglio Esecutivo con funzioni di ordine locale.
Al termine di tale periodo un referendum avrebbe deciso il futuro del territorio, nel quale
avrebbe avuto “diritto di voto ogni persona che abbia risieduto nel territorio l’anno
precedente il referendum” (paragrafo 5 del Progetto di Accordo-Quadro). Questa
disposizione, chiave di tutto il progetto, apriva la strada al confezionamento di un corpo
elettorale integrato da cittadini marocchini per decidere il futuro di un territorio che nella
realtà non gli apparteneva.

Il Fronte Polisario, consultato in quanto parte direttamente interessata, e l’Algeria come


parte osservatrice, rifiutarono il Progetto di Accordo Quadro lo stesso giorno in cui fu
presentato da Baker, il 5 maggio 2001. Il Polisario decise di non rivelare pubblicamente
la sua posizione, pensando che così avrebbe agevolato Baker e il Segretario Generale nel
riconsiderare la situazione in un clima più rilassato e, possibilmente, cambiare idea.
Tuttavia non ottenne il risultato sperato.
Il 20 giugno il Segretario Generale e il suo Inviato Personale presentarono al Consiglio di
Sicurezza il Progetto di Accordo-Quadro nel Rapporto S/2001/613 come l’“ultima
opportunità” per la soluzione del conflitto. L’“Accordo-Quadro”, nel caso di essere
accettato dalle parti, non avrebbe comportato l’abbandono definitivo del Piano di Pace,
ma l’avrebbe lasciato “in sospeso”.

Il Rapporto evidenziava che la ragione dell’impossibilità di avanzare nel processo di pace


si incontrava innanzitutto nelle “differenze fondamentali di interpretazione delle parti”:

“(…) With the exception of the monitoring of the cease-fire, in


effects since 6 september 1991, none of the main provisions of the
Settlement Plan has been implemented (…) because of
fundamental differences between the parties over its
interpretation. 110 ”,

le cui origini si ritrovavano principalmente nella “definizione imprecisa della


composizione delle tribù del Territorio.”

110
Cfr. Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite S/2001/613, del 20 giugno 2001, punto 21 e 22.

73
Il primo argomento addotto dal Segretario Generale per abbandonare le disposizioni
previste dal Piano di Pace era che completare i 131.000 ricorsi di appello interposti dal
Marocco nel febbraio 2000 avrebbe richiesto almeno due anni, il che rendeva improbabile
la celebrazione del referendum prima del 2002 e quindi, di fronte all’impossibilità di
rispettare il calendario stabilito, si riscontrava necessario ideare misure alternative al
Piano di Pace.
L’assenza nel dispositivo del Piano di meccanismi di coercizione per imporre i risultati
del voto avrebbe permesso, inoltre, alla parte perdente di non rispettare i risultati del
referendum 111 . In terzo luogo, il Segretario Generale segnalò nello stesso rapporto che per
proseguire con il Piano di Pace era necessario l’accordo del Marocco, e che qualsiasi
soluzione del Piano sarebbe stata comunque inutile, poichè alla fine vi sarebbe stata una
parte vincente e una parte sconfitta:

“(…) Its perhaps understandable that this full cooperation is


difficult to achieve given the “winner-take-all” nature of the
referendum called for under the Settlement Plan.”
“[…] since the endgame would still produce one winner and one
loser 112 (…).”

Lo scopo del Piano di Pace non era, proseguiva Kofi Annan, creare le condizioni per
futuri attriti nella zona, ma quello di “stabilire una pace duratura nel territorio del Sahara
Occidentale”. Molti osservatori e giuristi internazionali criticarono tale espressione,
poichè poneva sullo stesso piano uno Stato che aveva occupato illegittimamente un
territorio, e il popolo, legittimo padrone del territorio che ne soffriva l’occupazione;
l’obiettivo principale del Piano di Pace consisteva proprio nello svolgimento del
referendum che avrebbe permesso l’autodeterminazione del popolo del Sahara
Occidentale, quindi la critica di un risultato del tipo “winner-take-all” da parte del
Segretario Generale appariva senz’altro fuori luogo.

L’argomentazione di Kofi Annan spostava il centro della questione dal rispetto del diritto
internazionale, e dell’interesse del popolo saharawi, alla soddisfazione degli interessi di
entrambe le parti interessate attraverso una sorta di ragionamento economico.
In molte delle obiezioni sollevate nei confronti di tale approccio si ricordava, inoltre,
ancora una volta, che si trattava di obbligare uno Stato al rispetto e applicazione non solo
di una norma di Diritto Internazionale generale, erga omnes, come quello della libera
determinazione dei popoli, ma che ci si trovava di fronte ad un accordo, il Piano di Pace,
accettato volontariamente e liberamente sia dal Marocco che dal Fronte Polisario.
Con esso era stata accettata anche la formula del referendum per la soluzione del
conflitto, il che comportava inequivocabilmente due opzioni chiare: l’indipendenza del
territorio o la sua integrazione al Marocco, a seguito di una scelta democratica che in

111
Cfr. Ibidem, par. 29 e “V. Observations and Recommendations”, par. 48.
112
Cfr. Ibidem, par. 29 e 53.

74
qualsiasi esercizio elettorabile credibile sempre prevede un’opzione vincente; in sostanza
nell’opinione del Segretario Generale ciò era considerato un’inconveniente, e non una
regola basica del gioco democratico 113 .

Kofi Annan ringraziò espressamente il Fronte Polisario per la sua attitudine conciliativa e
la fiducia nelle Nazioni Unite al proporre di rimettere alla MINURSO la decisione finale
sull’inclusione o meno nel censimento dei richiedenti del ricorso, accettando anche
l’assenza al momento dell’identificazione dei capi tribù saharawi, ma alla fine il
Segretario Generale decise di proporre al Consiglio di Sicurezza l’abbandono della via
accordata dalle parti nel 1988 con il Piano di Pace, e l’inizio della ricerca di una via
politica per risolvere il conflitto.

Nell’opinione di Kofi Annan

“The proposed framework agreement is not unlike the proposed


agreements used to addres similar situations elsewhere where the
devolution of the authority of the inhabitants of non-self-
government territory is granted with the final status of the territory
to be determined by a referendum.” 114

Nella riunione per considerare il rapporto del Segretario Generale contenente la proposta
dell’Accordo-Quadro, la prima sessione del Consiglio ebbe luogo a livello del “Gruppo di
Amici” (Federazione Russa, Stati Uniti, Francia e Regno Unito) più la Spagna, ovvero gli
Stati tradizionalmente incaricati dell’elaborazione di progetti di risoluzione sul Sahara
Occidentale. La Russia e la Spagna motrarono il loro disaccordo mentre i tre paesi
restanti lasciarono trapelare un evidente interesse per il progetto.
Il Consiglio si riunì nell’aprile 2001. Il giorno 26 la delegazione americana, con
l’appoggio del Regno Unito e della Francia, ma non della Spagna né della Russia, fece
dunque circolare un progetto di risoluzione basato sull’opzione dell’Accordo-Quadro. Il
Progetto non raggiunse però gli otto voti minimi.
La Presidenza russa del Consiglio, contraria al progetto come la maggioranza delle
delegazioni, tra cui quella del Messico, dell’Irlanda, della Norvegia, di Singapore e della
Cina, presentò un progetto alternativo che si convertì nella risoluzione tecnica
1406(2002) de 30 aprile 2002, che avrebbe spostato il dibattito al luglio 2002.

Dopo intense negoziazioni tra i membri e con le parti implicate, il Consiglio adottò la
risoluzione 1359/2001 del 29 giugno 2001, che non approvava il Progetto, mitigando il
suo impatto e affermando semplicemente che il rapporto “era stato esaminato”. Il
Consiglio si limitò a invitare le parti a discutere il Progetto e negoziare le modifiche che

113
In tal senso cfr., ad esempio, l’opinione di Juan SOROETA LICERAS, in El Plan de paz del Sahara Occidental, ¿Viaje
a ninguna parte?, Progetto di ricerca “Diritti umani, responsabilità internazionale e sicurezza collettiva: intersecarsi di
sistemi”, Ministerio de Educación, 2002. Il testo è diponibile in forma integrale nel sito web della “Revista Electrónica de
Estudios Internacionales”, http://www.reei.org
114
Cfr. Ibidem, par. 55.

75
considerassero necessarie per renderlo accettabile, cosi come qualsiasi altra proposta delle
parti, per giungere ad una soluzione mutuamente accettabile.
Il Consiglio mostrò anche il suo accordo affinché si esaminassero le proposte effettuate
dal Fronte Polisario per riprendere l’applicazione del Piano di Pace.

Nei suoi caratteri essenziali l’Accordo-Quadro proponeva per il territorio del Sahara
Occidentale un’autonomia all'interno del Regno del Marocco per un periodo di cinque
anni, come si è scritto, al termine dei quali si sarebbe stabilito lo statuto politico definitivo
del Sahara Occidentale. Le competenze nel territorio sarebbero state ripartite tra “la
popolazione del Sahara Occidentale” , da un lato, e il Marocco, dall’altro. Per quanto
riguarda la prima, questo teorico “governo saharawi” sarebbe stato formato da un potere
esecutivo, un potere legislativo e un potere giudiziario; gli organi eletti dalla popolazione
del Sahara Occidentale avrebbero avuto competenza esclusiva in materia di
amministrazione governativa locale, con un proprio bilancio e una propria tassazione
territoriale, e competenza esclusiva anche in materia di esecuzione della legge e di
sicurezza interna, nell’educazione, nella cultura, in materia di politica ambientale,
sviluppo urbano e nelle infrastrutture basiche.

Il potere legislativo sarebbe stato esercitato da un’Assemblea per un mandato di quattro


anni, i suoi membri sarebbero stati eletti da un censimento composto dalle persone che
avessero risieduto senza interruzione nel territorio a partire dal 31 ottobre 1998 e da
quelle incluse nei registri di rimpatrio al 31 ottobre 2000.
Al punto tre veniva regolato il potere esecutivo, che in tal senso affermava che “verrà
eletto dagli aventi diritto identificati tali dalla Commissione per le Identificazioni della
Missione ONU per il Referendum nel Sahara Occidentale, e i cui nomi sono contenuti
nella lista provvisoria dell'ONU (aggiornata al 30 dicembre 1999). (…) L'Esecutivo sarà
eletto per un periodo di quattro anni. Dopodiché sarà eletto dalla maggioranza dei voti
dell'Assemblea. L'Esecutivo nominerà amministratori incaricati dei settori esecutivi per
periodi di quattro anni”.
Trascorsi i quattro anni, dunque, il nuovo potere esecutivo sarebbe stato eletto dalle
assemblee e non più dal censo della popolazione. In questo modo il successivo governo
sarebbe stato eletto non solo dai saharawi ma anche dai residenti nel territorio a partire
dall’ottobre 1998. Infine, l’autorità giudiziaria sarebbe stata esercitata da tribunali
composti da giudici originari del territorio, però selezionati da un organo marocchino,
l’Istituto Nazionale di Studi Giuridici. Questi tribunali avrebbero avuto competenza in
materia di diritto territoriale.
In ogni caso, tanto le leggi approvate dall’Assemblea come le decisioni dei tribunali
avrebbero dovuto rispettare la Costituzione del Marocco 115 , in particolare per ciò che
riguardava la protezione delle libertà pubbliche.

115
Cfr. Accordo Quadro sullo status del Sahara Occidentale, Allegato al Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni
Unite S/2001/613, del 20 giugno 2001, p. 4.

76
Al Regno del Marocco sarebbe invece spettata una competenza esclusiva in materia di
relazioni estere, inclusi i trattati internazionali, la sicurezza e la difesa, inclusa la
determinazione delle frontiere marittime, aeree, terrestri, e la sua protezione “con tutti i
mezzi appropriati”, così come tutte le questioni relative alla produzione, alla vendita, alla
proprietà, all’uso e acquisto di armi o esplosivi, e alla preservazione dell'unità territoriale
“contro i tentativi secessionisti”, sia provenienti dall’interno che dall’esterno del
territorio.
Inoltre, la bandiera, la moneta, i servizi di dogana, i servizi postali e le telecomunicazioni
del Regno marocchino sarebbero state le stesse per il Sahara Occidentale.
Lo statuto del Sahara Occidentale sarebbe stato alla fine sottoposto ad un referendum, che
avrebbe dovuto celebrarsi in una data convenuta dalle parti, in un lasso di tempo non
superiore ai 5 anni contati a partire dalla messa in marcia delle misure iniziali di
applicazione dell’accordo.
Il censo del referendum sarebbe stato integrato da coloro che avevano risieduto senza
interruzione nel territorio l’anno precedente alla sua celebrazione.

Diversi autori 116 criticarono l'incoerenza di tale progetto, sia per quanto riguarda
l'organizzazione dei diversi poteri che per il loro bilanciamento. Potendo partecipare al
referendum sullo statuto definitivo del Sahara tutti i residenti nel territorio da almeno un
anno, gli elettori sarebbero stati in prevalenza marocchini. Secondo gli autori, dunque,
quasi sicuramente ciò avrebbe assicurato l'integrazione del Sahara Occidentale al
Marocco, premiando la politica del fatto compiuto e negando ai saharawi esiliati il diritto
all'autodeterminazione.
Risulta tra l’altro difficile ritenere che le discussioni riguardo alla “Terza via” non fossero
state influenzate dalla sottoscrizione, da parte del governo marocchino, di contratti con
compagnie straniere per lo sfruttamento delle risorse minerali del Sahara Occidentale 117 .
Questi violavano la risoluzione 46/64 del 1991 dell'Assemblea generale, per la quale “lo
sfruttamento e la razzia dei territori coloniali e di quelli che ancora non hanno realizzato
la propria autodeterminazione rispetto agli interessi economici stranieri, in aperta
violazione delle risoluzioni dell'ONU in materia, costituiscono una grave minaccia
all'integrità e alla prosperità di quei territori”.

Ci si trovava di fronte ad un progetto che ignorava la dottrina e la pratica in materia di


decolonizzazione delle Nazioni Unite, non essendovi alcun precedente simile nella prassi
dell’ONU, specialmente nel momento chiave della consultazione della popolazione, nella

116
Cfr. Ad esempio, M. BARBIER, Sahara Occidental: un tournant dangereux, gennaio 2002, e M. DE FROBERVILLE,
Le rapport Lalumière sur le Sahara Occidental: une réécriture de l'histoire dénuée de tous scrupules, luglio 2002,
entrambi consultabili nella sezione “opinioni” del sito dell’Arso, associazione internazionale di sostegno al referendum per
il Sahara Occidentale.
117
Nel mese di ottobre 2002, il Marocco stipulò contratti per una serie di studi e valutazioni dell'area coinvolgendo la
compagnia statunitense Kerr Mc-Gee e la francese Total-Final-Elf. Nello stesso anno la Francia aiutò il Marocco nella
privatizzazione di Maroc-Telecom e l'Inghilterra fece arrivare pezzi di ricambio per i cannoni dell'esercito.

77
quale avrebbero participato sia cittadini saharawi che marocchini. Gli aspetti concreti
delle competenze attribuite in via esclusiva al Marocco, in particolare l’applicabilità nel
territorio della sua Costituzione, erano inoltre apertamente contrari al contenuto della
Risoluzione 2625(XXV), che stabilisce una condizione giuridica distinta e separata del
territorio non autonomo. Lo stesso può dirsi dell’attribuzione a questo stato delle
competenze esclusive in materia di relazioni esteriori.
D’altra parte, l’attribuzione al Marocco della competenza esclusiva al momento della
preservazione della integrità territoriale “contro i tentativi secessionisti”, partiva dall’idea
che una parte del territorio di questo stato pretendesse separarsi dal resto, il che
equivaleva ad ammettere la premessa marocchina del fatto che il Sahara Occidentale
fosse parte integrante del suo territorio, considerazione, date le ragioni già esposte,
inaccettabile.

La rappresentanza algerina, profondamente contraria al progetto di Accordo-Quadro,


segnalò che

“It is therefore clear that, contrary to the mandate given by the


Security Council resolutions, the current proposal only favours
only one aproach, that of the integration of Western Sahara to the
Kingdom of Morocco, to the detriment of the “double-track”
approach (…).”
“For all these reasons, this draft confirms and legalize the illegal
occupation of the Saharawi territory and constitutes the chronicle
of a planned integration in violation of international legality
emboded in the Charter of the United Nations, in United Nations
doctrine in the field of decolonization and in all relevant
resolutions (…). 118 ”.

Da parte sua, di fronte a tale proposta il Polisario ripetè che l’unica via possibile per la
soluzione del conflitto continuava ad essere per i saharawi l’accordo concluso da
entrambe le parti all’interno del Piano di Pace; il Fronte riaffermò il suo impegno ad
accettare il risultato del referendum e ricordò la responsabilità delle Nazioni Unite e dello
stesso Consiglio di Sicurezza all’ora di far applicare tali risultati.
Il Marocco accettò espressamente l’Accordo.

Baker convocò il 31 agosto 2001 le parti a Pinedale, nello Stato del Wyoming, al fine di
discutere il Progetto di Accordo-Quadro.
Durante il vertice Baker presentò al Fronte Polisario, all’Algeria e alla Mauritania il
progetto della “Terza Via”, elaborato in consultazione con il Marocco. Il Fronte Polisario
lo rifiutò categoricamente, obiettando che la presenza marocchina nel Sahara Occidentale
non era stata riconosciuta da alcuna organizzazione internazionale, e che pertanto questi
non poteva pretendere alcuno statuto di “potenza amministratrice”.

118
Cfr. Memorandum dell’Algeria alla proposta dell’Accordo-Quadro, Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni
Unite S/2001/613, Annesso II, par. 7 e 18.

78
Tra l’altro, solo sostituendo alla nozione di “popolo saharawi” il concetto di “popolazione
del Sahara Occidentale”, come aveva già rimarcato l’Algeria nel Memorandum del
rapporto del Segretario Generale, il progetto rimaneggiava i criteri definiti dalle Nazioni
Unite e annullava i progressi compiuti nel processo di identificazione dei votanti.

Le conversazioni di Wyoming durarono due giorni. Baker aveva dato l’impressione alle
tre delegazioni di aver compreso che tale formula non avrebbe potuto avere seguito.
Nonostante ciò, il danno causato al Piano di Pace originale fu piuttosto serio e le sue
conseguenze avrebbero proiettato il conflitto fino ad oggi, poichè quelle consultazioni
permisero al Marocco di uscire dall’ostruzionismo del Piano di Pace del 1991,
opponendosi da quel momento in poi a qualsiasi soluzione che non riconoscesse
previamente la “marocchinità” del Sahara Occidentale.
Il Marocco non si recò al vertice al quale si erano incontrati il Polisario, l’Algeria e la
Mauritania. In un’intervista concessa dal re Mohamed VI per il quotidiano francese Le
Figaro e pubblicata il 4 settembre 2001, il sovrano rivelava in un certo senso la ragione
dell’assenza della delegazione marocchina, nell’affermare:

“J’ai réglé la question du Sahara qui nous empoisonnait depuis


vingt-cinq ans. Ce genre d’affaire ne se traite pas en grimpant sur
un piédestal et en publiant un communiqué par jour. Pour obtenir
que les onze membres du Conseil de sécurité de l’O.N.U.
reconnaissent la légitimité de la Souveraineté marocaine sur le
Sahara, nous avons travaillé dur et dans la plus stricte
confidentialité pendant dix-huit mois. (…)
Nous abordons maintenant une phase nouvelle de la négociation.
Mais nous y rentrons de façon nettement plus confortable. […] Le
compromis est clair. Nous acceptons qu’une solution équitable
soit trouvée dans le cadre de la souveraineté marocaine. 119 ”

Garanti dell'accordo furono invece le Nazioni Unite, soprattutto la Francia e gli Stati
Uniti, che fecero molte pressioni per questo tipo di risoluzione del conflitto.
Di fronte al fallimento del vertice di Wyoming, nel 2002 il Segretario Generale propose
allora quattro opzioni per far ripartire il processo di pace: riapprovazione e proseguimento
degli accordi di Houston, nuovi confronti tra le parti e l'Inviato Personale (sempre in
relazione all'accordo quadro), nuovi negoziati per dividere il territorio conteso, oppure
che la decisione fosse interamente rimessa al Consiglio di Sicurezza.

Il 19 febbraio 2002 il Segretario Generale della ONU consegnò il suo rapporto sul Sahara
Occidentale al Consiglio. Il rapporto, nel riassumere i fatti e il contenuto delle
negoziazioni contenuti negli ultimi 10 anni, raccomandava infatti al Consiglio di scegliere
una delle quattro opzioni presentate da Baker, ovvero:

119
Intervista concessa da Mohamed VI al quotidiano “Le Figaro”, il 4 septembre 2001. Il testo integrale dell’intervista si
può trovare alla pagina web dell’agenzia di stampa marocchina Maghreb Arab Press,
http://www.map.ma/mapfr/discours/interview_lefigaro.htm

79
a. l’applicazione del Piano di Pace: si sarebbe continuata la via segnata dal Piano di
Pace, anche senza il consenso delle parti 120 ;
b. L’approvazione del progetto di Accordo-Quadro, potenzialmente modificabile: si
sarebbe proceduto ad una revisione da parte dell’Inviato Personale del Segretario
Generale del progetto di Accordo-Quadro, che successivamente sarebbe stato imposto
alle parti;
c. la divisione del territorio. Nel caso in cui le parti non fossero giunte ad un accordo
rispetto a tale divisione del territorio entro il limite di una data concreta, Baker
avrebbe presentato al Consiglio di Sicurezza una proposta, che lo stesso avrebbe poi
sottoposto al Marocco e al Fronte Polisario, prenedendo atto del fatto che non
avrebbero potuto negoziare la spartizione territoriale. Il Segretario Generale propose
che venisse preso come riferimento possibile la spartizione che era stata a suo tempo
convenuta nel 1976 tra Marocco e Mauritania. Dato il valore nullo di tale accordo al
momento in cui venne stipulato, perchè violava il diritto alla libera determinazione
dei popoli, tale proposta da parte del Segretario Generale si pensò che costituisse
un’opzione paradossale e che chiaramente non sarebbe stata accettata;
d. L’ultima opzione prevedeva il definitivo ritiro della Missione MINURSO dal Sahara
Occidentale, proclamando l’insuccesso degli sforzi compiuti dalle Nazioni Unite, e
sostanzialmente l’incapacità dell’organismo internazionale di risolvere il conflitto.

Nel luglio dello stesso anno la Francia, gli Stati Uniti e il Regno Unito presentarono al
Consiglio di Sicurezza un progetto che riproponeva alle parti l'adesione all'Accordo-
Quadro. Ma i rapporti di forza nel Consiglio di Sicurezza erano rimasti invariati 121 , perciò
tale proposta fu abbandonata, prorogando il mandato della MINURSO al gennaio 2003 e
quello di Baker all'aprile 2004.
Il Marocco rifiutò tutte le opzioni presentate da Annan meno la seconda, il Progetto di
Accordo-Quadro.
Il Polisario pose in evidenza che il Piano di Pace era l’unica formula che era stata
accettata congiuntamente dalle parti e dal Consiglio. L’opzione dell’Accordo-Quadro era
perciò totalmente improponibile. Allo stesso tempo, riaffermò che avrebbe continuato a
cooperare con il Segretario Generale e il suo Inviato Personale mostrando prudenza e
flessibilità in relazione alla terza opzione, in attesa di scoprire piu’ chiaramente quali
suggerimenti specifici sarebbero provenuti da Baker, se il Consiglio lo avesse incaricato
in tal senso.

Il Presidente del Consiglio di Sicurezza Jeremy Greenstock, del Regno Unito, vedendo
che il progetto marocchino nonostante il visibile appoggio di Stati Uniti, Francia e Regno
Unito non avrebbe potuto compiersi se non avesse ottenuto l’appoggio della

120
Riferendosi a questa opzione il Segretario Generale evidenziava che non vi sarebbe stato “alcun meccanismo per
obbligare le parti a porre in pratica i risultati del referendum”.
121
Favorevoli alla risoluzione erano i tre paesi che l'avevano proposta più l’Italia, il Camerun e la Guinea, mentre contrari
erano: Spagna, Russia, Cina, Colombia, Messico, Irlanda, Norvegia.

80
maggioranza, lavorò in contatto con le parti e con Baker per giungere ad una soluzione
alternativa, che si prefigurò con la risoluzione 1429 del 30 luglio 2002.
Attraverso questa risoluzione, il Consiglio sottolineava la validità del Piano di Pace,
nonostante le ripetute “differenze fondamentali tra le parti”, e anche le divergenze
fondamentali “rispetto alle quattro opzioni contenute nel Rapporto del Segretario
Generale”, e si dichiarava pronto a considerare qualsiasi approccio che provvedesse
all’autoderminazione del popolo del Sahara Occidentale proposto da Kofi Annan e da
Baker:

“Having considered the report of the Secretary-General of 19


February 2002 (S/2002/178) and the four options contained
therein; Underlining also the validity of the Settlement Plan, while
noting the fundamental differences between the parties in
implementing the Plan; Noting also the fundamental differences
with regard to the four options contained in the report of the
Secretary-General of 19 February 2002,
1. Continues to support strongly the efforts of the Secretary-
General and his Personal Envoy to find a political solution to this
long-standing dispute, invites the Personal Envoy to pursue these
efforts taking into account the concerns expressed by the parties
and expresses its readiness to consider any approach which
provides for self-determination that may be proposed by the
Secretary-General and the Personal Envoy, consulting, as
appropriate, others with relevant experience;
2. Calls upon all the parties and the States of the region to
cooperate fully with the Secretary-General and his Personal
Envoy; (…)”

5. Il Piano di Pace per l’autodeterminazione del Popolo del Sahara Occidentale


(2003)

Baker, dopo un periodo di distacco, ritornò nella regione nel gennaio 2003, con una
nuova formula, il cosidetto “Piano di Pace per l’autodeterminazione del Popolo del
Sahara Occidentale”. Si trattava, secondo il Segretario Generale, di una sintesi risultante
dalla combinazione di elementi del Piano di Pace e del Progetto di Accordo-Quadro.
Riflesso della sua perseveranza, però anche di una certa insoddisfazione per i risultati
ottenuti fino ad allora, fu presentato alle parti come un tutto non suscettibile di
rinegoziazione, un “take it or leave it”.
Il Peace Plan for Self-determination of the People of Western Sahara o “Piano Baker II”
modificava alcune questioni dell’Accordo-Quadro del 2001, nonostante mantenesse una
struttura molto simile a quella di tale accordo. In questo modo, permaneva la ripartizione
delle competenze esclusive tra “la popolazione del Sahara Occidentale” e il Marocco,
anche se con alcuni cambiamenti. Il futuro “governo saharawi” avrebbe avuto la stessa

81
composizione proposta dall’Accordo-Quadro, ovvero, un potere esecutivo, un potere
legislativo e un potere giuridico, e avrebbe avuto competenze esclusive in materia di
amministrazione governamentale locale, bilancio e tassazione territoriale, esecuzione
della legge, sicurezza interna, benessere sociale, cultura, educazione, commercio,
trasporti, agricoltura, pesca e industria, politica ambientale, comunicazioni e le altre
infrastrutture basiche a livello locale.

Il potere legislativo sarebbe stato esercitato da un’Assemblea, che aveva praticamente le


stesse competenze che nel progetto anteriore, però, a differenza di quella, sarebbe stata
eletta da un censimento nel quale non erano inclusi i residenti.
Gli individui inclusi nello stesso censimento avrebbero eletto il potere esecutivo, che
sarebbe stato esercitato da un Capo Esecutivo, con competenze simili a quelle proposte
nel Piano Baker I. Le elezioni sarebbero avvenute entro il termine di un anno a partire
dall’entrata in vigore del Piano, per quattro anni o “finchè l’autorità governativa del
Sahara Occidentale non venga modificata in conformità con il referendum sullo Statuto
Definitivo”.
Infine, il potere giudiziario spettava al Tribunale Supremo del Sahara Occidentale,
insieme agli altri tribunali di rango inferiore che avrebbe potuto stabilire la stessa Autorità
del Sahara Occidentale. I suoi membri sarebbero stati nominati dal Capo Esecutivo, con il
consenso previo dell’Assemblea Legislativa. Il Tribunale Supremo sarebbe stato
competente nella determinazione della compatibilità di qualsiasi legge del Sahara
Occidentale con il Piano Baker II, ad eccezione di quelle relative alle competenze
riservate al Marocco, nel cui caso la competenza spettava al Tribunale Supremo
marocchino. D’altra parte il Tribunale Supremo del Sahara Occidentale sarebbe stata
l’ultima istanza per quanto riguardava l’interpretazione della legge sul territorio.

Le competenze spettanti al Marocco erano molto simili a quelle delineate dall’Accordo-


Quadro. Solamente si modificavano, da un lato, quelle relative alla produzione, vendita,
proprietà, e uso di armi ed esplosivo, quando si trattasse di “(…) duly authorised use of
weapons by the law enforcement authorities of Western Sahara”; dall’altro lato,
nonostante il ripetuto e infelice riferimento alla “preservazione dell’integrità territoriale
contro i tentativi secessionisti”, si segnalava che

“(…) The right to preserve territorial integrity shall not authorise


any action whatsoever that would prevent, suppress or stifle
peaceful public debate, discourse or campaign activity,
particularly during any election or referendum period. 122 ”

Infine si affermava che l’autorità marocchina, per ciò che riguardava le relazioni estere
del Territorio, sarebbe stata esercitata in consultazione con l’Autorità del Sahara

122
Cfr. Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite del 23 maggio 2003, S/2003/565, Annex 2 Peace Plan for
self-determination of the People of Western Sahara, III Authority in Western Sahara, punto 8, paragrafo b.

82
Occidentale quando si trattasse di questioni che riguardassero direttamente gli interessi
del Territorio. In questo senso si specificava che il Marocco ”potrà autorizzare la
participazione di rapresentanti dell’Autorità del Sahara Occidentale nelle sue delegazioni
diplomatiche in riunioni internazionali, e su questioni economiche e di altro tipo, che
rivestano un interesse particolare e diretto per il Sahara Occidentale 123 ”.

Il Piano prevedeva un periodo transitorio durante il quale si sarebbe proceduto alla


ripartizione delle responsabilità tra le parti, prima della celebrazione del referendum di
autodeterminazione che, nelle parole dello stesso Segretario Generale, “permetterà ai
residenti di buona fede del Sahara Occidentale l’opportunità di decidere sul loro futuro”.
In effetti, si abbandonava già il riferimento al popolo saharawi, o al popolo del Sahara
Occidentale, unico e autentico destinatario del diritto di autodeterminazione, per
attribuirlo senza remore a “residenti di buona fede 124 ”.
Conformemente al nuovo Piano di Pace, avrebbero participato al referendum:
a) tutti coloro che erano stati inclusi nella lista provvisoria dei votanti del 30 dicembre
1999, stilata dalla Commissione d’Identificazione della MINURSO, senza alcuna
possibilità di appello o obiezione;
b) i maggiori di 18 anni, a condizione che figurassero nella lista di rimpatrio stabilita
dall’Ufficio dell’UNHCR al 31 ottobre 2000, o
c) i maggiorenni che avessero risieduto in forma continuativa nel Territorio a partire dal
30 dicembre 1999.

Si sottolineava che le Nazioni Unite avrebbero determinato quali persone avessero diritto
a votare, e la decione dell’ONU sarebbe stata definitiva e inappellabile. Solamente
avebbero potuto essere inclusi nuovi votanti nel caso che la loro residenza permanente, a
partire dal 30 dicembre 1999, fosse “integrata dalle testimonianze di almeno tre persone
degne di confidenza o prove documentali (scritte) in tal senso”, e ogni caso concreto
sarebbe stato analizato dalle Nazioni Unite, che avrebbero preso una decisione al
riguardo, di carattere definitivo e inappellabile.
Nella prima settimana di marzo 2003, Il Fronte Polisario aveva tuttavia già comunicato a
Baker la sua opposizione al Piano, proponendo una proposta diretta a facilitare all’ONU
la ripresa del Piano di Pace formulato nel 1991. La proposta del Polisario consisteva,
semplicemente, nella messa in marcia da parte della MINURSO dell’analisi di tutti i

123
Cfr. Ibidem, punto 9.
124
Per una critica dell’espressione usata dal Segretario Generale, cfr. J. SOROETA LICERAS, op. cit, p.12. Quello di
Soroeta Liceras è un commento piuttosto critico e duro, ma la natura accademica e non divulgativa, del documento citato
(un progetto di ricerca di giuristi e scienziati politici spagnoli) e le argomentazioni apportate dall’autore fanno emergere
che il linguaggio, la scelta di vocaboli ed espressioni in documenti tanto rilevanti come i rapporti del Segretario Generale,
abbiano un significato profondamente politico e che, lungi dall’essere innocuo e inconsapevole, può costituire anch’esso
un’arma politica in grado di falsare le motivazioni alla base della questione del Sahara. Come scrisse polemicamente
Soroeta, “Ci troviamo di fronte ad un’innovazione nel diritto internazionale, che in questa forma cosi sorprendente, scopre
nuove soggettività: (…) insieme ai popoli sottomessi a dominazione coloniale, straniera, o razzista, […] appare la figura di
“residenti di buona fede”.

83
ricorsi di appello presentati dal Marocco, senza condizioni procedimentali se non quelle
decise dalla ONU.
Da parte sua, come prevedibile, il Marocco aveva dichiarato anch’esso la sua opposizione
al Piano, cercando di far retrocedere il Segretario Generale verso il polemico progetto di
Accordo-Quadro.

Il Segretario Generale ricordò nel suo rapporto che la principale obiezione del Marocco al
Piano Baker II era l’inclusione dell’opzione dell’indipendenza tra le possibilità del
referendum, e segnalava due ragioni per cui il Marocco avrebbe dovuto accettare tale
clausola, ragioni che lasciarono perplessi molti analisti internazionali: in primo luogo, per
l’impegno manifestato in tanti anni a favore del Piano di Pace; in secondo luogo, per
l’inclusione nel referendum, come lo Stato aveva richiesto, di tutti coloro che avessero
risieduto in modo continuativo nel Sahara Occidentale dal 30 dicembre 1999, “a
differenza dell’inclusione, prevista dal Piano del 1991, di coloro che figurassero nella
lista elaborata dalla Commissione d’Identificazione” 125 .
Però il Marocco, che trovava logico includere i residenti marocchini nella participazione
al referendum, considerandolo letteralmente “giusto, equo e conforme alle pratiche
democratiche”, non era disposto ad accettare la data del dicembre 1999 come limite
minimo di residenza nel territorio.

Per risolvere il problema che avrebbe comportato un rifiuto del Marocco a tale opzione, il
Segretario Generale propose una terza opzione, da aggiungere a quelle accordate dalle
parti nel 1991: l’autonomia, da inserire nel piano di regionalizzazione del Marocco.
Nel caso in cui nessuna delle tre opzioni avesse ottenuto la maggioranza dei voti, quella
che ne avesse ottenuti meno sarebbe stata eliminata, e si sarebbe celebrato un secondo
referendum, “un ballottaggio”, in cui i votanti avrebbero deciso tra le opzioni rimanenti.
Al prevalere l’opzione dell’autonomia, l’elettorato delle future elezioni sarebbe stato
costituito semplicemente dai menzionati “residenti di buona fede del Sahara Occidentale”
maggiori di 18 anni 126 .

Il secondo Piano Baker cercò di stabilire altre questioni correlate al conflitto, tra cui,
innanzitutto, la garanzia da parte del Marocco e del Fronte Polisario dell’impegno a non
ostacolare le capacità dell’altra parte “per realizzare una campagna in forma pacifica a
favore o contro di una persona che si presenti alle elezioni, o a favore o contro le opzioni
o domande che fossero state poste ai votanti nel referendum sullo Statuto Definitivo; la
garanzia dello statuto del Territorio, segnalando che né il Marocco ne l’Autorità del
Sahara Occidentale avrebbero potuto modificarlo unilateralmente, ad eccezione che si

125
Cfr. Rapporto del Segretario Generale del 23 maggio 2003, S/2003/565, par. 52. La prima ragione addotta, secondo i
giuristi che criticarono tali affermazioni, avrebbe dovuto essere una ragione per imporre il Piano di Pace del 1991; per
quanto riguarda la seconda motivazione, si trattava quasi di riconoscere che, avendo accettato le richieste marocchine di
includere nelle liste i coloni giunti nel Territorio a seguito della “Seconda Marcia” e successivamente, le possibilità di
vittoria dell’opzione dell’indipendenza sarebbero state quasi nulle e questo avrebbe dovuto incoraggiare il Marocco a
sostenere il Piano di Pace.
126
Cfr. Ibidem, par. 53.

84
trattasse di adottare leggi necessarie per i risultati del referendum sullo Statuto Definitivo;
si richiedeva la garanzia della messa in libertà di tutti i prigionieri politici e dei prigionieri
di guerra e, infine, il piano accennava alla previsione che il Consiglio di Sicurezza
avrebbe potuto modificare il nome e la natura del mandato della MINURSO, in modo che
potesse

“(…) enable it to assist in the implementation of this plan, in


particular during the period between the plan’s entry into force
and the holding of elections for the Chief Executive and the
Legislative Assembly of the Western Sahara Authority 127 ”

Nonostante potesse sembrare superfluo, cambiare la denominazione della MINURSO,


“Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale”, per un nome
che rispecchiasse la “nuova natura” del mandato presupponeva abbandonare la vera
ragione d’essere della Missione stessa, che era stata individuata nell’organizzazione del
referendum di autodeterminazione, e non in altri metodi per determinare il futuro della
popolazione saharawi.

Nel luglio 2003 il Consiglio si riunì per considerare il Piano di Pace alla luce della
risposta delle due parti. Con grande sorpresa del Marocco, il Fronte Polisario decise di
accettare il Piano, comunicando a Baker in un documento e poi oralmente al Presidente
del Consiglio di Sicurezza in carica, l’ambasciatore spagnolo Inocencio Arias, la
disponibilità del Polisario ad esplorare la proposta di Baker in vista della sua
applicazione. Il tentativo era di porre fine ad una situazione decennale e apparentemente
interminabile di negoziati e rinvii. Con l'accettazione della delegazione saharawi del
“Piano Baker II” le Nazioni Unite avrebbero, infatti, potuto procedere alla fase successiva
ovvero, finalmente, all'applicazione del Piano. Preso alla sprovvista, il Marocco confermò
le proprie posizioni di rifiuto, dimostrando ancora una volta che ad impedire
l'applicazione di tutti i Piani di Pace proposti era il timore di dover accettare un esito
sfavorevole del referendum.

127
Cfr. Ibidem, Peace Plan for Self-Determination of the People of Western Sahara, capitolo IV “Other Matters”. I punti
considerati sono rispettivamente il 17, il 18, il 19, il 20 e il 21.

85
6. I negoziati in una nuova fase di stallo

Molti si interrogarono sulle motivazioni di questo cambiamento di posizione da parte


della dirigenza del Polisario. Oltre all’Algeria, vari governi di paesi coi quali vi era
“armonia”, tra cui in quel periodo la Spagna, il Messico e il Sudafrica, consigliavano una
riconsiderazione della posizione iniziale del Fronte, e l’accettazione del Piano fu ricevuto
positivamente dalla maggioranza del Consiglio con l’eccezione della Francia,
preoccupata per la situazione in cui si ritrovava il Marocco.
Kofi Annan in un documento datato 28 luglio 2003 diretto a Mohamed Abdelaziz, gli
comunicò di aver ricevuto con “molta soddisfazione l’adesione del Polisario al Piano di
Pace per l’autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale".
Dopo più di 2 settimane di intensi negoziati e contatti al più alto livello, il Consiglio
adottò la risoluzione 1495 del 30 luglio 2003, attraverso la quale si dava grande sostegno
al Piano, si estendeva il mandato della MINURSO al 31 ottobre 2003 e si invitavano le
parti, nella fattispecie il Marocco, all’accettazione e applicazione del Piano stesso.

Il Consiglio, riflettendo la preoccupazione comune della maggioranza dei suoi membri di


tranquillizzare il Marocco, ricordò nel Preambolo della risoluzione che stava attuando nel
quadro del capitolo VI della Carta delle Nazioni Unite, relativo alla “soluzione pacifica
delle controversie”, per cui il Piano non sarebbe stato imposto con la forza.
Il Marocco considerò tale precisazione come un successo. In realtà, il Consiglio aveva
sempre attuato nel quadro del Capitolo VI fin dal Piano di Pace del 1990, e ciò non
significava che le risoluzioni non avessero valore.
A fine settembre 2003, Baker ricevette una delegazione marocchina a Houston. Secondo
le informazioni di cui si dispose, la delegazione offrì idee riguardo il periodo transitorio a
patto che si eliminasse l’opzione dell’indipendenza nella totalità del progetto.
Baker non accettò.
L’argomentazione del mediatore americano di fronte all’insistenza marocchina era stata
preceduta perfino nel già considerato rapporto del maggio 2003, S/2003/565. Al
paragrafo 51 del rapporto Kofi Annan affermava che:

“The main objection of Morocco to the Peace Plan seems to be


that in the referendum to determine the final status of Western
Sahara, one of the ballot choice is the independence.
However, independence is also one of the ballot choices under the
Settlement Plan (1990-1991), which Morocco had accepted. 128 ”

Il paragrafo seguente introduceva elementi maggiormente razionali nell’argomentazione


nel dichiarare

128
Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite, S/2003/565, del 23 maggio 2003, paragrafo 51.

86
“It is dificult to envision a political solution which as required by
the Security Council resolution 1429 (2002) provides for self-
determination but nevertheless preclude the posibility of
independence as one of several ballot questions.
This is particularly difficult to envision given: (a) the stated
commitment of Morocco to the Settlement Plan (wherein
independence is one of the ballot choices, the other being
integration with Morocco) over so many years; and (b) the
inclusion in the electorate for the referendum foreseen under the
Peace Plan of all those who have resided continuosly in Western
Sahara since 30 December 1999 , as opposed to only those who
would be included in the voter list, which was created on the
basis of the work of the Identification Commission 129 .”

Di fronte a tali argomenti la delegazione marocchina richiese al Segretario Generale che


le fosse concesso piu tempo per dare una risposta definitiva al Piano Baker.
Baker acconsentì ad una estesione del mandato della MINURSO fino alla fine del
gennaio 2004, non prima di avere effettuato, attraverso il rapporto del Segretario
Generale S/2003/1016, un solenne richiamo al governo marocchino. Cosi, al paragrafo 27
ribadiva espressamente che:

“The Peace Plan represents a fair and balanced approach to the


question of Western Sahara, providing each side some, but
perhaps not all, of it wants. (...) The acceptance of the Peace Plan
by the Frente POLISARIO now offers a window of opportunity to
solve the long-standing dispute.
I urge Morocco to seize the opportunity and positively engage in
the process by accepting and implementing the Plan. 130 ”

Nel paragrafo seguente Annan inoltre esprimeva la sua “sincera speranza” che entro la
data del 31 gennaio 2004 il regno del Marocco si trovasse nella condizione di participare
in modo positivo all’esecuzione del Piano. In caso contrario, continuava il Segretario, si
sarebbe rivolto al Consiglio di Sicurezza “with my views on the future of the peace
process in Western Sahara, as well as on the mandate of MINURSO 131 .”
Molti osservatori interpretarono il suo richiamo come un “ultimatum diplomatico”.
Nel gennaio 2004 non vi fu risposta positiva da parte del Marocco. Il Consiglio estese il
mandato della MINURSO fino alla fine del mese di aprile.

Le autorità saharawi, che avevano accettato il Piano Baker per facilitare una prospettiva
di soluzione pacifica al conflitto, seguivano intanto con crescente preoccupazione la
persistenza del Marocco nella sua antica tattica dilatatoria.
Una delegazione diretta dallo stesso Segretario Generale Mohamed Abdelaziz arrivò a
New York e fu ricevuta da Kofi Annan il 24 marzo 2004. Dopo una sosta a Washington,

129
Ibidem, paragrafo 52.
130
Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite, S/2003/1016, del 16 ottobre 2003, paragrafo 27.
131
Ibidem, paragrafo 28, ultime linee.

87
dove fu ricevuto da alcuni membri del Congresso e del Senato americano, Mohamed
Abdelaziz e la sua delegazione arrivarono a Houston, dove il 30 marzo ebbero una lunga
conversazione con Baker. In tale riunione l’ex Segretario di Stato americano riferì di non
avere ancora ricevuto informazioni positive riguardo la posizione definitiva del Marocco,
e di essere in attesa di riunirsi con una delegazione marocchina il 2 aprile.

Il Marocco tuttavia non volle neppur discutere l’autodeterminazione delle “province del
Sud” e continuò a difendere il Piano Baker I, cioè un regime di autonomia limitata per il
Sahara Occidentale sotto la sovranità marocchina. La delegazione marocchina inoltre
segnalò al Segretario Generale che con il passare degli anni il progetto di referendum era
divenuto inapplicabile nella forma in cui era stato previsto, e aveva perduto la sua ragione
di essere.
Tra altri argomenti, il Marocco pose che lo stesso principio di autodeterminazione per il
Sahara fosse in chiara contraddizione con la sua Costituzione 132 . Però, se ciò costituisse
un reale problema, molti processi di decolonizzazione non avrebbero potuto avere luogo,
posto che la maggioranza delle Costituzioni delle potenze coloniali contemplavano i
territori coloniali come parte integrante del proprio territorio.
Per la stessa ragione, tuttavia, il Marocco considerava incompatibili le sue leggi interne
con la decentralizzazione giudiziaria che proponeva il piano”.

Nel suo Rapporto formulato nell’aprile 2004 il Segretario Generale prendeva atto che il
Marocco non accettava elementi essenziali del Piano di Pace. Considerata la lunga storia
del conflitto e gli eventi più recenti il Segretario Generale e Baker avevano visto
solamente due opzioni possibili: la prima, concludere la missione MINURSO
ammettendo che, dopo più di 13 anni e 600 milioni di dollari spesi, le Nazioni Unite
erano state incapaci di risolvere il conflitto del Sahara Occidentale senza pretendere che
una delle parti agisse in un modo contrario alla sua volontà; la seconda possibilità
individuata consisteva nell’obbligare le parti a lavorare verso l’accettazione del Piano di
Pace.
La risoluzione 1541 adottata dal Consiglio di Sicurezza il 29 aprile 2004, scrisse Anna
Theofilopoulou,

“was a regression from resolution 1495, [which] had supported


the plan and had asked the parties to work with Baker and each
other toward its impelmentation. The April 2004 resolution
reaffirmed the Council’s support for the plan, but it also strongly
suported a mutually acceptable political solution.
This was a clear inconsistency and, in fact, the support for a
mutually acceptable political solution was stronger. 133 ”

132
Per quanto riguarda l’incompatibilità della proposta di Baker con la Costituzione marocchina, cfr. C. RUIZ MIGUEL,
La tercera via ante el Derecho Constitucional marroquí: una autonomía imposible”, disponibile alla pagina web
http://sahara_opinions.site.voila.fr
133
Cfr. A. THEOFILOPOULOU, op. cit., p. 13.

88
Vi era stato infatti un cambiamento nelle relazioni bilaterali, con il supporto di membri di
stati chiave per il Marocco: la Spagna, come membro eletto del Consiglio di Sicurezza,
aveva un nuovo governo socialista che sperava in un miglioramento dei suoi rapporti con
il Marocco. Nuove relazioni si profilavano anche con il governo statunitense riguardo il
terrorismo internazionale, e l’aiuto del Maroco era considerato essenziale. La Francia, dal
canto suo, continuava la sua linea di supporto al Marocco.
Il risultato fu un indebolimento del supporto al piano di pace.

Il Segretario Generale dell’ONU continuò a ripetere, a partire dal rapporto del 25 ottobre
2000, che spettava al Marocco compiere un gesto di apertura nel senso della vera
decentralizzazione. In tale rapporto scriveva:

“(…) it is the view of my Personal Envoy, which I share, that


further meetings of the parties to seek a political solution cannot
succeed, and indeed could be counterproductive, unless the
Government of Morocco as administrative Power in Western
Sahara is prepared to offer or support some devolution of
governmental authority, for all inhabitants and former inhabitants
of the Territory, that is genuine, substantial and in keeping with
international norms. 134 ”

Ma il processo proseguì in una situazione di stallo, e portò vari membri del Polisario a
prevedere la possibilità di un ritorno alle armi nel caso tale immobilità continuasse di una
forma indeterminata. Il Segretario Generale, dal canto suo, mostrò in vari rapporti la
preoccupazione per tali dichiarazioni, e richiese che le parti si astenessero dal formulare
dichiarazioni “esaltate o adottare qualsiasi misura, sia questa giuridica, politica o militare,
le cui conseguenze potrebbero complicare ulteriormente la ricerca di una soluzione o
causare attriti innecessari” 135 .
Come conseguenza dell’intransigenza marocchina e dell’ennesimo naufragio di quanto
previsto dai negoziati, l’11 giugno 2004 il Segretario Generale rese pubbliche le
dimissioni presentate da James Baker, che abbandonava l’incarico come Inviato
Personale “dopo aver fatto tutto ciò che era in suo potere per trovare una soluzione al
conflitto 136 ”. Il Ministro degli Esteri marocchino commentò la notizia delle dimissioni di
Baker come “un trionfo della diplomazia marocchina”.

Anche il successore, Álvaro de Soto, rinunciò al mandato poco tempo dopo. Nel
settembre 2005 l'ex-diplomatico olandese Peter van Walsum e l’ex rappresentante ONU
in Iran e in Kosovo Francesco Bastagli vennero nominati rispettivamente Inviato
Personale e Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il

134
Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite del 25 ottobre 2000, S/2000/1029, capitolo IV Observations and
Recommendations, punto 30.
135
Cfr. Rapporto del Segretario Generale Nazioni Unite del 19 aprile 2005, S/2005/254, paragrafo 22.
136
Cfr. A tal proposito il Rapporto del Segretario Generale dell’11 giugno 2004, S/2004/492. In dichiarazioni successive
Baker accusò espressamente il Marocco dell’insuccesso del processo di pace, e non esitò a qualificare “logico” il possibile
ritorno alla lotta armata da parte del Fronte Polisario, di fronte all’intransigenza marocchina.

89
Sahara Occidentale. La nuova nomina di van Walsum apparve come l'ultima possibilità di
individuare una soluzione in merito al referendum, all'autodeterminazione e al ritorno dei
rifugiati saharawi.
Per sollecitare una rapida risoluzione, vennero organizzate a partire dal maggio dello
stesso anno moltissime manifestazioni. Sia nelle città principali dei territori occupati che
in Marocco, la repressione della polizia e dell’esercito fu sproporzionata e contribuì ad
alimentare scontri e violenze per più di sei mesi 137 . Nel frattempo la diplomazia
statunitense, in un rinnovato interesse per la risoluzione della crisi, riuscì ad ottenere dal
Fronte Polisario la liberazione degli ultimi quattrocento prigionieri marocchini.

Nel 2005 la situazione del Sahara Occidentale risultava essere ancora molto problematica,
e la proposta dell'Accordo-Quadro aveva allontanato ancora di più la strada verso il
referendum di autodeterminazione. Evidenti erano le problematicità che avrebbero
comportato per il Fronte Polisario e per il popolo saharawi l'accettazione di una
autonomia sotto la sovranità marocchina o una divisione del territorio tra le due parti.
Nel primo caso, già durante le prime formulazioni dell’accordo, era impensabile che la
regione potesse godere di un'effettiva autonomia, alla luce dei precedenti storici fin qui
analizzati, e della monarchia marocchina che ancora mostrava un esercizio quasi assoluto
del potere 138 . Nel secondo caso il rifiuto fu ancor più categorico, in quanto avrebbe
implicato l'unione della regione settentrionale (ovvero Smara, El Aaiún e Bou Craa) al
Marocco, lasciando alla RASD la zona meridionale e interna, praticamente priva di
risorse naturali.

Lo stesso van Walsum si rese conto delle posizioni “quasi inconciliabili” delle parti, ma
soprattutto dovette far fronte alla diminuzione di supporto nei confronti dell’intera
operazione MINURSO. L’operazione continuò ad essere reiterata, praticamente di sei
mesi in sei mesi, senza che si riuscissero a notare anche solo pallidi segnali di
miglioramento.
Il 25 ottobre 2005 la risoluzione 1634 del Consiglio di Sicurezza estese ulteriormente il
mandato fino al 30 aprile 2006 e trasformò la MINURSO in una delle più lunghe e
costose operazioni ONU della storia 139 .

L’idea della terza via era apparsa nel periodo dell’incoronamento di Mohamed VI come
un’uscita che permettesse una soluzione negoziata senza vincitori ne vinti, ma incontrò le
resistenze di quei partiti che nella questione furono sempre più nazionalisti dello stesso
defunto re. Dopo la morte di Hassan II, la questione del Sahara Occidentale aveva iniziato
ad entrare timidamente nel dibattito pubblico, per mano di alcuni giornali come Le

137
Cfr. G. LOMBART - J. PICHOT, Peur et silence à El-Ayoun, in "Le Monde Diplomatique", gennaio 2006, pp. 6-7, e i
rapporti di settembre e novembre 2005 dell'Organisation mondiale contre la torture (www.omct.org).
138
Cfr. Z. DAOUD, Le Maroc, change-t-il vraiment?, in "Le Monde Diplomatique", febbraio 2005, pp. 14-17.
139
La stima a fine 2005 si aggirava intorno ai 650 milioni di dollari. Cfr., a tal proposito, A. ANSELMI, Marocco: Sahara
Occidentale, un capitolo sempre aperto, Equilibri, dicembre 2005.

90
Journal, Al-Sahifa o Demain, che avevano “forzato il tabù” in questo come in altri
temi. 140
La “terza via” proponeva un’incorporazione al Marocco, dando però ampio margine di
autonomia al territorio del Sahara. Il problema è che questa alternativa solamente
risultava credibile nella misura in cui si costruisse nel quadro di un Marocco
autonomistico, democratico e solidale. L’unica via possibile per conciliare con il diritto
internazionale il progetto marocchino di conservare il Sahara nel seno del regno era, per
alcuni, la soluzione dell’autonomia. Abdelali Benamour, ad esempio, membro del
collettivo “Sahara-Maghreb” e fondatore della Associazione Alternatives, che svolge un
ruolo chiave nella dinamizzazione della società civile marocchina, difendeva già nel 2004
l’idea di un’ampia autonomia per il Sahara nel quadro della sovranità marocchina,
all’interno di un Maghreb delle autonomie costruito “a tre livelli e con prerogative
specifiche: la Regione, lo Stato e la Federazione maghrebina 141 ”.

Progetti dotati di un certo realismo, in effetti, non mancavano, ma il problema si


riscontrava proprio a livello della dirigenza marocchina, delle élites politiche e della
struttura altamente centralizzata, quasi monolitica, dello Stato marocchino, a fronte delle
tante pluralità di cui era composto, e delle resistenze della classe politica dovute,
riassumendo, ad una struttura non pluralistica né democratica dello Stato e della società,
nonostante i progressi realizzatisi. Il Marocco poi, a seguito del ripiegamento sicuritario
prodotto dagli attentati di Casablanca del 16 maggio 2003, diede l’impressione alla
comunità internazionale di non trovarsi disponibile ad aperture.

Per i saharawi di Tindouf e per il Fronte Polisario risultava decisamente poco credibile
negoziare uno Statuto Speciale per il Sahara Occidentale se il Regno non fosse stato
disposto a porre in discussione il suo modello di Stato centralizzato e la sua forma di
governo.
La prima condizione affinchè potesse essere affrontabile una “terza via” era che il
Marocco mettesse in moto innanzitutto un serio processo di democrazia decentralizzata in
tutto il paese, con regioni dotate dei suoi propri governi e parlamenti locali con ampie
competenze in materia economica, educativa, sanitaria e culturale, prima della possibile
integrazione, come ente autonomo, del Sahara Occidentale.
Tale idea cominciava a filtrare nei media politici e giornalistici del Marocco, ma si
scontrava ancora profondamente alle soglie del 2006, con la natura dello Stato, con il
forte potere dell’Esercito e con la censura.

La questione del Sahara è rimasta dunque uno dei temi inseriti nell’agenda del Consiglio
di Sicurezza e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in attesa di un’uscita

140
Ancora nell’aprile 2001 il ministro marocchino delle Comunicazioni, Mohamed Larbi Messari, dichiarava a “La
Nouvelle Tribune” che “S.M. il Re è l’unica persona competente a dibattere e proporre soluzioni. Qualsiasi dibattito intorno
a questa questione, fuori del consenso nazionale, è vietato.”.
141
Cfr. A. BENAMOUR, Espérance et volonté, Editions ODCE (Observatoire de la Competitivité de l’Entreprise).
Casablanca, 2004, p. 217.

91
definitiva da un processo di pace in stallo da anni. Gli osservatori tutti si trovavano
d’accordo già anni fa nel riconoscere che la persistenza del conflitto stava prolungando
una situazione di ingiustizia insostenibile per il popolo di quel territorio, e che la
difficoltà nel trovare una soluzione pacifica e duratura influenzasse seriamente la pace, la
stabilità, la sicurezza della regione del Maghreb, ripercuotendosi anche nelle relazioni di
questo con i vicini europei.

Nel prossimo capitolo si approfondirà il Piano di Autonomia del Marocco, progettato fin
dal 2003 ma reso noto nei dettagli solo nel 2006, dopo un’analisi dell’evoluzione delle
istituzioni marocchine, cogliendone in particolare le differenze nel periodo più recente del
regno di Hassan II e, successivamente, di quello del figlio Mohamed VI, attuale sovrano
del Marocco.

7. Le violazioni dei diritti umani nei Territori Occupati

L'articolo 9 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, ratificato dal Marocco nel
1979, afferma che

“Ogni individuo ha il diritto alla libertà e alla sicurezza della


propria persona (...) Chiunque sia arrestato o detenuto in base ad
un'accusa di carattere penale deve comparire al più presto dinanzi
ad un giudice o ad altra autorità competente (...) e ha diritto ad
essere giudicato entro un termine ragionevole, o rilasciato».

Mentre il governo marocchino aderiva a questa e alla Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'uomo, i territori occupati e lo stesso Marocco erano teatro di gravi violazioni dei
principi da esse sancite.
Sotto il regime di Hassan II (1975-1999), la strategia repressiva era rivolta espressamente
all’annullamento dell'identità saharawi. Furono innumerevoli le violenze registrate nei
confronti della popolazione e di quanti considerati simpatizzanti del Fronte Polisario: la
polizia controllava anche i più banali segni di carattere nazionale 142 ; uno dei mezzi di
intimidazione più feroci fu la scomparsa di centinaia di civili che criticavano
l'occupazione marocchina o che si dichiaravano favorevoli all'indipendenza, seguendo i
metodi già utilizzati dalla Spagna fin dalla repressione delle prime manifestazioni per
l’indipendenza e l’arresto di Bassiri 143 . Ciò consentiva di colpire anche i parenti del
cosiddetto nemico, con intere famiglie che non avevano notizie dei loro cari, sequestrati

142
Nei primi tempi la scuola escludeva la popolazione saharawi. Solo in seguito l'educazione venne utilizzata per far
apprendere ai giovani saharawi la storia, la cultura e il dialetto marocchino (era infatti proibito parlare l'hassaniya).
143
Cfr. Capitolo I del presente elaborato.

92
in prigioni segrete senza mandato né tanto meno processo 144 , e diffondere in maniera
estremamente efficace il terrore e il sentimento di impotenza e di umiliazione verso il
Marocco.

Nel 1989 si costituì negli accampamenti presso Tindouf l'AFAPREDESA, Associazione


delle Famiglie dei Prigionieri e degli Scomparsi Saharawi, con lo scopo di sensibilizzare
l'opinione pubblica internazionale e fare pressione sul governo marocchino affinché
rendesse noto il destino dei familiari rimasti in Sahara Occidentale.
L’associazione ottenne l'appoggio di Amnesty International che, a partire dagli anni
Novanta, raccolse le testimonianze dei sopravvissuti e scoprì la collocazione di alcuni
centri segreti di detenzione. Nel 1991, anche il Comitato per i diritti umani delle Nazioni
Unite chiese conferma al governo delle localizzazioni delle prigioni, ma venne negata la
loro stessa esistenza 145 .
Tuttavia non si fermarono le denunce e neppure i rapporti pubblicati dalle associazioni
marocchine e internazionali 146 . Queste pressioni anzi, in concomitanza con la firma del
Piano di Pace e la presenza della MINURSO nei territori, costrinsero il re a liberare molti
prigionieri.

Nei rapporti successivi (1992-1993), Amnesty International denunciò l'esistenza di 500


desaparecidos nei territori occupati. Il sovrano prima espulse dal paese l'organizzazione,
ormai troppo “scomoda”, e poi negò l'accesso alle carceri al Comitato Internazionale
della Croce Rossa, violando gli accordi internazionali presenti in materia.
A fronte di queste eclatanti violazioni dei diritti dell'uomo, accompagnate dalla
determinazione nel celare i pochi processi che avevano luogo 147 , le risposte da parte dei
saharawi furono sostanzialmente pacifiche, se non altro poichè il Polisario e la RASD
sono stati coscienti fin dall’inizio degli anni ’90 che riprendere la lotta armata avrebbe
significato abbattere qualsiasi minima possibilità di riconoscimento del diritto
all’autodeterminazione. A tutt’oggi i dirigenti della RASD invitano il loro popolo alla
“pazienza” e alla fiducia nelle Nazioni Unite, e i saharawi si affidano ai loro
rappresentanti. 148

144
Alcune Testimonianze che denunciarono le violazioni dei diritti civili commesse nelle carceri sono presenti in L.
ARDESI, Sahara Occidentale, EMI della coop. SERMIS, Bologna 2004 e in E. MANCINELLI, L'odissea del popolo
saharawi, Edizioni dell'Arco, Bologna, 1998.
145
Alcuni dossier usciti tra il 1990 e il 1991, pubblicati da Amnesty International, hanno permesso di avere una
documentazione più precisa del carcere di Kalaat M'Gouna, situato nella valle di Oued Dades (sito frequentato da ignari
turisti), e del centro di interrogatorio di Berb Moulay Cherif.
Per quanto riguarda invece la negazione dell’esistenza di tali carceri, cfr. Amnesty International, Maroc/Tanzmamart:
Officially silence and impunity, 1 novembre 1999, dall'archivio del sito.
146
Tra le poche associazioni marocchine che si schierarono contro la condotta verso la popolazione saharawi, si distingue
l'Organizzazione Marocchina per la Difesa dei Diritti Umani (OMDH). Preziosa è la sua collaborazione con le altre
associazioni di saharawi, l'assistenza ai detenuti e alle loro famiglie, e lo sforzo di sensibilizzazione dell'opinione pubblica
in Marocco.
147
Cfr. T. SHELLEY, Endgame in the Western Sahara: what future for Africa's last colony?, Zed Books 2004, p.101.
148
Cfr. a tal proposito il reportage del 2005 del quotidiano messicano “La Jornada”, disponibile alla pagina web
http://www.jornada.unam.mx/reportajes/2005/index.php. L’articolo può considerarsi interessante per le testimonianze degli
intervistati, uomini e donne di diverse condizioni ma tutti sostanzialmente d’accordo con l’ultimo intervento, quello del
comandante Yarba Malum, nelle vicinanze della base di Ajchach: “Nosotros los saharauis amamos la paz, somos
partidarios de la solución pacifica y obedecemos órdenes de nuestros políticos. Ellos están encontrando la solución más
conveniente. Nuestra paciencia se está acabando, pero debemos lealtad al jefe”.

93
L'attuale sovrano Mohamad VI sembrò intraprendere una politica diversa, in particolare
dal 2004, con l'inaugurazione della Commissione Instance Equité et Réconciliation 149 .
Obiettivo di questa commissione era indagare e fornire risposte alle accuse internazionali
di violazione dei diritti umani avvenute tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta. Si
volevano anche indennizzare le famiglie dei desaparecidos o di quanti erano stati detenuti
arbitrariamente. Le modalità di investigazione dello IER erano dunque la raccolta di
testimonianze e la consultazione degli archivi.
Questi risultati, positivi anche per lo sviluppo della coscienza democratica del Paese,
risultarono dal punto di vista pratico vani poiché nell'articolo 6 dello statuto 150 si
precisava che non si sarebbero potute individuare responsabilità penali.
Di conseguenza, dopo le indagini la IER non avrebbe potuto identificare pubblicamente i
responsabili di tali atti, né avviare procedimenti penali 151 . Molti dei soggetti individuati
quali responsabili di tali violazioni sono effettivamente rimasti membri delle forze di
sicurezza e di governo e spesso occupano gli stessi posti di comando di un tempo.
Responsabile di questa scelta è stato Mohamad VI (l'unico ad aver visionato le accuse
dello IER), che non volle rimuoverli dai loro incarichi, ufficialmente per ragioni di
sicurezza e stabilità dello stato.

Mi pare interessante citare il confronto proposto da due giornalisti marocchini 152 tra la
transizione democratica di paesi come Cile, Argentina, Sudafrica o Uruguay, che hanno
tentato di fare luce su un passato di violenza e repressioni processando e condannando i
responsabili, e quella del Marocco. Il nuovo sovrano, oltre alla creazione dello IER e ai
cambiamenti istituzionali “di facciata”, non ebbe la maturità né la volontà politica di
processare i colpevoli e segnare la rottura con il regime precedente.
É sufficiente leggere il rapporto del 2006 di Reporters Sans Frontères 153 sulla libertà di
stampa, per comprendere come il diritto all'informazione non fosse affatto garantito in
Marocco, né tanto meno in Sahara Occidentale. I giornalisti marocchini risultavano essere
liberi di esercitare il loro mestiere solo se non superavano determinati confini posti dal re:
la questione territoriale (cioè il Sahara Occidentale), quella politico-religiosa (cioè tutto
ciò che riguarda il re), e le inchieste che coinvolgessero personalità importanti del Regno.
Tra le tante condanne di Amnesty International riportate nel Rapporto del 2006 vi era
quella riguardante il Journal Hebdomadaire, denunciato dal governo marocchino per i
dubbi sollevati in un articolo circa l'obiettività di una ricerca commissionata dal governo

149
Commission National pour la Vérité, l’Équité et la Réconciliation, istituzione creata con l’approvazione del Dahir
(decreto) reale n. 1.04.42, promulgato il 20 aprile 2004; cfr. a tal proposito il sito web dell’organo istituzionale,
http://www.ier.ma/index.php?lang=fr
150
Cfr. i documenti ufficiali presenti sul sito, Ibidem.
151
Anche il Comitato per i Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite si dichiarò preoccupato per il fatto che nessuna misura
prevedesse la comparsa davanti ad alcun organo giudiziale dei responsabili delle “sparizioni”.
152
Si tratta rispettivamente di Ali Amar e Younès Alami, cofondatore e giornalista del Journal Hebdomadaire di
Casablanca. La loro analisi è presente in: Riconciliazione fragilissima in Marocco: i torturatori di un tempo sono ancora in
servizio,“Le Monde Diplomatique”, aprile 2005.
153
Un bilancio della situazione sulla libertà di informazione in Marocco fino al 2006 è disponibile sul sito web di Reporters
sans frontières, nella sezione Maghreb et Moyen-Orient, alla pagina http://www.rsf.org/article.php3?id_article=16987

94
sul coinvolgimento del Fronte Polisario nelle reti del terrorismo internazionale, e per la
cui denuncia l’ex direttore e lo stesso Ali Amar erano stati condannati, nella sentenza di
appello, a sospendere l’attività del giornale per tre mesi e pagare l’equivalente di 150.000
euro 154 . Il Ministro per la Cultura e la Comunicazione aveva dichiarato che le
affermazioni dei due giornalisti “affected the stability of the State”.
Per quanto riguarda la questione del Sahara Occidentale, la censura nel 2006 era quasi
totale: le informazioni potevano circolare solo tramite i pochi giornalisti che vi entravano
clandestinamente o attraverso Internet. Nonostante dal 2005 i siti web creati nei campi
profughi fossero aumentati, pochi mesi dopo il Ministero delle Comunicazioni
marocchino li aveva resi inaccessibili, sia dai territori occupati che dal Marocco 155 .

Negli ultimi anni si è segnalata però una positiva apertura, per cui alcune testate
”indipendenti” stanno lasciando timidi spazi per l’espressione di un’opinione differente
da quella ufficiale.
L’arrocco di Rabat nella questione del Sahara sembra essersi accentuato inoltre con
l’arrivo al potere del re Mohammed VI. Mentre il Marocco sembra voler attenderse
l’allentarsi della “stretta” dell’ONU, la RASD cerca di trovare appoggi all’interno della
comunità internazionale evitando un’eventuale e impari ripresa delle ostilità.
Le richieste indirizzate dai dirigenti saharawi all’ONU incontrarono, tuttavia, crescenti
interrrogativi citca l’utilità della missione internazionale presente nel paese.

154
Cfr. Reporters sans Frontières, Maroc, “Rapport Annuel 2006”.
155
In particolare Reporters sans Frontières aveva verificato, sempre nel 2006, che i siti web dell'Arso, del Sahara Press
Service o ancora dei Cahiers du Sahara erano stati oscurati.

95
Capitolo 3. Mutamenti sociali e transizione politica in
Marocco. La questione del Sahara Occidentale
nell’evoluzione dello Stato

1. Un breve excursus sulla storia del Marocco. I primi anni dell’indipendenza

Già nella metà del VII secolo gli Arabi erano partiti alla conquista del Nord-Africa,
spingendosi fino all’Andalusia (Al-Andalus), grazie alle capacità delle loro truppe, per lo
più berbere. Quando, circa un secolo più tardi, sorsero alcuni movimenti di sommossa
all’interno delle stesse tribù provocando disordini e confusione, Idriss Idmo, discendente
di Ali e di Fatima, la figlia del Profeta, fondò il Regno Idrisside.
La prima dinastia marocchina, originata da quest’evento, risale proprio all’VIII secolo e
regnerà fino circa al 900, contribuendo notevolmente ad intensificare gli scambi
commerciali della zona e rendendo la capitale, Fez, un importante centro culturale e
religioso.
A partire dall’XI e fino al XV secolo si succedettero poi tre grandi dinastie. La prima,
quella degli Almoravidi, regnò fino al XII secolo: si trattava di discendenti di una tribù di
guerrieri religiosi che controllavano alcune rotte delle carovane nell’area occidentale del
Sahara. Verso la metà dell'XI secolo iniziarono la loro espansione, impadronendosi di
circa la metà della zona del Maghreb; diedero vita ad un'intensificazione degli scambi
commerciali e rinnovarono le proprie arti, arricchendole con elementi andalusi e
sahariani. Il loro impero, col tempo, fu soggetto però a forti pressioni da parte dei cristiani
provenienti dalla Spagna e delle piccole tribù non sottomesse.

Gli Almohadi succedettero agli Almoravidi verso la metà del XII secolo: oriundi dell'alto
Atlante marocchino, arrivarono al potere con un capo letterato, partigiano di una riforma
religiosa radicale, il cui intento era quello di dare all'Islam una nuova dottrina. Sotto
questa dinastia, il Paese venne dotato di un'amministrazione complessa, di una rete
stradale ancora oggi importante e di una flotta marittima che fu capace di condurre una
guerra contro la Spagna, contribuendo ad unificare l'Africa del Nord.
All'inizio del XIII secolo la dinastia ebbe il suo apogeo dello splendore economico e
intellettuale. Tuttavia, continuava ad essere minacciata dalla spinta cristiana in Spagna e
dalla perdita di controllo sulle rotte del Sahara, che condussero in una cinquantina di anni
al decadere del suo potere e prestigio nel territorio.

96
Emerse allora la terza tra le maggiori dinastie marocchine, quella dei Merinidi. Di origini
nomadi, partirono alla conquista del potere verso la metà del XIII secolo. I suoi sultani
furono in grado di rallentare la progressione dei cristiani nel sud della Spagna; col tempo,
però, anche la loro influenza s’indebolì: con l’esaurimento e la disgregazione della
dinastia Merinide, raggiunse il potere la breve dinastia dei Wattasidi, che permase nel
territorio per meno di un secolo (metà XVI secolo). Una grave crisi economica e politica,
esasperata da continue lotte interne per l’egemonia, e la minaccia costituita dalle avanzate
portoghese e spagnola lungo le coste marocchine, minarono nel profondo il regno dei
Merinidi. A partire dalla metà del XV secolo e fino alla metà del XVI il Marocco visse
infatti un periodo di agitazioni e incertezze: si svilupparono gli scambi marittimi con
l'Europa a scapito del commercio sahariano, e il ruolo di intermediario del Marocco tra
l’Europa e le popolazioni a sud del Sahara iniziò la sua regressione.

Verso la metà del XVI secolo gli oriundi Saadiìn conquistarono Marrakesh e si
avventurarono in una guerra contro i cristiani, riuscendo a cacciarli da alcune roccaforti;
il loro capo diventò, così, il sultano del Paese.
Sotto il loro regno, il Marocco resistette all'impero ottomano, pose termine alle ambizioni
portoghesi sul territorio, e conquistò la strada dell'oro, che permetterà al regno una ripresa
economica importante. Dunque, sotto la dinastia saadiana il Marocco visse un periodo
fecondo, che permise il rafforzamento dell'esercito, lo sviluppo dell'artigianato e
dell'agricoltura, la realizzazione di una riforma amministrativa e l’ulteriore crescita dei
commerci con l'Europa.

Con la dissoluzione della dinastia saadiana, rivendicarono il trono gli Alawiìn, oriundi
discendenti di Ali. Sorse, così, infine, la dinastia alawita, che regnerà fino ai giorni nostri.
Gli obiettivi primordiali consistevano nell’instaurare un impero di tipo sceriffiano e
combattere gli “usurpatori”, identificati congiuntamente nelle tribù non ancora
sottomesse, nei Turchi e nei Cristiani. Venne creato un esercito potente formato da
discendenti di schiavi negri e rinnegati, furono erette fortezze all'ingresso delle grandi
città e gli alawiti provvidero anche a riconquistare la maggior parte delle città della costa
atlantica che si trovavano in mano degli europei.
Verso la metà del 1700 iniziarono ad intravedersi i primi segnali di una crisi, che
condurrà il Marocco ad un vero e proprio ripiegamento nel corso del 1800, dovuto a crisi
per la successione, all'interruzione della politica marittima, al rallentamento del
commercio con l'Europa e alla diffusione di alcune terribili epidemie.

Già dalla seconda metà del 1800, alcuni trattati europei avevano inoltre sancito la
sconfitta del Marocco nei confronti di tre potenze occidentali: la Spagna, la Francia e la
Gran Bretagna.
La Conferenza di Algeciras del 1906 sancì, attraverso un accordo tra le suddette potenze,
il futuro del Marocco come protettorato francese, mentre qualche anno più tardi, nel

97
1912, con il Trattato di Fez , il sultano firmò la sua sottomissione. Escluse dal protettorato
francese rimanevano la regione del Rif sulla costa mediterranea, comprendente le
enclaves di Ceuta e Melilla, e quella dell'Ifni a sud, sottoposte entrambe al dominio
spagnolo, e Tanger, il cui governo era stato garantito da uno speciale statuto
internazionale.
Nonostante il doppio protettorato, o forse piuttosto a ragione di esso, il Marocco
mantenne sempre un forte sentimento nazionalista.
Una prima accesa espressione del nazionalismo marocchino si ebbe già nel 1921 con la
sollevazione di un emiro berbero, che portò alla proclamazione della Repubblica delle
Tribù Confederate del Rif. Nel 1926 le truppe francesi però, con l'aiuto spagnolo,
riuscirono ad ottenere la resa dell'emiro ribelle. La repressione della rivolta fu anche
l'occasione per la Francia di completare l'occupazione del Marocco.

Negli anni 30 comparvero intanto in Marocco i primi gruppi nazionalisti, presto


organizzatisi nel Partito dell'Indipendenza (o Istiqlal), che dopo la Seconda Guerra
Mondiale conquistò un ampio consenso presso le masse.
Nel 1936 il Generale Francisco Franco riuscì a lanciare il suo attacco alla Spagna
repubblicana partendo proprio dalla zona spagnola del Marocco e coinvolgendo un gran
numero di volontari marocchini, che lo servirono per tutta la guerra civile spagnola.
A partire dal secondo dopoguerra il processo di decolonizzazione era diventato una realtà
su scala mondiale: l’allora sultano Mohamed V (Mohamed Ben Youssef), re del Marocco
sin dal 1927 benché ridotto solo a funzioni formali, si fece portavoce del movimento
nazionalista dell'Istiqlal, ma nel 1953 fu deposto ed esiliato in Madagascar dal Residente
francese. Proprio il sultano in esilio, ormai considerato un eroe nazionale, divenne un
simbolo unificante per la maggioranza dei marocchini: il movimento nazionale
marocchino sfruttò abilmente, infatti, il suo esilio per canalizzare la rabbia della
popolazione nella lotta anticoloniale.

Nei tre anni successivi la resistenza armata condotta dalla neonata Armée de Libération
National (ALN) esplose in tutto il paese, mentre l'Istiqlal, che continuava ad operare in
clandestinità, raccoglieva sempre più consensi riuscendo a costruire attorno alla cacciata
del re il símbolo dell'oppressione coloniale e associare il suo ritorno all'indipendenza del
paese. Nonostante l'incarico di un nuovo governatore la situazione non mutò; l’ALN
poteva contare, tra l’altro, sulla presenza di importanti basi nella zona di controllo
spagnolo, che ormai da tempo costituiva il rifugio dei nazionalisti marocchini contro le
persecuzioni francesi poiché la presenza spagnola sul territorio, come ricordato nel primo
capitolo, era più formale che reale.

Nel 1954 la sconfitta militare francese di Dien Bien Phu in Indocina fu un segnale
d'allarme per i vecchi stati coloniali che, incalzati dai movimenti di liberazione nazionale,
compresero quanto fosse impossibile e insensato mantenere il rigido sistema coloniale

98
con gli stessi modi e mezzi utilizzati precedentemente. Le difficoltà della Francia nel
mantenere il territorio pacificato furono ben presto evidenti, si rese necessario perciò
cambiare approccio e sostituire il dominio e lo sfruttamento diretto delle ricchezze del
territorio con la concessione di un'indipendenza “controllata” che, attraverso la
riabilitazione della monarchia, potesse mantenere inalterati i suoi interessi economici,
anche in un paese la cui indipendenxa si mostrava ormai inevitabile.
Come dirà in seguito Ben Barka, leader della resistenza marocchina, si trattò di una nuova
fase politica, “neocoloniale”, perché da un lato concedeva l'indipendenza politica creando
uno Stato “artificiale” in cui l'indipendenza non aveva alcuna possibilità di diventare
reale, e dall'altra proponeva una “cooperazione” con l'obiettivo di creare una ricchezza le
cui basi erano al di fuori del Marocco.

Il 3 marzo 1956 le agitazioni nazionaliste e la pressione popolare sfociarono comunque


nella proclamazione dell’indipendenza: il colonialismo francese, impegnato fin dal 1954
in una lotta violentissima contro il Fronte di Liberazione Nazionale algerino, dovette
abbandonare anche la Tunisia.
Subito dopo la Spagna, benché colta di sorpresa dalla concessione d’indipendenza da
parte francese e nonostante le proteste formulate dall’Esercito, sancì pacificamente la fine
del suo protettorato nell’aprile 1956, in seguito alla “Dichiarazione Congiunta ispano-
marocchina”, con l'esclusione delle sole piazzeforti di Ifni (fino al 1969) e dei presidi
militari di Ceuta e Melilla, ancora oggi enclaves della Corona spagnola.
Il ritiro della Spagna dal Marocco, oltre che il frutto delle pressioni europee, fu il risultato
logico, coem scrisse Maestre Alfonso, di una “politica suicida di appoggio al
nazionalismo marocchino”, mossa da due idee scarsamente realiste e che ben presto si
dimostrarono false: da un lato, l'ingenua convinzione che l'appoggio ai nazionalisti
marocchini avrebbe danneggiato solo la Francia, che aveva una presenza effettiva nel
territorio, e, dall'altro, l'immagine imbastita dalla propaganda del regime franchista di
un’armonia ispano-marocchina che non avrebbe potuto ritrovarsi minata da alcun
movimento nazionalista, perché poggiata sulla fiducia e la solidarietà.

Al suo ritorno in patria Mohamed V fu esaltato dal suo popolo come il re liberatore,
simbolo dell'unità nazionale, ma il suo potere effettivo nella gestione del territorio e nel
controllo delle istituzioni era ancora molto precario. Così, al momento dell'indipendenza,
il monarca si trovò nella condizione di dover effettuare un’importante scelta che avrebbe
condizionato il futuro dello stato: il bivio vedeva in sostanza, da un lato, un’ipotesi
progressista di rottura col passato coloniale, in grado di mettere in discussione le vecchie
dinamiche di potere tradizionale e di aprirsi al movimento nazionale, con cui avrebbe
condiviso le responsabilità politiche.
Dall’altro lato vi era la scelta di confermare una “monarchia costituzionale”, in cui al re
venisse riconosciuta una posizione preponderante capace di accentrare su di sé tutti gli
strumenti necessari per imporre la propria autorità.

99
Così, i primi anni del Marocco indipendente furono caratterizzati dallo scontro per il
controllo e la direzione del Paese tra il Movimento di Liberazione Nazionale (che
principalmente comprendeva l’Istiqlal, il Partito dell’Indipendenza, e l’ALN), e la
monarchia di Mohamed V.
Furono anni di transizione, dove nessuno dei due soggetti sembrava essere così forte da
potersi imporre sull'altro, ma sin dai primi momenti post-indipendenza la Monarchia
aveva comunque preservato l'ossatura essenziale del regime di protettorato, una struttura
di tipo feudale centrata sulla restaurazione del Majzen in grado di attirare verso di sé la
fiducia delle élites rurali tradizionali.

Il Majzen, infatti, era sempre stato presente nella storia del Marocco; letteralmente
significava “deposito del tesoro pubblico” ed evocava l'esercizio del potere reale, lo stato
e la sua amministrazione.La struttura del Majzen si sviluppava per cerchi concentrici,
gerarchicamente ordinati dove il sovrano aveva la posizione centrale e che, allargandosi,
raccoglieva i diversi segmenti sociali (élites tradizionali, rappresentanti dell’esercito, la
grande borghesia agraria, ecc…) che riconoscevano al sultano obbedienza in cambio di
protezione e favori politici.
Sotto il regime di protettorato la Francia si era inoltre impegnata a sostenere nel Marocco
un forte tribalismo, concedendo molti poteri ai ca’id (governatori) locali, rappresentanti
delle maggiori tribù. La divisione amministrativa dello stato avveniva quindi
conseguentemente su base tribale perché, in base al principio dividit et imperat, un
territorio così frammentato era ritenuto più semplice da controllare e da amministrare 156 .
Mohamed V riconobbe in questa struttura una potenziale minaccia per la sua autorità157 , e
non appena ritornato sul trono si adoperò per smantellare questo sistema senza però
rompere totalmente i legami con i rappresentanti locali, capi delle tribù che, nel
protettorato come nel Marocco indipendente, potevano ancora costituire un'importante
base di consenso e di appoggio per frenare le aspirazioni del partito dei “Fassi 158 ”.

Fra il 1958 e il 1960 nelle campagne e nelle città fu introdotto il sistema dei comuni; i
ca'id persero parte delle loro prerogative acquisite sotto il protettorato e divennero dei
funzionari amministrativi direttamente dipendenti dal Ministero dell'Interno.
Ne risultava una struttura fortemente centralizzata, perché la scelta del Ministro
dell'Interno, che aveva un ruolo chiave per la nomina dei funzionari e l'affidamento degli
incarichi, era una prerogativa esclusivamente riservata al re. Come osservò Driss Benali:

156
La stessa logica favorì l'emanazione nel 1930 da parte del protettorato del noto “Dahir berbero” che decretava la
divisione dell'amministrazione giudiziaria fra la popolazione berbera e quella araba. Questo avvenimento fu all'origine di
violente rivolte in tutto al paese e fu alla base dell'unione di diverse anime nazionaliste all'interno del futuro Istiqlal.
157
Thami El Mezouari El Glaoui, ca’id di Marrakech, durante il protettorato era riuscito ad accentrare su di sé tanti
privilegi e poteri, da poter sfidare la legittimità del re e organizzare il complotto che nel 1953 aveva portato alla
deposizione del sultano.
158
Tale era il termine con il quale ci si riferiva all'Istiqlal, e che indica l'appartenenza alla borghesia di Fes in
contrapposizione con il mondo rurale.

100
“[...] il Majzen non è una creazione dal nulla dopo l'indipendenza
politica, cioè non è il prodotto contraddittorio della colonizzazione
e della lotta politica; esso è dotato di una legittimità trans-storica
inscritta nelle fondamenta di questa società, e radicata
nell'immaginario delle masse marocchine, che riconoscono in lui
la capacità di incarnare l'unità della comunità nazionale e l'utilizzo
di certi simboli religiosi. Sotto questo aspetto, la colonizzazione
non ha alterato, bensì rafforzato questo sistema come mezzo per
eliminare le dissidenze. L'indipendenza ha permesso al Majzen di
accrescere il proprio campo d'intervento e di estendere la sua
attività ad altri domini 159 ”.

In breve tempo pressochè tutti i membri delle élites tradizionali arrivarono a riconoscere
che fuori dal Majzen non ci sarebbe potuta essere legittimità né accesso al potere.
Il Partito dell’Indipendenza, l’Istiqlal, era comunque tutt'altro che una forza marginale.
Lasciandosi alle spalle le caratteristiche proprie di una formazione clandestina dell'élite
borghese urbana, fra il 1953 e il 1956 era diventato un partito a diffusione nazionale che
contava circa un milione di aderenti fra le città e le zone rurali del paese.
Al momento dell'indipendenza gran parte dei leaders storici ritornarono dall'esilio e la
direzione del partito fu presa da Mehdi Ben Barka: questi aveva l’intenzione di farne un
moderno strumento di massa in grado di imporsi come partito unico. Poteva contare
sull'appoggio di gran parte dell’ALN, che continuava le azioni di guerriglia e sabotaggio
nelle province del Sud marocchino contro le rimanenze dell'esercito francese e spagnolo,
ma era soprattutto nelle città che raccoglieva consensi, fra i proletari e gli intellettuali.
Il sostanziale equilibrio delle forze in campo obbligò il sultano a concedere alcuni spazi
di sovranità al partito, a cominciare dal secondo governo Bekkai (ottobre 1956 -
maggio1958).

Nonostante la sua forza l'Istiqlal rimase comunque al di fuori della catena di comando.
Il sovrano, infatti, aumentò i mezzi di controllo sull'azione di governo, istituendo il
Consiglio della Corona, e mantenendo il controllo della polizia e dell'esercito attraverso
Moulay Hassan (futuro re del Marocco) e le rimanenti forze coloniali: le FAR (Force de
l’Armée Royale) infatti, potevano contare su aiuti stranieri come ufficiali, mezzi e
istruttori.
Le tensioni interne al partito non tardarono ad esplodere e nel gennaio 1959 un grande
segmento si separò dall'Istiqlal dando vita nel settembre successivo all'UNFP (Union
Nationale des Forces Populaires) sotto la guida di Mhedi Ben Barka. L'Istiqlal del 1959
non rappresentava ormai che un insieme di individui, un aggregato di gruppi all'interno di
un partito con obiettivi essenzialmente difensivi dei propri interessi. La monarchia ne
risultò rafforzata perché con questa scissione aumentò il suo potere di controllo verso
alcuni dei dirigenti del movimento nazionale.

159
D. Benali, citato in BARBIER., Le conflit du Sahara Occidental, cit., p 37.

101
Allal El-Fassi, il fondatore del Partito dell’Indipendenza marocchino, aveva elaborato
intanto la sua teoria del Grande Marocco, un’entità statale che comprendeva tutti i
possedimenti spagnoli del Nord Africa, la Mauritania e buona parte dell'Algeria e del
Mali, arrivando fino al fiume Senegal; in un convegno pubblico nel 1956 aveva infatti
dichiarato:

" Il Marocco è indipendente, ma non è completamente unificato; i


marocchini continueranno a lottare finché otterranno
l'indipendenza di tutte le parti del Marocco, finché il Sahara sotto
influenza spagnola e il Sahara sotto influenza francese saranno
liberati, finché i territori dei quali si è impadronito il colonialismo:
Tinduf, Colomb-Bechar, Tuat, Kenadsa e la Mauritania
ritorneranno al Regno sceriffiano.
Il Marocco, fratelli, a sud ha come limite Saint Louis del Senegal
".

L’impatto positivo del progetto del Grande Marocco indurrà il re a fare propria la difesa
dei “diritti storici” marocchini sul Sahara Occidentale, oltreché sul territorio mauritano, e
parte del territorio algerino, e tali rivendicazioni vennero astutamente accumunate alla
necessità di decolonizzare il Sahara Occidentale.
Il sovrano Mohamed V intraprese un'ambizioso programma di rinnovazione che prendeva
in considerazione la scolarizzazione, l’energia, lo sviluppo dell'impiego, la creazione di
un esercito, l’adesione alla Lega Araba e persino lo sviluppo dell'industria turistica.
Intenzione di Mohamed V era di avanzare a piccoli passi verso lo sviluppo economico,
per il quale poteva contare sulle infrastrutture già costruite dai francesi, e la
modernizzazione delle istituzioni del paese.
Mohamed V morì improvvisamente nel 1961. Il suo successore, Hassan II, che regnerà
per quasi quaranta anni fino al 1999, nel 1962 introdusse una nuova Costituzione e indì
finalmente nel 1963 le prime elezioni del Parlamento, che furono vinte da una coalizione
di partiti favorevoli alla monarchia (il Fronte per la Difesa delle Istituzioni
Costituzionali).

Hassan II interpretò lo scontro tra la monarchia e i movimenti nazionali in maniera


decisamente più energica e autoritaria rispetto al suo predecessore, ma il protrarsi della
crisi economica e l'incapacità nell'applicare le riforme strutturali, necessarie al paese in
via di trasformazione, misero duramente in crisi la legittimità del suo potere.
La stabilità del regno fu più volte messa alla prova ma il re riuscì progressivamente a
consolidare il suo potere relegando i partiti che avevano guidato il paese nella lotta
anticoloniale all'opposizione parlamentare, e mettendo a tacere una nuova generazione di
dissidenti che presto si radicalizzò contro la monarchia.

102
Fig. 8. L'originale disegno del grande Marocco apparso sulle colonne di Al-Alam del 27/3/1956 160 .

160
Cfr. Ibidem, p 77.

103
2. Effervescenza sociale e instabilità politica nel Marocco di Hassan II

Con la salita di Hassan II al trono del Marocco il 3 marzo 1962, la monarchia affrontò
con autoritarismo le sfide che “la sinistra” del paese aveva promesso di lanciare al
momento della scissione dell’Istiqlal. Il giovane re si circondò di personalità che avevano
dimostrato la loro fedeltà sin dai tempi in cui il principe ereditario era a capo delle FAR:
fra tutti spiccavano Ahmed Réda Guédira, nominato direttore del Gabinetto Reale, e
Mohamed Oufkir, responsabile della sicurezza nazionale e dei servizi segreti; entrambe le
istituzioni ebbero un'importanza fondamentale nel sistema autocratico imposto da Hassan
II.
L'impronta autoritaria del nuovo re si manifestò con la promulgazione della prima
Costituzione octroyée del Marocco indipendente 161 : il testo consisteva principalmente
nell'apologia del successo politico del re, e nella sua istituzionalizzazione come Amir al
Mu'minin (capo dei credenti); non vi era reale separazione dei poteri perché lo stesso re
delegava i tre poteri ad autorità che facevano riferimento direttamente a lui, aveva potere
di nomina e revoca del primo ministro e dei ministri, che non chiedevano la fiducia alle
camere, ma erano direttamente responsabili di fronte al re. Il sovrano disponeva del diritto
di veto legislativo e del potere di scioglimento delle camere, ma soprattutto aveva il
potere di proclamare, in base all'art. 35 162 , lo “stato d'eccezione” che conferiva al
monarca tutti i poteri necessari per ristabilire il normale funzionamento delle
istituzioni 163 . Inoltre, grazie all'art. 3, si vietava il partito unico in favore di un sistema
pluripartitico di facciata.

Quest’ultimo articolo, conosciuto come ”opzione Guédira”, rappresentava la


consacrazione di tutti gli sforzi, compiuti dal direttore del Gabinetto a partire dal 1956,
nel tentativo di ostacolare l'Istiqlal, che ai suoi occhi rappresentava il pericolo più grande
per la monarchia.
Il testo della costituzione venne approvato tramite referendum popolare il 7 dicembre
1962 con il 97% dei voti, l'UNFP fu il solo partito legale a boicottarlo in quanto criticava
la sua preparazione segreta, i poteri eccessivi detenuti dal re, le ambiguità inerenti la
responsabilità dei ministri davanti al re e davanti al parlamento ma anche l'instaurazione
del principio di primogenitura per la successione al trono.
Il 16 giugno 1963 circa cinque mila militanti dell'UNFP e del PCM (Partito Comunista
Marocchino) furono arrestati dopo che il Cab 1 164 , guidato da M Oufkir, aveva informato

161
Il testo, “concesso” sullo stile delle costituzioni europee del XIX secolo, fu scritto con l'aiuto di costituzionalisti francesi
che furono fra gli artefici nel 1958 del nuovo testo fondamentale della V Repubblica di De Gaulle.
162
Articolo 35 della Costituzione marocchina del 1963; “In caso di minaccia dell'integrità del territorio nazionale, o nel
caso in cui si producano avvenimenti suscettibili di mettere in discussione il funzionamento delle istituzioni costituzionali,
il re può, dopo aver consultato i presidenti delle due camere e aver indirizzato un messaggio alla nazione, proclamare,
attraverso decreto reale, lo stato d'eccezione. Egli è abilitato, nonostante tutte le disposizioni contrarie, a prendere le misure
necessarie per imporre la difesa dell'integrità territoriale e il ritorno al funzionamento normale delle istituzioni
costituzionali. Lo stato d'eccezione viene cessato nelle stesse forme con il quale viene proclamato”.
163
M. OLIVIERO, Il costituzionalismo dei paesi arabi. Le costituzioni del Maghreb, Giuffrè editore, Milano, 2003, pp. 52-
59.
164
Il Cab 1 (o Gabinetto n° 1) fu creato nel 1960, anno durante il quale divenne un vero servizio di informazione grazie alla
collaborazione di alcuni esperti americani.

104
il re della preparazione di un complotto consistente a creare delle cellule di combattenti
con armi provenienti dall'Algeria. Centinaia furono processati e accusati di attentato alla
sicurezza nazionale. Questo avvenimento spezzò completamente il partito che decise di
boicottare le successive elezioni, l'Istiqlal e l'UMT lo seguirono.
Il re ebbe quindi gioco facile nel denunciare l'inefficacia del parlamento e scioglierlo,
decretando lo stato d'emergenza. Dopo aver cercato di ripristinare il suo prestigio
personale con la grazia di parte dei condannati del '63 e la “guerra delle dune” contro
l'Algeria come tentativo per risvegliare l'ardore nazionale, decise di assumere
direttamente egli stesso tutte le responsabilità del potere chiarificando definitivamente i
rapporti fra il palazzo e le forze politiche.

Con l'evolversi di una difficile situazione interna, la monarchia fu spinta a ricercare


consenso e legittimazione a livello internazionale.
Il re programmò un incontro con il dittatore spagnolo Franco, che si tenne il 6 luglio 1964
all'aeroporto Barajas di Madrid. Non emersero dettagli di questo primo incontro ufficiale
fra i due capi di stato, se non un comunicato congiunto in cui entrambe le parti
s’impegnavano per “studiare tutti i problemi di mutuo interesse e trovare delle soluzioni
che possano servire come base per futuri accordi”. Questo incontro ebbe importanti
risvolti nelle relazioni fra i due paesi, tanto che si iniziò a parlare di “spirito di Barajas”
per indicare un clima di sostanziale collaborazione ideologica 165 .
La nuova costituzione, anche questa “concessa”, fu duramente boicottata dal blocco
dell'opposizione perché non apportava alcun sostanziale cambiamento in senso
democratico rispetto al testo del 1962 e, al contrario, dopo l'esperienza del 1965-1970,
rafforzava il carattere autoritario e i poteri della monarchia.
Il testo fu comunque approvato con larga maggioranza (98,85% dei consensi) il 31 luglio
del 1970, e nulla cambiò dal punto di vista della corruzione, della repressione e della
partecipazione delle masse alla vita politica. Sotto i continui attacchi di Hassan II caddero
anche tutte le rivendicazioni dei vecchi partiti del movimento nazionale, che ormai non
erano più in grado di opporre alcuna seria resistenza all'interno del nuovo assetto
istituzionale marocchino.

Nel 1970 ebbe inizio in Marocco il periodo dei grandi scioperi studenteschi. Questi moti,
e più ancora quelli successivi del 1971-1972, provarono che la gioventù marocchina si era
radicalizzata velocemente: a partire dalla fine di dicembre scesero per strada gli studenti
dei licei, prima a Rabat poi in tutte le altre grandi città. Le manifestazioni si
radicalizzarono in maniera proporzionata alla repressione dello stato, e si diffusero presto
anche ad altri settori della società marocchina.

165
“Noi spagnoli non dimenticheremo mai l'aiuto che numerosi amici marocchini hanno dato nella lotta contro il
comunismo e sono sicuro che (…) ricorderanno il comportamento dei caudillos spagnoli in certi momenti difficili della
storia recente marocchina”: parte dell’intervento di Manuel Fraga Iribarne, allora Ministro dell'Informazione spagnolo,
pronunciato a Rabat l'11 luglio 1964, per confermare l'aiuto spagnolo nella durissima repressione di Hassan II verso le
forze di opposizione.

105
Gli incidenti partiti dai licei e dalle università nascevano da rivendicazioni immediate e
precise legate alla crisi economica, ma già nel 1972 sembrarono assumere il carattere di
uno scontro diretto fra l'Università e il potere reale.
Le parole d'ordine del movimento si potevano racchiudere attorno a tre temi principali: la
condizione del regime penitenziario imposto ai detenuti politici, che la legge marocchina
non distingueva dai prigionieri di diritto comune; la repressione in Marocco, a denuncia
degli arresti e degli interventi arbitrari, delle torture inflitte, e degli attentati alle libertà
sindacali e politiche. L'ultimo tema, su cui convergeva anche l'Istiqlal, era la
“marocchizzazione” e l'arabizzazione dell'insegnamento, che aveva previsto l’abolizione
del francese nelle strutture scolastiche e universitarie, riducendo notevolmente le
prospettive lavorative dei giovani marocchini.
Il modo in cui il potere monarchico affrontò la situazione non fu affatto indulgente: il
sovrano assunse direttamente le responsabilità di una politica repressiva energica, con
interventi di forza dell’esercito, la soppressione delle borse di studio ai “rivoltosi”, la
sospensione di studenti, fino alla revoca di insegnanti e alla chiusura di alcune facoltà 166 .
Gli scioperi studenteschi diventarono un elemento costante della vita politica marocchina
ma il Governo e il Palazzo rimasero fermi nella loro posizione, impegnandosi solo nel
compimento di ammodernamenti di facciata.

Hassan II nel 1962 aveva delegato la direzione delle FAR e della sicurezza nazionale ad
Oufkir, mantenendo come prerogativa reale la nomina degli ufficiali. Ma il corpo degli
ufficiali era destinato a cambiare e la sua fedeltà al trono rischiò di capovolgersi quando
giovani ufficiali, di origine cittadina e formazione moderna, con una maggiore sensibilità
politica, ebbero accesso ai gradini superiori della gerarchia.
Il 10 luglio 1971 un migliaio di cadetti della scuola militare di Ahermoumou marciarono
verso il palazzo reale di Skhirat, a circa 30 chilometri da Rabat, dove Hassan II teneva un
grande ricevimento per l'anniversario della festa dell'indipendenza. I militari, guidati dal
luogotenente-colonnello M'Hammed Ababou e dal generale Mohammed Medbouh, capo
della Maison Royale, fecero irruzione nel palazzo e causarono la morte di una sessantina
di invitati, ma non riuscirono a raggiungere il re che si salvò.
Qualche giorno dopo dieci ufficiali superiori riconosciuti colpevoli della preparazione
dell'assalto furono giustiziati a morte sotto gli occhi di Oufkir, mentre Medbouh era stato
fucilato il pomeriggio stesso dell'assalto.
I discorsi ufficiali del re, l'indomani dell'attacco, mirarono a minimizzare l'accaduto e a
screditare gli artefici:

“... l'operazione condotta il 10 luglio è stata organizzata nel modo


di un furto. I suoi autori non avevano né un programma, né alcuna
dottrina precisa.” 167

166
Il 3 febbraio vennero infatti chiuse la facoltà di Lettere di Rabat e quelle di Diritto, Scienze e Medicina dell’Università
di Fès, da dove proveniva lo “zoccolo duro” della contestazione.
167
Estratto dall'intervista rilasciata all'A.F.P. dal re Hassan II il 13 luglio 1971, in Le putsch du 10 juillet 1971 au Maroc,
“Maghreb”, 1971, pp. 11-18.

106
Hassan II fu comunque costretto a fare autocritica limitatamente ad alcuni aspetti
marginali della sua gestione, e intervenne nominando Oufkir Ministro della Difesa e Capo
di Stato Maggiore delle FAR, ma rimase inamovibile nel non cambiare politica e
soprattutto nel non mettere in discussione i suoi poteri e la centralità del Majzen
nell'assetto istituzionale.
La sua opinione rispetto i disordini all'interno dell'esercito non cambiò, ma i fatti
dell'anno successivo smentirono l’interpretazione del sovrano. Il 16 agosto 1972 re
Hassan II e il suo seguito, rientrando da Parigi a bordo di un Boeing 747, furono attaccati
da caccia F-5 dell'aviazione marocchina nei pressi di Tetuán, nel nord del Marocco.
Gli aerei, partiti dalla base di Kenitra, non riuscirono a colpire il loro bersaglio e il
Boeing poté atterrare d'emergenza all'aeroporto di Rabat-Salé. Al suo arrivo nuove
scariche di mitra si abbatterono sulla pista d'atterraggio e sul palazzo reale di Rabat
causando 10 morti e 45 feriti, ma il sovrano riuscì ancora una volta a mettersi al riparo 168 .

L'indomani dell'attentato spettò al ministro dell'interno Benhima informare il parlamento


e la nazione dei fatti accaduti. Il ministro dichiarò che l'attentato era stato fomentato e
organizzato sotto ordini precisi del generale e ministro della difesa Oufkir e del
colonnello Amokrane, lasciando intendere che il primo era responsabile anche del
tentativo di golpe di Skihrat del 1971.
Il ministro espose con estrema precisione la sequenza dei fatti e infine dichiarò che il
generale, dopo aver condotto il fallito attentato, si era recato al palazzo reale di Skihart
sotto convocazione del re e che prima di incontrarlo, resosi conto che il suo tradimento
era stato scoperto, si era suicidato sparandosi tre colpi di pistola.
Il 7 novembre 1972 si concluse il processo ai responsabili dell'attacco: undici ufficiali
vennero condannati a morte, altri trentadue furono condannati a pene detentive da tre a
vent’anni 169 .
Ancora oggi resta difficile fornire spiegazioni più approfondite sulle reali motivazioni che
si celavano dietro i due falliti colpi di stato, che non possono essere circoscritte, come
avrebbe voluto Hassan II, alla semplice sete di potere da parte degli ufficiali coinvolti. I
complotti s’inscrissero all'interno di un disegno politico più largo, che riguardava tutta la
società marocchina perché nei dieci anni di regno di Hassan II erano ancora rimasti
irrisolti i grandi problemi legati all'insegnamento, alla corruzione, al clientelismo e al
recupero inattuato delle proprietà ancora in mano agli europei.

Agli inizi degli anni settanta, dopo i tentati colpi di stato, cominciò comunque un lento
percorso di integrazione delle forze politiche nel sistema istituzionale marocchino.

168
Si segnala la pagina web http://rami.tv/illustr/09photos.htm, in quanto contiene interessanti foto relative all’accaduto.
169
Un anno dopo, i condannati a più di tre anni furono condotti nella prigione segreta di Tazmamart raggiungendo gli
ammutinati di Skihart. Essi rimasero per più di 18 anni nella prigione marocchina, tristemente famosa per le atroci torture e
condizioni a cui i detenuti furono sottoposti. Dopo il suicidio/omicidio di Oufkir l'intera famiglia del generale (la moglie e i
suoi sei figli) fu sequestrata il 23 dicembre 1972 su preciso ordine del re e rinchiusa per diciotto anni in un'altra prigione
segreta.

107
Decimate da anni di durissima repressione, tali gruppi compresero la loro debolezza nei
confronti del Palazzo, ma anche i possibili vantaggi derivanti da una collaborazione per la
ristrutturazione delle istituzioni costituzionali, sancite nel nuovo testo del 1972.
Per la monarchia fu necessario ritrovare il consenso per proporsi come un soggetto
politico capace di dialogare con le forze di opposizione, nonostante la monarchia si
confermasse ancora al vertice decisionale, insieme al Majzen.
Questo percorso di riavvicinamento rischiò di rimanere sulla carta perché, senza
concedere nella pratica nuove aperture democratiche, lasciava irrisolte diverse questioni
sollevate nei decenni precedenti. Rispetto alla concessione di alcune libertà basilari,
infatti, il sovrano preferì piuttosto affidarsi alla causa nazionalista e alla questione
dell'integrità nazionale, attraverso una nuova politica espansionistica mirata al “recupero”
dei territori sahariani del sud, ancora sotto protettorato spagnolo.

Gli anni Settanta e Ottanta furono caratterizzati dalle rivendicazioni e dall’occupazione


del Sahara Occidentale, che diede vita ad un conflitto costosissimo per il Marocco, e dalle
prime minacce del fondamentalismo islamico. La disattivazione del campo politico non
sarebbe d’altra parte stata possibile senza la minaccia e l’uso di rappresaglie contro gli
spazi di dissidenza; per cui, a fine degli anni ottanta, l’immagine del Marocco rimase
incupita per la situazione dei Diritti Umani e delle libertà civili, mentre la situazione
socioeconomica si degradava anche a ragione della costosissima guerra intrapresa contro
il Fronte Polisario. Tale congiunzione di fattori condusse ad un punto morto agli albori
della celebrazione di un referendum sul Sahara Occidentale, mentre i vicini maghrebini
sembravano optare tutti per la lenta via della democratizzazione.

È in questo contesto che all’inizio degli anni Novanta Hassan II cercò di dare impulso
all’associazione di forze di opposizione al Governo. Nel 1991 il re convocò i leader
dell'opposizione per comunicare ufficialmente loro la riforma costituzionale ideata dal
sovrano e dal suo seguito, che prevedeva tra l’altro un nuovo sistema elettorale.
Nella speranza di trovare un più rapido appoggio alla sua iniziativa, liberò alcuni
prigionieri politici, ma le negoziazioni con l'opposizione avvennero in un clima ancora
ostile. I partiti d'opposizione 170 il 17 maggio 1992 si riunirono nel Blocco Democratico,
giudicando necessario un reale coinvolgimento delle forze politiche del paese,
“considerando l'importanza delle sfide che […] dovrà affrontare in tutte le materie, tanto
a livello di consacrazione dell'unità territoriale e del suo perfezionamento, quanto
nell'instaurazione di una democrazia vera, sul piano politico, economico, sociale e
culturale” 171 .
All’inizio degli anni Novanta la posizione di Hassan II poteva dirsi rispettata e
riconosciuta, essendo ormai riuscito il sovrano a salvaguardare la fragile unità del
Marocco e a preservare il paese dal fondamentalismo islamico, facendo leva sulla

170
Istiqlal, USFP, UNFP, PPS e OADP.
171
L'Opinion, 27 maggio 1992. in Creation du Bloc Democratique, “Maghreb Machrek”, n. 137, 1992.

108
investitura religiosa della monarchia. Avevano poi giovato le ottime relazioni con la
Francia e con gli Stati Uniti, di cui il Marocco costituiva il costante punto di riferimento
negli affari del Medio Oriente e del mondo islamico. Hassan II poté dunque permettersi di
promuovere più attivamente un programma di liberismo economico e di liberalizzazione
controllata per assicurarsi un più ampio consenso politico.
Il riformismo auspicato dal sovrano, lento e progressivo, nacque dunque da una nuova
relazione fra l’opposizione e la monarchia, caratterizzata da mutue garanzie vitali per
ognuna delle due parti, e dalla ridefinizione di nuove regole che governassero l'esercizio
del potere all'interno di un nuovo quadro costituzionale.

Malgrado la riforma costituzionale del 1992 e quella del 1996, che rafforzò i poteri del
Parlamento, il re mantenne comunque la sua preponderante autorità politica, grazie
all’elezione discrezionale del Primo Ministro e al diritto di licenziare il governo.
Le negoziazioni stesse con i partiti avevano carattere consultativo, poiché l'iniziativa della
riforma era reale, e questo spiegava le definizioni di “alternanza consensuale” o
“alternanza desiderata dal re” 172 .
La sacralizzazione della monarchia trovava infatti sempre il suo fondamento in un corpus
religioso e storico che legittimava la monopolizzazione del potere in mano al monarca,
califa e capo del Majzen. Da questa prospettiva, la partecipazione delle forze politiche si
configurava come una concessione del monarca, fonte di tutti i poteri, che accettava di
consultare (shura) i suoi consiglieri (ministri o parlamentari).

A seguito delle riforme, nel giugno 1993 l'opposizione vinse le prime elezioni
parlamentari, ma solo dopo le elezioni legislative del novembre 1997 essa ebbe mano
libera per formare il primo governo di alternanza marocchino: alla sua guida fu nominato
Abd Ar-Rahman Youssufi, leader dell'Unione Socialista delle Forze Popolari (USFP),
rientrato nel paese nel 1993 dopo 30 anni di esilio.
Le elezioni furono tuttavia caratterizzate da un alto tasso di astensionismo, il più elevato
nella storia del Marocco 173 , che rispecchiava la generale disaffezione della popolazione
nei confronti del sistema della rappresentanza. I partiti videro, infatti, il loro credito
politico indebolito poiché la scelta di posizioni concilianti con il Palazzo aveva eliminato
ogni distinzione netta fra gli schieramenti, e il conseguente vuoto fu colmato durante gli
anni Novanta dal moltiplicarsi delle realtà associative.
Il veloce sviluppo delle associazioni, la cui possibilità di espressione fu data in grande
misura grazie alle organizzazioni internazionali 174 , avvenne all'interno del contesto
urbano e un numero significativo di queste si strutturò prevalentemente per la difesa di

172
Cfr. M. TOZY, Réformes politiques et transition démocratique, in “Maghreb Machrek”, n.164, 1999, pp 64-73.
173
Gli iscritti a votare furono 12.790.631 ma di questi solo 7.456.996 (pari al 58,3%) parteciparono al voto. I voti nulli
furono 1.085.366 quindi i suffragi espressi furono poco più di 6 milioni.
174
Nel settembre 1990 esce in Francia, presso le edizioni Gallimard, il libro di Gilles Perrault notre ami le Roi, che
attraverso una vasta documentazione accumulata dai militanti delle associazioni per i diritti dell'uomo, ricostruisce gli anni
di piombo in Marocco sotto Hassan II.

109
interessi particolari come quelli per la tutela delle vittime degli “anni di piombo”, per la
libertà di impresa o contro la corruzione.
In un certo senso l’associazionismo fu anche espressione del nuovo testo costituzionale
del 1996, nel quale per la prima volta veniva fatto riferimento esplicito alla tutela dei
diritti dell'uomo, e che comprendeva alcune importanti riforme istituzionali che andavano
in questo senso, come la creazione dei tribunali amministrativi, di un ministero specifico
per la difesa dei diritti dell'uomo (il CCDH, Conseil Consultatif des Droits de l’Homme,
nel 1993) e l'istituzione del Consiglio Costituzionale nel 1994.

Durante il suo lungo regno Hassan II (1961-1999) costrui un regime politico tutelato
dalla monarchia, nel quale si riconosceva un sistema pluralista di partiti, relegati però ad
una posizione marginale e subordinata. Questa egemonia era basata su tre pilastri:
l’alleanza con le élites rurali, il controllo sull’apparato tecnocratico dello stato e sulle
forze dell’ordine, e, in ultimo, la neutralizzazione delle élites urbane 175 .
Si produsse cosi una specie di ritorno alle basi tradizionali del processo di legittimazione
del potere politico in Marocco, convertendosi l’istituzione monarchica nel rappresentante
supremo della nazione e, conseguentemente, monopolizzando la funzione di arbitraggio
tra i distinti gruppi di interesse esistenti nella società marocchina.
Il 23 luglio 1999 moriva Hassan II e, in base al principio di ereditarietà del trono da egli
stesso introdotto, il suo posto veniva preso dal giovane figlio Mohamed VI. La sua
giovane età stimolò diverse speranze fra la popolazione e la classe politica, che riconobbe
nel nuovo sovrano la possibilità di aperture in senso democratico 176 .
Nonostante vi fosse sempre stato un ampio consenso intorno all’istituzione monarchica,
mancava il consenso riguardo l‘ampiezza dei poteri attribuiti al sovrano.
Il regno di Hassan II era stato marcato dal principio che tanto piaceva al sovrano, “il re
regna e il suo popolo non comprenderebbe che non governasse”.
La questione che si aprì con Mohamed VI non fu, quindi, se il re dovesse regnare, ma
quanto dovesse governare.

175
Cfr. T. DESRUES, Mohamed VI y la paradoja de la transición marroquí, Fundació CIDOB, 2001.
176
A. MANSOUR, S.M. Mohamed VI, un roi de proximité, in “Maroc Hebdo International”, n. 395, dicembre 1999

110
3. Mohamed VI: il nuovo re tra continuità autoritaria e apertura democratica

L’attaccamento ai diritti dell'uomo e il continuo riferimento ai disoccupati, ai poveri e


analfabeti che caratterizzó il Discorso alla Corona del nuovo re, resero fin dal principio la
sua figura molto più vicina alla popolazione di quanto avesse potuto Hassan II e la sua
retorica elitaria. Il nuovo re si propose, nella stessa occasione, di consolidare le
fondamenta della politica interna indicategli dal padre: la monarchia parlamentare, il
multipartitismo, il liberismo economico, la regionalizzazione, lo stato di diritto, la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e la tutela delle libertà individuali e collettive 177 .
In effetti, nei primi mesi di regno, Mohamed VI non disattese le aspettative del suo
popolo: a capo della Fondazione che prendeva il suo nome, una sorta di ONG umanitaria,
il re si recò di persona nei villaggi più remoti del paese, compreso il Rif, per offrire
cisterne d'acqua alle vittime della siccità, sostenere microprogetti di sviluppo o
incoraggiare azioni di solidarietà. La sua attenzione verso gli emarginati ebbe certo una
doppia valenza, come osservò Mohamed Tozy 178 : simbolica, poiché innalzava l'immagine
caritatevole di “re dei poveri”, e politica, perché tentava di sostituire gli islamisti che fino
a quel momento avevano avuto il monopolio degli interventi assistenziali nei quartieri
poveri, traendone grande popolarità.

Mohamed VI capitalizzò la sua popolarità in termini di legittimità, e la sua


preoccupazione per chiudere gli anni bui del regime si riflesse anche nell’istituzione di
una Commissione d’Indennizzo delle Vittime della Repressione, nell’agosto 1999, oltre
ad incaricarsi personalmente del ritorno di Serfaty e dei familiari di Ben Barka dall'esilio,
la liberazione di diversi prigionieri di delitti comuni e detenuti politici come Abdessalam
Yassine, leader del maggiore movimento islamista marocchino (al-Adl wa al-Ihsan) e
soprattutto la rimozione dall'incarico di Driss Basri dopo vent'anni di servizio al
Ministero dell'Interno.
Si trattò certamente di provvedimenti innovativi della politica marocchina, effettivi e di
grande eco; tuttavia a seguito di una breve osservazione la destituzione, attraverso una
decisione unilaterale del sovrano, di Driss Basri portò con sè l’impronta tracciata dal
padre di un riformismo che in realtà non intaccava completamente le forme di esercizio e
distribuzione del potere, persistendo ambiti di dominio esclusivo riservati al Palazzo cui il
sovrano non volle rinunciare.

Parte delle decisioni e degli atti pubblici realizzati da Mohamed VI hanno supposto però,
di fatto, un vero cambiamento rispetto al regno del padre; tale formula del cambiamento
ha permesso una certa circolazione delle élites, che contrasta con il blocco che influenza
gli altri paesi maghrebini; ciononostante, è necessario evidenziarne alcuni limiti.

177
“Discorso del trono” pronunciato a Rabat il 30 luglio 1999 reperibile in http://www.maroc.ma/, portale online ufficiale
del Regno del Marocco.
178
Cfr. M. TOZY, L’Islamisme marocain à l’épreuve du politique, in “Confluence mediterranéenne”, n. 31, Autunno 1999.

111
In primo luogo, la maggioranza dei seggi che riunisce il Governo nella Camera dei
Rappresentanti si vede limitata per la sua marcata eterogeneità, riflesso a sua volta della
segmentazione della scena politica; in secondo luogo, i risultati delle elezioni legislative
riflettono alcune ombre: l’alto tasso di astensione, che riflette la disaffezione alla politica,
e le pratiche clientelari, per cui vi sono molti candidati che ancora ricorrono all’acquisto
di voti. Di fatto le critiche al Parlamento che Mohammed VI formulò nel suo discorso di
inaugurazione della sessione parlamentare possono considerarsi come il riconoscimento
implicito della sua scarsa legittimità democratica.
La logica della formula di governo del Majzen fa si, tra l’altro, che le riforme dello stato
come la regionalizzazione l’amministrazione decentrata non abbiano ancora portato ad
una maggiore responsabilità democratica.
Il re, nella formazione del governo, “resta infatti quasi libero di scegliere in che grado
prendere in considerazione i risultati delle elezioni”. Così, nel 2002 designò primo
ministro Driss Djettou, un tecnico non appartenente ad alcun schieramento politico ma
conosciuto sin dal 1993 quando era a capo dei Ministeri Economici. Driss Djettou aveva
“organizzato le elezioni del 2001, ma la sua nomina non rispondeva ad alcuna
maggioranza uscita dalle urne 179 ”.

Il Marocco di Mohamed VI, nel complesso, sta cercando di voltare pagina all'insegna
della continuità; senza un vero processo di catarsi della monarchia però è plausibile
ritenere che le violazioni possano riproporsi, anche perché, soprattutto dopo l'11
settembre 2001, il contesto internazionale è lontano dal favorire l'apertura del campo
politico. In seguito alle esplosioni del 16 maggio 2003 a Casablanca, il re promosse una
legge antiterrorismo che assegnava alle forze di polizia il diritto a detenere un sospetto
fino ad otto giorni, senza che potesse contattare neppure un avvocato, e di perquisire
domicili e attività commerciali senza mandato.
Ancora più grave, la legge nella definizione di terrorismo considera tutte le
manifestazioni come suscettibili, potenzialmente, di turbare l'ordine pubblico, creando
una situazione di minaccia permanente 180 .
Il giornalista Ali Lmrabet, direttore delle riviste satiriche Demain Magazine e Doumane,
fu condannato nel giugno 2003 a tre anni di prigione e all'interdizione dalla professione
per oltraggio alla persona del re, attentato alla monarchia e attentato all'integrità
territoriale, dopo aver pubblicato un articolo sul giornale francese Le Monde. Nel testo
egli faceva un quadro molto pungente della situazione in Marocco sotto Mohamed VI:

“Incorreggibile Marocco! Sempre pronto ad occultare la realtà con


gli stessi sempiterni discorsi. Discorsi o, piuttosto, menzogne che
non presentano rughe dopo più di vent'anni. L'Ufficio del Turismo
compie uno sforzo sovrumano per diffondere l'immagine di un
Marocco immutabile nella sua bellezza, generosità e cultura.

179
Cfr. A. PÉREZ GONZÁLEZ, La cuestión del Sahara y la estabilidad de Marruecos, Análisis del Real Istituto (ARI) nº
98, Real Instituto Elcano, novembre 2002.
180
Cfr. F. ABDELMOUMNI, L'impunité au Maroc in “Confluences Méditerranée” n 51, autunno 2004.

112
Questo slogan pubblicitario sarebbe più giusto, più onesto, se si
potesse aggiungere: “immutabile nel modo di essere governato”.
Perché, quali sono le scelte “democratiche” o “moderniste” delle
quali ci riempiono le orecchie qui e altrove? 181 ”

Certo, si può addurre che sono passati ormai cinque anni dalla condanna di Lmrabet, ma i
processi democratici richiedono tempi anche lunghi, di ammodernamento delle istituzioni
come di assimilazione delle regole e dei principi democratici, da parte dei politici come
della popolazione. Tutto ciò non significa dequalificare gli sforzi compiuti finora dalla
monarchia, ma dovrebbe anzi dare un valore ai miglioramenti apportati, pur ricordando
che il Marocco non è ancora un paese stabilmente democratico.
La reale capacità del Marocco di aprirsi alla democrazia non può essere interpretata,
inoltre, solo a partire dalle scelte adottate dal sovrano, perché queste, calate dall'alto,
continueranno ad essere espressione della sua gratificazione prima che di un reale
consenso.
La situazione socioeconomica rappresenta uno dei principali rischi di regressione per
Mohammed VI, e, allo stesso modo, bisognerà attendere le decisioni che il sovrano
assumerà nelle sfide future, per stabilire se questi sarà in grado di raccogliere le istanze di
una società in crescente fermento.

Per interpretare meglio i meccanismi attraverso i quali sono state condotte le riforme nel
regno di Mohamed VI può rivelarsi utile analizzare anche l'esperienza della Commissione
IER (Istance Equité et Réconciliation), di cui si è parlato nel precedente capitolo 182 .
Nel dahir del 10 aprile 2004 venne definito il mandato della Commissione, nata non
come istanza giudiziaria atta a designare le responsabilità individuali delle violazioni
gravi dei diritti dell'uomo commesse fra il 1956 e il 1999, ma intesa piuttosto come un
organismo il cui obiettivo fosse “riconciliare i marocchini con se stessi e con la loro
storia” attraverso l'inchiesta, la raccolta di informazioni e la consultazione degli archivi
ufficiali.
La responsabilità della IER in materia di “riparazioni” non è limitata ai soli indennizzi
finanziari; la Commissione è infatti abilitata anche a formulare delle raccomandazioni e
proposte per assicurare la riabilitazione psicologica e sociale delle vittime. Nella sua
attività ha accolto più di 16 mila esposti fra coloro che hanno subito detenzioni arbitrarie,
hanno avuto un familiare scomparso “misteriosamente” o sono state vittime di tortura e
dell'uso sproporzionato della forza pubblica.

Questa istituzione, unica nel suo genere fra i paesi governati nel passato da poteri
autoritari, ha significato un passo in avanti molto importante per l'evoluzione democratica
del paese. La sua istituzione era stata fortemente voluta da associazioni e ONG, che

181
Cfr. A. LMRABET, “Incorregible Maroc!” in “Le Monde”, 10 ottobre 2003.
182
Cfr. Cap. 2, p. 91 del presente lavoro.

113
quotidianamente hanno raccolto materiale e informazioni per denunciare le ingiustizie
subite dalla popolazione.
Il re aveva individuato nella IER l'occasione giusta per “consolidare la transizione
democratica, il rafforzamento dell'edificazione dello stato di diritto e il radicamento dei
valori e della cultura della cittadinanza e dei diritti dell'uomo 183 ”; tuttavia, anche se la sua
formazione era stata sollecitata “dal basso”, la sua messa in opera rispecchia pienamente
la modalità propria del sistema monarchico.
Essa, infatti, è comunque concepita come una “gratificazione reale”. La sua autonomia è
limitata perché otto dei suoi diciassette membri provengono directamente dal CCDH, una
struttura interamente nominata e finanziata dal re.
Inoltre, la ricerca della verità non poteva e non può, imperativamente, mettere in pericolo
l'ordine pubblico e la stabilità del paese, per cui non vengono messe in causa le
responsabilità individuali o istituzionali dei partiti che hanno sollecitato o coperto le
violenze perpetuate in Marocco; ciò implica che molti dei responsabili continauno e
continueranno a rimanere al proprio posto di lavoro, se non di comando, all'interno dello
Stato.
La riconciliazione così concepita è frutto di un compromesso, in cui le vittime sono
riconosciute comunque colpevoli di aver tentato di rovesciare il regime, mentre i carnefici
e i responsabili politici rimarranno impuniti poichè la condanna di funzionari dello stato è
suscettibile di danneggiare la stabilità dell’ordine costituito 184 .

La salita al trono di Mohamed VI fu contestuale, nel Sahara Occidentale occupato, al


protagonismo di una nuova generazione di saharawi, nata dopo il cessate il fuoco, che si
sono posti su un terreno di contestazione del potere monarchico, incapace o indisposto ad
offrire loro un futuro dignitoso. Il governo ha infatti investito numerose risorse e avviato
finanziamenti diretti espressamente alle “province del sud”, ma questi si sono rivelati
insufficienti per migliorare le condizioni dei cittadini del territorio.
Gli avvenimenti che segnarono la città di El Aaiún nei “Territori Occupati”, a partire dal
settembre e ottobre 1999, costituirono un punto di svolta per la popolazione saharawi
nella ricerca di nuove pratiche di resistenza che andavano oltre la soluzione militarista.
Poche decine di studenti saharawi organizzarono inizialmente, infatti, un sit-in
dimostrativo per richiedere borse di studio e sussidi ai trasporti nelle università
marocchine. A loro si unirono dapprima i prigionieri politici, che chiedevano risarcimenti
e verità sulle responsabilità dei desaparecidos, seguiti poi dai lavoratori saharawi delle
miniere di fosfati di Bou Craa, e da alcuni disoccupati.

Per diversi giorni i manifestanti allestirono alcune tende nella piazza Dcheira, di fronte
all'hotel Najir, che ospitava il centro direzionale della MINURSO; evitando

183
Testo integrale del discorso pronunciato dal re in occasione dell’inaugurazione dell'Instance Équité et Réconciliation ,
Agadir, 07/01/04 in http://www.map.ma/mapfr/discours/discequitereconciliation.
184
Cfr. M. ROLLINDE, L'alternance démocratique au Maroc: une porte entrouverte, in “Confluences Méditerranée” n.
51, autunno 2004.

114
deliberatamente, al principio, ogni riferimento esplicito all'occupazione, concentravano le
loro rivendicazioni esclusivamente nell’ambito sociale ed economico. La reazione delle
autorità scattò fra il 22 e 23 settembre, al dodicesimo giorno di presidio: le forze di
sicurezza sfondarono le tende e aggredirono i manifestanti con manganellate e gas
lacrimogeni, arrestando arbitrariamente una decina di studenti, non prima di aver fatto
evacuare l'hotel occupato dei delegati ONU, che avrebbero stilato un rapporto sullo
svolgimento degli eventi. Le violenze continuarono anche nei giorni successivi, con
diversi gruppi di marocchini che, implícitamente autorizzati dall'esercito, entrarono nelle
case dei militanti saharawi per saccheggiarle.
La popolazione cinque giorni dopo organizzò una grande manifestazione, cui
parteciparono anche i coloni marocchini provenienti dai sobborghi della città, a
dimostrazione che la causa impostata sui diritti politici, piuttosto che sull'identità etnica,
avrebbe avuto maggiore successo nelle adesioni.

A seguito delle critiche espresse a livello internazionale sulla violenza con cui le forze di
sicurezza marocchine avevano reagito alla dimostrazione, provenienti anche dal
Dipartimento di Stato americano 185 , il re decretò lo stato d'emergenza, e il 6 ottobre inviò
nell’area una delegazione di sei ministri con l'obiettivo di ascoltare le rivendicazioni degli
abitanti “e trovare soluzioni durevoli al malessere recentemente espresso che ha portato
alla violenza” 186 .
Il piano d'emergenza proposto dalla delegazione comprendeva l'aumento delle borse di
studio per gli studenti, sostegno morale e finanziario ai portatori di handicap, un
programma specifico per l'inserimento dei diplomati disoccupati nel mercato del lavoro e
la costruzione di abitazioni popolari.
Il re, di sua iniziativa, rimosse anche il governatore locale e il capo della polizia,
annunciando l’elezione di un Consiglio Reale degli Affari Sahariani. Ma la notte del 30
ottobre El Aiúun fu di nuovo teatro di durissimi scontri fra saharawi e forze dell'ordine
marocchine, quando diverse centinaia di persone manifestarono pacificamente contro la
repressione.

Come in Marocco gli anni '90 corrisposero al manifestarsi delle realtà associative, anche
nel Sahara Occidentale la rottura strategica rappresentata dall'”Intifada saharawi”
espresse la nuova, potente forza esercitata dalla società civile.
I saharawi, infatti, nella loro opposizione rinunciarono alla lotta armata e questo, oltre che
accrescere, seppur limitatamente, la legittimità internazionale della loro causa, aumentò
enormemente l'efficacia delle loro azioni.
L'applicazione sistematica di pratiche di disobbedienza civile, come proteste, boicottaggi,
scioperi, e la creazione di strutture civili parallele aumentò la consapevolezza della forza
della popolazione, mentre tolse gradualmente il potere di controllo esercitato dalle forze

185
Cfr. a tal proposito la pagina web http://www.state.gov/www/global/human_rights/199_hrp_report/wsahara.html
186
Cfr. A. CHANKOU, Le gouvernement se redéploie à Layounne, in “Maroc hebdo international”, n. 388, ottobre 1999.

115
occupanti. A differenza di quanto si sarebbe potuto ottenere con una lotta clandestina
armata, le pratiche di resistenza civile sono state adottate da un numero sempre maggiore
di oppositori del governo marocchino, che hanno deciso così di sottrarsi ai meccanismi di
controllo impostati in maniera illegittima dal Marocco.
Nei conflitti asimmetrici come questo tra il Fronte Polisario, dalle scarse risorse, e il
potente esercito marocchino, l'importanza di queste lotte consiste anche nel fatto che le
forze controinsurrezionali non possono anticipare quali saranno gli obiettivi né
immaginare le contromosse da adottare 187 .

I moti esplosi a partire dal 1999 evidenziarono, tra l’altro, una realtà sociologica
estremamente complessa nelle province del Sud marocchino. Molti giovani, partendo da
una condizione materiale di malessere sociale potenzialmente esplosiva, il cui unico freno
era dato dalle forze dell'ordine e rinvenibile nella gestione securitaria del territorio,
spostarono progressivamente l'obiettivo delle loro rivendicazioni sull'aspetto identitario,
con un richiamo netto all'indipendenza e all'autodeterminazione, tanto che anche il
Polisario “al di là del muro” cominciò a guardare con interesse il movimento spontaneo,
fino ad appoggiarlo apertamente nelle dimostrazioni del 2005.
L'aspetto economico è stato individuato dal movimento come la giustificazione in sé
dell'occupazione: le maggiori compagnie di pesca appartengono infatti ai cosiddetti
“signori del Sahara”, generali dell'esercito e leader politici e delle maggiori tribù locali
che avevano riconosciuto la be’ya (sottomissione e fedeltà) al sovrano.
Nella sua gestione delle élite, il Ministero dell'Interno aveva elargito infatti le ricchezze in
funzione del grado di fedeltà dei capi tradizionali, facendo emergere una nuova classe
dirigente saharawi che è riuscita a costruire la sua forza e ricchezza attraverso la
concessione e lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio in collusione con il
potere politico-militare del Majzen.

Per il momento lo Stato marocchino deve affrontare alcuni nodi, che mettono in pericolo
anche la legittimità del potere monarchico: la ormai più che trentennale occupazione del
Sahara Occidentale, e di conseguenza le difficili relazioni con l'Algeria, sono solo uno dei
punti chiave che il sovrano dovrà affrontare, nonostante i suoi ripetuti tentativi di fondare
la questione del Sahara in una semplice diatriba bilaterale tra il Marocco e la vicina
Algeria. Mohamed VI rese chiare fin da subito, del resto, le proprie posizioni, e la
determinazione a preservare a tutti i costi “l'integrità territoriale del paese”.
La questione dei presidi di Ceuta e Melilla costituisce un altro nodo delle relazioni tra il
Marocco e l’Europa, o più specificatamente con la Spagna, che continua ad usare come
basi militari e che difende strenuamente, anche perché la loro popolazione è quasi
totalmente di origine spagnola. Il problema del narco-traffico, la tensione crescente con
gli integralisti islamici, l'emigrazione clandestina verso l’Europa sono tutti temi centrali

187
Cfr., tra gli altri, J. STEPHAN - J. MUNDY, A Battlefield Transformed: from Guerrilla Resistence, to Mass Nonviolent
Struggle in the Western Sahara, “International Studies Association”, annual conference, San Diego, 2006.

116
nell’agenda delle relazioni internazionali. La questione berbera, infine, al pari della
questione del Sahara Occidentale, se continuasse irrisolta potrebbe minare la stabilità del
Marocco: il Paese è infatti lo stato con la più alta concentrazione di popolazione berbera
nel suo territorio, il cui controllo è di difficile attuazione sia per la differenza etnica e
culturale di tali popolazioni, sia per l'ambiente geografico, che fraziona il Marocco in
regioni isolate tra loro e poco accessibili.

Come scrisse Toby Shelley,

“It is certainly possible to construe the hard line taken by


Mohammed VI as a sign that he is too insecure to risk a settlement,
that while little prestige is gained 30 years on by simply hanging
on to the Western Sahara, he fears the loss of prestige at home a
settlement process might deliver”.
“Of course, in the meantime, Moroccan prestige gains little in the
international arena by its refusal of settlement process options and
the constant drip of human and civil rights abuse documentation
coming out of the territory 188 ”.

Nell’essenza, il sistema politico marocchino è rimasto autoritario. Le recenti riforme


promosse da Mohamed VI, l’avvicinamento economico e le strategie contro il terrorismo
internazionale e l’immigrazione clandestina hanno avvicinato oggi il sistema marocchino
all’Europa, in un processo di sempre maggiore collaborazione, ma occorre sottolineare
che la democratizzazione del Marocco è lungi dall’essere piena e compiuta, nonostante le
dichiarazioni di alcuni politici europei spesso facciano credere che, forse, a fronte di
guadagni economici e della sicurezza contro un comune nemico, a volte la democrazia
piena possa aspettare.
La conseguenza inmediata di questa realtà è comunque lo scarso successo
propagandistico del regno, che di fatto è riuscito a far accettare la sua posizione rispetto al
conflitto del Sahara, specialemnte tra i membri del Senato americano, ma senza
trionfalismi.
Né tra gli stati sviluppati nè tra quelli in via di sviluppo hanno avuto eco le tesi di legami
storici, che vanno, tra l’altro, contro i pareri dei massimi organismi internazionali.

Mohammed VI sostiene con forza l’assoluta indissolubilità del Sahara Occidentale al


Marocco: già nel suo primo “Discorso alla Corona”, dopo aver descritto come un valore
“esistenziale” del popolo marocchino “l’attaccamento, permanente e indefettibile alla
marocchinità del Sahara”, Mohammed aveva celebrato il “secolare patriottismo” del suo
popolo e il suo attaccamento “all’integrità territoriale”.
Alludendo a recenti scontri, il re aveva lodato infine ”la vigilanza, la fermezza, il sangue
freddo e l’attaccamento alla supremazia della legge che i poteri pubblici, civili e militari,

188
Cfr. T. SHELLEY, Burden or Benefit? Morocco in the Western Sahara, Oxford University Press, 2004.

117
le forze di sicurezza, la gendarmeria regia hanno dimostrato di fronte a chi ha di mira i
simboli della sovranità e colpisce il sentimento nazionale 189 .”

Le tesi sulla “marocchinità” del Sahara

La monarchia marocchina e il movimento nazionalista si sono basati e si basano oggi su


argomentazioni specifiche per affermare i propri diritti sul Sahara Occidentale.
I primi argomenti, di carattere storico, ritrovavano il loro fondamento sul fatto che i primi
fondatori e le prime dinastie in Marocco provenivano in molti casi, secondo la
storiografia marocchina, da tribù stanziatesi nel Sahara Occidentale, come era il caso
degli Almoravidi e della dinastia alawita tutt’ora al potere.
Le tribù del Sahara giurarono dunque fedeltà ad alcuni sultani della dinastia alawita,
pertanto esisterebbero legami giuridici, riconosciuti dalle Corti Islamiche, tra il Sahara
Occidentale e il Marocco, o più specificatamente dei legami di sovranità, poiché la
dichiarazione di fedeltà equivale a dichiarazione di sovranità nel diritto islamico.
Per quanto riguarda invece il riconoscimento a livello internazionale, l'analisi di alcune
convenzioni diplomatiche avrebbe confermato che le potenze straniere, in particolare
europee, fecero in molte occasioni ricorso al sultano del Marocco per proteggere le
attività economiche dei loro cittadini nel territorio, o più propriamente nelle acque
territoriali del Sahara Occidentale.
Si tratta, ad esempio, di trattati conclusi con la Spagna nel 1861, con gli Stati Uniti
d'America nel 1786 e 1836, e con la Gran Bretagna nel 1856.
Altri accordi riconoscerebbero poi esplicitamente la sovranità del Marocco sul Sahara, in
particolare il trattato anglo-marocchino del 1895, di cui l'articolo 1 recitava che: "nessuna
potenza potrà avanzare delle pretese sui territori che si estendono dal Draa a Capo
Bojador, perché questi territori appartengono al Marocco".

Edouard Moha, fondatore del MOREHOB, si scagliò inoltre in ottica anticomunista


contro quella che era stata, secondo la sua opinione, una manipolazione da parte
dell’Algeria.
Tale tesi abbraccia l’idea che, agli inizi degli anni’70, il regime algerino di Houari
Boumedienne intrattenesse legami molto stretti con l'Unione Sovietica e l'insieme dei
paesi comunisti, tanto che nel 1971 i due paesi definirono espressamente una strategia
comune relativa all'Africa e al Maghreb, mirante in particolare a destabilizzare il
Marocco. Nel 1973, poi, Algeri avrebbe stipulato con Madrid un accordo segreto sul
Sahara Occidentale, che prevedeva di organizzare un referendum per l'autonomia del
territorio e la creazione di un'entità politica distinta dal Marocco.

189
Cfr. M. MONDELLI, Rivolta nel deserto. La questione del Sahara Occidentale, in ISPI Policy Brief, n. 26, ottobre
2005, pp. 5-6.

118
Di fatto, per i dirigenti spagnoli e algerini, si trattava soprattutto di evitare la
riunificazione al Marocco e di accordarsi per esercitare una sorta di doppio protettorato.

Tale accordo venne denunciato dal MOREHOB, che era in quel momento l'unica
organizzazione saharawi favorevole all’abbandono del territorio da parte degli occupanti
spagnoli e alla sua riunificazione al Marocco; fu in questo contesto che il regime algerino
sostenne l'apparire di un nuovo movimento, ad essa totalmente sottomesso, ovvero il
Fronte Polisario: la “creazione” del Polisario rientrava dunque proprio in tale progetto ai
danni dello status quo marocchino.
Il Polisario, a riprova della veridicità di tale tesi, usufruì immediatamente di un sostegno
massiccio da parte dell'Algeria, sul piano finanziario come diplomatico e anche materiale.
Concepito come una “macchina da guerra” contro il Marocco, questo gruppo trovava
anche sostegno presso tutti coloro che militavano, nel mondo, per la diffusione
dell'ideologia rivoluzionaria e marxista.
Pertanto, alcuni media occidentali gli daranno ampia pubblicità e gli permetteranno di
fare il suo ingresso sulla scena internazionale, quando invece il Polisario mai avrebbe
rappresentò gli abitanti originari del Sahara Occidentale. Per lo stesso motivo gli Stati
Uniti e la Francia si schierarono al lato dell’amico marocchino, avendo individuato la
pericolosità del movimento anche nella sua ambizione di rovesciare il regno marocchino
ed espandere l’influenza sovietica nel continente africano.

È tuttavia impensabile che la Spagna, all’epoca franchista, partecipasse anche solo in


minima parte ad un progetto filosovietico marxista, o che appoggiasse l’Algeria per
interessi in parte diversi ma parallelamente all’impero sovietico, quando molti marocchini
erano stati invece reclutati proprio nell’esercito che aveva poi portato il Caudillo alla
presa del potere in Spagna. Il governo spagnolo si era invece fortemente opposto, fin dai
primi anni Settanta, ai movimenti indipendentisti nati sul territorio (basti pensare alla
repressione che terminò con l’arresto e “l’eliminazione” di Basiri); come d’altronde poi
gli eventi storici mostrarono, la Spagna aveva ogni interesse a disimpegnarsi dell’oneroso
Sahara Occidentale, che costava al Paese in termini economici oltrechè di reputazione in
sede ONU, e a mantenere relazioni stabili e amichevolicon la Francia, gli Stati Uniti e
pure con il Marocco, essendovi altre questioni territoriali importanti in gioco.

Il Marocco nel 1975 portò inoltre la questione del Sahara Occidentale davanti alla Corte
Internazionale di Giustizia. L’ammissione da parte del Tribunale che esistessero legami di
fedeltà tra alcune delle tribù locali e il sultano del Marocco fu ritenuta soddisfacente per il
governo marocchino, poichè questo riconosceva la sovranità tradizionalmente esercitata
sul territorio dalla Monarchia marocchina, sotto forma cioè di giuramento di fedeltà; la
legittimità giuridica di annettere il territorio del Sahara Occidentale rientrerebbe quindi
per la monarchia alawita anche tra le conclusioni della Corte, che rispondendo
negativamente alla domanda se il territorio del Sahara Occidentale fosse terra nullius

119
prima della colonizzazione spagnola, avrebbe riconosciuto l'esistenza di una sovranità
ereditata nel momento dell'abbandono del territorio da parte della Spagna.
Da allora il Marocco sarebbe stato dunque espressamente legittimato, anche a livello
internazionale, a recuperare le proprie “province del sud”. Il 16 ottobre 1975, il Re
Hassan II prese dunque atto del parere della Corte e annunciò l'organizzazione di una
legittima Marcia Verde destinata a recuperare la provincia sahariana.

Tuttavia, come si è visto approfonditamente nel corso del primo capitolo, la Corte non
negò l’esistenza di vincoli giuridici tra il sovrano del Marocco e alcune tribù del Sahara
Occidentale, come d’altronde affermò anche l’esistenza di alcuni vincoli legati al terreno
tra l’autorità esercitata nell’area mauritana e le stesse tribù del Sahara Occidentale; tali
legami tuttavia, come espressamente e ripetutamente segnalato dalla Corte, in nessun
modo avrebbero potuto giustificare e significare che il Marocco esercitasse la propria
sovranità territoriale in quei luoghi.
Non si può inoltre negare il consistente aiuto, materiale e di principio, fornito dall’Algeria
al Fronte Polisario e alla RASD, mai negato nel corso del lungo conflitto, ma questi non
furono certo una sua creazione artificiale, né furono mai guidati dai movimenti sovversivi
algerini: a tale conclusione si giunge anche consultando il Manifesto del Fronte Polisario
e le dichiarazioni dei primi Congressi, che non negavano l’appoggio ai movimenti
rivoluzionari africani per liberare il continente dagli interessi imperialistici
dell’Occidente, ma consideravano tale “collaborazione” assolutamente temporanea,
rigettando anzi qualsiasi intromissione straniera nell’azione del Movimento.
Le dichiarazioni fatte da Moha riguardo la scelta, libera, della popolazione saharawi di
riunificarsi al Marocco tramite la sua Assemblea, infine, costituiscono chiaramente un
revisionismo storico: si ricordi solo che la Yema’a, organo assembleare creato dalla
Spagna, si autodissolse subito dopo che vennero resi noti gli Accordi di Madrid, per
evitare di essere manipolata dall’occupante marocchino, tramite la Dichiarazione solenne
di Güelta.

120
4. La conquista del Sahara Occidentale, tra causa nazionale e interessi
economici

Con la salita al trono di Hassan II la monarchia marocchina cominciò dunque ad insistere


sul recupero dei territori in una forma più pragmatica di Mohamed V, ma fu soprattutto il
progressivo delinearsi dell'assolutismo del re a permettere che, fin dal principio, la
questione del “Grande Marocco” diventasse di competenza esclusiva della monarchia.
Fra i partiti politici l'entusiasmo maggiore per le rivendicazioni sulla Mauritania e sul
deserto algerino era venuto dall'Istiqlal; il Partito Comunista Marocchino, messo fuori
legge nel 1960 ma ancora in attività semi-clendestina, abbracciò il progetto ma solo nella
speranza di dimostrare le proprie discusse credenziali patriottiche e di essere riammesso
così nell’arena politica; l'unica voce discordante fu inizialmente quella del leader
dell'Unione Nazionale delle Forze Popolari, Ben Barka 190 , ma tale posizione non ebbe
molto spazio, e dovette scontrarsi con la repressione del 16 giugno 1963 che la monarchia
scatenò nei confronti del partito, paralizzandone l'agibilità politica.

Lo spirito con cui il Majzen fece propria l'ipotesi di un “Grande Marocco” fu


caratterizzato sin dall'inizio da presupposti sostanzialmente concilianti con le politiche
neocoloniali europee, e il re seppe far convergere abilmente su questa rivendicazione i
partiti d'opposizione che, sotto i colpi della repressione, si strinsero allora attorno alla
monarchia.
Il mese di ottobre del 1975 fu cruciale per gli sviluppi della questione del Sahara
Occidentale e, al tempo stesso, per la tenuta del regno, perché in quel mese vennero
pubblicati il rapporto della missione ONU e il verdetto della Corte Internazionale di
Giustizia.
Nonostante il parere della Corte confermasse la prevalenza del diritto di
autodeterminazione del popolo saharawi sulla possibilità di incorporazione all’interno del
regno alawita 191 , il 16 ottobre 1975 il re pronunciò in un discorso a Marrakech la volontà
di effettuare una “Marcia Verde” per recuperare i “territori usurpati”, con la quale
350.000 marocchini erano pronti a “ricongiungere il Marocco mediterraneo con quello
sahariano”.
Gli Accordi di Madrid fermarono l’avanzata militare del Marocco, ma come si è visto
l'invasione del territorio da parte delle truppe marocchine e mauritane fece esplodere la
resistenza nazionalista della popolazione saharawi di cui il Fronte Polisario, fondato da
El-Ouali Mustapha Sayed, era la massima espressione.

190
Sin dalla sua fondazione il partito aveva preso le distanze dal progetto, considerandolo una “operazione di
diversificazione e camuffamento” rispetto ai reali problemi del Paese. Tale posizione si radicalizzò durante la guerra con
l'Algeria: il leader dichiarò che il conflitto rappresentava “un vero tradimento, non solo della rivoluzione algerina ancora in
corso, ma più in generale per l'intera rivoluzione araba, per la libertà, il socialismo e l'unione nell'intero mondo dei
movimenti di liberazione nazionali”.
191
Cfr. il cap.1 del presente lavoro.

121
Dietro le rivendicazioni del Marocco e della Mauritania in nome dei “diritti storici” dei
due paesi all’annessione territoriale del Sahara Occidentale, si celavano ragioni di politica
interna e soprattutto motivazioni di carattere economico.
In particolare, il controllo del giacimento di fosfati di Bou Craa da parte del Marocco
avrebbe permesso al paese di esserne il terzo produttore mondiale, dopo gli Stati Uniti e
l’Unione Sovietica, e il primo esportatore mondiale. I fosfati già negli anni Settanta
costituivano infatti un’importantissima risorsa, prevalentemente per la produzione di
concimi: l’80-85% della produzione mondiale era impiegata (e lo è ancora oggi) a questo
fine.
Oltre i fosfati, la corrente calda che percorre i 1200 km di costa del Sahara Occidentale
creava le condizioni marine adatte per lo sviluppo di una fra le più ricche zone ittiche del
mondo, e proprio nella pesca si concentrerà lo sfruttamento marocchino; altre risorse già
individuate negli anni settanta comprendevano giacimenti di titanio, ferro, oro, magnesio,
sale oltre alla finissima sabbia, che verra sfruttata esportata fino ad oggi anche da
compagnie canarie.
La Mauritania con la realizzazione delle sue rivendicazioni avrebbe ottenuto invece, oltre
che un ampliamento dei suoi confini territoriali, anche un riconoscimento sul piano della
politica interna e regionale.

A partire dal 1976, mentre le FAR prendevano progressivamente il controllo delle


principali città, il Marocco offriva faticosamente un'impressione di normalità nella
gestione dell'assimilazione delle nuove province, ma il territorio era in guerra e le città
erano praticamente in stato d'assedio.
Per pacificare la situazione le autorità marocchine impiegarono il duplice registro
dell'integrazione forzata e della repressione, perché solo attraverso una prassi politica di
paura e terrore si credeva possibile rompere i legami di solidarietà e sostegno che
collegavano tra loro le tribù, e le città alle azioni di guerriglia condotte dall'Armata di
Liberazione Popolare Saharawi.
Nonostante ciò, la situazione militare volgeva completamente in favore della guerriglia
saharawi e solo dopo l'intervento indiretto degli Stati Uniti il Marocco riuscì ad emergere
da questa difficile situazione, soprattutto grazie alla costruzione di “muri di difesa” che
divideva il Sahara Occidentale secondo un asse nord-sud per un totale di 2.800 km, come
già descritto, e che permise alle FAR di controllare il 65% del territorio.

La guerra, avviata per la necessità di affermazione interna del sovrano e per sviare
l’attenzione dai problemi sociali, costò al Marocco circa un milione di dollari al giorno e
le sue conseguenze socio-economiche furono catastrofiche, specialmente per la
popolazione più povera.
Le tensioni sociali, economiche e politiche emersero e si aggravarono in un momento
assai delicato per Hassan II. Il re era consapevole che dall'esito del conflitto dipendeva
l'intera credibilità del suo regno e pensò che l'unica soluzione accettabile e possibile fosse

122
quella di continuare a combattere, nonostante i costi sempre più alti che una lunga guerra
di logoramento comportava.
Il Marocco, ormai al limite della bancarotta, piuttosto che ritirarsi dall'impresa e
concentrarsi sulle riforme strutturali necessarie si affidò completamente nelle mani del
Fondo Monetario Internazionale, che all'inizio degli anni '80 dettò le linee guida di un
rigido programma di aggiustamento strutturale, con ripercussioni catastrofiche per la
popolazione più povera, aumentando il già grande divario sociale.

La questione del Sahara Occidentale appare così intimamente legata alla scelta liberale
adottata dalla monarchia, non solo per i benefici economici legati al potenziale
sfruttamento delle grandi ricchezze naturali presenti nella regione, ma perché trovò, nella
contrapposizione ideologica della divisione bipolare del mondo, la legittimità
internazionale per portare avanti un'autentica politica di colonizzazione verso le province
del Sud e contemporaneamente reprimere con forza il dissenso interno, spostando le
attenzioni dei suoi sudditi e concentrandole nell’obiettivo comune e solidarizzante
dell’integrità territoriale.
La monarchia seppe anche giocare abilmente la carta delle alleanze internazionali
affinchè il Marocco, unico paese vicino agli Stati Uniti fra tutti i paesi del Maghreb, non
cadesse nell'orbita dei regimi rivoluzionari socialisti. Preservare la tenuta della monarchia
assumeva un carattere imperativo per gli Stati Uniti, al fine di mantenere la sua posizione
nel Nord Africa, nonostante questo implicasse la copertura delle sistematiche violazioni
dei diritti dell'uomo e della soppressione delle libertà nel paese.

Il Marocco riuscì così a paralizzare il processo di pace per oltre vent'anni, rifiutandosi
sempre di accettare il referendum per l'autodeterminazione come mezzo valido per
risolvere il conflitto, e contemporaneamente portò avanti una lenta e progressiva politica
di integrazione territoriale delle Province del Sud attraverso misure economiche, militari
e giuridiche. Queste ultime assunsero enorme importanza soprattutto a partire dagli anni
'90, quando Hassan II introdusse una serie di riforme costituzionali per preparare il paese
alla successione e “alla transizione”.
Solo nel 1988, come ricordato, il conflitto entrò in una nuova fase caratterizzata dalla
sospensione delle azioni militari e dalla ricerca di una soluzione diplomatica e
internazionalmente riconosciuta che, nell’ottica del sovrano, avrebbe dovuto permettere a
Rabat di cristallizzare lo status di occupazione.
Le parti firmarono il 30 agosto 1991 un progetto di Piano di Pace, che includeva il cessate
il fuoco al 6 settembre, ma ad eccezione di questo i negoziati rimasero sin da subito
paralizzati perché, nonostante gli sforzi propagandistici in tutto il regno e l’ostentata
sicurezza riguardo ai suoi diritti sul Sahara Occidentale, il re era consapevole che
difficilmente avrebbe potuto ottenere un risultato positivo da una consultazione elettorale
che contemplasse, tra le opzioni possibili, quella dell'autodeterminazione.

123
Così, la politica che ne seguì fu quella di insistere sul possesso de facto del territorio,
attraverso l'adozione di misure economiche e politiche, oltre che poliziesche. Fra il 1978
e il 1992 il governo marocchino aveva investito nel territorio del Sahara Occidentale più
di un miliardo e mezzo di dollari in infrastrutture civili.
Dal punto di vista dell'integrazione politica, nel 1997 venne approvata la nuova legge per
l'organizzazione regionale, con il preciso scopo di far rientrare a tutti gli effetti le nuove
province sahariane all'interno del sistema amministrativo centrale. La nuova architettura
amministrativa fu fondamentale per comprendere l'Accordo-Quadro proposto dall'ex
Segretario di Stato americano Baker nel 2001, in realtà un progetto marocchino da tempo
presente negli archivi segreti del regno.

Per quanto riguarda il petrolio, una dinamica attività di ricerca era cominciata già a partire
dalla fine degli anni '90, quando l'avanzamento tecnologico delle tecniche esplorative e,
conseguentente, di quelle estrattive off-shore, rese il rapporto costi/benefici vantaggioso.
Anche se il Marocco nel 1981 aveva dato la concessione per dieci esplorazioni al largo
della costa del Sahara Occidentale, fino a Dakhla, lo svolgersi del conflitto aveva fatto
desistere le maggiori multinazionali mondiali ad investire nell'esplorazione, così tutto
rimase congelato fino alla stipulazione del cessate il fuoco.
Il valore potenziale dei giacimenti cominciò a concretizzarsi quando la U.S. Geological
Survey stimò, nel 2000, che le risorse di gas e petrolio presenti nelle acque del Sahara
Occidentale erano sostanziali e probabilmente altamente lucrative.
Nel 2001 il Marocco cominciò a concedere nuove licenze di ricerca off-shore sull'insieme
del territorio sahariano, così l'O.N.A.R.E.P. (Office National de Recherches et
d'Exploitation Pétrolières) siglò un contratto di licenza prima con la società americana
Kerr-McGee 192 su una zona di 110.400 Km2 e, successivamente, con la Total-Fina-Elf su
altri 115.000 Km2.
Dal punto di vista della legalità internazionale il Marocco non ha alcun diritto di stipulare
contratti e accordi con altri paesi su un territorio qualificato dall'ONU come “non
autonomo”, ma le estrazioni di ricchezze naturali a beneficio delle grandi compagnie
americane ed europee coinvolte conferiscono una sorta di avvallo politico 193 alla
situazione d'occupazione che concerne il Sahara Occidentale, e rinforza la potenza
occupante nel suo rifiuto di arrivare a qualsiasi soluzione negoziata e rispettosa del
diritto.

Per comprendere l’importanza del Sahara per il Marocco di oggi occorre partire dalla
stessa natura del regime politico instauratosi a seguito dell’indipendenza, un sistema
basato, come scrisse Ángel Pérez González 194 qualche anno fa, su due “pietre angolari”,

192
Il figlio di James Baker III, ex Inviato Speciale del Segretario ONU per il Sahara Occidentale, siede al Consiglio di
Amministrazione della società.
193
Cfr. P. RICHÉ, Le Maroc ouvre le territoire du Sahara Occidental à l'exploration petrolière, in
http://www.arso.org/ressnat3.html
194
Cfr. A. PÉREZ GONZÁLEZ, La cuestión del Sahara y la estabilidad de Marruecos, “Análisis del Real Istituto”, nº 98,
Real Instituto Elcano, novembre 2002.

124
ovvero: una monarchia “(quasi) onnipotente e un’ideologia nazionalista”, basata
sull’espansione territoriale. Quest’ultima costituì fin dall’inizio un ancoraggio sicuro per
il capo delle forze politiche marocchine, insieme al suo carattere religioso.
Pertanto, nel successo di tale espansione nel Sahara si è valutato il successo del sovrano,
prima di Hassan II e ora di suo figlio. Come scrisse anche Toby Shelley,

“In 1975, deploying the military southward must have seemed a


very good idea to Hassan II (…) an act of self-preservation that
would also deliver prestige 195 ”

La conquista del Sahara rappresentò il definitivo consolidamento di Hassan II come re del


Marocco e da allora la sua perdita fu considerata una sorta di “anatema”, una possibilità
da scongiurare con ogni mezzo.
La rilevanza di questa per l’establishment marocchino è stata manipolata anche da
Mohamed VI: nell’ottica del sovrano, infatti, la continuità e stabilità delle relazioni
amichevoli tra l’Europa e il Marocco si basa fondamentalmente su, e dipende
dall’incorporazione del Sahara Occidentale; considerati gli interessi in gioco, in
particolare l’ombra minacciosa del terrorismo islamico, il re è convinto che l’Occidente
possa e debba transigere, schierandosi a fianco del Marocco, in questo conflitto regionale
che vede lo scontro tra il governo algerino e la monarchia marocchina.
Tuttavia il problema del Sahara influenza sì la stabilità del Marocco, ma in senso opposto:
ci si riferisce con tale affermazione alla tesi di Pérez González, per cui

“La guerra, el descontento de la población de la zona, las tensiones


con los demás Estados africanos a cuenta del reconocimiento de la
RASD y el despilfarro de recursos que exige la asimilación y
protección del territorio, agravan la […] crisis política, financiera y
económica general del país, algo que sí contribuye de forma
efectiva a la deslegitimación del régimen. La falta de libertad de
expresión en cuestiones consideradas de estado - el rey, el ejército,
o el Sahara son sólo los ejemplos más llamativos - hacen difícil
evaluar el apoyo social de una guerra(…)196 ”.

Nonostante il Marocco abbia fatto passi in avanti verso la democratizzazione e un


concreto riconoscimento dei diritti universali, per la questione del Sahara come per altre
questioni interne al regime si è consolidata un’immagine di consenso e unanimità che
secondo il professore è falsa.
Dal punto di vista della monarchia, le vie di dialogo con il Fronte Polisario sono chiuse.
Si tratta di un’opzione pericolosa, che minaccia la continuità del sistema perchè nega ogni
negoziazione che non preveda il riconoscimento della “marocchinità” del Sahara
Occidentale.

195
Cfr. T. SHELLEY,op. cit..
196
Cfr. A. PÉREZ GONZÁLEZ, op. cit.

125
La questione del Sahara, il cui referendum è stato ritardato indefinitamente, pesa quindi in
maniera forte nella politica marocchina, in termini non solo di integrità territoriale o dei
costi per le finanze pubbliche, ma anche in termini di democrazia.
Per ora il ruolo dell’esercito si è limitato all’occupazione del territorio, pero non si può
dimenticare che il suo potere costituisce tanto la principale minaccia per la sua stabilità,
come segnalano i tentativi di colpo di stato nel 1971 e 1972, quanto l’ultima possibile
risorsa per garantire la sua permanenza nel Sahara Occidentale.
Inoltre, il silenzio intorno a tale istituzione contribuisce affinché si presenti ancora come
un’incognita nello scenario futuro del Marocco 197 .

Se il referendum costituirà una via di soluzione nel caso in cui i risultati saranno
favorevoli al Marocco, Mohamed VI sa bene che potrebbe anche costituire una fonte di
grave instabilità interna, se dovessero essere negativi. E’ il problema, giá trattato, del
“vincitore e del vinto”; il vero problema, tuttavia, ha le sue radici nella capacità di gestire,
qualunque esso sia, il risultato del referendum, che dará prova essa stessa della
democraticità del sistema marocchino.
Ma prima di questo, come affermano vari studiosi, Mohamed VI dovrebbe utilizzare la
sua forza di persuasione di fronte ai dirigenti saharawi per offrirgli l’incorporazione ad un
progetto di Marocco democratico e decentralizzato, politicamente oltre che
amministrativamente. Perchè questo sia credibile, però, si profila indispensabile un
rinnovamento del sistema istituzionale marocchino.
La credibilità del regime, in conclusione, poggia in gran parte sulla capacità effettiva di
portare avanti una riforma, anzi, un rinnovamento profondo delle istituzioni e
dell’organizzazione statuale marocchina, e passa necessariamente attraverso il Sahara
Occidentale. Scriveva Thierry Desrues nel 2001 che

“la realización del referendum es un mandato de la ONU que


pondrá a prueba la credibilidad democrática de la monarquía alauí
ante una comunidad internacional – y particolarmente ante la
Unión Europea – con la que Marruecos está especialmente
interesado en mantener lazos de integración” 198 .

La concessione della possibilità di organizzare il referendum di autodeterminazione della


popolazione saharawi costituirebbe un segno, forse il piú grande, dell’apertura di
Mohamed VI alle regole della democrazia, e in ogni caso, senza di questo, la comunità
internazionale e soprattutto l’Europa dovrebbe riconsiderare la sua visione del Marocco
come Stato democratico, quasi un fratello mediterraneo.
Mohamed VI non sembra affatto disposto a concedere al popolo saharawi questa
dimostrazione di apertura e democrazia perciò, a costo di apparire “anacronistici”

197
Cfr. Ibidem.
198
Cfr. T. DESRUES, op. cit., p. 182.

126
sottovalutando le questioni di realpolitik, forse potrebbe costituire un segnale importante
ridare rilevanza ai diritti fondamentali sanciti nella Carta delle Nazioni Unite.

5. Il Piano di Autonomia marocchino

Il 20 marzo 2006 Mohamed VI si recò in visita nei Territori Occupati per rendere
pubblico il Piano di Autonomia delle “Province sahariane”, prima che questo venisse
presentato ufficialmente al Consiglio di Sicurezza dell'ONU nell'aprile 2006 199 .
Nel suo discorso, pronunciato ad El Aaiún il 25 marzo, il sovrano indicò le grandi linee
del compito che sarebbe spettato al Consiglio Reale Consultivo per gli Affari del Sahara:
“impostare una riflessione serena e approfondita, e vedere come immaginano il progetto
di autonomia nel quadro della sovranità reale”, già elaborato dal re e dai suoi più stretti
consiglieri. I membri del CORCAS avrebbero potuto muovere delle proposte, ma senza
oltrepassare la “linea rossa” tracciata dal Palazzo e sottolineata pubblicamente:

“il Marocco non cederà un solo pollice, né un granello di sabbia


del suo caro deserto. [il Consiglio è invitato] a difendere, a fianco
dei poteri pubblici e delle istituzioni elette, la marocchinità del
Sahara” 200 .

Il Consiglio era composto da 140 membri, di cui 14 donne, e presieduto da Khalli-Henna


Ould Errachid, un notabile saharawi favorevole alla tesi marocchina. Come osservò un
costituzionalista dalle colonne del giornale marocchino Le Journal Hebdomadaire,

“questi notabili [che fanno parte del CORCAS] sono il prodotto


della politica marocchina nel Sahara. Nominando Ould Errachid
alla testa del Consiglio, il re intende dirigere l'elite saharawi e,
nello stesso tempo, rassicurarla.
Il regime non ha quindi un vero interesse affinchè l'autonomia
risulti essere ampia. È dunque nella sua essenza, poco democratica,
che l'autonomia sia limitata e che prenda, ad esempio, la forma di
una semplice regionalizzazione 201 .”

L'istituzionalizzazione del CORCAS avvenne in un momento importante della lunga


strada del processo di pace.

199
Cfr. M. SAHIMI, Le sprint final in “Maroc hebdo International”, n. 691, marzo 2006.
200
Discorso pronunciato ad El Aaiún il 25 marzo 2006 dal re, in occasione della cerimonia di costituzione del CORCAS; in
http://www.map.ma/mapfr/corcas/textes/ceremonie-corcas.htm
201
Cfr. O. BROUKSY, Que peut faire le Corcas?, in “Le Journal Hebdomadaire”, marzo 2006.

127
Il piano prevedeva l'istituzione di uno statuto di “ampia autonomia della regione del
Sahara nel quadro della sovranità del Regno e della sua unità nazionale”. La regione
autonoma, di cui non si specificava l'effettiva delimitazione territoriale, sarebbe stata
diretta, sempre secondo il progetto, da un governo locale, il cui presidente era eletto dal
parlamento regionale e nominato dal re. Il Parlamento della Regione sarebbe stato
composto da membri nominati dalle tribù locali e da altri, eletti a suffragio universale; la
stessa istituzione avrebbe eletto anche i membri dei Tribunali, i cui verdetti sarebbero
stati espressi in nome del Re.
Le prerogative esercitate in maniera esclusiva dalla regione del Sahara comprendevano
anche alcuni aspetti della vita economica, le infrastrutture, la cultura, le tasse e le
imposte, mentre lo stato centrale avrebbe conservato quelle relative agli attributi reali
della sovranità come la bandiera e l'inno nazionale e le materie religiose, proprie del re. In
più, lo Stato marocchino conservava la gestione della sicurezza nazionale, della difesa,
dell'integrità territoriale, degli affari esteri e del sistema giudiziario.
Sulla carta, il Marocco si impegnava anche a concedere un'amnistia generale e a prendere
tutte le misure necessarie per assicurare la totale integrazione nel tessuto nazionale ai
rifugiati e a garantire la loro dignità e la loro sicurezza.

Il contenuto della proposta fu tenuto sotto strettissimo segreto, tanto che gli stessi membri
del CORCAS lo poterono visionare in maniera completa solo a dicembre e sempre sotto
strettissimo controllo del presidente, che non aveva esitato a definirlo nella sua
conferenza stampa prima ancora che il Consiglio potesse lavorarci, “la risposta definitiva
alle rivendicazioni storiche di tutti i saharawi, che non sarà oggetto di alcuna modifica né
da parte dello Stato, né da parte della popolazione. È un pacchetto definitivo”.
Insistendo sul carattere “definitivo” del progetto, lo stato marocchino voleva, ancora una
volta, ricattare la comunità internazionale e il Polisario con una politica del fatto
compiuto, inasprendo così i toni, già tesi, con cui ci si avvicinava ai negoziati.
Il carattere contraddittorio insito nel CORCAS ha la sua massima espressione nelle
dichiarazioni del suo presidente, “l'obiettivo del Consiglio è quello di produrre qualcosa
di credibile, ma le grandi linee del progetto rimarranno nelle mani del palazzo chiamato
ad effettuare l'ultima rifinitura”, ma soprattutto nell'intervento costante del direttore del
DGED (Direction Générale des Etudes et de la Documentation, il controspionaggio
marocchino) e di quello della DGSN 202 (Direction Général de la Sureté National).

I partiti del Blocco Democratico inviarono al re un memorandum riaffermando la loro


“volontà di favorire una soluzione politica e, nello stesso tempo, l'attaccamento
all'integrità territoriale del regno”.
Nel testo venivano presi in esami diversi esempi di decentralizzazione, adottati negli altri
paesi europei, e la necessità di adattare il “modello spagnolo” alle specificità della
tradizione e della storia, iscrivendo il piano di autonomia regionale all'interno di una

202
Cfr. O. BROUSKY, Une mascarade nommée Corcas, in “Le Journal hebdomadaire”, 14 dicembre 2006.

128
politica di decentralizzazione che coinvolgesse tutte le regioni del regno e, sebbene fosse
prospettata la più estesa autonomia possibile “per venire incontro ai desideri della
popolazione”, i partiti affermavano anche l'esigenza di certi parametri, a livello di
sicurezza interna e di definizione dei confini, che non potevano essere oggetto di alcuna
negoziazione 203 .

Il carattere dogmatico, che investe tutt’ora la questione del Sahara Occidentale nel
dibattito nazionale, si evidenziava proprio nella rinuncia a priori di tutte le forze politiche
a discutere, criticare o quanto meno a mettere in discussione le decisioni prese dal
Palazzo perché questo veniva e viene tutt'ora considerato come atto di tradimento.
Nel tentativo di rafforzare il riconoscimento internazionale delle posizioni marocchine,
gli uffici politici dell'Istiqlal e dell'UNFP organizzarono anche diverse visite presso le
segreterie dei partiti esteri, soprattutto europei e africani, per esporre il piano e la validità
del progetto di autonomia rispetto a qualsiasi ipotesi di referendum.
Per come è stato concepito, infatti, il piano rappresenta un'ipotesi strumentale che
permetterebbe al Marocco di evitare il ricorso al referendum, anche se l'ONU continua a
reputare questo imprescindibile, tanto da ribadirlo anche nella risoluzione 1783 del 2007
in cui il Consiglio di Sicurezza riaffermava “la sua volontà di aiutare le parti a trovare una
soluzione politica giusta, durevole e mutualmente accettabile che permetta la libera
determinazione del popolo del Sahara Occidentale nel quadro dei principi enunciati nella
Carta delle Nazioni Unite” 204 , e nella risoluzione 1813 del 2008, in cui si riferiva
all’autodeterminazione “in the context of arrangements consistent with the principles and
purposes of the Charter of the United Nations”.

L'ostacolo del referendum, secondo la tesi monarchica marocchina, risulta superato dal
momento che il piano ricevette il previo appoggio del CORCAS e dei partiti, e non potrà
quindi non essere che confermativo. Mohamed VI ripropone così alla popolazione la
stessa identica prassi del fatto compiuto, già adottata in tutte le precedenti consultazioni
referendarie con cui Hassan II proponeva al voto i suoi progetti di revisione
costituzionale, che puntualmente ricevevano livelli di consenso pressoché unanimi, ma
erano lontani dall'essere frutto di una consultazione trasparente, libera e democratica.
Dal punto di vista internazionale, il piano di autonomia costituisce innanzitutto il frutto
del fallimento del processo di pace, che durava ormai da più di dieci anni, e rappresenta la
“terza via” che la comunità internazionale aveva incoraggiato, attraverso gli incontri di
Manhasset negli Stati Uniti, a partire dall'estate 2007.
Il piano di autonomia fu presentato come la soluzione ideale, frutto del compromesso tra
l'integrazione regionale pura e semplice voluta dal Marocco e l'indipendenza totale
sostenuta dal Polisario.

203
Cfr. H. ALAOUI, Autonomie du Sahara et souvranité du Maroc: de la doctrine à l'application, in “Le matin”, 03 aprile
2006.
204
Il testo integrale di entrambe le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sono disponibili, in formato pdf, nel sito delle
Nazioni Unite, “UN Documentation Centre”, http://www.un.org/documents.

129
Tuttavia, anche se reputata positivamente nel palcoscenico internazionale sul piano
ideale, per essere quantomeno realizzabile, qualsiasi proposta dovrebbe presupporre la
disponibilità di entrambe le parti a dialogare e a fare reciproche concessioni; da una parte
invece rimane immutata e irrinunciabile la politica del fatto compiuto, di fronte alla
soluzione legalitaria, da sempre sostenuta dal Polisario, di un referendum che contempli
la triplice scelta fra integrazione, autonomia o autodeterminazione con “garanzie sullo
statuto dei residenti marocchini nel Sahara Occidentale, lo sfruttamento in comune ed
equo delle risorse e garanzie di sicurezza verso il Marocco” 205 .

Per quanto riguarda il Piano di Autonomia marocchino, un interessantissimo testo è


apparso nel luglio 2006 a seguito della collaborazione di alcuni scienziati politici
all’interno del progetto GEES 206 . Gli studiosi analizzarono il Progetto di Autonomia dal
punto di vista della sua effettiva fattibilità nel contesto marocchino,

“(…) the question is not whether or not ‘autonomy’ is a legal and


accettable solution to a decolonisation issue. […] The main issue,
if we analyse the proposal in ‘realpolitik’ terms, is: Is autonomy a
consistent, feasible and reasonable proposal to be presented by a
strong centralist multiethnical State and an unstable system such as
the Moroccan?”

La risposta cui giunsero Pablo San Martin, Khalil Ahmed e Malainin Lakhal è che il
progetto di autonomia costituisce una “mossa tattica” che mira a spostare ancora una
volta l’attenzione della comunità internazionale, sempre maggiormente allarmata per la
situazione dei diritti umani nei Territori Occupati, e tesa a dilatare maggiormente i tempi
e distruggere così il Fronte Polisario, perché chiaramente un tale progetto prevederebbe
tutta una serie di riforme politiche e strutturali prima dell’effettiva realizzazione.
A parere degli autori, anzi, il piano marocchino sarebbe addirittura d’impossibile
realizzazione, per molti ostacoli costituzionali, legali, storici, etnici e geografici, e si
tratterebbe di una strada molto pericolosa che contribuirebbe a destabilizzare il regime,
già affetto da un aumento esponenziale del movimento islamista repubblicano, e da
un’economia che non cresce abbastanza da generare impiego per una popolazione
giovane e in aumento.

“Despite the modernising façade of the king”, in ogni caso, l’idea di autonomia non ha
senso in un contesto in cui le istituzioni regionali non siano democratiche e non possano
garantire la normale partecipazione nella vita politica di ogni tipo di partito politico e
organizzazione, anche di quelle che invocano l’indipendenza o istanze a favore della
Repubblica.

205
Cfr. “Sahara Occidental / plan d'autonomie” in “Marchés tropicaux et mediterranéens”, 20/4/2007.
206
Cfr. P. SAN MARTÍN - K. AHMED - M. LAKHLAL, Moroccan Autonomy for the Western Sahara: a Solution to a
Decolonisation Conflict or a Prelude to the Dismantling of a Kingdom?, GEES “Grupo de Estudios Estratégicos”, luglio
2006, Colaboraciones nº1106.

130
Il riferimento al caso spagnolo di autonomia e decentralizzazione, in particolare ai casi
delle Isole Canarie, dei Paesi Baschi, dell’Andalusia e della Catalogna come possibili
modelli della futura autonomia marocchina è ciò che tuttavia colpì maggiormente: risulta
quantomeno evidente che Rabat non sarà disposta, né ora né in futuro, ad offrire
all’ipotetico governo ragionale saharawi lo stesso livello di indipendenza finanziaria delle
regioni spagnole dei Paesi Baschi, o della regione di Navarra, che dispongono di una
propria agenzia di tassazione e di autonomia rispetto alle proprie risorse:

“Is Rabat prepared to accept a Saharawi nationalist and republican


autonomic government, to allow this government to control the
natural resources of the territory (fishing, oil, phosphates, etc.) and
then to negotiate with them the ‘quota’ of […] the benefits of a
hypothetical fishing agreement with the EU?”

Tali questioni potrebbero solo inserirsi in un contesto di profonda riformulazione dei


fondamenti basilari dello stato marocchino, in tutta la sua interezza, e avrebbero
implicazioni che si estendono al di là della questione del Sahara Occidentale.
Il problema successivo che si porrebbe, dunque, è se lo Stato marocchino sarebbe in
grado di mantenere il ferreo controllo sulle regioni a prevalenza berbera, una volta
concessa l’autonomia al Sahara Occidentale, o se il Marocco diventerebbe piuttosto uno
Stato regionale o federale, con tutti i rischi delle spinte fondamentaliste nella regione che
questa scelta comporterebbe.

Un’altra questione molto importante è legata alla popolazione del Sahara Occidentale.
L’argomentazione marocchina prevalente per opporsi alla lista dei votanti del referendum
basata sul censo del 1974 è stata, tradizionalmente, che quel censo non includeva le tribù
saharawi del sud del Marocco. Perciò, un’autonomia credibile non dovrebbe essere
limitata ai confini dell’antico Sahara Spagnolo, ma dovrebbe estendersi all’asse di Tan
Tan - Gulmin – Assa. Se, al contrario, la zona di Tarfaya venisse esclusa dal piano di
autonomia, poichè le zone tribali saharawi di quella regione non sono considerate
“abbastanza saharawi” da essere incluse nel progetto, allora, affermavano i ricercatori,
tutti i problemi riguardanti il processo di identificazione sarebbero immediatamente
risolti, poiché la lista basata sul censimento spagnolo era stata terminata molti anni fa.
Se Rabat, in definitiva, accettasse di istituire l’autonomia solo nel territorio compreso
all’interno dell’ex Sahara Spagnolo, l’intera argomentazione per rigettare il censo
elaborato dalle Nazioni Unite collasserebbe. Ma, in caso contrario, “allargando” le
frontiere del Sahara Occidentale, il Marocco fomenterebbe una situazione estremamente
esplosiva. La conclusione degli studiosi, già più di due anni fa, era che

“The only solution for Morocco seems to be the proposal of a very


limited and simply symbolic autonomy, completely void in
political terms, which will reproduce and even renforce ‘the red

131
lines’ that have jeopardised Morocco in the last decades. The
recent developments seem to point towards this direction 207 ”.

Il piano di autonomia non avrà mai un contenuto serio se Rabat non sarà disposta a
mettere a rischio il suo stesso futuro come stato. Il Marocco cercherà semplicemente di
trovare appoggio in un gruppo saharawi per il suo piano di vuota autonomia, creando
confusione e delegittimando il Fronte Polisario, ma si tratta di un’opzione che sottovaluta
il Polisario, e non risolverebbe affatto la questione del Sahara Occidentale.
Il sostegno di un’élite saharawi, pur ammettendo che possa destrutturare la compattezza
del Fronte, potrebbe avere ripercussioni molto pericolose, poiché i suoi dirigenti finora
sono riusciti a riunire sotto di sé anche le spinte più radicali e violente, che allora sì
potrebbero sfociare in rivolte e attacchi incontrollabili.

207
Ibidem, p.7.

132
Capitolo 4. Il contesto internazionale

1. Le implicazioni del conflitto nella “Sponda Sud” del Mediterraneo: le


relazioni inter-maghrebine

Il conflitto del Sahara Occidentale costituisce uno dei fattori capace di influenzare
profondamente la stabilità nell’area maghrebina e i tentativi d’integrazione regionale; la
totale divergenza di posizioni che storicamente hanno manifestato il Marocco e l’Algeria
rispetto alla questione dà adito al pessimismo, a partire dalla semplificazione duale del
Marocco, per il quale esistono solo posizioni pro-marocchine o pro-algerine 208 .
Il susseguirsi di tensione - distensione nella politica di entrambi i paesi ha condizionato
anche i tentativi di potenziare un’area di stabilità e di dialogo orizzontale tra i paesi
vicini. Né l’elezione del presidente algerino Bouteflika, né l’ascesa al trono di Mohamed
VI hanno alleviato le tensioni esistenti, nonostante si siano prodotti certi impulsi positivi,
come il ritiro reciproco della necessità del visto, o la timida riapertura delle frontiere.
Per Rabat, che sempre ha reclamato l’integrazione dei territori per realizzare il suo ideale
del Grande Marocco, come è gia stato ricordato il Sahara Occidentale costituisce un
fattore di legittimazione: secondo il regime, è una “causa sacra” per il quale vi è pieno
consenso da parte della popolazione. Nonostante i fatti abbiano dimostrato che il
disaccordo sociale, in realtà, è col passare del tempo sempre più evidente, non pare che il
regno alawita sia disposto a cedere al suo progetto di sovranità.

La preoccupazione per dimostrare, all’esterno, che il Marocco rappresenta un paradigma


di stabilità nello scenario maghrebino nonostante l’aumento della violenza integralista ha
influenzato inoltre sempre le relazioni con l’Algeria, accusata dal Marocco di “produrre”
il terrorismo interno. Così, il Marocco ha fatto valere un’immagine storica di stabilità
come garanzia per ottenere l’approvazione all’annessione del Sahara e dialogare nelle
migliori condizioni con gli alleati occidentali.
L’Algeria, da parte sua, ha sempre rifiutato di costituirsi parte nel conflitto, oltre
l’innegabile appoggio alle tesi del Polisario. Per questo le provocazioni del Marocco sono
state una costante, finora, delle relazioni tra i due paesi. Nonostante la società algerina
reclami con sempre maggior insistenza un rilassamento delle posizioni ufficiali per

208
Cfr. L. M. SELA MÉNDEZ, El Maghreb mira al Sahara, “Instituto Galego de Análise e Documentación Internacional,”
Gloobal, 7 luglio 2005.

133
promuovere un avvicinamento al Marocco, gli ultimi avvenimenti hanno dimostrato che
anche da parte algerina le concessioni sono lontane.

Quanto agli appoggi occidentali, Spagna e Francia sono stati, storicamente, i due paesi
che hanno sviluppato un ruolo più attivo nella questione del Sahara. Si potrebbe dire che
entrambi, nell’attualità, mantengono una posizione ambigua, caratterizzata da silenzi ed
equilibri, in funzione degli interessi congiunturali 209 , nonostante la Francia abbia
appoggiato sempre più o meno apertamente la posizione marocchina. La firma di vari
accordi bilaterali di tipo commerciale o sicuritario rendono difficile che tanto la Francia
come la Spagna si posizionino con fermezza, se questo significa allontanarsi dall’Algeria,
e ancora più se l’allontanamento è dal Marocco. Per quanto riguarda il governo francese
in particolare, “storico” sostenitore del Marocco, i più recenti contatti con l’Algeria hanno
obbligato il Paese ad adottare una strategia di equilibri, tendente a beneficiare, o a non
pregiudicare, nessuno dei due paesi.

L’Unione Europea nel suo complesso non ha, come si vedrà nel corso del capitolo, una
posizione univoca. Tale condizione riflette il problema, più generale e molto discusso,
delle “tante voci” dell’Europa a fronte delle crisi mondiali, destinato molto probabilmente
ad acuirsi a seguito dell’ampliamento ad Est, avvenuto fin dal 2004; molti osservatori
sostengono che i Paesi dell’Unione non abbiano la volontà politica di rinunciare alle
proprie prerogative e interessi particolari, né, nelle condizioni attuali, possiedono forse
una struttura istituzionale che faciliti la presa di decisioni.
Per quanto riguarda strettamente la questione del Sahara, se Spagna e Francia si fossero
schierate nettamente in passato a favore della legalità internazionale molto probabilmente
il conflitto avrebbe avuto diversi sviluppi, ma come è già stato evidenziato quello del
Sahara Occidentale è un conflitto quasi ignorato, ma dall’enorme complessità. Il
Parlamento Europeo come si vedrà si è spesso pronunciato con parole di sostegno al
lavoro dell’ONU, dal principio di autodeterminazione, alla rivendicazione del
referendum, all’appoggio del Piano Baker, ma purtroppo a livello di Commissione e di
Consiglio ben poco è stato realizzato nel corso dei decenni passati.

Infine, risulta evidente che gli Stati Uniti hanno acquisito un protagonismo crescente nella
regione, nel progetto di costruzione di un Maghreb unito e stabile, che significa per gli
Stati Uniti, sostanzialmente, la possibilità di commerci nel campo degli idrocarburi e
sicurezza in funzione antiterroristica. Come si accennerà, anche l’America Latina sta
acquisendo negli ultimi anni una certa importanza, non tanto ancora per gli accordi
commerciali e gli scambi, da poco avviati, con la regione maghrebina, quanto per lo
“schieramento” pro-marocchino o pro-saharawi, mediaticamente e diplomaticamente
importante.

209
Cfr. Ibidem.

134
Le Nazioni Unite, d’altra parte, nonostante i numerosi sforzi e capitali investiti, hanno
dimostrato impotenza, o incapacità nella questione del Sahara Occidentale, almeno
inquadrata nel quadro del capitolo VI della Carta di San Francisco; a causa dei tanti e vari
interessi economici nella regione non ha saputo gestire le domande, temperare le pretese
del Marocco, né ha saputo far valere l’imporsi di una società, quella saharawi, che aspetta
una soluzione definitiva.

L’aspetto regionale della questione del Sahara Occidentale, nonostante si tratti di un


conflitto ampiamente “internazionalizzato”, è di certo il piú rilevante poiché da tempo
influenza le relazioni tra i paesi dell’area.
Nel discorso ufficiale marocchino la questione del Sahara Occidentale è la prima ragione
per la paralisi dell’Unione del Maghreb arabo: per quanto tale affermazione non sia
esatta, è innegabile vi sia una correlazione importante tra il conflitto irrisolto e
l’incapacità di realizzare il progetto di un Maghreb integrato, stabile e pacifico. Sono
molti gli aspetti considerati da più parti. Se la maggioranza degli esponenti marocchini
ritiene che il Sahara Occidentale sia l’espressione massima della competizione per il
dominio subregionale tra Rabat e Algeri, cominciata durante la “Guerra delle Dune”,
quando le forze armate marocchine attaccarono nel 1963 la regione di Tindouf
dell’Algeria appena resasi indipendente, per altri osservatori l’importanza dell’area
consiste nel suo significato storico, come un lascito dei confini e delle contraddizioni
imposti dal sistema coloniale nel continente, ed è in questo che si celerebbe la fonte di
instabilità.

Hassan II descrisse il Marocco come un albero con rami in Europa e radici in Africa; tale
immagine, estremamente evocativa, pone in risalto le opportunità del Marocco grazie alla
sua posizione strategica, ma fa però riflettere anche riguardo la potenziale precarietà degli
equilibri politici. Il conflitto del Sahara Occidentale ha mantenuto il Marocco fuori
dall’Organizzazione per l’Unità Africana per ben 20 anni, e il Marocco è l’unico stato
africano a non essere membro dell’Unione Africana, nata nel 2002 dalle ceneri
dell’Organizzazione, proprio a causa del riconoscimento da parte dell’OUA della
Repubblica Araba Saharawi Democratica nel 1984. A livello di pubbliche relazioni, tale
conflitto ha un grande impatto sull’immagine che in Africa si ha del regno marocchino.
Le relazioni algerino-marocchine sono state tradizionalmente conflittuali, anche al di là
della contesa del Sahara Occidentale. In effetti, già anni prima dell’occupazione
marocchina dell’ex colonia spagnola le prospettive di convivenza regionale non erano
positive: le agitazioni successive ai processi di decolonizzazione diedero luogo a scontri
tra Algeria e Marocco, che indistintamente ignoravano i diritti dell’altra parte.
A radice, vi era la consapevolezza dell’esistenza di due sistemi politici antagonisti: una
monarchia conservatrice alleata all’Occidente, in Marocco, e una repubblica socialista
araba, attiva nel Movimento dei Paesi non Allineati, in Algeria, con le conseguenti
divergenze nelle rispettive opzioni politiche e alleanze internazionali.

135
Il conflitto del Sahara Occidentale, comunque, comportò indubbiamente un aumento nel
grado di complessità di tali relazioni, tanto a livello ufficiale come nella percezione
popolare 210 , e un peggioramento considerevole delle relazioni tra i due paesi negli ultimi
anni, che ricorda il clima di ostilità tra i due paesi nel ventennio tra il 1970 e il 1990.
Le autorità marocchine da tempo cercano di presentare il conflitto del Sahara Occidentale
in termini di posizioni pro-Marocco o pro-Algeria 211 , insistendo sul fatto che siano le
uniche esistenti, oltre che autoescludenti. Nel discorso ufficiale, l’amministrazione di
Mohamed VI si riferisce al conflitto come un “problema falso e artificiale” creato
dall’Algeria per indebolire il Marocco, e la cui soluzione passerebbe per una
negoziazione bilaterale tra i due paesi 212 .
Tale diagnosi, semplice e diretta ad ottenere il consenso interno, entra evidentemente in
contraddizione con le negoziazioni dirette e i contatti avvenuti tra le massime autorità
marocchine e il Fronte Polisario, col quale sono stati firmati accordi avvallati dalla
comunità internazionale. Le autorità marocchine si mostrano tuttavia ancora incapaci di
riconoscere che il nazionalismo saharawi è una realtà da vari decenni, e non si tratta di
un’invenzione algerina.

Per quanto riguarda l’Algeria, questa non smette di ripetere, ogni qualvolta si alluda al
suo ruolo nel conflitto, che il suo obiettivo è appoggiare il popolo saharawi affinché possa
esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione, e che le due parti implicate
direttamente siano il regno del Marocco e il Fronte Polisario, così come stabilisce l’ONU.
Costante nei discorsi ufficiali è il riferimento al fatto che mai vi è stata alcuna
rivendicazione algerina sui territori disputati, e che la sua posizione, per ammissione
intransigente, si basa sulla rivendicazione della legalità internazionale per la risoluzione
dei conflitti nel quadro della ONU, e non su velleità di potere o desiderio di modificare
gli equilibri nel Maghreb. L’Algeria insiste infatti che si tratta di un problema di
decolonizzazione, che deve essere risolto dunque applicando il principio di
autodeterminazione e che nessuna interpretazione o soluzione possa prescindere dalla
rigorosa applicazione del diritto internazionale per la risoluzione di conflitti tra gli stati.
Il Marocco, al contrario, considera che l’appoggio dell’Algeria al Fronte Polisario
rappresenti una vera cospirazione per soffocare il regno alawita, dal punto di vista
geografico, come anche economico e politico. Su tale linea sembra porsi la tesi di
Mohsen-Finan 213 , che distinse tre grandi periodi nella gestione del “dossier saharawi” da
parte di Algeri:

210
Cfr. H. AMIRAH FERNÁNDEZ, El Sáhara Occidental en las dinámicas internas intra-magrebíes, ARI, Real Instituto
Elcano, Madrid, novembre 2004.
211
Cfr., tra gli altri, T. SHELLEY, Endgame in Western Sahara: What Future for Africa’s Last Colony?, Zed Books, 2004.
212
Cfr. Á. PÉREZ GONZÁLEZ, La cuestión del Sáhara y la estabilidad de Marruecos, ARI, Real Instituto Elcano,
Madrid, novembre 2001.
213
Cfr. T. DE SAINT MAURICE, Sahara Occidental 1991-1999. L’enjeu du referéndum de autodétermination, Paris,
L’Harmattan, 2000.

136
“La première période est marquée par le ‘boumédiennisme’. De
1976 à 1979, le président Boumédienne ‘utilise’ le conflit pour
consolider le jeune Etat algérien et ‘instrumentalise’ la guerre pour
limiter les velléités hégémoniques du Maroc.
La deuxième phase est l’ère Chadli (décennie 1981: Chadli
Benjedid veut se défaire de l’héritage de Boumédienne et ira
jusqu’au rétablissement des relations avec le Maroc (rompues en
1976) en 1989. Néanmoins, dans la politique saharienne, on peut
constater une certaine stabilité (...).
La troisième période est celle des années 1990 et de la guerre
civile. Le dossier du Sahara Occidental est considéré comme la
dernière carte de l’Algérie pour limiter la puissance du voisin
marocain”.

Indipendentemente dalla veridicità del desiderio del governo algerino di limitare il vicino
Marocco, è necessario riconoscere che l’appoggio ufficiale e sostanziale dell’Algeria
all’autodeterminazione del popolo saharawi è stato, nonostante alcuni tentativi di
riavvicinamento al Marocco, una costante della struttura di potere all’interno del paese, e
una pietra angolare nella sua politica regionale; per il Fronte Polisario si è trattato negli
anni di un sostegno inestimabile, a livello economico e materiale ma principalmente a
livello della diplomazia internazionale, che ha esposto l’Algeria a non poche tensioni nei
rapporti con gli Stati Uniti e la Francia.
Di conseguenza, le prospettive di cambiamenti nel sostegno e nella solidarietà alla causa
saharawi sono per ora irrealistiche, eccetto che nell’eventualità che si presentino
modifiche di ampia scala, come la realizzazione effettiva di progetti di integrazione
regionale, o sconvolgimenti politici.

Sarebbe inesatto sostenere che, in Marocco come in Algeria, esista una sola visione in
relazione al conflitto; evidenza di ciò viene ad esempio da recenti dichiarazioni del
dirigente islamico algerino Abbasi Madani al giornale marocchino “Aujourd’hui Le
Maroc”, per il quale il territorio del Sahara è stato “storicamente marocchino”, ma allo
stesso modo sarebbe incorretto sostenere che l’appoggio ai saharawi esista solo a livello
governativo. Nonostante le differenze culturali e storiche tra le due popolazioni, il
sostegno alle politiche del governo è quasi generalizzato, se non altro perché il destino del
popolo del Sahara Occidentale e il sostanziale immobilismo delle Nazioni Unite sono
percepiti come una grave ingiustizia sociale. Ancora, nonostante voci che descrivono un
paese fortemente impoverito perché molte sue risorse sono spese negli accampamenti, a
partire dal cessate-il-fuoco l’impegno algerino non si è tradotto tanto in ingenti spese di
mantenimento, quanto in enormi sforzi diplomatici a sostegno del Polisario e della
RASD, per cui non si può affermare che le difficoltà economiche in Algeria siano causate
dalla questione del Sahara Occidentale senza cadere in errori di approssimazione.

La guerra al terrorismo, intrapresa con vigore a partire dal 2001, ha permesso tra l’altro
all’Algeria di rinforzare i legami con gli Stati Uniti: complementariamente al quadro della

137
politica di sicurezza e difesa l’amministrazione statunitense si è impegnata con la
repubblica algerina in un accordo di libero commercio, nel quadro del progetto americano
di creare un’area di libero commercio in Medio Oriente (Middle East Free Trade Area).
Perciò l’Algeria, che con lo “sfumare” del Movimento dei Paesi Non Allineati aveva
perso peso politico nelle relazioni internazionali, si è avvicinata straordinariamente agli
USA, e contestualmente anche alla Francia, che ha tentato di rinvigorire i rapporti con i
Paesi del Maghreb per non perdere il ruolo di interlocutore privilegiato a fronte degli
interessi americani. Negli ultimi anni l’Algeria infatti è diventata una delle fonti di
fornitura petrolifera “sicure”, alternative all’instabile e insicuro petrolio del Golfo; d’altra
parte, ha vissuto al proprio interno il processo di una (prima, forse e non definitiva)
sconfitta dell’islamismo attraverso l’arma della democratizzazione.
Il Marocco invece, nonostante i più volte citati progressi nella democratizzazione, come
la riforma del Codice di Famiglia e l’istituzione dell’Instance Equité et Réconciliation, ha
sperimentato insoddisfazioni sia per quanto riguarda la traduzione pratica dei nuovi
precetti e delle indennizzazioni previste, che per quanto riguarda in generale la
democraticità effettiva delle istituzioni, con la concentrazione, ad esempio, nel Ministero
dell’Interno, organo controllato direttamente dal sovrano, di competenze che in
precedenza appartenevano al Ministero dell’Economia La possibilità di successo
dell’islamismo radicale in Marocco, o la sua percezione, è poi aumentato negli ultimi
cinque anni a seguito degli attentati di Casablanca, insieme alla messa in atto di misure
restrittive della libertà nel quadro delle leggi anti-terrorismo.

Per quanto riguarda la Libia, nella metà degli anni Ottanta il suo sostegno al Fronte
Polisario fu decisamente più importante di quello algerino, sia dal punto di vista delle
forniture belliche che dal punto di vista economico. Il Colonnello Gheddafi aveva
annunciato pubblicamente già negli anni Settanta di sostenere il popolo saharawi nella
sua guerra per liberare il Sahara Occidentale dalla colonia spagnola.
La Libia offrì non solo armi ma anche la possibilità di stanziare un ufficio del Fronte a
Tripoli, che divenne il primo quartier generale del Fronte Polisario per le relazioni
esterne, tanto che nel 1974 Radio Tripoli iniziò a trasmettere nel Sahara Occidentale i
programmi del Polisario.
La Libia tra il 1983 e il 1984 aprì poi una linea di finanziamenti illimitati a beneficio del
Fronte Polisario, permettendo al movimento di comprare armi nel mercato orientale. A
partire dal 1984, però, re Hassan II riuscì ad interrompere l’appoggio libico al Fronte,
stipulando con il Paese l’accordo di Uxdà, per una Unione marocchino-libica.
Il sovrano marocchino si rese conto presto della perdita di alcuni alleati ostili alla Libia, e
rinunciò unilateralmente nel 1986 a tale accordo per restaurare la sua credibilità a
Washington. Quando due anni dopo il sovrano marocchino denunciò il trattato, la Libia
non tornò ad offrire il suo sostegno al Polisario come in precedenza.
La Libia ha praticato in effetti una politica incostante nella questione del Sahara
Occidentale e decisamente opportunistica. Ad oggi, pur avendo il governo libico

138
riconosciuto sia il Polisario, nel quadro dell’ONU, sia la RASD come legittimo governo
in esilio, la sua politica di sostegno ai saharawi è piuttosto ambigua, permettendo ad
esempio questo ad alcune compagnie petrolifere libico-marocchine, come la Tamoil-
Sakia, l’insediamento e l’estrazione di petrolio nel Sahara Occidentale, a partire dal
dicembre 2007 fino al dicembre 2009 214 .

Un altro stato rilevante nell’area maghrebina è la Mauritania.


Già si è trattato degli Accordi di Madrid, del ruolo del paese nel conflitto e delle tensioni
esistenti tra lo stato mauritano e il Marocco. A partire dalla pace firmata con il Fronte
Polisario, la Mauritania si dichiarò neutrale a proposito del conflitto del Sahara
Occidentale; lo stato riconobbe del resto la RASD e in sede ufficiale si è sempre
dichiarata a favore di una soluzione nel quadro stabilito dal diritto internazionale e dalle
Nazioni Unite.
Il popolo mauritano è molto vicino culturalmente, sociologicamente e linguisticamente,
alla popolazione saharawi. È comprensibile tra l’altro, come lascito storico, la percezione
che la Mauritania ha del Marocco come di una minaccia, per le sue velleità
espansionistiche che includevano in passato anche il territorio maritano: il Sahara
Occidentale rappresenterebbe quindi per la Mauritania anche una sorta di “stato
cuscinetto” utile a separare Nouakchott dal governo di Rabat, allontanandolo dai suoi
confini. Il Marocco, in quanto alleato del Senegal durante il conflitto che vide i due stati
coinvolti, non può perciò definirsi con certezza uno stato “amico” per la Mauritania.

Tuttavia, nell’intreccio delle relazioni tra i due stati assume enorme rilevanza la politica
francese, cui la Mauritania continua ad essere legato per gioco di forza, e le “misure di
sicurezza” intraprese dalla Francia nel territorio coinvolgono anche la Mauritania: nel
febbraio 2008, ad esempio, la Marina mauritana fu considerata troppo debole per poter
sorvegliare le proprie coste contro l’immigrazione clandestina e potenziali gruppi
terroristici del Sahara Occidentale, e venne dunque affiancata da truppe marocchine e
personale francese e statunitense nel controllo della zona di confine con il Sahara
Occidentale 215 .
La crisi di legittimità dei dirigenti maghrebini non è stata superata, tuttavia il nuovo
contesto internazionale ha permesso a questi di giustificare il crescente autoritarismo nel
quadro della guerra contro il terrorismo 216 .
Tale guerra si è anche convertita in uno strumento utile per il regime tunisino di Ben Ali,
con il quale fermare le critiche delle organizzazioni internazionali e delle associazioni di
difesa dei diritti umani, nel contesto delle tesi neoconservatrici di alcuni settori
dell’Amministrazione statunitense, che difedevano la necessità di intervenire in Irak per

214
Cfr. Western Sahara Resource Watch, Libyan Oil State Company in Western Sahara meets interntional protests,
Archive 2007, 20 dicembre 2007.
215
Cfr. ACN Press, Rastrean zonas entre Mauritania y el sur del Sahara Occidental por temor de ataques terroristas,
“Canarias24horas”, 10 febbraio 2008.
216
Cfr. Argelia tras la reelección de Abdelaziz Buteflika, “Análisis del Real Instituto” (ARI), Real Instituto Elcano, 2004,
consultabile alla pagina web http://www.r-i-elcano.org/analisis/504.asp

139
far avanzare la democratizzazione della regione araba, con la “eccezione democratica”
del Maghreb.

Il regime libico di Gheddafi approfittò degli attentati dell’undici settembre per far
terminare il suo isolamento dalla comunità internazionale a causa, tra l’altro, delle
implicazioni negli attentati terroristici contro i voli Panam su Lockerbie (Scozia) nel 1988
e quello di UTA sul Niger l’anno seguente, ancora ben presenti nella memoria storica.
L’assunzione di responsabilità da parte del regime libico negli attentati favorì
l’interruzione delle sanzioni internazionali imposte dalle Nazioni Unite, dagli Stati Uniti e
dall’Unione Europea; l’impegno attuale del regime di Tripoli di abbandonare i suoi
programmi di ricerca nell’ambito delle armi di distruzione di massa, come la lotta al
terrorismo, le hanno permesso di tornare sulla scena internazionale senza realizzare un
impegno esplicito di miglioramento della situazione dei diritti umani o di iniziare un
programma di riforma politica.

L’Unione del Maghreb Arabo

Già la creazione dell’Unione del Magheb Arabo (UMA) 217 nel 1989, tra l’Algeria, la
Libia, il Marocco, la Mauritania e la Tunisia era stata considerata da parte di Rabat una
vittoria poiché, nonostante il trattato contenesse una clausola che permetteva
l’ammissione di nuovi membri, escludeva almeno al principio la RASD. Mentre l’Algeria
sperava che a seguito della firma del trattato, il Marocco si sarebbe mostrato più disposto
ad avanzare in un processo di pace per il Sahara Occidentale, e che l’integrazione avrebbe
permesso l’avvio di una soluzione negoziata che permettesse l’ingresso della RASD, il re
Hassan II riteneva che tale trattato, escludendo il Polisario, avrebbe aumentato il prestigio
del regno, e una maggiore integrazione regionale avrebbe eroso l’appoggio algerino al
Fronte. In conclusione, tanto il Marocco come l’Algeria speravano di utilizzare il
processo di integrazione dell’UMA per ottenere la soddisfazione dei propri interessi
particolari relativamente al Sahara Occidentale.

Il problema, come evidenziò già più di dieci anni fa Ahmed Rouadjia 218 , consistette nel
fatto che le differenze di fondo nella questione del Sahara Occidentale tra il Marocco e
l’Algeria non apparvero mai all’ordine del giorno delle riunioni dell’Unione per il
Maghreb Arabo.
L’organizzazione era stata ideata sì per l’integrazione economica, ma anche e
principalmente al fine di diluire gli attriti tra i Paesi della regione, normalizzando le loro

217
Si consiglia a proposito di consultare il sito web dell’Organizzazione, http://www.maghrebarabe.org, in lingua araba,
francese e inglese.
218
Cfr. A. ROUADJIA, L’UMA mise à mal in “Annuaire de l’Afrique du Nord 1994”, CNRS, Paris 1996, pp. 849-855.

140
relazioni politiche, e prepararli così ad affrontare successivamente insieme le sfide che si
stavano prefigurando con l’integrazione europea e la globalizzazione economica.
Ma le tensioni aumentarono, tra il Marocco e l’Algeria a causa del Sahara Occidentale, e
tra la Libia e la Mauritania si accentuarono gli attriti cui le radici risiedevano nel tentativo
di colpo di stato in Mauritania.
Secondo un altro punto di vista, l’insuccesso dell’UMA e il conflitto del Sahara
Occidentale furono più l’espressione che la causa della rivalità tra il Marocco e l’Algeria:
invocare retoricamente la complementarietà economica tra i paesi membri e l’invito
esterno alla creazione di un’organizzazione che facilitasse l’integrazione economica,
infatti, non fu sufficiente ad assicurare il successo di un processo ostacolato dalla
dipendenza economica, industriale e alimentare rispetto ai paesi dell’UE, così come dal
lascito di un alto debito estero.

Il blocco dell’UMA a partire dalla metà degli anni Novanta fu anche conseguenza della
debole struttura istituzionale dell’organizzazione, dato che per funzionare e adottare
decisioni prevedeva il sistema dell’unanimità dei capi di Stato, ma quel che è certo è che
la “non-soluzione” del conflitto del Sahara proietta ciclicamente un clima di instabilità
nelle relazioni algerino-marocchine e in tutta l’area maghrebina.
Gli ultimi due tentativi del presidente algerino Bouteflika per riattivare il funzionamento
dell’UMA nel 2001 e nel 2003 si conclusero senza successo: la convocazione di un
Consiglio Presidenziale nel dicembre 2003, nel quale si doveva studiare la creazione di
una zona di libero commercio, saltó all’ultimo minuto poiché Mohamed VI e il presidente
mauritano Uld Taya rifiutarono di partecipare.
Il processo di integrazione regionale ha mostrato la sua fragilità: la debolezza dei legami
economici e umani tra i cinque paesi maghrebini fanno che queste relazioni abbiano un
marcato carattere politico 219 . Bernabé López García scrisse che tale processo di
integrazione “fu interpretato come una risposta a fronte dell’evoluzione interna
dell’Unione Europea e dei suoi processi di ampliamento”: secondo tale ottica la caduta
del muro di Berlino situó la questione dell’ampliamento verso l’Est al centro della
politica comunitaria, aumentando i timori di maggior isolamento tra le élite maghrebine.

Così, prevalsero le logiche degli Stato-nazione sui progetti di concerto regionale. I paesi
maghrebini furono incapaci di presentarsi quale un fronte unito, e accettarono in forma
individuale e separata una proposta comunitaria di rinnovamento delle relazioni euro-
mediterranee. Il progetto di Partenariato Euromediterraneo, lanciato a Barcellona nel
1995, si inseriva nell’obiettivo della creazione di una zona di prosperità condivisa in
entrambe le sponde del Mediterraneo; a tal fine proponeva la firma di accordi di
associazione tra l’UE e ognuno dei “Paesi Mediterranei Terzi”, il che avrebbe dovuto
facilitare la creazione di una zona di libero scambio per l’anno 2010. Tale inquadramento,

219
Cfr. B. LÓPEZ GARCÍA - M. H. DE LARRAMENDI, El Sáhara Occidental, obstáculo en al construcción magrebí,
DT n. 15, “Real Instituto Elcano”, marzo 2005.

141
nonostante difendesse le qualità dell’integrazione regionale, perpetuava le negoziazioni
bilaterali tra ognuno dei paesi maghrebini e le istanze comunitarie, danneggiando i pur
insufficienti sforzi per la cooperazione e l’integrazione intra-maghrebine.

L’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA). L’Unione Africana

L’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA), creata nel 1963 da trenta capi di Stato
africani, si interessò alla questione del Sahara Occidentale solo a partire dagli anni
Settanta. Infatti,

“ (…) pour l’OUA, les graves préoccupations étaient ailleurs (...):


les coups d’Etat se succèdent, l’indépendance de la Rhodésie est
proclamée, la sécession du Biafra se développe à partir de 1967, la
question du Moyen-Orient fait son entrée dans l’enceinte
africaine... Dans ce contexte, l’OUA se contente de laisser se
dérouler à l’ONU la bataille diplomatique entre l’Espagne, le
Maroc et la Mauritanie, et d’en attendre l’issue 220 ”.

L’OUA riconobbe però poi il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi, la base
del referendum come mezzo democratico e necessario del processo di decolonizzazione
all’interno della dottrina delle Nazioni Unite, e la legittimità del Fronte Polisario come
Movimento di Liberazione per l’indipendenza e rappresentante legittimo del popolo
saharawi. Tuttavia, lo schieramento dei paesi africani rispetto al Marocco o al Fronte
Polisario non era affatto omogeneo, e si disegnarono tre ambiti di sostegno della causa
saharawi anche all’interno dell’OUA: vi erano i paesi che riconoscevano la RASD (come
ad esempio l’Algeria e la Repubblica Sudafricana), quelli che si dichiaravano neutrali
(come la Mauritania), e quei paesi, infine, che sostenevano il Marocco nella sua lotta per
ottenere il territorio saharawi, come il Senegal e la Tunisia, paesi sotto stretta influenza
francese.

Nel timore di rivendicazioni territoriali tra gli stessi paesi membri, i firmatari
dell’organizzazione inclusero nella Carta costitutiva dell’OUA un impegno preciso al
“rispetto della sovranità e integrità territoriale di ogni stato e del suo diritto inalienabile
all’esistenza come stato indipendente” 221 . Tale clausola comportò un ritardo di quattro
mesi da parte del Marocco nella firma di adesione, poiché Hassan II interpretò, a ragione,
tale impegno africano come un ostacolo alle proprie rivendicazioni territoriali. Al
momento della firma, il 19 settembre 1963, il governo di Rabat fece includere perciò una

220
Cfr. Wexteen, citato da M. DE FROBERVILLE, in Sahara Occidental, la confiance perdue. L’impartialité de l’ONU à
l’épreuve, L’Harmattan, Paris, 1996, p.91.
221
Cfr. Carta dell’ Organizzazione per l’Unità Africana, Art . 3, par. 3.

142
clausola nel quale si rendeva esplicito che la sua firma non implicava un riconoscimento
di “faits accomplits” e neppure una rinuncia alle sue rivendicazioni.
A seguito della prima riunione ordinaria dei Capi di Stato e di Governo dell’OUA,
celebrata al Cairo, venne adottata all’unanimità una risoluzione che reiterava l’impegno
di “rispettare le frontiere esistenti al momento in cui [gli Stati membri] ebbero accesso
all’indipendenza” 222 .
Nel 1976 la RASD venne ammessa in seno all’OUA, malgrado le proteste di Hassan II, e
il Marocco si ritirò dall’Organizzazione.

Dalle ceneri dell’OUA, a seguito di un processo di riunioni iniziato nel 1998, nel 2001
nacque l’Unione Africana.
L’Unione Africana conta oggi dell’adesione di tutti i paesi africani, eccetto il Marocco, a
causa delle violazioni delle risoluzioni ONU e del suo rifiuto a riconoscere la RASD,
anch’essa Paese membro in qualità di governo in esilio; la Mauritania è stata
recentemente sospesa dall’Unione Africana a causa del colpo di stato ad opera ell’esercito
nell’agosto di quest’anno.
L'Unione Africana è molto simile all’organizzazione che l’ha preceduta, tuttavia si pone
come il suo superamento, sia per quanto riguarda gli obiettivi che per le capacità e gli
ambiti di attuazione. La differenza più significativa rispetto all’OUA è probabilmente la
capacità di intervenire in conflitti interni agli stati in situazioni quali il genocidio, i
crimini di guerra e i crimini contro l’umanità, secondo quanto stabilito dall'articolo 4H
dell'Atto Costitutivo, che elenca sostanzialmente tutti i principi cui si ispira l’Unione.
Pur essendo tutti estremamente importanti in ambito africano, degni di nota sono i
riferimenti a

“(…) respect of borders existing on achievement of independence;


establishment of a common defence policy for the African
Continent;
(f) prohibition of the use of force or threat to use force among
Member States of the Union;
(h) the right of the Union to intervene in a Member State pursuant
to a decision of the Assembly in respect of grave circumstances,
namely: war crimes, genocide and crimes against humanity;
(j) the right of Member States to request intervention from the
Union in order to restore peace and security;
(l) promotion of gender equality;
(m) respect for democratic principles, human rights, the rule of law
and good governance;
(n) promotion of social justice to ensure balanced economic
development;
(o) respect for the sanctity of human life, condemnation and
rejection of impunity and political assassination, acts of terrorism
and subversive activities;
(p) condemnation and rejection of unconstitutional changes of
governments.”

222
Cfr. Risoluzione 16, Assemblea dei Capi di Stato e di Governo dell’OUA, Il Cairo, 10 ottobre 1964.

143
L’African Standby Force, le forze armate al servizio dell’Unità Africana, potrebbero
dunque, in linea di principio, giocare un ruolo importante nel Sahara Occidentale in
futuro. Ad oggi, non essendo il Marocco membro dell’Unione, l’organizzazione non può
intervenire se non attraverso condanne ripetute, a livello diplomatico, e una progressiva
integrazione tra i paesi che inevitabilmente esclude il Marocco. Al fine di non divagare in
argomenti importanti, ma che esulano dalla questione del Sahara Occidentale, voglio solo
ricordare alcuni dei progetti avviati dall’organizzazione, come il NEPAD (New
Partnership for Africa’s Development), evoluzione di un mandato dell’OUA per la
creazione di una struttura socio-economica integrata di sviluppo che allora comprendeva
solo cinque paesi, l’African Peer Review Mechanism, uno strumento volontario di
monitoraggio delle azioni e delle politiche degli stati membri, e per quanto riguarda i
rapporti con l’Europa, le conferenze ministeriali tra l’Unione Africana e l’Unione
Europea, che si svolgono dal 2001 con cadenza annuale o semestrale, e i diversi progetti
condivisi 223 .

223
Per maggiori informazioni, si consiglia di consultare il sito web dell’Unione Africana, http://www.africa-union.org.

144
“Un conflit dans un petit territoire désertique tel que le Sahara Occidental ne
semblait pas de nature à éveiller l’inquiétude ou l’intérêt des grandes puissances
du monde. (...) Pourtant ce furent les répercussions régionales de la guerre du
Sahara qui attirèrent l’attention des Etats-Unis et des deux pays d’Europe ayant
les plus grands intérêts en Afrique du nord-ouest, la France et l’Espagne. C’était
la déstabilisation de la monarchie alaouite, précieuse alliée de longue date de
l’Occident, qui inquiéta Washington, Paris et Madrid 224 ”.

224
T. HODGES, Sahara Occidental, L’Harmattan, Paris, 2000, p. 45.

145
2. La questione del Sahara Occidentale in seno all’Unione Europea. Le
responsabilità di Spagna e Francia nella costruzione di una posizione condivisa
nell’Unione

Per quanto riguarda il contesto internazionale in senso più ampio, si evidenziano


principalmente quattro attori occidentali: la Spagna, la Francia, gli Stati Uniti e l’Unione
Europea nel suo insieme. Anche la Cina e il Giappone recentemente si sono interessate ai
paesi del Mediterraneo, ma per quanto riguarda la loro incidenza nella zona del Sahara
Occidentale, rispetto all’Europa e agli Stati Uniti il loro ruolo è ancora minore.
La posizione ufficiale di questi paesi è in generale quella di un sostegno dichiarato alle
Nazioni Unite, nel suo tentativo di regolazione e avvio del referendum, e del
riconoscimento, in linea di principio, del diritto all’autodeterminazione del popolo del
Sahara Occidentale. Tuttavia, non si può che constatare la divergenza tra le dichiarazioni
d’intenti e le azioni e politiche messe in atto da tali attori.
La questione è affrontata diversamente anche all’interno della stessa Unione Europea;
prima di affrontare dunque la posizione ufficiale e l’azione dell’Unione in proposito,
ritengo sia utile accennare alla questione del Sahara negli ambiti spagnolo e francese,
poiché le posizioni dei due paesi, essenzialmente responsabili e detentrici dei maggiori
interessi nella regione, sono correlate a quella, piuttosto ambigua attualmente,
dell’Unione Europea.

Le relazioni tra la Spagna e il Marocco

Le relazioni tra la Spagna e il Marocco furono contrassegnate, fin dal momento


dell’indipendenza marocchina nel 1956, da tensioni territoriali e fraintendimenti intorno
all’interpretazione di clausole o riguardo il senso di interi trattati, dichiarazioni e
intenzioni. Lo sviluppo politico ed economico di entrambi gli Stati è stato a sua volta
divergente. Dopo l’indipendenza del Marocco, la Spagna iniziò un complesso, ma
estremamente rapido, processo di sviluppo diretto all’integrazione piena all’interno del
concerto europeo, che si tradusse nell’abbandono del nazionalismo, fino ad allora
onnipresente nel discorso politico, e nell’assunzione di comportamenti progressivamente
omologabili a quelli delle altre nazioni dell’Occidente europeo; le politiche di sostegno
promosse dalla Comunità Europea in tal senso indubbiamente ebbero un ruolo
fondamentale nel progresso sociale ed economico della Soagna.
Parallelamente, il regno alawita consolidava invece un nazionalismo intenso, costruito
sull’espansione territoriale e diretto da una monarchia che considerava il successo delle
politiche espansionistiche l’espressione ultima della propria legittimità. Le divergenze
intorno alle priorità strategiche diedero comprensibilmente luogo a tutta una serie di
tensioni.
Se si osservano le relazioni bilaterali a partire dall’esistenza dello stato marocchino,
infatti, normalmente si evidenzia la presenza di cicli di minore o maggiore cooperazione

146
alternati a cicli di conflitto; questi hanno il loro riflesso nei trattati e convegni firmati sui
più distinti temi di cooperazione bilaterale, i cui punti chiave sono la cessione di Tarfaya
(1958), il conflitto e cessione di Ifni al Marocco (1969), la Marcia Verde, gli Accordi di
Madrid e il ritiro spagnolo dal Sahara (1975-1976), i continui conflitti in tema di pesca,
l’Accordo di Amicizia e Cooperazione del 1991, la crisi del 2001-2003 relativamente a
Ceuta e Melilla e soprattutto al cosiddetto ”Islote”, l’Isola di Perejil/Leila, e la
normalizzazione delle relazioni iniziata nel 2004 225 .
Oggi, scriveva Ángel Pérez qualche anno fa,

“[…] aunque se pretenda lo contrario, los problemas bilaterales


constituyen una prolongación de este esquema. Es cierto que la
inmigración y el terrorismo han abultado la lista de conflictos
posibles, pero el eje central de las tensiones bilaterales sigue
siendo la reclamación territorial (…).
El Sáhara encaja perfectamente en este diseño, pues representa en
definitiva un problema territorial del que España no ha sabido,
querido o podido desprenderse 226 .”

Già nel 1983 Antonio Marquina Barrio scriveva che “il conflitto nel Sahara Occidentale,
a seguito del ritiro della Spagna dalla zona e degli accordi di Madrid, ha costituito un
problema importante che ha complicato sempre più le relazioni tra la Spagna e i paesi del
Maghreb 227 .
La Spagna tentó di mantenere, infatti, una politica di equilibrio tra i diversi paesi,
specialmente con il Marocco e l’Algeria, ma i risultati di tale politica mutevole, di
sostegno all’uno o all’altro in funzione delle necessitá, e “di pressioni e ricatti”, non
furono soddisfacenti. Il risultato più rilevante dal punto di vista delle relazioni
internazionali fu che la Spagna perse credibilitá nel suo avvicinamento al problema del
Sahara, e compromise le sue possibilità di mediazione nel conflitto. Nonostante ció,
l’appoggio spagnolo all’autodeterminazione del popolo saharawi, inteso come culmine
del processo di decolonizzazione, fu una costante della politica spagnola nel quadro della
dottrina delle Nazioni Unite.

La posizione ufficiale spagnola ha difeso sempre infatti la dottrina delle Nazioni Unite: si
trattava di un problema di decolonizzazione inconclusa, che doveva essere affrontato e
risolto attraverso la celebrazione di un referendum di autodeterminazione, che
permettesse alla popolazione presente sul territorio di esprimere il proprio volere riguardo
il futuro dell’ex Sahara Spagnolo. La Spagna, secondo gli Accordi di Madrid, aveva

225
Cfr., tra gli altri, Las relaciones de España con los Estados del Magreb 1976-1986, Cap. XVIII, in J.TUSELL, J.
AVILÉS, R. PARDO, La política exterior de España en el Siglo XX, Madrid, 2000, pp. 511-546, e M. J. MOLINA
GARCÍA, España-Marruecos (1996-2002): un modelo de política exterior para el Magreb, Universidad Complutense de
Madrid, 2006.
226
Cfr. Á. PÉREZ GONZÁLEZ, La cuestión del Sáhara y las relaciones hispano-marroquíes, Real Instituto Elcano,
Análisis n. 36, luglio 2003.
227
Cfr. A. MARQUINA BARRIO, El conflicto del Sáhara y la cooperación global del gobierno español con Argelia y
Marruecos, Revista de Estudios Internacionales, vol. 4, n. 4, ottobre - dicembre 1983, pp. 755-773.

147
ceduto al Marocco e alla Mauritania l’amministrazione del territorio 228 però non la sua
sovranità, che risiedeva nella popolazione saharawi: tale posizione fu dichiarata nel
febbraio 1976, tre mesi dopo la morte di Franco, dal Primo Ministro degli Affari Esteri
José María de Areilza, nel tentativo di mantenere gli impegni contratti dalla Spagna come
potenza coloniale senza che ció compromettesse le relazioni con il Marocco.
Il rifiuto di denunciare gli Accordi Tripartiti, dichiarati non validi dall’ONU, da un lato, e
la considerazione che il processo di colonizzazione fosse inconcluso fino alla
celebrazione di un referendum di autodeterminazione, dall’altro, dotarono la politica
madrilena di grande ambiguità, in una questione specialmente sensibile per l’opinione
pubblica spagnola.

Così, quando nel 1982 il partito socialista vinse le elezioni, tra i punti del programma del
nuovo governo figurava l’impegno per una politica “di chiarificazione, avvicinamento, e
potenziamento delle relazioni con i paesi vicini, Francia, Portogallo e Maghreb”, e in esso
si sottolineava che la globalizzazione delle relazioni e la cooperazione economica
avrebbero costituito la base di una convivenza armonica con questi paesi.
I fondamenti sui quali si basava la politica estera spagnola verso il Maghreb subirono
un’evoluzione rilevante anche a seguito dell’adesione alla Comunità Economica Europea
nel 1986. Il Maghreb smise di essere percepito attraverso il prisma della difesa degli
interessi territoriali spagnoli, per iniziare ad essere visto in funzione di criteri di stabilità e
sicurezza. Tale analisi si tradusse nell’impulso di una politica globale verso la regione,
attraverso l’intensificazione dei legami economici, politici, e culturali.
Il governo del PSOE iniziò, a partire da allora, un cambiamento strategico della sua
politica estera nel Nord Africa, attraverso una revisione della politica di appoggio al
Fronte Polisario. Il 4 luglio 1991 fu firmato il Trattato di Amicizia, Cooperazione e Buon
Vicinato tra la Spagna e il Regno del Marocco. Il sei settembre dell stesso anno il
Polisario e il Marocco firmavano il cessate-il-fuoco, sotto gli auspici delle Nazioni Unite
e dell’Organizzazione per l’Unità Africana.

La Spagna evitò a lungo di assumere una posizione attiva di mediazione nel conflitto, con
il pretesto di non voler interferire nel dibattito tra le parti. Per molti anni all’interno delle
Nazioni Unite la posizione spagnola fu quella della “neutralità attiva”, che si traduceva
nell’impegno a difendere i diritti umani della popolazione saharawi e nell’incoraggiare il
Marocco e il Polisario a raggiungere un accordo, senza tuttavia schierarsi con vigore né a
favore del Marocco, né del popolo saharawi, sostenuto invece emotivamente e
materialmente dalle moltissime associazioni presenti in Spagna e dai governi locali.

228
A tal proposito si veda Legal opinion of the UN Office of Legal Affairs, S/2002/161, del 29 gennaio 2002, punto 6, nella
parte in cui si afferma: “On 14 November 1975, a Declaration of Principles on Western Sahara was concluded in Madrid
between Spain, Morocco and Mauritania (the Madrid Agreement), whereby the powers and responsibilities of Spain, as the
administering Power of the territory, were transferred to a temporary tripartite administration. The Madrid Agreement did
not transfer sovereignty over the territory, nor did it confer upon any of the signatories the status of an administering Power
- a status which Spain alone could not have unilaterally transferred. The transfer of administrative authority over the
territory to Morocco and Mauritania in 1975, did not affect the international status of Western Sahara as Non-Self-
Governing Territory.”

148
L’esito delle elezioni del 1996, favorevole al PP, non preoccupò inizialmente né il
Marocco né l’Algeria: il Partito Popolare intratteneva infatti relazioni con l’Istiqlal, e
alcuni dei suoi leader, come Manuel Fraga, avevano criticato duramente nel passato il
Fronte Polisario. Tuttavia, vi furono vari fattori che portarono ad un deterioramento delle
relazioni con il Marocco durante il governo di Aznar: alcuni erano collegati ad
avvenimenti e misure intraprese da Aznar, come l’arrivo di immigranti marocchini e del
Sahara Occidentale in piccole imbarcazioni, o la costruzione di recinzioni di alta
sicurezza nei dintorni di Ceuta e Melilla 229 .

Ma l’apice delle tensioni ebbe luogo durante il secondo governo di Aznar; dopo le
difficoltà nel processo di identificazione dei votanti e l’insuccesso degli Accordi di
Houston del 1997, James Baker propose nel 2001, come si è detto, il progetto di Accordo-
Quadro che introduceva l’idea di autonomia nel Sahara Occidentale: la proposta fu
respinta dal Polisario e dall’Algeria, ma accettata dal Marocco.
La Francia, sostenitrice degli interessi marocchini, cercò di ottenere consensi in seno al
Consiglio di Sicurezza dell’ONU e all’interno dell’Unione Europea, ma in
quell’occasione il governo spagnolo insistette nell’idea di lasciare aperta l’opzione del
referendum di autodeterminazione previsto dalle Nazioni Unite, e comunque ribadì la
necessità che qualsiasi soluzione alla questione del Sahara Occidentale venisse accettata
da entrambe le parti. L’opposizione socialista criticò duramente il governo del PP per
aver reso “le relazioni con il Marocco, fino ad allora molto amichevoli, un problema di
prim’ordine, e tentò di approfittare della crisi mostrando la sua sintonia con il governo
marocchino” 230 .
La proposta di Accordo-quadro si produsse dunque in un contesto di scontro tra i due
maggiori partiti politici spagnoli, il PP e il PSOE, e di raffreddamento delle relazioni
ispano-marocchine 231 .

La prima messa in dubbio dell’inamovibile posizione pro-referendaria spagnola


comunque si ebbe proprio nel novembre 2001, dopo il ritiro dell’ambasciatore
marocchino, quando il ministro Josep Piqué dichiarò al quotidiano “La Vanguardia” il 19
novembre 2001 che Madrid avrebbe appoggiato la soluzione autonomistica solo se i
saharawi la avessero accettata 232 . Era la prima volta che, in via ufficiale, la Spagna
assumeva la possibilità di una soluzione differente dal referendum.

229
Cfr. J. VAQUER I FANÉS, España y el Sáhara Occidental: la dimensión partidista, Revista CIDOB d’Afers
Internacionals, n.79-80, Fundació CIDOB, dicembre 2007, pp. 125-144.
230
Cfr. Ibidem, p. 135.
231
Secondo la maggioranza degli osservatori fu, per l’esattezza, lo “pseudo-referéndum” per il popolo saharawi organizzato
da alcune ONG andaluse a motivare il ritiro dell’ambasciatore marocchino da Madrid il 27 ottobre 2001, facendo
precipitare le relazioni in una spirale di tensioni che ebbe il suo punto culminante con l’episodio dell’isolotto di Perejil nel
luglio 2002.
232
Cfr. M. H. DE LARRAMENDI - B. LÓPEZ, Nuevo impulso diplomático en el Sáhara: El gobierno español ha roto con
la tradicional política de “neutralidad activa” y se ha decidido a intervenir como mediador en el conflicto, Gran Angular,
“Afkar/Ideas”, autunno 2004, disponibile nel sito web dell’Institut Europeu de la Mediterránia,
http://www.iemed.org

149
La portavoce del Partito Socialista e il leader del partito José Luis Rodríguez Zapatero,
poi, durante una visita in Marocco nel dicembre 2001, mostrarono il loro appoggio alla
“terza via” in un momento di piena tensione delle relazioni con Rabat.
Tale posizione del PSOE non era, tuttavia, esente da ambiguità, perché mentre i suoi
dirigenti realizzavano tali dichiarazioni, i suoi deputati appoggiavano l’iniziativa di un
gruppo interparlamentare, composto da rappresentanti di tutti i partiti eccetto il Partito
Popolare (PP), che decise il 13 novembre 2001 di elaborare una proposta per chiedere al
governo spagnolo di incoraggiare in seno all’ONU il referendum nel Sahara, riunendosi la
settimana successiva con il leader del Fronte Polisario, Mohamed Abdelaziz.

Il conflitto del Sahara Occidentale è stato presentato dai successivi governi socialisti
come un dilemma politico ed etico, nel quale le alternative sono basicamente due: a)
appoggiare la legalità internazionale e lavorare affinché il Consiglio di sicurezza la renda
effettiva, pur andando contro il desiderio marocchino; o b) ignorare tale legalità per
trovare una soluzione a livello politico, che serva gli interessi dell’Europa, principalmente
di sicurezza e stabilità, rafforzando i legami con il Marocco.
La posizione spagnola, inoltre, fondata nella convinzione che una soluzione politica non
avrebbe funzionato se una delle parti non l’avesse accettata, considerava che
l’organizzazione di un referendum in tali circostanze avrebbe potuto costituire un
elemento destabilizzante nella regione senza un accordo previo 233 : lo scoglio più difficile
per la diplomazia spagnola in tale contesto consisteva nel convincere il Marocco di ciò
che segnalava il Segretario Generale ONU ancora nel suo rapporto del maggio 2003, cioè,
che non si sarebbe potuti avanzare se il governo del Marocco non fosse stato disposto ad
offrire o appoggiare la restituzione di almeno alcune funzioni governamentali agli abitanti
del territorio.

Il Governo del PSOE a partire dal 2004 propose una “Politica per il Maghreb”
caratterizzata da una “visione globale […], lontana dal gioco delle alleanze
congiunturali”. Così, nei primi tre mesi di governo Zapatero e alcune delle più alte
cariche dello Stato visitarono il Marocco, l’Algeria, la Tunisia e la Libia; i principali
progressi si produssero comunque in relazione al Marocco, grazie anche ad una fervente
attività diplomatica bilaterale: i due stati si accordarono, tra l’altro, per l’invio di un
contingente militare ispano-marocchino ad Haiti sotto l’egida delle Nazioni Unite, per la
cooperazione nel controllo dei flussi migratori, per il rinforzamento della cooperazione
militare e per la celebrazione di riunioni bilaterali, le cosiddette “Riunioni di Alto
Livello”.
A seguito degli attentati di Casablanca e dell’11 marzo 2004 a Madrid, la posizione
spagnola sembrò virare ancor più verso un avvicinamento degli interessi marocchini 234 ,
nella ricerca attiva del governo spagnolo all’accordo di tutte le parti “per una soluzione

233
Cfr. Ibidem.
234
Cfr., tra gli altri, M.H. DE LARRAMENDI e B. LÓPEZ, op.cit..

150
giusta, consensuale, possibile, definitiva e che permetta un ambito di autodeterminazione
per il Sahara” 235 .

Le proteste della totalità delle organizzazioni non governative spagnole interessate al


Sahara Occidentale non sono cessate, e queste non hanno smesso di criticare tale
attitudine del Governo, specialmente a seguito del rifiuto di Zapatero nel 2005 di ricevere
il leader del Polisario, che, invece, venne ricevuto da Aznar. Così, in quell’anno, José
Taboada, presidente del Coordinamento Statale delle Associazioni Solidali con il Sahara
(CEAS-S), denunció che il governo cercava di “camuffare” il suo appoggio al
Marocco 236 .
Questa nuova politica “attiva” verso il conflitto del Sahara ha infatti un costo politico
interno notevole, in un paese nel quale esiste un ampissimo appoggio e solidarietà con il
Fronte Polisario. L’abbandono del “fondamentalismo referendario” da parte del governo
socialista diede luogo, tra l’altro, ad un manifesto di protesta di intellettuali spagnoli, e ha
contribuito a che la questione del Sahara Occidentale si sia convertita di nuovo in
un’arma a doppio taglio della propaganda politica interna 237 .

Le relazioni tra Spagna e Marocco, come si è visto tradizionalmente complesse, sono


tuttavia oggi fortemente mediate, per gli speciali vincoli di entrambi gli Stati all’Unione
Europea, che si converte così in un elemento chiave per la comprensione delle questioni
maggiormente conflittuali, che anteriormente si canalizzavano esclusivamente di forma
bilaterale.
Tali aspetti bilaterali di fatto si sono ridotti drasticamente, ma certi aspetti delle relazioni
ispano-marocchine, come quelli territoriali, permangono “incassati” nel profondo delle
relazioni tra i due stati, conservando un potenziale di conflittualità straordinario.
Occorre considerare anche che la posizione spagnola

“en su estrecho margen de acción puede ser percebida por


Marruecos como injerencia – o afectar las relaciones de España
con Argelia –, y contaminar fácilmente los temas territoriales,
como tal parece haber sido el caso de la crisis de Perejil. 238 ”

Gli interessi e i vincoli che legano il Marocco all’Unione Europea sono, nel caso della
Spagna, maggiori, poiché le questioni territoriali irrisolte (o che il Marocco non vuole
considerare risolte, poiché basicamente non accetta la delimitazione delle frontiere che gli
derivano dall’indipendenza del 1956) costituiscono un limite alla libertà d’azione del

235
Dichiarazione dell’ex-Vicepresidente del Governo a Rabat, del 7 agosto 2006, in ”El País” dell’8 agosto 2006.
Si sottolinea che la Spagna difende ora un impreciso “ambito di autodeterminazione”, non il diritto di autodeterminazione,
nè il suo esercizio, nè il referéndum.
236
Cfr. J. TABOADA, Presidente del Coordinamento Statale delle Associazioni Solidali con il Sahara, Debemos exigir al
Gobierno que asuma su responsabilidad histórica, “Periódico Diagonal”, n. 41, 9 - 22 novembre 2006.
237
Cfr. il seguente capitolo.
238
Cfr. A. DEL VALLE GÁLVEZ, España-Marruecos: una relación bilateral de alto potencial conflictivo, condicionada
por la Unión Europea – Panorama con Propuestas, Asociación Española de Derecho Internacional y Relaciones
Internacionales, Revista Electrónica de Estudios Internacionales, 2005, p. 17.

151
governo spagnolo, essendo la posizione riguardo al Sahara Occidentale, per molti
osservatori e politici, suscettibile di innescare altri conflitti nelle relazioni bilaterali di
questo con il governo marocchino.

Quindi, in conclusione, il ruolo della Spagna è di straordinaria importanza, perché unica


potenza europea a poter costituire un’alternativa all’appoggio offerto al Marocco dalla
Francia, evidente questo in sede del Consiglio di Sicurezza ONU dove la rappresentanza
francese ha il potere di veto, ma anche di particolare responsabilità, sia nella politica
estera che in quella interna del Paese, potendo risvegliare il Marocco antichi contenziosi
relativamente ai possedimenti territoriali spagnoli in Africa 239 .
D’altra parte, in quanto ex potenza coloniale del territorio, “moralmente” la sua posizione
è estremamente importante per la canalizzazione del sostegno ad una o all’altra parte.
La vittoria del Partito Socialista nelle elezioni del 2008 fu ricevuta dai saharawi con una
sfiducia affatto dissimulata rispetto alla posizione che avrebbe adottato la Spagna nel
nuevo contesto. In effetti il discorso dell’attuale governo insiste sulla necessità di trovare
una soluzione “accettabile per entrambe le parti”, collocando in questo modo su uno
stesso piano il popolo saharawi e il Marocco.

La nuova politica verso il conflitto del Sahara Occidentale si è tradotta, di fatto, in un


grave dilemma di politica interna: il gruppo di dirigenti socialisti si è infatti trovato
“totalmente isolato dal resto degli attori politici spagnoli 240 ”, tra cui vi sono “basi e quadri
intermedi dello stesso partito socialista fortemente impegnati nella difesa del popolo
saharawi e nella loro autodeterminazione” 241 , e dagli storici alleati elettorali, come il
Bloque Nacionalista Galego, Esquerra Republicana de Catalunya e Izquierda Unida, che
si erano opposti e si oppongono fortemente all’”entusiasmo pro-marocchino” del
Governo e continuano ad appoggiare in modo deciso il diritto all’autodeterminazione del
popolo saharawi. Anche la posizione della destra spagnola

“ha cambiado, ya que ha adoptado un discurso prosaharaui para


erosionar a los socialistas en el poder. El Partido Popular criticó
repetidamente el alineamiento del Gobierno con Marruecos.
En paralelo, efectuó un acercamiento a los movimientos de apoyo,
desencantados con el giro del PSOE en la cuestión saharaui. 242 ”

La questione del Sahara Occidentale nel dibattito spagnolo possiede, dunque, varie
sfaccettature, e secondo alcuni analisti si tratta di un tema molto strumentalizzato dalle
fazioni politiche nel tentativo di ottenere consensi da parte dei cittadini spagnoli. La
società spagnola, d’altro canto, è molto sensibile alla causa saharawi; come visto in

239
Si ricorda qui che Mohamed VI in varie occasioni ufficiali, soprattutto durante le tensioni del 2002, giunse a porre in
discussione la sovranità spagnola non solo sulle Canarie ma anche sull’intera regione andalusa.
240
Cfr. A. CARNERO - D. SARIAS, Sahara Occidental: Deslealtad, dejación o responsabilidad, Papeles FAES,
Fundación para el Análisis y los Estudios Sociales, n. 46, 22 maggio 2007.
241
Cfr. J. VAQUER I FANÉS, op.cit.,p. 138.
242
Cfr. Ibidem, p.139.

152
precedenza, questo sentimento si traduce in una grande solidarietà verso i rifugiati dei
campi algerini 243 e verso la popolazione dei Territori Occupati; non deve sorprendere
perciò che i partiti politici assumano comportamenti combattivi, e che la questione sia
usata per “fare opposizione”.

Il Marocco, “figlio” della madrepatria francese

Per quanto riguarda la posizione della Francia, il sostegno del paese al Marocco risale al
1957, quando il governo decise di adottare una politica di appoggio militare all’ex colonia
marocchina per evitare possibili insurrezioni nel Sahara Spagnolo, nella zona di Ifni o in
Mauritania. Circa le pretese del Marocco sul Sahara Occidentale, le considerazioni
francesi per confermare il suo sostegno includevano, innanzitutto, l’importanza di
scongiurare la creazione di uno stato di lingua spagnola e garantire la continuità fisica del
dominio francofono nell’Africa Occidentale; anche gli interessi economici francesi nella
zona erano tali da richiedere l’intervento governativo di Parigi affinché non venisse
modificato lo status quo dell’area.
Il Marocco, inoltre, svolgeva un ruolo rilevante nelle operazioni militari francesi in
Africa, inviando contingenti dell’esercito nello Zaire, in Benin e in Guinea Equatoriale.

A stabilire quale priorità la stabilità del Regno del Marocco era anche la sua relativa
apertura nei confronti dello Stato d’Israele, che lo poneva sul piano di un “modello” che
gli stati musulmani avrebbero dovuto imitare e, certamente, la sua funzione di baluardo e
barriera contro l’espansione del comunismo. Nel corso del conflitto con il Fronte
Polisario, gli Stati Uniti e la Francia appoggiarono il loro alleato conservatore contro il
socialismo algerino fornendo il Marocco di armi, aiuti finanziari ed energetici.
Di fatto, si puó dire che parte dell’organizzazione logistica della Marcia Verde, cosí come
l’intervento mauritano nel conflitto “furono orchestrati al Quai D’Orsai” 244 .
Oltre a legami personali di amicizia tra l’allora presidente francese Valéry Giscard
d’Estaing e Hassan II, vi era una ragione di stato, già accennata, ben precisa
nell’appoggiare un Sahara marocchino: tutta l’Africa Occidentale sarebbe stata, se il
Marocco avesse potuto “recuperare” il Sahara Spagnolo, francofona.
Così, il presidente tunisino Bourghiba e il suo pari del Senegal Leopold Senghor
sostennero la Francia nel tentativo di avvicinare la Mauritania a una posizione pro-
marocchina. Il sostegno francese al Marocco non rifletteva ovviamente una posizione
unica e universale riguardo alla questione: il partito socialista francese, ad esempio,
criticó fortemente l’attitudine del governo francese.

243
La Spagna è il paese europeo che ospita più bambini saharawi: circa 8.000 ogni estate.
244
Cfr. G. PÉREZ GARCÍA, El Diario Le Monde y la intervención francesa en el Sáhara Occidental, Ámbitos – Revista
Internacional de Comunicación, n. 15, 2006, pp. 435-448.

153
La Francia, in definitiva, ha affermato il diritto all’autodeterminazione in via di principio
del popolo saharawi, conformemente alla dottrina delle Nazioni Unite, ma rimane
estremamente legata al Marocco da questioni politiche, economiche e culturali; sia
all’interno delle sedi europee che presso l’ONU non ha mai avanzato alcun appoggio
ufficiale, ma il suo sostegno a Mohamed VI è evidente e spesso in sede di Consiglio di
Sicurezza ONU nel corso degli anni il linguaggio delle risoluzioni venne adattato in modo
che la Francia non facesse ricorso al potere di veto 245 .
Secondo alcuni analisti è possible individuare varie fasi del coinvolgimento francese nella
questione del Sahara Occidentale, scandite dall’orientamento dei governi succedutisi:
seguendo la tesi di Berramdane 246 , ad esempio, durante il governo di Giscard d'Estaing, il
Marocco fu un intermediario fidato della politica africana e araba, anche se, tuttavia, la
neutralità francese nella questione saharawi rispondeva alla necessità di una stabilità
regionale (contrapposta all'asse Libia-Algeria).
I primi anni Ottanta videro un leggero cambiamento, operato da Mitterand e dal suo
partito socialista che solidarizzava con il Fronte Polisario, attraverso un certo riequilibrio
delle relazioni con l'Algeria. Ma tale strategia fu di breve durata: dal 1983 seguì una
maggior “neutralità” e la Francia si affermò quale il primo paese nel sostegno del
risanamento del debito pubblico e negli aiuti finanziari verso il Marocco. Un momento di
crisi nelle relazioni dei due paesi si manifestò nel 1990, con la pubblicazione di un saggio
ad opera di Gilles Perrault, Notre ami le roi, che svelava i lati più autoritari del Regno del
Marocco, e l'annuncio della visita di Danielle Mitterand ai campi di Tindouf. Ma anche
tale episodio si risolse senza incrinature permanenti, come dichiarò il Ministro degli
Esteri marocchino: “Sono intervenuto per far comprendere alla signora Mitterand che la
sua presenza personale poteva colorare l'avvenimento con un significato politico (...) e ha
voluto ben comprendere il mio messaggio” 247 .
La Francia di Chirac poi rimase ancorata ad una visione anacronistica risalente all’epoca
della Guerra Fredda e al suo impero coloniale.
La guerra del Sahara Occidentale, il suo prolungamento e l’attuale stallo del processo di
pace non sarebbero stati possibili, in ogni caso, senza l’attivo appoggio francese alla
causa marocchina. Da un lato, infatti, la Francia ha voluto sviluppare nel Maghreb una
politica di assenza di tensioni con i paesi musulmani, che si è tradotto in un “laissez-faire
politico“ verso i regimi arabi-musulmani, e nell’articolazione di profonde relazioni
economiche con essi.
Per molti anni la política estera francese ha considerato poco rilevante la
democratizzazione interna dei paesi arabi, limitandosi a stipulare accordi economici con
regimi poco democratici, per poi virare decisamente di rotta e affiancarsi agli Stati Uniti
nella considerazione che solo la democrazia, ormai avviata nel regno di Mohamed VI,
possa prevenire i pericoli dell’islamismo radicale e della sua arma principale, il
terrorismo.

245
Cfr., tra gli altri, A. THEOFILOPOULOU, op. cit.
246
Cfr. A. BERRAMDANE, op. cit., pp.107-108.
247
Cfr. R. Dumas, Rabat, 9/11/1990: Dichiarazione ufficiale citata in T. DE SAINT MAURICE, op. cit., p. 146.

154
La posizione dell’Unione Europea

La posizione dell’Unione Europea in relazione alla situazione del Sahara Occidentale è


influenzata dalla sua stessa natura di soggetto unico del diritto internazionale, composto
però da diversi organi e stati membri, che mantengono posizioni autonome sulla
questione. In generale, i paesi meno coinvolti in rapporti commerciali con il Marocco, e
che non hanno conosciuto un passato coloniale (come Irlanda, Grecia, Svezia e Finlandia)
si sono espressi da sempre esplicitamente a favore dell'indipendenza. Altri, tra cui
Germania, Olanda e Belgio, lo hanno fatto in maniera meno diretta, attendendo la
celebrazione del referendum per assumere una posizione ufficiale.
L'Italia, come tutti i paesi europei che ospitano rappresentanze saharawi, è divisa tra il
governo centrale, idealmente a favore del referendum ma molto cauto nel far sì che si
svolga realmente, e la società civile, che da anni sostiene materialmente la Rasd.
A metà degli anni Novanta un'alleanza con il Marocco prevedeva il rifornimento di armi,
l'addestramento dei militari nel loro utilizzo e lo stanziamento di fondi per la
cooperazione bilaterale.
Il Parlamento Europeo, l'organo più indipendente dagli esecutivi dei membri, si interessò
della questione del Sahara Occidentale sin dal 1979, proponendo risoluzioni, avanzando
proposte, interrogazioni e raccomandazioni in merito al conflitto. L’interesse al rispetto
dei diritti umani in Marocco, la denuncia delle violazioni e la verifica delle persone
scomparse dall’inizio della occupazione sono stati altri temi correlati di grande interesse
per l’organo europeo. Il Sahara Occidentale fu al centro dei dibattiti nel 1986, quando un
precedente accordo tra la Spagna e il Marocco, prossimo a scadenza, avrebbe dovuto
essere ri-negoziato. L’ambiguità che pervadeva l’accordo a proposito dell’estensione
delle acque di giurisdizione marocchina, che includeva le acque territoriali del Sahara
Occidenatel pur senza nominarle esplicitamente, aprì le prime discussioni circa il dovere
di tutelare le risorse di un popolo che ancora non aveva potuto autodeterminarsi.
Nelle sue risoluzioni, il Parlamento Europeo richiese ripetutamente al Marocco di
rispettare gli impegni assunti e le convezioni internazionali firmate, e di interrompere
ogni attività volta a ritardare l’attuazione del referendum; d’altra parte ha richiesto anche
agli organi dell’UE e agli Stati Membri di esercitare pressioni sul Marocco affinché
fossero realizzate le disposizioni dell’ONU e rispettati i diritti umani.

Nel 1996 il Parlamento ha invitato la Commissione a vigilare sul rispetto dei diritti
umani, sull’evoluzione democratica in Marocco e a presentare, almeno una volta l’anno,
una relazione su questi temi. Nel corso degli anni, poi, il Parlamento indusse la
Commissione ad aumentare gli aiuti umanitari e a dare, insieme al Consiglio, il più ampio
sostegno alle attività preparatorie per il referendum, facendo riferimento anche alla
storica responsabilità di alcuni Stati Membri. L’Unione Europea d’altra parte ratificava in
quello stesso anno un accordo di associazione con il Marocco finalizzato a creare nel
2010 un’area di libero scambio: nel preambolo dell’accordo di Partenariato

155
Euromediterraneo si poneva l’accento sul rispetto dei diritti umani e dei principi
democratici.
Grazie all'interesse personale di alcuni parlamentari, nel 1998 venne istituito l'intergruppo
parlamentare “Pace per il Popolo Saharawi”. Il Parlamento Europeo oggi, da parte sua,
adotta periodicamente risoluzioni relative alla questione del Sahara Occidentale. In esse,
gli “euro-deputati” affermano ancora una volta in modo generale il loro sostegno ail
diritto di autodeterminazione della popolazione saharawi, condannando le violazioni dei
diritti dell’uomo in Marocco e nel Sahara Occidentale, e denunciando l’occupazione
marocchina del territorio. Tuttavia non dispone ancora di un vero potere politico né sulla
Commissione, né sul Consiglio, e le sue risoluzioni hanno un semplice valore morale e di
indirizzo.

Per quanto riguarda la Commissione Europea, questa evitò per lungo tempo di affrontare
il problema del conflitto: il settore della pesca è infatti l’oggetto più imporante delle
negoziazioni tra Rabat e Bruxelles 248 .
Gli accordi relativi alle acque territoriali sahariane, non solo hanno sancito la legittimità
economica del Marocco, ma hanno consentito ai paesi membri di trarre benefici
economici da un'occupazione illegale. Essendo ancora in via di definizione lo statuto del
Sahara Occidentale, gli accordi sulla pesca e ogni altro accordo relativo allo sfruttamento
delle risorse di quei territori, conferiscono implicitamente una sovranità politica al
Marocco 249 .
Il Consiglio si è interessato più volte della questione del Sahara Occidentale, ma la
posizione resta di compromesso. Le azioni e le risposte, date alle interrogazioni poste dai
deputati del Parlamento europeo, sono vaghe: ribadiscono l’impegno dell’Unione a
sostenere il piano di pace delle Nazioni Unite, gli sforzi finalizzati a trovare una soluzione
accettabile, stabile e duratura del problema, continuando a operare nel campo umanitario.
Il Consiglio non fa nessun riferimento alla violazione dei diritti umani da parte del
Marocco. Se l’UE si dichiara ufficialmente neutra nella questione del Sahara Occidentale,
è in realtà accusata da varie organizzazioni internazionali di violare il diritto
internazionale tramite gli accordi di pesca con il regno marocchino.

Per quanto riguarda il ruolo dell’Unione Europea nella questione del Sahara Occidentale,
non si può prescindere dall’accordo di pesca concluso nel 2005 con il Marocco. Tenterò
qui di presentare, in una forma breve ma il più esaustiva possibile, i problemi che tali
accordi pongono e il modo in cui influenzano la non-risoluzione del conflitto.
Come stabili la CIG nel 1975, il teritorio del Sahara Occidentale non rientra nella
sovranità marocchina, né nello status giuridico di terra nullius, bensì il suo status va
contemplato in tre ambiti di regolamentazione: l’applicazione del principio di
autodeterminazione dei popoli; l’applicazione delle convenzioni di Ginevra del 1949 sulla

248
Ricordo qui l’accordo di pesca del 1999, rinnovabile per quattro anni, poi rinnovato nel 2005 includendo i etrritori del
Sahara Occidentale.
249
Cfr. T. DE SAINT MAURICE, op. cit., p.17.

156
protezione delle vittime nei conflitti armati e l’applicazione del principio della risoluzione
pacifica delle controversie.

Il 28 luglio 2005 il Marocco e la Comunità Europea stipularono un accordo di pesca che


permette a barche di bandiera europea di pescare nelle acque marocchine. Tale accordo è
piuttosto controverso, in qunato non specifica estattamente dove si producano tali attività.
Secondo l’accordo, le imbarcazioni europee possono pescare in “acque sotto la sovranità
o la giurisdizione del Regno del Marocco”. Con tale definizione la questione si è
convertita in un tema soggetto a interpretazioni delle più varie. Non appare chiaro infatti
se le barche possano pescare in acque saharawi. Il Sahara Occidentale non è stato mai
parte del Marocco, e il territorio si trova dal 1975 sotto l’occupazione illegale di questo;
nessuno stato UE ha riconosciuto l’annessione del territorio, ove si produce la maggior
attività peschiera della zona.
Il fatto che non siano state indicate chiaramente le coordinate per la sua applicazione, ha
lasciato nelle mani del marocco e dell’industria peschiera l’interpretazione, estensiva o
restrittiva, della delimitazione del territorio. La Comissione Europea ha fornito dati che
dimostrano che le barche stanno pescando in acque saharawi, ed esso costituisce
chiaramente una violazione del diritto internazionale.
Ciò dimostra che l’accordo mancava di chiarezza fin dal primo momento. Ora che gli stati
ne hanno avuto l’evidenza, sarebbe indicato fermare temporalmente qualsiasi attività di
pesca nella zona, fino a che non si modifichi l’accordo come conviene. L’accordo deve
essere modificato, in modo che si renda esplicita la sua applicabilità unicamente nelle
acque riconosciute internazionalmente come marocchine, il che esclude le acque del
Sahara Occidentale. Dal punto di vista dell’UE e delle leggi internazionali, la
Commissione Europea è obbligata a realizzare accordi conformi alla legalità
internazionale, per cui

"Si la UE no se asegura de que las aguas del Sahara Occidental se


excluyen del acuerdo de pesca, se puede estar enviando un mensaje
de complicidad en la violación del derecho de los saharauis a la
soberanía permanente sobre sus recursos naturales. Los estados
miembros también serían responsables de la violación de los
derechos de los saharauis”.

Secondo il Western Sahara Resource Watch, fu difficile far riconoscere tale fatto alla
Commissione Europea; tale ammissione giunse solo a seguito della formulazione da parte
dei membri del Parlamento Europeo di sette interrogazioni ufficiali alla Commissione,
tutte di differente contenuto e significato. Gli “europarlamentari” Caroline Lucas (Regno
Unito), Raúl Romeva (Spagna) e Karin Scheele (Austria) raccolsero informazioni
riguardo barche nei rapporti dell’area di pesca chiamata “34.1.3” , relativa precisamente
al Sahara Occidentale.

157
Figura 9. L’area di pesca 34.1.3 è suddivisa in 1.31 e 1.32

Fino ad allora, ogni qualvolta si domandasse alla Commissione se le barche dell’Unione


Europea pescavano in acque del Sahara Occidentale, la risposta era che la definizione
dell’area di applicazione dell’accordo era di responsabilità marocchina.
Avendo ignorato il governo marocchino le disposizioni di diritto internazionale, è dovere
dell’Unione Europea modificare l’accordo a beneficio del popolo saharawi, che, secondo
quanto stabilito e applicato attualmente, va contro i desideri e gli interessi del popolo
saharawi. Anche l’Unione Africana si è unita a WSRS nel richiedere che il Consiglio
Europeo esiga una revisione e ri-negoziazione da parte della Commissione, definendo
chiaramente il limite della sovranità e giurisdizione marocchina al di sopra del parallelo
27’40 .
Alcuni dati pubblicati recentemente dimostrano che almeno tre paesi, nella fattispecie
Spagna, Lituania ed il Regno Unito lavorarono in acque saharawi nel corso del 2007, ma
in realtà molto probabilmente si realizzarono più casi, essendo parte delle acque saharawi
anche una zona classificata fuori dall’area menzionata 34.1.3.
Inoltre, ben undici stati dell’UE ottennero licenze di pesca con tale accordo. L’11 giugno
scorso, ad esempio, a seguito di accurate ricerche alcuni attivisti di Greenpeace si
incatenarono a un peschereccio svedese per impedire che questo salpasse alla volta delle
acque del Sahara Occidentale .

Il capo della delegazione negoziatrice della Commissione Europea, César Debén,


giustificò in un primo momento il fatto che l’accordo includesse le acque del Sahara

158
Occidentale, chiarendo che ciò avvenne “non perché la Commissione consideri le acque
marocchine”, ma perché “sono sotto l’amministrazione marocchina”, il che si deduceva
dagli Accordi Tripartiti di Madrid.

In effetti, il governo spagnolo continua ad indurre in errore l’UE rispetto allo status del
Marocco nel Sahara Occidentale. Già nel giugno 2005 il Ministro degli Esteri Moratinos,
alla vigilia della firma dell’Accordo di pesca, aveva ripetuto addirittura tre volte 250 che il
Marocco fosse la “potenza amministratrice” sul territorio, poiché gli Accordi di Madrid,
ultimo atto politico del franchismo, “dieron a Marruecos su calidad de potencia
administradora reconocida por Naciones Unidas”.
Le più alte cariche del governo spagnolo attuale seguono la stessa linea, senza
considerare né la nullità di tali accordi, né che lo statuto di “administering power” o
“puissance administrante”, regolato principalmente dall’articolo 73 della Carta delle
Nazioni Unite, avrebbe conseguenze giuridiche importanti, portando con sé diritti (o
facoltà) e obblighi (o responsabilità). In primo luogo, infatti, la potenza amministratrice
ha responsabilità di tipo tecnico, come l’obbligo di fornire informazioni statistiche sul
territorio, e ha pieni diriti nell’esplorazione o sfruttamento delle risorse naturali del
territorio colonizzato, purchè i benefici siano allocati alla popolazione autoctona. La
qualità della Spagna in quanto potenza amministratrice fu resa esplicita dalle Nazioni
Unite per la prima volta nel 1965, e ritirata espressamente da varie risoluzioni successive
dell’Assemblea Generale 251 .
L’accordo di Madrid in nessun caso trasferì tale qualità al Marocco, come precisò, tra
l’altro, il Vicesegretario Generale dell’ONU e consigliere giuridico della Organizzazione,
Hans Corell, nel suo parere del 29 gennaio 2002:

“El Acuerdo de Madrid no transfirió la soberanía sobre el


Territorio ni confirió a ninguno de los signatarios la condición de
Potencia administradora, condición que España, por sí sola, no
podía haber transferido unilateralmente”

Lo stesso parere, diretto alla Spagna, riaffermava che

“Marruecos no figura como la Potencia administradora del


Territorio en la lista de Territorios no autónomos de las Naciones
Unidas (…). 252 ”.

250
Ciò avvenne poco prima della firma dell’Accordo di pesca UE-Marocco, durante una seduta del Senato il 22 giugno, nel
programma televisivo “La mirada critica” del canale Tele5 il 27 dello stesso mese, e il giorno 29 dinanzi al Congresso: cfr.
RUIZ MIGUEL, Treinta años después, ¿es posible un Sahara independiente?, GEES, 2006.
251
Si tratta precisamente delle Risoluzioni n. 2229 del 20 dicembre 1966; n. 2354 del 19 dicembre 1967; n. 2428 del 27
dicembre 1968; n. 2591 del 16 dicembre 1969; n. 2711 del 14 dicembre 1970; n. 2983 del 14 dicembre 1972 e della
Risoluzione n. 3162 del 14 dicembre 1973.
252
Cfr. il parere del Vicesegretario Generale dell’ONU Hans Corell del 29 gennaio 2002, punti 6-7.

159
Lo stesso Inviato Personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Sahara
Occidentale, Peter van Walsum, riconobbe, pur cinicamente, che l’accordo di pesca UE-
Marocco era contrario al diritto internazionale 253 . Nello stesso senso si era pronunciato
chiaramente l’ex Rappresentante Speciale del Segretario Generale ONU Francesco
Bastagli, la cui carica terminò nel settembre 2006 254 . Nell’articolo cui mi riferisco
Bastagli affermava che

The natural resources of the territory, which under the UN Charter


should be used for the sole benefit of the Saharawi people, are
being exploited by Morocco. A recent agreement between
Morocco and the European Union gave European fishing fleets
access to Western Saharan waters, among the richest in the world.
Only Sweden spoke against it”.

A quasi trent’anni dalla firma di tali accordi, che, si ricorda ancora una volta, la ONU
stessa dichiarò nulli perché violavano una norma cogente del diritto internazionale, che il
rappresentante della Commissione Europea fondasse in questi la legalità dell’accordo di
pesca, aggiugendo che anche il popolo saharawi ne avrebbe beneficiato, costituì
purtroppo un’ipocrisia che non è stata sufficientemente denunciata dagli altro organi
dell’Unione, come neppure dalla stampa.
La Commissione Europea si rivela essere, quasi ironicamente, il maggior fornitore di
assistenza umanitaria nel Sahara Occidentale, per una somma di oltre 133 milioni di euro
a partire dal 1993. Nel 2007 vennero allocati nel territorio circa 10 milioni di euro,
finalizzati al miglioramento delle condizioni di vita dei rifugiati.
Particolare attenzione è stata indirizzata da sempre al problema delle acque e della
decontaminazione, alle campagne di sensibilizzazione per l’igiene e formazione del
personale sanitario, e alla distribuzione di generi alimentari per combattere la
malnutrizione. Proprio per quanto concerne l’alimentazione, nel 2007 vennero destinati
circa 5 milioni di euro per il rifornimento di alimenti vari e complementi nutritivi 255 . Il
tema della prevenzione e controllo delle malattie virali epatiche, in particolare, è
fondamentale.
Anche per il 2008 lo stanziamento è pari a 10 milioni di Euro, per l’assistenza umanitaria
svolta da organizzazioni non governative specialistiche e da organizzazioni
internazionali, in particolare le agenzie ONU, la Croce Rossa Internazionale, la
Mezzaluna Rossa, Amnesty International e Human Rights’ Watch.

L’assistenza comunitaria nell’area è fornita esclusivamente all’interno del dipartimento


per l’assistenza umanitaria ECHO, l'European Commission’s Humanitarian Office, creato

253
“Rapporto del Segretario Generale sulla Situazione nel Sahara Occidentale” (S/2006/817) del 16 ottobre 2005. In tale
rapporto si afferma che “nella misura in cui si perpetui lo status quo, la comunità internazionale inevitabilmente si sta
abituando sempre più all’idea di un controllo marocchino sul Sahara Occidentale. L’accordo di pesca stipulato nel luglio
2006 tra l’Unione Europea e il Marocco costituisce un caso che ben illustra la situazione” (paragrafo 20).
254
Cfr. F. BASTAGLI, The forgotten Referéndum, “International Herald Tribune”, 4 novembre 2006. L’articolo è
disponibile, riprodotto, nell’archivio del sito web del Grupo de Estudios Estratégicos GEES.
255
Cfr. il sito web della Commissione Europea, sezione “Humanitarian Aid”.

160
per gestire i fondi comunitari per la cooperazione e coordinare l'azione delle Ong
europee; l'ECHO opera fin dal 1993 in favore dei saharawi. Il Sahara Occidentale non
rientra infatti nella lista dei paesi beneficiari dello strumento DCI per la cooperazione allo
sviluppo, né in altri strumenti per la nuova programmazione ENPI, o nelle evoluzioni del
partenariato Euromediterraneo, ecc. Eventuali programmi oltre ad ECHO, potrebbero
essere pensati nel quadro dei progetti trasfrontalieri coi paesi vicini Algeria, Mauritania e
Marocco.
Anche l’Algeria, come il Marocco è membro partecipante dell’European Neighbour
Policy 256 ma in tale contesto, la questione del Sahara Occidentale è rimandata unicamente
al programma menzionato. E’ evidente come il conflitto sia definito in tutti gli spazi
offerti dall’Unione Europea, quale “crisi umanitaria”, e non vi sia accenno, in nessun
ambito che riguardi la regione, alle responsabilità marocchine. Il Marocco viene infatti
solo nominato nella pagina di presentazione della questione dei rifugiati saharawi, senza
alcun riferimento all’occupazione della Marcia Verde, o all’edificazione dei muri divisivi,
o all’ostacolamento marocchino del referendum, affermando quest’unico dossier sul
Sahara Occidentale solamente che

“Following the Madrid Agreements signed in 1975, Spain pulled


out of the Western Sahara, handing over control of two-thirds of
the territory to Morocco and one-third to Mauritania. The Polisario
Front, founded in 1973 by the opponents of the Spanish
colonisation, proclaimed the Saharawi Arab Democratic Republic
(SADR), and established a government- in-exile. (…) In 1991, the
two warring factions accepted mediation from the United Nations
to resolve the conflict, which up to the present date is still
unresolved and without a solution for these people in exile 257 .”

La società civile e i governi locali nella questione del Sahara Occidentale

Per garantirsi un sostegno istituzionale i rappresentanti saharawi sembrano essere sempre


in febbrile attività. Una lunga serie di viaggi, appelli, dichiarazioni ha permesso infatti in
questi anni di mantenere vivo il dibattito sulla questione sahariana a livello mondiale.
Mentre nessuno riconosce formalmente l’annessione marocchina del territorio, solo pochi
paesi hanno riconosciuto ufficialmente l’esistenza della RASD, preferendo in molti casi
limitarsi a considerare il Fronte Polisario come legittimo rappresentante della popolazione
saharawi. Nonostante l’appoggio di un numero crescente di paesi, il rischio per il popolo
saharawi è sempre di ritrovarsi con dichiarazioni fini a se stesse e nell’assenza concreta di
interventi risolutori, che vadano oltre le pur indispensabili missioni umanitarie.

256
Per informazioni sul progetto finanziato dall’UE per il Sahara Occidentale rimando al link presente nel sito della
Delegazione della Commissione Europea in Algeria, ECHO – Aide Humanitaire,
http://www.deldza.ec.europa.eu/fr/algerie_home/ (in lingua francese)
257
Cfr. Commissione Europea, “Humanitarian Aid”, sezione “Aid in Action”.

161
Andrea Anselmi nel 2005 258 aveva individuato una nuova categoria di attori possibili
protagonisti di un avanzamento della questione del Sahara: gli attori non statali, ovvero le
organizzazioni non governative, le associazioni nazionali e internazionali, la società
civile.
Le richieste, le manifestazioni, le pressioni “dal basso” hanno, in effetti, il merito di
mettere in evidenza delle situazioni che spesso vengono oscurate. Numerose ONG ad
esempio hanno accusato e continuano ad accusare il Marocco di impedire la diffusione di
informazioni relative alle manifestazioni, di violenze, processi in cui non vengono
garantite le libertà fondamentali, e repressioni nei territori occupati. La pressione e
l’azione di queste organizzazioni diventano ancora più efficaci se abbinate a
manifestazioni di tipo popolare, che dimostrano la consapevolezza e la protesta di
opinioni pubbliche straniere nei confronti del caso sahariano.

L'attenzione della società civile e di alcuni ambienti legati alle lotte dei movimenti di
liberazione del Terzo Mondo ha origine fin dagli anni Settanta; noto è il sostegno della
lotta saharawi venuto della sinistra europea, che nel 1976 organizzò a Parigi la
Conferenza Internazionale “Pace per il popolo Saharawi” 259 . Gestita insieme ai Comitati
di sostegno all'indipendenza saharawi, questa coinvolgeva i partiti comunisti di Francia,
Spagna e Italia (ovvero PCF francese, PCE spagnolo e il PCI italiano), che nel 1979 e
1980 promossero una più intensa mobilitazione nelle rispettive capitali.
Oggi i programmi di aiuto alla popolazione dei campi, che vive interamente di questi aiuti
internazionali, hanno diversa provenienza, ma la loro realizzazione avviene sempre in
collaborazione con le istituzioni saharawi, organizzate per settori e coordinate dalla
Mezzaluna Rossa Saharawi e dal Ministero della Cooperazione. Queste due istituzioni
collaborano in maniera permanente nella valutazione periodica delle necessità primarie,
nella ricerca di nuove risorse e nella distribuzione degli aiuti ricevuti, soprattutto in settori
fondamentali quali l'alimentazione, l'assistenza medico-sanitaria e la fornitura di
materiale logistico.
Il coordinamento in loco delle diverse fasi dell'aiuto umanitario è comunque l'aspetto più
difficile, in quanto deve garantire un soddisfacimento immediato e costante dei bisogni di
base della popolazione, oltre a dover rispettare processi di sviluppo umano sostenibile.

Nel nostro paese i soggetti maggiormente attivi sono associazioni locali e nazionali, Ong
e autonomie locali, sovente riunite in Comitati di sostegno o coordinamenti organizzati su
base regionale. L'Associazione Nazionale di Solidarietà al Popolo Saharawi (ANSPS) ha
sede a Roma, e ad essa fanno riferimento tutti i comitati regionali. Tre sono le sue attività
principali: appoggio politico attraverso la mobilitazione degli enti locali e la pressione sul

258
Cfr. A. ANSELMI, Marocco:Sahara Occidentale, un capitolo sempre aperto, Equilibri, dicembre 2005.
259
Descrizioni più dettagliate sui rapporti tra partiti comunisti europei e Fronte Polisario sono presenti in: M. BARBIER,
op.cit., pp. 295-297 e in O. YARA, op. cit., pp. 50-52.

162
governo italiano, invio di aiuti diretti agli accampamenti e sostegno ai progetti di
accoglienza.
La sensibilità delle autonomie locali italiane verso la situazione dei rifugiati saharawi
nacque nel 1983, con l'accoglienza in Toscana di un piccolo gruppo di profughi, ospiti dei
sindacati.
Anche l'Emilia Romagna sostiene progetti di aiuto umanitario e cooperazione da più di
quindici anni nei territori del Sahara Occidentale, conformemente a due leggi del
Consiglio regionale 260 . L’area di intervento prioritario stabilita dalla Regione Emilia -
Romagna è il campo di Smara, nel quale si svolgono attualmente tre programmi: un
programma sanitario, un “programma donne”, e infine un programma ambientale, tutti
suddivisi in moduli progettuali. Il consolidamento e rafforzamento del sistema
dell’istruzione pubblica è considerato un altro tema cruciale, sia con azioni di
riabilitazione, che con il sostegno ai centri di formazione e alle insegnanti.
Anche la Regione Liguria possiede ormai una “tradizione” nelle politiche e azioni di
appoggio al popolo saharawi. Oltre alle associazioni presenti nell’area, dalla regione
stessa parte l’impulso per il gemellaggio e la sensibilizzazione all’interno delle varie
province, accolto in molti casi favorevolmente. Le iniziative di tutte queste realtà
associative e della cooperazione decentrata sono molteplici ed eterogenee. Alcune si
svolgono regolarmente una volta l'anno, o in periodi definiti, come l'accoglienza nei mesi
estivi dei bambini saharawi 261 o l'invio, con altre realtà europee, di “Carovane della
Solidarietà” verso i campi in Algeria.

A queste azioni di solidarietà si affiancano quelle politiche, ovvero il ricorso a risoluzioni,


mozioni, dichiarazioni di appoggio e sostegno al Piano di Pace dell'ONU promossi dagli
Enti Locali al momento dell'organizzazione di un gemellaggio. Scegliendo la RASD nel
contesto dei campi profughi, e quindi appoggiando una delle parti in conflitto, queste città
fanno assumere ai gemellaggi caratteristiche politico-diplomatiche rilevanti, nel tentativo
di influenzare l'atteggiamento del governo, che non riconosce la Repubblica, ma
riconosce il Fronte Polisario come legittimo rappresentante del popolo saharawi, del
quale tra l’altro esiste una sede di rappresentanza a Roma, gestita da Omar Mih.

260
Si tratta della Legge Regionale n. 309 del 1997 e n. 6491 del 2000. Il Sahara Occidentale rientra anche tra i “paesi
prioritari” compresi all’Interno del Documento di Indirizzo Programmatico Triennale 2006-2008, afferente alla Legge
Regionale 12/2002 “Interventi regionali per la cooperazione con i paesi in via di Sviluppo e i paesi in via di transizione, la
solidarietà internazionale e la promozione di una cultura di pace”.
261
L’accoglienza dei bambini saharawi durante alcune settimane risulta essere tra le iniziative maggiormente diffuse; per
quanto riguarda la provincia di Genova, ricordo qui l’accoglienza da parte del Comune di Bogliasco di bambini saharawi
nel corso dell’estate scorsa, e le numerose attività portate a termine dall’associazione genovese “Creativi della notte Music
for Peace” per sostenere il popolo saharawi, tra cui il progetto Solidarbus 2008, per la raccolta di beni di prima necessità.

163
3. Al di là dell’Atlantico. La politica estera degli Stati Uniti nel conflitto del
Sahara Occidentale e il ruolo dell’America Latina

Il coinvolgimento indiretto degli Stati Uniti nel conflitto del Sahara Occidentale ebbe
inizio fin dal principio del conflitto o, più precisamente, fin dagli Accordi di Madrid
quando l’amministrazione americana esercitò pressioni sul governo spagnolo, nel difficile
periodo del termine della dittatura e della transizione democratica, affinché la Spagna
abbandonasse i territori del Sahara. Gli Stati Uniti erano già all’epoca a conoscenza delle
prospettive di un Sahara Occidentale libero e indipendente sotto il Fronte Polisario,
considerato un “movimento per l’indipendenza orientato a sinistra”, e speravano di
potenziare il successo politico del sovrano marocchino, di orientamento dichiaratamente
pro-occidentale.
Gli USA sostennero allora gli sforzi nella guerra contro il Polisario con misure
diplomatiche, armamenti e supporto logistico. Nonostante le iniziali difficoltà e il rischio
di capitolazione per il Marocco,

“By 1987, however, due in large part to large-scale American


military support, Morocco succeeded in conquering virtually the
entire territory, including the former Mauritanian sector. The U.S.
blocked enforcement of the 1975 UN Security Council resolution
demanding Morocco’s withdrawal and recognizing Western
Sahara’s right to national self-determination 262 .”

Gli Stati Uniti e il Marocco intrattengono relazioni da molto tempo (il primo accordo di
amicizia stipulato con un sultano marocchino pare risalga addirittura al 1787), e a partire
dagli anni Cinquanta lo stato nordafricano ha ricevuto aiuti dagli Stati Uniti più che
qualsiasi altro stato africano, ad eccezione dell’Egitto: dal principio del conflitto del
Sahara Occidentale il Marocco ha ricevuto più di un quinto dell’aiuto totale americano
nel continente, totalizzando più di un miliardo di dollari di assistenza e 1,3 miliardi di
dollari in aiuto economico 263 .
In cambio, il Marocco è stato uno degli alleati strategici più vicini a Washington, sia in
Africa sia in tutto il mondo arabo, in particolare durante i primi anni
dell’Amministrazione Reagan (1981-1989). Oltre a facilitazioni di accesso ai porti e alle
vie aeree, acconsentendo al decollo e all’atterraggio dell’aviazione militare americana, vi
è stata una stretta cooperazione tra i rispettivi servizi segreti. Nonostante una storia di
strette relazioni con l’Iraq, il Marocco inviò, ad esempio, contingenti militari in Arabia
Saudita per sostenere nel 1990 gli sforzi dell’esercito statunitense in Kuwait, e i due stati

262
Cfr. S. ZUNES, Morocco and Western Sahara, International Relation Centre, “Foreign Policy in Focus”, vol. 3, n. 42,
dicembre 1998, p.1.
263
Cfr. Ibidem.

164
cooperarono nel sostegno a regimi pro-occidentali in vari stati africani, con l’evidente
collaborazione del Marocco resa ai servizi segreti della CIA.

La contropartita fu costituita da molti silenzi riguardo le violazioni dei diritti umani


compiuti dal governo marocchino contro il suo stesso popolo fino alla fine degli anni
Novanta, e gli Stati Uniti invitarono il Marocco a perseguire dubbie politiche economiche
neoliberali, che non giovarono alle condizioni economiche della popolazione. Con la
sconfitta del comunismo, il Marocco è stato esplicitamente considerato un baluardo
contro l’estremismo islamico e un modello per il riformismo economico statunitense nei
Paesi in Via di Sviluppo.
Si presentano però alcuni problemi relativamente al sostegno statunitense al Marocco:
primo fra tutti, il fatto che il sostegno degli USA all’invasione e occupazione marocchina
legittima l’aggressione territoriale, e ciò potrebbe costituire un pericoloso precedente; è
opinione di molti osservatori americani, inoltre, che la continuazione dell’occupazione
possa essere una fonte di instabilità politica sia in Marocco che nella regione come
insieme; infine, anche a livello di opinione pubblica americana, gli Stati Uniti sono stati
criticati per il supporto ad un governo autocratico, in nome delle priorità economiche,
indipendentemente quindi dalla questione del Sahara.

Sia il rifiuto statunitense di assumere una posizione chiara e forte contro l’occupazione
del Sahara Occidentale, sia la riluttanza del Marocco a cooperare con l’ONU sono stati
considerati infatti atteggiamenti suscettibili di introdurre un “precedente” nella storia
delle Nazioni Unite, e creare così le condizioni per un pericoloso futuro dell’ONU per
quanto riguarda la capacità di redimere le controversie. Scriveva il Los Angeles Times, a
proposito dello stallo nel processo di pace, che “The problems have been exacerbated by
the evident unwillingness of the United States to put much pressure on King Hassan.”
Nel corso dell’amministrazione Bush (1989-1993) alcuni legislatori riuscirono a far
passare una risoluzione al Congresso nel quale si sosteneva un referendum libero, onesto
(fair) e trasparente, condotto in presenza di osservatori nazionali e internazionali e media
internazionali, senza pressioni o interferenze, che fossero amministrative come militari.
I legislatori richiesero alla successiva amministrazione Clinton (1993-2001) di sostenere
il processo referendario, ma nonostante le raccomandazioni effettuate nel rapporto della
Commissione di Relazioni Internazionali del Senato americano, che esortava Washington
a esercitare pressioni sul Marocco affinché si conformasse ai termini di accordo delle
Nazioni Unite, la politica americana pro-marocchina fu rafforzata ulteriormente.

Come con il conflitto israelo-palestinese, l’amministrazione Clinton “appears to have


taken a position to the right of its immediate Republican predecessor 264 ”, schierandosi a
favore di un controllo permanente del Marocco sul Sahara Occidentale.

264
Cfr. Ibidem, p. 3.

165
Nel novembre del 1995, infatti, gli Stati Uniti promossero una risoluzione del Consiglio
di Sicurezza che avrebbe forzato il referendum a procedere senza l’approvazione del
Polisario, basando il censo sui votanti inseriti nelle liste delle tribù “dubbie” dal Marocco.
Tale risoluzione fu bocciata, a seguito delle forti proteste dell’Algeria e del Sudafrica.

Su scala globale, l’irrisoluzione della questione del Sahara Occidentale è di grande


importanza anche per gli Stati Uniti, poiché influenza oggi la stabilità interna del
Marocco: il drenaggio di risorse da parte dei sovrani Hassan II e Mohamed VI per
investirle nella difesa e nel mantenimento delle truppe ha esacerbato i problemi
economici del Marocco, come si è già scritto, e ha incoraggiato la demagogia
ultranazionalista.
Rilevante per gli interessi statunitensi è anche la considerazione che il conflitto del Sahara
costituisce un ostacolo ad una maggiore cooperazione tra i paesi maghrebini, e il fatto che
abbia portato ad irriducibili divergenze tra il Marocco e l’Algeria, anch’esso prezioso
partner economico cui gli USA sono interessati. Tale instabilità regionale, in particolare
se si considera alla luce del crescente islamismo radicale nella regione, non serve certo gli
interessi americani.

Sono già purtroppo trascorsi dieci anni da quando Stephen Zunes scriveva che

“[…] whether the referendum will finally take place as planned or


(like previously scheduled votes) will be postponed, due to
disputes between Morocco and the Polisario over eligible voters
and other logistics, may depend on whether Washington is willing
to exert the necessary leadership to pressure its Moroccan ally. 265 ”

Tale volontà politica non si è rivelata nel corso dell’aministrazione Bush (2001-2009 266 ),
che anzi, in più occasioni si è dichiarata molto soddisfatta per l’avanzamento nel campo
economico e del riconoscimento dei diritti umani, e ha rafforzato così la cooperazione
bilaterale economica e militare 267 .
Una nota positiva è costituita, almeno, dal rifiuto dell’amministrazione Bush di
riconoscere la sovranità marocchina nei Territori. A tal proposito, il 17 giugno del 2004
Stati Uniti e Marocco conclusero un accordo di libero commercio che, tra altre questioni,
procedeva ad eliminare le tariffe doganali, fino ad allora applicabili alla quasi totalità dei
prodotti industriali e di consumo oggetto del commercio bilaterale tra i due paesi.

265
Cfr. Ibidem.
266
Al momento in cui si scrive (setiembre 2008) il mandato di George W. Bush è ormai al termine.
267
Cfr. Y. H. ZOUBIR, La politique étrangère américaine au Maghreb: constances et adaptations, “Journal d’Etudes des
relations internationales au Moyen-Orient”, vol. 1, n.1, luglio 2006.
Nel 2002, il Marocco ricevette il 72% degli aiuti totali americani al Marocco, all¡Algeria e alla Tunisia; nel 2005 tale
sostengo rappresentava l’81,8%, con più di 58 milioni di dollari; l’aiuto militare al 2006 constava di 20 milioni di dolari,
destinati ad aiutare il marocco non solo a fermare l’immigrazione clandestina ma anche, e soprattutto, a proteggere le
proprie frontiere e perseguire la lotta antiterrorismo; a seguito degli atetnatti di Casablanca del 2003 il sostegno militare è
dunque notevolmente aumentato, e ciò a segnalare che nella percezione dell’amministrazione americana il paradigma di
stabilità e sicurezza del governo marocchino é cambiato.

166
Come era da aspettarsi, il Marocco desiderava applicare l’accordo al territorio del Sahara
Occidentale, per aumentare così la stretta sul territorio e affermare la sua legittimità
politica, se non legale; il membro del Congresso J. Pitts presentò allora una domanda
formale al Rappresentante per il Commercio degli USA, Robert Zoellick, per essere
informato di quali fossero le sue considerazioni in proposito; la risposta
dell’amministrazione statunitense fu molto chiara: essendo la sovranità del Sahara
Occidentale in discussione, e “appoggiando pienamente gli USA gli sforzi delle Nazioni
Unite per risolvere la questione”, l’accordo di libero commercio sarebbe stato applicato al
commercio e agli investimenti nel territorio del Marocco internazionalmente riconosciuto,
escludendo perciò il Sahara Occidentale 268 .
Tuttavia i progetti e gli accordi economici nell’area sono numerosi, e molte imprese
private di bandiera statunitense hanno firmato accordi di varia natura con il Marocco per
il commercio di fosfati provenienti dal Sahara Occidentale; tali imprese si appoggiano,
come prevedibile, a studi prestigiosi di avvocati negli Stati Uniti per ottenere la copertura
legale delle azioni intraprese 269 .

Come è stato più volte sottolineato, l’esplosione della violenza del fondamentalismo
islamico a partire dagli attentati del 2001, e gli avvenimenti di Casablanca e Madrid
hanno posto in risalto la priorità sicuritaria e di stabilità, per gli Stati Uniti e l’Europa
come per il Maghreb. Così, mentre si è tentato di rafforzare ancora più i legami con il
Marocco per il suo ruolo di “baluardo di stabilità e democrazia” nella regione, l’attentato
di Casablanca ha mostrato al mondo un Marocco affatto immune dall’estremismo
religioso, e ha portato l’amministrazione statunitense alla constatazione della necessità di
avvicinarsi strettamente anche all’Algeria e alla Mauritania per la difesa dei propri
interessi.
L’interesse strategico, insieme alla questione energetica, ha portato a delineare un disegno
di politica regionale americana nel Maghreb, che si aggiunge alle relazioni bilaterali
privilegiate con il Marocco e la Tunisia, tanto da far ritenere ad alcuni osservatori, sia
francesi che maghrebini, che si stia avanzando verso un “Maghreb americano” 270 .

268
Cfr. C. RUIZ MIGUEL, El estatuto jurídico del Sáhara Occidental y la explotación de sus recursos naturales, GEES,
2004; cfr. anche l’archivio online di Radio For Peace, 30 luglio 2004.
269
Tra questi, lo studio “Covington&Burling” risulta il riferimento principale al quale l’industria mondiale dei fosfati fa
ricorso per il sostegno legale nell’affermare la legalità dello sfruttamento delle risorse nel Sahara Occidentale. Clienti dello
studio sono ad esempio, OCP, impresa statale marocchina, l’importatore belga BASF e la spagnola FMC Foret; per
maggior approfondimento, consultare il sito web dell’Organizzazione internazionale Western Sahara Resource Watch.
270
Cfr. A tal proposito C. JOLLY, Ambitions américaines en Méditerranée, “Arabies”, settembre 1999, consultabile nel
sito web di MERIA, Middle East Review of International Affairs che, al momento in cui si scrive, risulta sospeso.

167
L’America Latina e il Sahara Occidentale

In ultimo, qualche considerazione riguardo il centro America e l’America Latina. A fine


novembre del 2004 re Mohamed VI intraprese la sua prima visita ufficiale in diversi paesi
dell’America Latina: il Marocco intrattenne le sue prime relazioni con alcuni paesi del
cosiddetto “cono Sud” fin nei primi anni Sessanta, e gli anni ’90 furono caratterizzati da
un incremento dei vincoli, soprattutto nel quadro delle relazioni reciproche con gli Stati
Uniti.
Con la lenta strutturazione del Mercato Comune del Sud, il MERCOSUR, il Marocco ha
occupato un ruolo sempre più significativo nell’agenda di questi paesi; nonostante il
volume del commercio bilaterale sia in quasi tutti i casi ancora irrilevante, così come gli
scambi tra il Sudamerica e l’insieme dei paesi del Maghreb, negli ultimi anni è risaltato
con insistenza il ruolo del Marocco come alleato strategico e porta di entrata al mercato
del mondo arabo, come testimonia anche l’accordo quadro sul commercio Mercosur-
Marocco. In particolare, è da segnalare il doppio significato che il Marocco ha per alcuni
paesi sudamericani: per l’Argentina, ad esempio, il Marocco è un paese arabo, mentre per
il Brasile è un paese africano: si tratta di una differenza importante dal punto di vista
delle relazioni, poiché il paese può rappresentare contemporaneamente la porta di entrata
per le relazioni nel mondo arabo, e un’opportunità di accesso preferenziale al mercato
africano, in particolare del Senegal, nonostante l’esclusione dall’Unione Africana rischi
di isolare il Marocco rispetto alle politiche commerciali che si svilupperanno nell’area.

Nel corso della visita del sovrano marocchino in Messico, in Brasile, in Peru, in Cile e
infine in Argentina, nonostante i numerosi riferimenti di Mohamed VI alle questioni
legate ai “suoi” territori del Sahara Occidentale, i media e l’opinione pubblica
latinoamericana mostrarono di riconoscere sì l’opportunità della cooperazione economica,
ma

“se evidenzió un claro desconocimiento acerca del país


norteafricano, de su sistema político y de sus conflictos,
especialmente la cuestión del Sáhara Occidental.
(…) en muchos casos, la copertura de la visita derivó en el
exotismo y el asombro por las costumbres del monarca, la
magnitud de su comitiva, las faltas al protocollo entre otras
[…]” 271 .

Nell’ambito latinoamericano, occorre segnalare che l’appoggio alle pretese marocchine


sul Sahara molto spesso è stato ed è condizionato dal carattere delle relazioni locali con
Washington. Così, un gesto di amicizia nei confronti del paese maghrebino alleato degli
Stati Uniti si inserisce nel contesto dei buoni rapporti con la potenza americana: è il caso,

271
Cfr. J. J. VAGNI, La gira latinoamericana de Mohamed VI: un acercamiento en clave del Sahara, Coordinamento del
Programma di Studi sul Medio Oriente del “Centro de Estudios Avanzado de la Universidad Nacional de Córdoba”, 2004,
p. 5.

168
questo, soprattutto di paesi come il Peru, l’Argentina o il Messico; secondo la stessa
logica, i paesi maggiormente ostili agli interessi statunitensi come Cuba, o il Venezuela,
sempre hanno dimostrato un sostegno più esplicito alla causa saharawi.
In generale, la prima visita di Mohamed VI nel 2004 aveva mostrato che, nonostante il
Sudamerica non sia ancora un importante partner del Marocco a livello commerciale, e
che molte sono le differenze tra i paesi, l’America Latina può rappresentare un attore
rilevante dal punto di vista del sostegno all’integrazione del Sahara Occidentale al suo
regno, sfruttando le aspettative di guadagni commerciali dei paesi sudamericani per
stimolare il loro appoggio. Tuttavia, il viaggio di Mohamed VI aveva anche messo in
evidenza, come è comprensibile, la scarsa ripercussione che la questione del Sahara ha
nello spazio sudamericano, se non come un “surplus” nelle proprie campagne politiche, in
funzione della posizione “pro-o anti-americana”.

4. Le Nazioni Unite

Assumendosi le responsabilità nel risolvere il conflitto del Sahara Occidentale le Nazioni


Unite si gettarono, secondo alcuni analisti internazionali, in una situazione che sembrava
già chiaramente di impossibile risoluzione 272 . Entrambe le parti erano determinate a
vincere il referendum previsto dal Piano di Pace delle Nazioni Unite del 1991, ciascuno
attraverso una strategia: il Marocco espandendo l’elettorato in modo da includere il
numero maggiore possibile di marocchini, e il Polisario tentando di mantenere l’elettorato
secondo i paramentri del censimento del 1974.
Si può affermare che secondo Anna Theofilopoulou, ad esempio, il Marocco al momento
dell'occupazione del Sahara Occidentale non temeva alcuna reazione da parte del
Consiglio di Sicurezza, perché contava sull'appoggio delle potenze occidentali (Francia,
USA, Regno Unito), che preferivano un Sahara controllato da un paese amico
dell'Occidente. In molte occasioni i membri del Consiglio di Sicurezza attuarono poi,
secondo le sue considerazioni, da portavoce per l’una o per l’altra parte, con il risultato
che spesso il Consiglio stesso non parlava con una sola voce, e “addolciva” le risoluzioni
al fine di raggiungere il consenso necessario per raggiungere la maggioranza.
In conclusione, secondo la Theofilopoulou la parzialità del Consiglio di Sicurezza e la
conseguente ambiguità dei messaggi dell’Assemblea Generale e dello stesso Consiglio
furono deleteri e contribuirono a prolungare la situazione di stallo.

272
Cfr. A. THEOFILOUPOULOU, The United Nations and Western Sahara, A Never-ending Affair, United States Institute
of Peace, Special Report n.166, luglio 2006.

169
Se si osservano gli sforzi dell’Organizzazione per l’Unità Africana per risolvere il
conflitto, la maggior parte degli elementi del Piano di Pace ONU “originario”
(precedentemente alle modifiche imposte da Pérez de Cuéllar), specialmente
nell’organizzazione del referendum, erano quasi identici a quelli proposti dalla
risoluzione di Nairobi dell’OUA, nel 1981, che richiamava le parti allo svolgimento di un
referendum di autodeterminazione.
L’accettazione della proposta da parte del re Hassan, e le sue considerazioni successive,
non avrebbero dovuto lasciare alcun dubbio sul fatto che il sovrano marocchino aveva
un’interpretazione molto restrittiva di tale referendum. Hassan II in sede OUA si era
sempre riferito ad un referendum di tipo “confermativo”, che avrebbe sancito la
“marocchinità” del Sahara Occidentale. Era dunque irrealistico, da parte delle Nazioni
Unite, pensare che il sovrano marocchino avrebbe cooperato nell’organizzazione di un
referendum libero e trasparente sull’autodeterminazione del popolo saharawi 273 .
Fin dall’inizio, inoltre, Pérez de Cuéllar rimaneggió le posizioni e commenti delle parti
riguardo le proposte di pace con estrema segretezza.
Mentre di fatto a volte una stretta segretezza è necessaria, nel caso del Sahara Occidentale
tale strategia sembra aver minato gli sforzi stessi delle Nazioni Unite a risolvere il
conflitto. Essa, infatti,

“contributed to suspicion and mistrust by the Polisario and its


supporters toward the Secretariat and MINURSO in their handling
of the issue, especially when combined with Morocco’s privileged
position as a member state compared to the Polisario’s status 274 .”

De Cuéllar dichiarò egli stesso nelle sue memorie dell’esperienza alla Segreteria Generale
che sottovalutare, come fece, le differenti concezioni dei due stati implicati possa aver
costituito un grave errore. Il Segretario Generale era ovviamente cosciente delle enormi
difficoltá e differenze nelle posizioni del Marocco e del Fronte Polisario, ma
minimizzandole in tal forma le Nazioni Unite sembrarono permettere alle parti di
manipolare il Processo di Pace per adattarlo ai loro obiettivi, scatenando la sfiducia e
soprattutto comportamenti fraudolenti.
Ben presto, appena il Consiglio di Sicurezza fu informato che uno o entrambe le parti
avevano interrotto la cooperazione con la Missione MINURSO poiché gli eventi non
seguivano il corso desiderato, attuò manifestando comunque la soddisfazione per gli
sforzi intrapresi dal Rappresentante del Segretario Generale e da tutta la missione nella
ricerca di un compromesso tra Polisario e Marocco. Anche la decisione che la
cooperazione delle parti sarebbe stata necessaria per permettere alla MINURSO di
perseguire i propri obiettivi e compiti fu ribaltato, poiché le parti avrebbero interrotto la
cooperazione ogniqualvolta apparve loro possibile.

273
Cfr. Ibidem.
274
Cfr. Ibidem, p. 14.

170
Considerando che il referendum avrebbe portato ad una soluzione “winner-take-all” e
ognuno voleva essere il vincitore, “it is easy to understand why the parties would
withhold their cooperation and stop the process at the slightest opportunity”.

Il Marocco “violava chiaramente sia il contenuto che lo spirito degli accordi di Houston,
incoraggiando o addirittura svolgendo” il suo governo le pratiche necessarie per le
richieste di inclusione di migliaia di persone nel referendum (le cosiddette “tribù
contestate”), ma l’ONU non affrontò mai le autoritá marocchine, poiché sarebbe stato
difficile provare che ogni richiesta era stata incoraggiata dal Marocco, anche se coloro
che lavoravano alle Nazioni Unite erano coscienti di ciò 275 .
L’idea dell’autonomia per il Sahara Occidentale, inoltre, pare fosse presente alle Nazioni
Unite fin dagli anni Ottanta; Boutros Ghali fu il primo senior official ad ammettere
pubblicamente che non aveva mai pensato che il referendum avrebbe avuto veramente
luogo. Secondo le sue parole,

“the strategy had been to keep the parties moving toward it, until
they saw the inevitability of sitting down to discuss a political
solution 276 ”

Anche Marrack Goulding, che coprì l’incarico di Vicesegretario Generale ONU per le
Missioni di Pace tra il 1986 e il 1993, raccontò nel suo libro Peacemonger pubblicato nel
2002, la mancanza di trasparenza che caratterizzò le azioni del Segretario Generale de
Cuéllar e del suo successore Boutros Ghali poi, nell’applicazione del Settlement Plan 277 .
Goulding, che descrisse la Missione MINURSO quale una delle sue esperienze più
dolorose e deludenti alla Segreteria Generale, segnalava come suo elemento distintivo la
tendenza della maggior parte degli alti funzionari internazionali implicati a trasformarsi in
“pedine” del Marocco.
Dopo aver ricordato come Boutros Ghali riuscì a proibire, tra l’altro, a Frank Ruddy di
intervenire dinanzi alla quarta Commissione dell’Assemblea Generale ONU nel 1995,
avendo questi già denunciato alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti la
corruzione dell’ONU nel tema del Sahara Occidentale e la sua inclinazione verso la
posizione marocchina, Ana Camacho ormai quattro anni fa scriveva che

“Como señalan los críticos, la pantomima de la neutralidad de la ONU


no sólo pone en juego el éxito de la misión de paz en el Sáhara sino la
propia credibilidad de una institución que pretende acabar con las
intervenciones unilaterales en las relaciones internacionales” 278 .

275
Cfr. a tal proposito, tra gli altri, A. THEOFILOPOULOU, J. MUNDY, F. RUDDY, F. BASTAGLI.
276
Cfr.A. THEOFILOPOULOU, op. cit.,, p. 16.
277
Cfr. A tal proposito il sito dell’organizzazione Oxfam, http://www.oxfam.org.
278
Cfr. A. CAMACHO, El misterio de los cascos azules en el Sáhara Occidental, GEES, Colaboraciones n. 516, 2
settembre 2005.

171
Tuttavia, il colpo più duro inferto all’ONU nella questione del Sahara Occidentale sono
state probabilmente le dichiarazioni di van Walsum, ex Inviato Personale per il Sahara
Occidentale, il 21 aprile 2008, di cui si parlerà; l’affermazione che l’autodeterminazione
del popolo saharawi non sia una soluzione “realistica” da parte di un funzionario ONU di
tale rilevanza nella missione MINURSO, appare estremamente grave, non solo per la
parte saharawi sentitasi “tradita” dall’organizzazione o per le conseguenze di possibili
cambiamenti di posizione dei governi, ma anche per la credibilità dell’operato dell’ONU
e il senso attuale della sua esistenza.
Come è stato scritto 279 , l’effetto immediato di tali dichiarazioni fu come se

“la ONU en realidad, en lugar de haberse comprometido a


organizar el referéndum hubiese estado dedicándose desde 1991 a
evaluar la conveniencia o no de aplicar la doctrina que da al pueblo
saharaui el derecho a elegir libremente entre la anexión o la
independencia y que Marruecos aceptó y, una vez implantado el
alto el fuego, repudió.”

Come si vedrà più approfonditamente nel prossimo capitolo, neppure la nuova fase di
discussioni dirette sembra aver posto le basi per una risoluzione a breve termine del
conflitto. Molte critiche sono state avanzate anche recentemente circa i meccanismi
interni alle Nazioni Unite e più generalmente circa la reale capacità dell’Organizzazione
di essere un attore utile alla risoluzione delle controversie e garante della legalità
internazionale. Il richiamo al realismo politico mina sicuramente quest’ultimo aspetto; se
alcune proposte riguardano una parziale modifica della struttura e del funzionamento del
Consiglio di Sicurezza, giudicando il potere di veto dei membri permanenti un ostacolo
rilevante alla risoluzione agile delle questioni che gli si pongono, altri, siano questi
politici, funzionari stessi della ONU, ricercatori ed esperti, denunciano l’inadeguatezza
delle Nazioni Unite in un contesto che dalla Seconda Guerra Mondiale è cambiato
fortemente, essendo necessario adottare una visione realistica a scapito del diritto
internazionale pattuito e generale, proprio sulla linea di van Walsum.
L’accettazione da parte del Polisario della soluzione più “realistica” alla questione del
Sahara Occidentale costituirebbe, secondo Ana Camacho, la soluzione perfetta per
occultare il deragliamento di un Piano di Pace “al quale l’ONU ha contribuito con
speciale attenzione, per cui invece di denunciare i continui sabotaggi del Marocco
all’organizzazione del referendum, ha liberato Rabat di ogni colpa 280 ”, inclusa quella
dell’occupazione e dell’aggressione.

279
Cfr. A. CAMACHO, La ofensiva del realismo en el Sahara Occidental, GEES, Colaboraciones n. 2287, 9 maggio 2008.
280
Cfr. Ibidem.

172
Capitolo 5. Il conflitto del Sahara Occidentale: dinamiche
attuali, letture e prospettive

1. Le negoziazioni dirette tra il Marocco e il Fronte Polisario (2007-2008): gli


incontri di Manhasset

Fin dalle dimissioni di Baker il Marocco si era riproposto di presentare al Consiglio di


Sicurezza ONU il proprio Piano di Autonomia per le cosiddette “province del Sud”,
reiterando esplicitamente che tale proposta sarebbe stata effettuata nel quadro
dell’indiscussa sovranità del regno marocchino sul Sahara Occidentale.
Il Marocco, e il Fronte Polisario nel suo documento di proposta alternativa, avevano
indicato la disponibilità e la volontà di negoziare una soluzione pacifica e politica, ma i
due progetti differivano, come prevedibile, in maniera sostanziale.
Nonostante il Polisario non prospettasse nessun cambiamento nella sua linea politica 281 ,
aveva presentato comunque una possibilità coerente e coercitiva di risoluzione del
conflitto, attraverso il percorso tracciato dal Piano Baker. La sua proposta esortava i
rappresentanti marocchini e saharawi ad incontrarsi per organizzare e negoziare la
celebrazione del referendum di autodeterminazione, indicando espressamente che
l’indipendenza sarebbe stata inclusa tra le opzioni possibili, e per decidere
congiuntamente le norme di regolazione delle garanzie di attuazione dell’esito
referendario. Infine, il Polisario reiterava la propria fiducia nelle Nazioni Unite
proponendo di mantenere tali incontri sotto l’egida dell’ONU e con l’approvazione e il
supporto del Consiglio di Sicurezza.

Per quanto riguarda il Marocco il suo progetto di autonomia, di cui si è parlato nei
capitoli precedenti, non differiva enormemente dalla proposta effettuata da Baker nel
dicembre 2003, ma seguiva una strategia completamente distinta. La proposta definiva,
infatti, le caratteristiche basiche e i principi dell’autonomia, permettendo che questi
avrebbero potuto solamente “essere arricchiti dalle altre parti durante le fasi di
negoziazione."
Il Marocco proponeva innanzitutto di negoziare “with the other parties”, senza definire
quali queste fossero, ma era evidente il riferimento all’Algeria come principale soggetto e
al Fronte Polisario quale ente secondario, confermando la sua visione di conflitto

281
Cfr. A. THEOFILOPOULOU, Western Sahara: How to create a Stalemate, UN Institute of Peace, USIPeace Briefing,
maggio 2007.

173
bilaterale tra il regno marocchino e il governo algerino, con il Polisario considerato un
gruppo secessionista appoggiato da quest’ultimo. Il ruolo riconosciuto al Segretario
generale e al suo Inviato Personale consisteva nella collaborazione a persuadere le parti
ad accettare l’offerta d’autonomia proveniente dal Marocco.
La sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, l’unità dello Stato e la sua integrità
territoriale non erano suscettibili di discussione 282 .

Mentre la proposta del Fronte Polisario assumeva il referendum come base e unico
strumento in grado di garantire l'esercizio del diritto all’autoderminazione del popolo
saharawi, difeso in numerose risoluzioni, il progetto del Marocco si articolava a partire
dalla sovranità del Marocco. Su questa base si prospettava il riconoscimento delle
specificità sociali e politiche saharawi, e la garanzia di una certa autonomia. Si trattava
dunque di proposte molto diverse: una richiedeva ancora una consultazione della
popolazione, rimandata da più di dieci anni, mentre l'altro non prevedeva alternativa ad
un'autonomia “concessa” dal Regno ad un “suo” territorio.
L’esito negativo del referendum attuato sotto la proposta marocchina avrebbe comportato
per la regione del Sahara Occidentale, sostanzialmente, la perdita dell’opportunitá
dell’autonomia e l’integrazione del territorio e del popolo saharawi, a pieno diritto, sotto
la sovranitá del potere centrale marocchino, sostanzialmente sul modello dell’autonomia
concesso in Canada per il Quebèc o, meglio, sul modello spagnolo cui il Marocco si
riferiva dichiaratamente. L’accettazione da parte dell’ONU di tale proposta avrebbe avuto
comprensibilmente un’importante implicazione: l’accettazione implicita della sovranità
marocchina sul territorio, che le numerose risoluzioni fino ad allora pubblicate
contraddicevano senza possibilità di indugi.

I testi furono dunque oggetto di una presentazione ufficiale e vennero utilizzati come
punto di partenza per l'avvio di discussioni dirette 283 : la presentazione dei due progetti
coincise infatti con l'annuncio del nuovo presidente del Consiglio di Sicurezza circa una
nuova presa in esame del conflitto. La risoluzione 1754 del Consiglio di Sicurezza, votata
il 30 aprile, ricordò alle parti la necessità del rispetto del cessate-il-fuoco, prorogò di
ulteriori sei mesi il mandato della MINURSO e ripetè il proprio impegno

“to assist the parties to achieve a just, lasting and mutually


acceptable political solution, which will provide to the self-
determination of the people of Western Sahara 284 ”

282
Cfr. C. RUIZ MIGUEL, La propuesta marroquí de autonomía de 2007: demasiados agujeros negros.GEES, Análisis, n.
196, 15 giugno 2007: il punto 2 del progetto afferma che il Marocco si impegna a sottoporre un’iniziativa per la
negoziazione di uno statuto di autonomia della regione del Sahara, nel quadro della sovranità del Regno e della sua unità
nazionale; inoltre, al punto 14 “Lo Stato conserverà la competenza esclusiva, in particolare sugli […] attributi di sovranità”.
283
Cfr. J. P. TUQUOI, Le conseil de sécurité refuse de trancher le dossier du Sahara occidental, “Le Monde”, 3 maggio
2007.
284
Cfr. Risoluzione del Consiglio di Sicurezza S/RES 1754 (2007) del 30 aprile 2007.

174
Il Consiglio di Sicurezza inoltre, secondo il paragrafo 3, incaricava il Segretario Generale
dell’Assemblea di organizzare negoziazioni dirette sotto i suoi auspici. Sia il Marocco, la
cui proposta di autonomia incontrò il favore della Francia e degli Stati Uniti, sia il Fronte
Polisario, accolsero favorevolmente la risoluzione.
Le prime negoziazioni ebbero dunque luogo il 18 e 19 giugno a Manhasset (Stato di New
York), e furono dirette dall'Inviato Personale del Segretario Generale, Peter Van Walsum,
e da Julian Harston, Rappresentante Speciale per il Sahara Occidentale nonché
coordinatore della MINURSO. La delegazione del Fronte Polisario era guidata dal
Presidente del Parlamento saharawi, Mahfoud Ali Beiba, accompagnato da altri cinque
membri della direzione del partito, gli stessi che avevano partecipato alle negoziazioni del
1997. Quella del Marocco era invece presieduta dal ministro dell'Interno, Chakib
Benmoussa.
Erano inoltre presenti nelle sessioni di apertura e chiusura degli incontri i rappresentanti
della Mauritania e dell'Algeria, quali osservatori, consultati poi separatamente “for
matters related to their status as neighbouring countries”.

Il primo round permise alle due parti di conoscere nel dettaglio la proposta formulata da
ciascuno, e di avanzarne le relative critiche e contro-proposte. In questo senso spettò ai
mediatori presenti il difficile tentativo di ricondurre le discussioni all'analisi di temi più
specifici, come le questioni relative ai rifugiati, ai prigionieri politici, ai diritti dell'uomo o
al futuro economico del Sahara. Le rispettive posizioni apparvero totalmente
inconciliabili, e le osservazioni degli uffici-stampa rispecchiarono il clima affatto disteso
in cui si svolsero gli incontri. Secondo le parole di Chaid El Hafed, del Sahara Press
Service,

“The intervention of the Moroccan delegation, chaired by the


Minister of Interior, was characterised by the traditional
intransigence of Morocco and its denial of the international law, in
an attempt to legitimise its illegal occupation of Western Sahara
trying to get the benediction from the international community (…)
[Mohamed Khaddad, saharawi coordinator with the MINURSO]
sees, unfortunately, no incouraging signal of good will from the
Moroccan party 285 .”

Nonostante l’evidenza che quasi nulla era avvenuto durante l’incontro, gli osservatori
presenti affermarono che le due parti avevano raggiunto “un relativo accordo”, lasciando
il vero processo di negoziazione per il successivo round previsto nella seconda settimana
di agosto. Nonostante si trattasse di una magra consolazione rispetto agli anni trascorsi,
gli osservatori e lo stesso van Walsum si dichiararono infatti soddisfatti, “since there will
be continuity in the negotiations and not an interruption”. Nel frattempo, 180 membri del
Congresso statunitense esprimevano il proprio sostegno alla proposta del Marocco per

285
Cfr. C. EL HAFED, “Sahara Press Service”, 18 giugno 2007, consultabile nel sito http://www.arso.org

175
l'autonomia 286 . Le considerazioni del Presidente del Consiglio di Sicurezza in carica,
l’Ambasciatore cinese Wang Guangya, furono invece più sobrie, esprimendo l’invito del
Consiglio al raggiungimento di un accordo tra le due parti durante la continuazione dei
negoziati in agosto.

Il rapporto del Segretario Generale fu pubblicato il 29 giugno 2007, nelle sei lingue
ufficiali dell’organizzazione. Qualche ora più tardi il rapporto venne però ritirato per
“ragioni tecniche”, per essere poi ripubblicato senza le osservazioni e raccomandazioni
che costituivano il nucleo dell’analisi del suo Inviato Personale, dichiarando lo stesso Ban
Ki Moon che van Walsum avrebbe aggiornato oralmente di persona il Consiglio di
Sicurezza, come effettivamente fece l’11 luglio successivo.
Come scrisse nell’agosto dello stesso anno Anna Theofilopoulou, la lettura della prima
versione del rapporto, che includeva le osservazioni di van Walsum, rendeva facilmente
comprensibile cosa fosse accaduto a chiunque conoscesse sufficientemente la questione
del Sahara Occidentale:

“The suggestion that Polisario could be asked to “test Morocco’s


readiness to take part in serious, constructive negotiations by
making concrete proposals to define […] the proposal of Morocco
[…]” inevitably elicited strong protest from Polisario and its ally,
Algeria. There was a clear implication in this suggestion, that […]
the United Nations planed to use the Moroccan autonomy proposal
as basis for the negotiations.
(…) A follow-up sentence evidently intended to balance […]
Morocco “could be asked to show a greater awareness of the
complexity by not insisting that its acceptance of autonomy instead
of integration is equivalent – in terms of sacrifice, to a possible
acceptance by Polisario of autonomy instead of independence.” 287

Riconoscendo in qualche modo le difficoltà che si ponevano, il capo della RASD


Mohamed Abdelaziz commentò succintamente che i saharawi stavano per iniziare “a
long-term struggle” e che avrebbero dovuto raddoppiare gli sforzi su tutti i fronti per
imporre il loro “legittimo diritto alla libertà e all’indipendenza”.

286
Cfr. D. SHELBY, United States Welcomes Moroccan Proposal on Western Sahara - U.S. urges Morocco, Polisario to
negotiate without preconditions, US Department of State, 6 giugno 2007, consultabile alla pagina web
http://www.america.gov/st/washfile-english/2007/June/20070606162853NDyblehS0.2674677.html.
Frank Ruddy affronterà tale questione anche nel suo discorso in Australia nel dicembre 2008, di cui si parlerà in seguito,
dichiarando tuttavia che la consapevolezza del conflitto del Sahara Occidentale fosse molto sfumata, se non nulla, avendo
presentato poco tempo dopo al Congresso un case-study analogo, con entità statali immaginarie come soggetto, e il cui
risultato fu, secondo l’ex funzionario statunitense, totalmente differente. Si legga in tal senso F. RUDDY, The United
Nations and Western Sahara, International Conference on “Multilateralism and International Law, with Western Sahara as
case study”, Pretoria, 4 e 5 dicembre 2008, disponibile alla pagina web dell’Arso.
287
Secondo Anna Theofilopoulou, la decisione di ritirare il rapporto e riformularlo danneggiò fortemente l’immagine delle
Nazioni Unite come mediatore indipendente e imparziale nel conflitto. Tale evento suggerì che il Segretario Generale e i
suoi funzionari non conoscevano abbastanza la questione, e non avevano riflettuto sulle implicazioni di ciò che avevano
scritto nella prima versione del rapporto, mostrando incoscienza e, mi permetterei di aggiungere io, incompetenza rispetto
ai loro ruoli: cfr. A. THEOFILOPOULOU, Western Sahara – How not to Try to Resolve a Conflict, CSIS Center for
Strategic and International Studies, p. 5, agosto 2007.

176
Dall’altro lato, il Maghreb Arab Press (MAP) aveva pubblicato, il 27 giugno, un articolo
dal titolo ottimista, “Sahara issue: U.N. gives priority to Morocco's 'serious and credible'
autonomy proposal”. Il suo contenuto era ancor più entusiastico, affermando che

“Morocco's proposal to negotiate an autonomy statute in the


Sahara gained large international support because, he said, it is the
only mean to unite all the Saharawis. (…). The chairman of the
Royal Advisory Council for Saharan Affairs (CORCAS,
representing the majority of Sahara inhabitants), had asserted
during the first round of negotiations that the autonomy project is
the sole consensual and realistic solution (…), for it guarantees the
respect of Morocco’s sovereignty and territorial integrità […]. The
official regretted that the “other party sticks to its old stances and
forwards no constructive proposals […] 288 .”

Come previsto, seguirono gli incontri del 10 e 11 agosto (Manhasset II).


La delegazione saharawi ribadì la propria volontà di affidare al suo popolo, tramite il
referendum, una scelta tra più opzioni, tra cui figurasse quella dell’indipendenza, e
richiese esplicitamente al Marocco di cessare le sue pratiche repressive e le violazioni dei
diritti umani nei territori occupati.
Neppure il Marocco cambiò minimamente la propria posizione riguardo alla possibile
risoluzione del conflitto. Alla vigilia del secondo round di negoziazioni, il Ministro
dell’Interno marocchino Chakib Benmoussa affermò che la proposta del Marocco era
chiaramente appoggiata dalle “world influential superpowers, because they realize very
well that this initiative constitutes the ideal reasonable and realistic solution to this
problem, and constitutes a consensus-based round that is face-saving for everybody” 289 .
Ricorrendo ad un tema estremamente importante per i membri del Consiglio di Sicurezza,
il ministro marocchino alluse al pericolo di minacce provenienti dalla regione del Sahel,
poiché i gruppi terroristici “have taken advantage of the dissension of the Maghreb to
infiltrate into our region, […] jeopardizing not only the stability of the Arab Maghreb
countries, but also that of several European states.”

Il capo della delegazione saharawi, dal canto suo dichiarò 290 , in occasione dell’apertura
delle negoziazioni, la volontà della delegazione di realizzare la piena implementazione
delle parole e dello spirito della risoluzione 1754 del Consiglio, che aveva come
argomento centrale l’autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale, prevista in
tutti i casi di decolonizzazione, per mettere fine all’occupazione illegale dei territori del
Sahara Occidentale da parte del Marocco, segnalando tuttavia che

288
Cfr. “Maghreb Arab Press”, Sahara issue: U.N. gives priority to Morocco's 'serious and credible' autonomy proposal,
27 giugno 2007, disponibile nel sito web http://www.map.ma
289
Cfr. “Maghreb Arab Press”, Sahara issue: Morocco wishes Manhasset talks focus on autonomy, 10 agosto 2007.
290
Statement of Mr. Mahfoud Ali Beiba, Head of Delegation of the Frente Polisario, Manhasset, New York, 10-11 agosto
2007, disponibile nel sito http://www.arso.org

177
“[…] between the first and the second round, Morocco has
consistently made no secret of its own interpretation of what
occurred, which reflects its very intentions with regard to the
negotiating process. The latest official statements (…) in which
they made it clear that they are and will remain ready to negotiate
only on autonomy and nothing but autonomy, reveal once again
Morocco's bad faith and its disregard for the Security Council
resolution.”

Ali Beiba Mahfoud ricordava, poi, al paragrafo ottavo della sua comunicazione, che il
Sahara Occidentale era stato inserito dalle Nazioni Unite nella lista dei territori la cui
popolazione non aveva raggiunto ancora l’autonomia, i “Non-SelfGoverning Territories”,
la cui condizione è regolata dal capitolo XI dello Statuto delle Nazioni Unite: non avendo
il Marocco la sovranità sul territorio, per il popolo saharawi non era concepibile il
riferimento al territorio del Sahara Occidentale come “provincia marocchina” cui
applicare un certo grado di autonomia amministrativa in assenza della celebrazione del
referendum. La cosiddetta proposta di “autonomia” propugnata dalle autorità marocchine,
ripeteva,

“cannot be but an option along with independence that should be


submitted to the democratic and sovereign choice of the Saharawi
people in a free and fair referendum on self-determination
organised and supervised by the United Nations. We believe that
there will never be a lasting and just peace if it is to the detriment
of international legality. 291 ”

In generale, durante la seconda tornata dei negoziati, i rappresentanti marocchini


insistettero sul fatto che il progetto da loro presentato offrisse “l’unica soluzione
realistica” al conflitto, mentre l’altra parte mantenne la propria posizione inamovibile
circa la necessità dello svolgimento del referendum di autodeterminazione, per permettere
al popolo del Sahara Occidentale di esprimere la propria volontà e concludere così
finalmente il processo di decolonizzazione. Uno degli articoli diffusi dall’agenzia Reuters
riprese le parole di Ahmed Boukhari, rappresentante ONU per il Fronte Polisario, nel
sottolineare infatti che “the two parties reiterated their known positions”. L’autore
dell’articolo riassunse in questo modo la situazione:

“No country recognizes Morocco's rule over Western Sahara but


the U.N. Security Council is divided, with some nonaligned states
supporting Polisario while Morocco is backed by France and the
United States. Washington wants the Sahara dispute settled so
North African countries can focus on fighting terrorism. 292 ”

291
Cfr. Ibidem, paragrafo 9.
292
Cfr. P. WORSNIP, Little Progress seen at New York talks on Sahara, fonte Reuters, 11 agosto 2007.

178
Considerati i presupposti, non stupì che neppure gli incontri di “Manhasset II” si fossero
conclusi senza registrare effettivi passi avanti nel raggiungimento di accordi politici 293 .
Nonostante si evidenziasse da più parti l’atteggiamento intransigente non solo del
Marocco ma pure del Polisario e dell’Algeria, e che all’interno delle Nazioni Unite, come
si è visto, vi erano vari attori disposti ad accettare l’occupazione di fatto del Marocco,
alcune analisi suggerirono che l'intero progetto proposto dal Marocco, se pure fosse stato
accettato dal Fronte Polisario, non avrebbe potuto risolverebbe esaustivamente molti
aspetti pratici della questione, e anzi avrebbe aperto la strada ad uno stato di tensione
permanente. Tra questi, ad esempio, Stephen Zunes rimarcò, la settimana successiva agli
incontri, che il progetto non chiariva affatto il grado di autonomia accordato al Sahara
Occidentale dallo spinoso punto di vista dello sfruttamento delle risorse naturali, pur
riferendosi dichiaratamente i rappresentanti marocchini, ricordiamo, al modello di
autonomia spagnola. Essendo conferita al sovrano un'autorità assoluta dall'articolo 19
della Costituzione 294 , e considerando che secondo il Progetto di Autonomia lo Stato
conserverà i suoi poteri nei domini reali della difesa, delle relazioni estere, e delle
prerogative costituzionali, Zunes affermava che “di fatto è al re che viene lasciata
un'ampia e “pericolosa” libertà di interpretazione della clausola 295 ”.

Tra gli altri, l’opinione del professor Ruiz Miguel è già stata considerata nel corso della
trattazione; in un suo contributo del 2007, tuttavia, egli affrontò la questione dal punto di
vista strettamente giuridico. Il progetto marocchino, scrisse, accetta esplicitamente il
principio dell'autodeterminazione, tuttavia dalla lettura di altri passaggi del testo si
deduce esattamente il contrario: la premessa su cui si basa l'intero piano, ovvero il fatto
che il Sahara Occidentale sia sotto sovranità marocchina, è falsa e opposta al principio
dell'autodeterminazione 296 , per cui il destino di un territorio dipende dalla decisione della
sua popolazione originaria. Ciò implicherebbe un riconoscimento del fatto che tali
territori appartengono a quella popolazione, non allo Stato che continua a considerarla
una “sua” provincia.
Analizzando poi la compatibilità tra gli elementi istituzionali che si vorrebbero introdurre
e la Costituzione marocchina, altri elementi risultano poco chiari e inverosimilmente
“attuabili”. Innanzitutto, scriveva Ruiz Miguel, non vi è possibilità che in una monarchia
assoluta vi sia posto per degli “organi indipendenti” di amministrazione del Sahara
Occidentale, né per un efficace ed equo sistema di risoluzione dei potenziali conflitti per
le rispettive competenze. Il progetto afferma sì che in caso di accettazione da parte del
Fronte Polisario la Costituzione subirebbe una revisione importante e lo statuto di

293
Cfr, A. MANARA, Il Fronte Polisario rifiuta il compromesso, dall'archivio di “Nigrizia”, 25 agosto 2007.
294
“Le Roi, Amir Al Mouminine. Représentant Suprême de la Nation, Symbole de son unité, Garant de la pérennité et de la
continuité de l'Etat, veille au respect de l'Islam et de la Constitution. Il est le protecteur des droits et libertés des citoyens,
groupes sociaux et collectivités. Il garantit l'indépendance de la Nation et l'intégrité territoriale du Royaume dans ses
frontières authentiques.” Testo ripreso dalla versione ufficiale francese della Costituzione marocchina del 1996,
consultabile, ad esempio, alla pagina web http://www.al-bab.com/maroc/gov/con96fr.htm, del sito indipendente www.al-
bab.com, contenente numerose informazioni relative al mondo arabo.
295
Articolo di S. ZUNES, More harm than good, 18 agosto 2007, www.opendemocracy.net/madrid/western_sahara.
296
C. RUIZ MIGUEL, The 2007 Maroccan Autonomy Plan for Western Sahara: too many black holes, p.2, disponibile su:
www.gees.org/articulo/2007.

179
autonomia sarebbe incorporato ad essa, a dimostrazione della stabilità e della sua
rilevanza nell'ordinamento nazionale, ma all’autore, docente di diritto costituzionale,
appare chiaro che trasformando un eventuale Statuto in appendice della Costituzione,
esso potrebbe essere agevolmente modificato, come prevede la Legge, “dal popolo
marocchino (ovvero dal re) senza una effettiva possibilità di opposizione da parte dei
saharawi” 297 .

A fine agosto del 2007 Anna Theofilopoulou 298 concludeva il suo articolo scrivendo che
“More than likely, the current impasse will go on for some more years. Given the absence
of will by members of the Security Council to take a clear and determined position and
the general preference for "make believe" action, this is quite probable”; sulla stessa
linea si era schierato il rapporto 2007 del “Crisis Group” di Peacelink, pubblicato prima
del secondo round di incontri. In esso si consideravano gli ottimismi di van Walsum
,assolutamente prematuri, poiché le dinamiche soggiacenti il conflitto erano rimaste
invariate 299 .
La condizione indispensabile per risolvere lo stallo era stata individuata anche dagli
osservatori di Peacelink in un cambiamento radicale della politica dell’ONU: verso una
presa di posizione chiara, che garantisse effettivamente la realizzazione
dell’autodeterminazione del popolo saharawi, o al contrario orientata al riconoscimento
dell’impossibilità di tale percorso e, sostanzialmente, dell’impossibilità di risolvere il
conflitto all’interno delle istituzioni e del diritto pattuito dell’ONU, rimettendo dunque la
soluzione della questione del Sahara interamente alle parti implicate.

Occorre considerare che il conflitto già da molti anni si è trasformato in una “questione
congelata”, come affermato più volte da Bastagli, che poco chiama l’attenzione dei
media, tuttavia un altro rapporto della stessa organizzazione rimarcava “il prezzo” pagato
dalle popolazioni di entrambe le parti. Mentre i saharawi che vivono negli accampamenti
hanno sopportato oltre trent’anni di esilio, l’isolamento e la povertà, e si sentono sempre
più abbandonati dalla comunità internazionale, i saharawi che vivono nel territorio
occupato per l’85% dal Marocco godono di migliori condizioni materiali, soprattutto
grazie a investimenti importanti realizzati dal regno, tuttavia, è quasi impossibile
esprimere opinioni che non siano pro-marocchine. Rabat reprime violentemente qualsiasi
protesta e rivendicazione d’indipendenza e ricorre alla tortura e a detenzioni arbitrarie,
spesso contro attivisti dei diritti umani 300 .

297
Cfr, Ibidem., p. 5. Le disposizioni relative alla revisione della Costituzione si ritrovano nel capitolo XII della
Costituzione stessa.
298
A. THEOFILOPOULOU, op.cit..
299
Cfr. Crisis Group, Sáhara Occidental: Superar el estancamiento., “Informe sobre Oriente Medio/Norte de África” n. 66,
luglio 2007.
300
Per comprendere che non si tratta di propaganda contro il regno marocchino, di faziosità o invenzioni da parte del
Polisario è sufficiente consultare i rapporti delle organizzazioni internazionali quali Amnesty International o Human’s
Right Watch, o ancora i Rapporti del Parlamento Europeo sui Diritti Umani nel Sahara Occidentale, o le scandalose
vicende del Rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani del 2006, di cui si parlerà in seguito.

180
In ripetute occasioni il Marocco ha impedito la visita di delegazioni e osservatori
internazionali e frequentemente espulsa giornalisti stranieri. In generale, anche i
marocchini hanno dovuto sopportare finora un esorbitante costo finanziario (budget
militari, investimenti nelle “province del sud”, benefici tributari e salari più elevati per i
funzionari pubblici della zona), che è andato a scapito dello sviluppo nazionale, creando
una situazione particolarmente seria 301 .

La sensazione comune in seguito alla conclusione dei primi due incontri diretti tra
Marocco e Fronte Polisario fu, in generale, di sconforto rispetto ai risultati ottenuti: la
disillusione e una crescente sfiducia, seppur dissimulata, nei confronti dell’ONU apparve
all’interno del Polisario, dell’Algeria e della RASD, i cui rappresentanti non hanno
comunque smesso di incitare il popolo saharawi alla fiducia nelle istituzioni, locali e
internazionali, al proseguimento della non violenza e di pratiche di opposizione pacifiche.
Negli ambienti governativi internazionali molte voci si sono alzate per ribadire la
necessità di una visione realistica e attuale delle relazioni internazionali, proponendo un
implicito abbandono delle richieste di autodeterminazione, e l’accettazione de facto della
sovranità marocchina sul territorio.
Il Marocco è stata forse l’unica parte, insieme alla Francia, a ribadire esplicitamente il
“dovere” dell’Algeria e del Fronte di abbandonare le loro posizioni presuntamene
legalistiche, per permettere finalmente l’implementazione dell’”unica via possibile”,
rappresentata dall’accettazione di uno statuto di autonomia. Per quanto riguarda la società
civile, questa si trovava divisa, come oggi d’altronde, tra l’ignoranza totale rispetto al
conflitto e il sostegno incondizionato al popolo saharawi, ignorato però in molti casi dai
media.

Tra la fine di ottobre e la prima settimana del novembre 2007, in due distinte località, si
sono alzate le voci di due profondi conoscitori della questione del Sahara Occidentale,
quella dell’ex ambasciatore degli Stati Uniti Frank Ruddy e quella di Francesco Bastagli,
professore universitario e funzionario alle Nazioni Unite fin dal 1974: il primo fu Vice-
presidente della MINURSO tra il 1993 e il 1994, il secondo era stato nominato
Rappresentante Speciale del Segretario Generale per il Sahara Occidentale il 5 agosto
2005, e lavorò perciò a fianco di van Walsum, scelto anch’egli da Kofi Annan in qualità
di Inviato Personale qualche giorno prima.
Invitato a raccontare la sua esperienza e spiegare il conflitto dinanzi al World Affair
Council in Alaska, l’ambasciatore riassunse in forma molto chiara gli avvenimenti degli
ultimi trent’anni, criticando alcune dinamiche interne all’ONU e denunciando in
particolare il processo di identificazione dei votanti da lui personalmente vissuto. La sua
dissertazione, lunga e dai toni piuttosto duri, non risparmiò commenti personali e
considerazioni riguardo l’ex presidente della MINURSO Erik Jensen.

301
Cfr. Crisis Group, Sáhara Occidental: el coste del conflicto, “Informe sobre Oriente Medio/Norte de África” n. 65,
giugno 2007.

181
Non potendo riportarla qui nella sua interezza, ho ritenuto comunque importante citarne
alcune parti, non solo poiché la considero degna di nota riconoscendone l’esperienza, ma
anche perché si tratta di una delle poche posizioni che ho ritrovato nelle mie ricerche, di
funzionari, osservatori, o studiosi statunitensi estremamente critici nei confronti del
Marocco, oltre che tra le più recenti. Ho pensato fosse giusto inserirla anche per eliminare
una potenziale conclusione di unanimità delle voci nordamericane.
Ebbene, dopo aver ricordato le migliaia di domande di partecipazione al referendum di
marocchini che, a seguito di un’analisi anche superficiale, dimostravano di non conoscere
“neppure le parole più semplici e diffuse nella vita quotidiana in hassanya, che rivelavano
non vi fosse stato neppure il minimo impegno da parte di tali persone nel farsi riconoscere
quali saharawi”, Ruddy affermava a fine ottobre 2007 che

“It cannot be stressed too strongly, Western Sahara, under


Moroccan control, is a police state, […] a fully functioning and
efficient police state. (…) Morocco didn’t and still doesn’t want
the referendum because the risks outweight any possible gains.
From Morocco’s point of view, the status quo is not so bad. But for
P.R. reasons, Morocco […] continues to find ways to delay any
referendum until everyone is sick of it. This is a long-standing
practice 302 .

L’ex funzionario ONU aveva concluso poi il suo discorso riferendosi all’Accordo di
Pesca stipulato tra il Marocco e l’Unione Europea, riportando dunque le responsabilità
non solo sul piano degli interessi economici statunitensi, ma anche del comportamento
estremamente ambiguo dei paesi membri della Comunità Europea:

“The history of the conflict is downright discouraging to anyone


who believes in the rule of law. (…) Morocco recently entered into
the European Union-Moroccan Fisheries Agreement whereby the
EU pays Morocco an enormous amount of money to permit 119
EU member vessels to fish Morocco’s Atlantic waters, including
those of Western Sahara. Here, for once, Morocco is not acting
alone in the theft of Western Sahara’s natural resources; it is part
of a conspiracy with the EU. This is business as usual for Morocco,
but unfathomable for the EU that has to know its action flies in the
face of the Corell declaration of the inviolability of Western
Sahara’s natural resources. 303 ”

Francesco Bastagli, nonostante la sua nomina nel 2005 fu considerata motivo di “grande
soddisfazione e orgoglio per il nostro paese” dai politici italiani, non è stato oggetto di
protagonismo all’interno della stampa nazionale riguardo al Sahara Occidentale, come
neppure in qualità di Inviato in Irak o in Kosovo, a ripresa del fatto che i media italiani, in
generale, purtroppo non si occupano di politica internazionale se non in senso

302
Cfr. F. RUDDY, Western Sahara: Africa’s Last Colony, World Affair Council, Alaska, 31 ottobre 2007, p. 12. Frank
Ruddy, ex ambasciatore USA, fu Vice-presidente della MINURSO.
303
Cfr. Ibidem, p. 25.

182
prevalentemente sensazionalistico, ad eccezione ovviamente delle pubblicazioni di centri
di studio e documentazione specializzati. Il funzionario ONU tuttavia fu intervistato in
alcune occasioni da varie emittenti radiofoniche, ad esempio nel corso di dibattiti
riguardo le necessità di riforma all’interno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, sulla
questione del Sahara Occidentale e la situazione in Kosovo 304 .
L’intervista di nostro interesse si svolse a seguito dell’approvazione della risoluzione
1783 (2007) del 31 ottobre da parte del Consiglio di Sicurezza, un testo che fu molto
discusso per il suo contenuto; oltre a prolungare la missione MINURSO fino al 30 aprile
2008, come era ormai prassi del Consiglio, nel testo approvato si evidenziava un affatto
dissimulato appoggio al

“(…)Moroccan proposal presented on 11 April 2007 to the


Secretary-General and welcoming serious and credible Moroccan
efforts to move the process forward towards resolution, 305 ”

pur “avendo preso in considerazione anche la proposta del Fronte Polisario, presentata il
10 aprile 2007 al Segretario Generale”.
Alle richieste dell’intervistatrice di riassumere la storia del conflitto e le questioni
principali legate al Sahara Occidentale, Bastagli rispose in modo maggiormente
“diplomatico” e pacato rispetto alle modalità di Ruddy, tuttavia evidenziò particolarmente
bene la criticità della situazione attuale. Come altri osservatori avevano fatto in
precedenza, il funzionario ONU constatò l’importanza che il Sahara Occidentale ha nel
discorso e nella continuità del Marocco,

“al di là di chi sia il sovrano corrente, [per] l’impegno che lo stato


si è assunto in termini politici, finanziari e di identità nazionale
(…). È questa una delle carte che il Marocco gioca, rinunciare al
Sahara Occidentale vuol dire il collasso dello stato marocchino”.

Bastagli evidenziava poi l’importanza del Marocco a livello internazionale, come partner
economico importante, con uno sguardo al suo alleato principale:

“La Francia ha interessi strategici fortissimi, ed è in Europa il


paese guida sui temi del Sahara Occidentale […] la Francia
strategicamente è estremamente prossima al Marocco, ha interessi
a sostenere la linea marocchina, e di fatto lo fa in modo
assolutamente acritico. (…) Ci sono grossi interessi commerciali
europei, la questione delle migrazioni illegali. Il Marocco ha una
serie di carte che gli permette di gestire questo dossier, non nella
direzione del diritto internazionale, dove il Polisario ha una causa
validissima, ma piuttosto nella direzione di una specie di
Realpolitik”.

304
Cfr. gli interventi rispettivamente del 7 febbraio, 6 novembre e 20 novembre 2007, nel sito web di Radio Radicale, alla
sezione “audiovideo”.
305
Cfr. S/RES/1783 (2007) del 31 ottobre 2007.

183
La questione irrisolta del popolo saharawi, ha suggerito Bastagli in un altro intervento
recentissimo, non emerge per due ragioni: “le Nazioni che dettano le priorità dell’agenda
internazionale, tra cui Stati Uniti e Francia, non sono interessati al problema. In più, sono
tanti e tali le emergenze che il problema del Sahara Occidentale passa in seconda linea e
raramente guadagna la prima pagina dei giornali. [Ricordo] che esistono grandi
responsabilità europee allineate sulle posizioni marocchine che escludono
l’indipendenza” 306 .

In occasione della cerimonia per il 32º anniversario della Marcia Verde, il sovrano
marocchino Mohamed VI dichiarò alla stampa, il 7 novembre 2007, che
indipendentemente dalla soluzione che sarebbe scaturita dalle negoziazioni, “il Marocco,
il suo Re e il suo popolo non accetteranno che l’autonomia nel quadro di uno Stato
marocchino unico e unificato 307 ”. Il Sovrano ribadì inoltre l’indisponibilità ad aprirsi a
disegni con un qualsiasi orientamento diretto a minare la sovranità del Regno, la sua
indivisibilità e “indubitabile unità nazionale e territoriale”, accettando unicamente una
soluzione di riconoscimento della “sovranità totale” sul Sahara Occidentale.
Anche da parte del Polisario, comunque, i toni si erano inaspriti alla vigilia del terzo
incontro, giungendo a comunicare al Marocco che l’eventuale fallimento nella ricerca di
un accordo avrebbe potuto seminare nuova violenza e la ripresa del conflitto armato, già
da tempo scongiurato grazie all’impegno nella persuasione dei saharawi da parte dei suoi
rappresentanti, “in una regione che già lotta per contenere la spinta di Al-Qaeda 308 ”.

Negli stessi giorni, poco prima dell’avvio dei negoziati, un comunicato di Human Rights
Watch esortava il Marocco a permettere la libera espressione nel paese, in particolare
nella regione dei “Territori Occupati”, segnalando che

“Residents of what Morocco terms “the Southern Provinces” who


publicly but peacefully agitate in favor of independence for the
Western Sahara, or even in favor of a referendum that includes
independence as an option, face administrative and police
harassment and, on occasion, torture and imprisonment after unfair
trials. Authorities refuse to legalize associations or public
assemblies they consider pro-independence, and the police use
excessive force to break up sit-ins and rallies.”

Inoltre, nonostante il tentativo di mostrare il piano di autonomia quale generosa offerta e


riconoscimento per il popolo della regione, “(…) in conversations with Human Rights
Watch, officials made clear that under the plan, advocacy for independence (or for a

306
Cfr. G. MUSUMECI, Sahara Occidentale, una ferita ancora aperta, rivista “Panorama” del 14 novembre 2008.
307
Cfr. Mohamed VI dice que Marruecos sólo aceptará la autonomía del Sáhara en el marco de un Estrado unido,
quotidiano spagnolo “La Vanguardia”, 7 novembre 2007, fonte Maghreb Arab Press (MAP).
308
Cfr. la notizia nell’archivio dell’agenzia Reuters, 4 gennaio 2008.

184
referendum that includes independence as an option) will continue to be seen as an
illegal attack on Morocco’s “territorial integrity 309 .”

Tali premesse, ancora una volta, non diedero adito a molte speranze riguardo i negoziati
successivi, previsti per il 7-9 gennaio 2008. Le due parti ripresentarono gli stessi delegati
che avevano partecipato ai precedenti incontri, quasi a sottolineare che non vi sarebbe
stato un cambiamento significativo nei comportamenti politici adottati. Come nelle
occasioni precedenti, l’Algeria e la Mauritania furono invitati a partecipare ai negoziati
diretti in qualità di Paesi vicini, vennero consultati separatamente e furono presenti alle
sessioni di apertura e di chiusura delle riunioni.
Le discussioni del Manhasset III, come riferì il comunicato dell’Inviato Personale del
Segretario Generale il 9 gennaio, furono incentrate sulla realizzazione delle risoluzioni
1754 (2007) e 1783 (2007) del Consiglio di Sicurezza. Il Marocco e il Fronte Polisario,
secondo le stesse parole di van Walsum, “continued to express strong differences on the
fundamental questions at stake; (…) the Parties discussed but did not agree on
confidence-building measures”.

Furono affrontate anche questioni su tematiche specifiche, quali l’amministrazione, la


suddivisione delle competenze e gli organi ad esse preposti. Ad eccezione della fissazione
dell’incontro successivo, fissato per il marzo 2008, non si giunse neppure in questo terzo
round di incontri ad una risoluzione delle problematiche in corso, tuttavia, come
evidenziò il Presidente della delegazione saharawi, il “Manhasset III” si rivelò molto
importante e utile per il consolidamento delle posizioni e conclusioni raggiunte negli
incontri precedenti, e come “chiarimento” dei passaggi a venire 310 .
Mahfoud Ali Beiba reiterò la posizione della parte saharawi, per cui le “confidence-
building measures” o “mesures de confiance” nelle versioni inglese e francese, dovessero
obbligatoriamente includere disposizioni atte a preservare i diritti dell’uomo nei territori
sotto occupazione marocchina, evidenziando la necessità di dotare la MINURSO degli
strumenti adeguati.

Nei giorni che seguirono, da più parti si espressero commenti circa i risultati ottenuti; tra
questi emerse l’intervento del portavoce del Dipartimento di Stato statunitense Tom
Casey, in risposta ad una “taken question” dell’11 gennaio 2008: Washington, affermò,
ribadiva il suo appoggio alla proposta marocchina di autonomia, considerata “a serious
and credible option”.

309
Cfr. Morocco: Allow Free Expression in Western Sahara, rapporto di Human Rights Watch, 6 gennaio 2008.
Rispondendo alle accuse di parzialità provenienti dal sovrano, l’organizzazione rispose che la sua missione consisteva
solamente nell’esercitare pressioni su tutti gli stati, e “to urge states to respect their obligations under international human
rights law, including the rights to peaceful expression, assembly and association”.
310
Cfr. Polisario’s final statement after the end of the third round of negotiations in Manhasset, 10 gennaio 2008, “Sahara
Press Service” (SPS), disponibile nell’archivio del sito web http://www.arso.org.

185
D’altra parte, il rapporto del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon al Consiglio di
Sicurezza mise in evidenza come le posizioni del Marocco e del Fronte Polisario durante i
negoziati tenuti dal 7 al 9 gennaio fossero rimaste molto lontane:

“During the opening session and subsequent discussions, the


parties reiterated their commitment to the process of negotiations
and to the implementation of Security Council resolutions 1754
(2007) and 1783 (2007). Nevertheless, their stated positions
remained far apart on ways to achieve a just, lasting and mutually
acceptable political solution that will provide for the self-
determination of the people of Western Sahara. As a result,
although the parties dynamically interacted with each other, there
was hardly any exchange that could be characterized as
negotiations. 311 ”

Più precisamente, Ban Ki-Moon riconosceva quindi che nonostante le due parti avessero
avuto un dialogo dinamico, i loro incontri non potessero “essere qualificati come
negoziati".

Nei giorni precedenti l’avvio del quarto round di negoziati diretti, previsti per il 16-18
marzo 2008, la stampa occidentale tradì una sfiducia piuttosto marcata o, nel migliore dei
casi, timide aspettative riguardo l’esito degli incontri. L’agenzia Reuters pubblicò il 13
marzo un articolo che esprimeva lo scarso ottimismo alla vigilia del Manhasset IV,
evidenziando

“(…) little prospect of an end to a three-decade deadlock that has


poisoned relations between Algeria and Morocco and held back the
region's development 312 .”

L’ottimismo con il quale era stato salutato l’inizio delle negoziazioni dirette tra il
Marocco e il Polisario era in realtà scemato fin dal rifiuto della delegazione saharawi di
accettare l’offerta marocchina di un’autonomia limitata per il territorio e l’esclusione da
parte del Marocco della possibilità dell’indipendenza per il Sahara Occidentale tra le
possibili opzioni del referendum di autodeterminazione.
Lo stesso articolo riportava l’opinione di Jacob Mundy, esperto del Sahara Occidentale e
ricercatore nel gruppo di ricerca per il Medio Oriente MERIP, che affermava,
coerentemente alle analisi da lui realizzate da vari anni, di non aspettarsi

“anything to come out of these negotiations because they are


proceeding under bad faith, Morocco has no intention of allowing

311
Cfr. Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite al Consiglio di Sicurezza, S/2008/45 del 25 gennaio 2008,
“II. Status and progress of the negotiations”, par. 4.
312
Cfr. T. PFEIFFER, PREVIEW-Optimism wanes in talks to end W. Sahara limbo, fonte Thomson Reuters, 13 marzo
2008, http://www.reuters.com/article/africaCrisis/idUSL1259202.

186
for self-determination and Polisario has no intention of discussing
autonomy.”

Sia i rappresentanti marocchini che la delegazione saharawi rimasero sostanzialmente


arroccati sulle loro posizioni, ribadendo gli uni la concessione di una limitata autonomia
quale unica soluzione credibile, e ricordando il capo-delegazione Ali Beiba che solamente
lo svolgimento di un referendum di autodeterminazione che includesse come opzione
possibile l’indipendenza sarebbe stata accettata dal popolo saharawi. Sostanzialmente il
quarto round di negoziazioni non apportò alcun progresso utile alle trattative, se non
l’accordo sulla necessità di approfondire e continuare ulteriormente le trattative stesse.
Il rapporto del 14 aprile 2008 313 del Segretario Generale delle Nazioni Unite sulla
situazione del Sahara Occidentale analizzava lo stato di attuazione delle due risoluzioni
1754 (2007) e 1783 (2007) del Consiglio di Sicurezza e del quarto round di negoziati
diretti, riassumendo le posizioni delle due parti e informando il Consiglio circa il
riferimento fatto dalla delegazione saharawi, per la quale non era da escludersi totalmente
la pericolosa eventualità di un ritorno alle armi.
Il Segretario Generale accennava anche che

“From 18 February to 13 March, the Royal Moroccan Army


undertook a series of pre-scheduled military training exercises in
the vicinity of Awsard, involving some 1,200 troops from its
infantry, cavalry and artillery units already stationed within the
Awsard subsector. (…) On 13 March, I received a letter from the
Secretary-General of the Frente Polisario, Mohamed Abdelaziz,
protesting the apparent provocation these military exercises
entailed on the eve of the fourth round of negotiations in
Manhasset, New York, to be held from 16 to 18 March 2008.” 314

313
Cfr. Rapporto del Segretario Generale ONU S/2008/251 del 14 aprile 2008. Il mandato della Il mandato della missione
MINURSO è stato prorogato fino all’aprile 2009, con la risoluzione 1813 del 30 aprile 2008.
314
Cfr. Ibidem, “II. Recent Developments in Western Sahara”, par. 6.

187
2. Dopo Manhasset III e IV. Considerazioni e prospettive in incontri pubblici e
Conferenze Internazionali

Il 24 aprile 2008, mentre nel corso di una intervista il Responsabile per i Diritti Umani dei
saharawi Omar Salek prospettava la possibilità di una ripresa della lotta armata e la
conseguente destabilizzazione dell’area maghrebina, nel caso in cui non si giungesse
rapidamente ad una soluzione che prevedesse l’autodeterminazione del popolo del Sahara
Occidentale 315 , il direttore dell’Observatoire d’Études Géopolitiques 316 Charles Saint-
Prot animava una conferenza-dibattito a Rabat sul tema della questione del Sahara
Occidentale, organizzata dall’Istituto Marocchino di Relazioni Internazionali (IMRI).
Saint-Prot riferì in tale occasione che il progetto marocchino di autonomia per il Sahara,
nel quadro della sovranità marocchina, era il miglior mezzo attraverso il quale assicurare
la stabilità regionale e i grandi equilibri geopolitici, in quanto si trattava, per lo studioso,
di una soluzione “innovativa e realista, conforme alla corretta applicazione delle norme
internazionali”.

Le Nazioni Unite, aveva aggiunto Saint-Prot a Rabat, hanno sostanzialmente abbandonato


l’”arteficio di un referendum, poiché la risoluzione 1783 del Consiglio di Sicurezza
ammette di fatto che la base di una risoluzione della questione del Sahara si fonda sul
piano di autonomia presentato dal Marocco all’ONU, nell’aprile 2007”. E’ dunque
comprensibile, secondo tale ragionamento, che il Marocco insista nel negare il diritto del
popolo saharawi al referendum di autodeterminazione, considerando il sostegno fornitogli
non solo dal governo quanto anche da numerosi studiosi francesi che, come il direttore
dell’OEG, ribadiscono sia l’Algeria “le vrai protagoniste” della questione del Sahara, e il
Polisario una mera finzione.
Il conflitto del Sahara, sempre secondo Saint-Prot, frena la necessaria Unione del
Maghreb Arabo e lo sviluppo della cooperazione economica, portando la regione a
ritardare la propria crescita nel’era della globalizzazione, e perciò tutti i paesi europei
devono esercitare “pressioni sulla dittatura algerina” 317 .

315
Cfr. G. NORCINI, Nulla di nuovo dal Sahara Occidentale, “Nigrizia”, 24 aprile 2007.
316
L’Observatoire d’Études Géopolitiques (OEG), con sede a Parigi, è una associazione che mira allo sviluppo della
ricerca e del ragionamento scientifico nell’ambito della geopolitica, e ha come oggetti di ricerca privilegiati i paesi africani
e asiatici, con particolare attenzione, nel continente africano, al Maghreb e al Sudan. L’associazione pubblica inoltre la
rivista Études Géopolitiques. Per maggiori informazioni si puó consultare il sito web dell’associazion alla pagina
http://www.etudes-geopolitiques.com.
317
Un articolo a riguardo, dal titolo in spagnolo El proyecto de autonomia en el Sahara, es el “mejor medio” de preservar
la estabilidad regional (non più disponibile in francese) è presente nel sito web http://www.maroc.ma, Portal National du
Maroc, 24 aprile 2008.

188
Tale idea fu riproposta da Saint-Prot 318 circa un mese dopo anche a Parigi, durate un’altra
conferenza organizzata congiuntamente dall’OEG e dalla Maison de Radio France, alla
quale partecipò un professore di Diritto Pubblico dell’Università di Casablanca,
Abdelhamid El Ouali, autore, tra l’altro, di un libro intitolato Autonomie au Sahara,
prélude au Maghreb des régions. Il direttore dell’OEG affermò in quell’occasione che la
questione del Sahara Occidentale è “un conflit dépassé, reliquat de la guerre froide et des
idéologies marxisto-révolutionnaires”.
In particolare, secondo lo studioso, uno Stato saharawi svincolato dal Marocco non
costituirebbe una soluzione fattibile e rappresenterebbe anzi un rischio maggiore di
destabilizzazione della regione:

“A l’heure où tout le monde affirme qu’il faut construire de grands


ensembles de coopération entre les Etats, il serait lamentable de
voir se multiplier de micro-Etats artificiels qui renforceraient les
facteurs de division dans la région du Maghreb et, plus largement,
dans le monde arabe 319 ”.

Il professor El Ouali nel suo intervento sottolineò poi la necessità di ritrovare una
soluzione a questa lunga crisi, e ricordò che l’Inviato Personale del Segretario Generale
per il Sahara Occidentale Peter van Walsum aveva concluso di fronte al Consiglio di
Sicurezza che l’indipendenza del Sahara Occidentale non fosse un’opzione realistica,
scatenando le reazioni della delegazione saharawi e della società civile occidentale; van
Walsum aveva invitato i Paesi membri del Consiglio di Sicurezza al rispetto della realtà
politica (la già citata Realpolitik), al realismo e alla disponibilità di compromessi, come
del resto avvenne, sempre secondo il professore, poichè “La résolution 1813 adoptée le
30 avril, par le Conseil de sécurité, reprend en grande partie l’analyse de M. Van
Walsum, puisqu’elle appelle “au réalisme et à l’esprit de compromis”. In realtà, come
precisarono gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito, il Consiglio di Sicurezza ha
ammesso, con la risoluzione 1813, che la soluzione della crisi possa avvenire con la presa
in considerazione dell’iniziativa marocchina di concedere un’ampia autonomia ai territori
in questione, ma non con l’accettazione totale e senza condizioni del piano di autonomia
presentato dal Marocco.
Il professore marocchino infine aveva analizzato l’azione delle Nazioni Unite,
individuando quale fosse a suo parere la principale ragione che aveva condotto la
situazione ad una impasse:

318
Riporto qui parte dell’intervento di Saint-Prot circa le conseguenze del conflitto del Sahara sull’UMA: “il est
inconcevable que les frontières soient fermées entre l’Algérie et le Maroc à l’heure de la mondialisation et de la libre
circulation de produits et des biens. Il est consternant que les échanges intermaghrébins ne représentent que 2% du
commerci entre les cinq pays membres de l’UMA. Le coût du manque d’intégration économique est important, puisque
cela fait perdre à chaque pays environ 2 à 3 points de PIB. Le coût se chiffre, également, dans la perte de dizaines de millier
d’emplois par an et l’absence des investissements directs étrangers qui seraient intéressés par un marché de près de 90
millions de personnes”. Cfr. Zeina El Tibi, “L’indépendance n’étant pas une option réaliste - L’autonomie solution au
conflit du Sahara occidental”, La Revue Société, Revue d’Études Géopolitiques, 24-31 maggio 2008, p. 50.
319
Cfr. Ibidem.

189
“La question du Sahara a été assimilée à un problème de
décolonisation traditionnelle où l’autodétermination-indépendance
devait mener à l’indépendance automatique […]. C’est impossible
d’appliquer la solution de l’autodétermination-indépendance. Son
échec était programmé dès le départ. C’est dans la nature de choses
parce que cette solution ne peut s’appliquer à une question
territoriale où un Etat revendique la restitution d’une partie de son
territoire national”

Dimostrando, secondo l’autore dell’articolo, che “l’autonomie demeure l’unique solution


réaliste au conflit du Sahara”.

Lo scorso 11 giugno Ahmed Bujari, rappresentante del Fronte Polisario, respinse davanti
al Comitato di decolonizzazione dell'ONU l'Inviato Personale delle Nazioni Unite per il
Sahara Occidentale, Peter Van Walsum, accusandolo d'aver tradito il mandato di
mediatore quando, in aprile, aveva appunto dichiarato dinanzi al Consiglio di Sicurezza
che l'indipendenza del Sahara Occidentale non fosse “un'opzione realistica”, esigendo la
revoca del suo mandato e la nomina di un nuovo rappresentante speciale 320 . A partire da
quel momento iniziarono a risollevarsi le ipotesi di una ripresa del conflitto armato.

Circa dieci giorni dopo una delegazione di europarlamentari, tra i quali Vittorio
Agnoletto, incontrò i responsabili del Fronte Polisario. In un’intervista radiofonica 321
rilasciata nei giorni seguenti, Agnoletto rese un quadro piuttosto chiaro degli equilibri di
potenza e della situazione, accennando al sostegno francese del Marocco, agli interessi
spagnoli nel Sahara Occidentale, e denunciando la “posizione defilata e quasi inesistente”
della politica europea”, a fronte dell’unica richiesta dei dirigenti del Polisario, ovvero
dell’assunzione di un ruolo diverso da parte dell’Unione Europea.
Dopo aver escluso la possibilità effettiva di un ritorno al conflitto armato, l’euro-deputato
si espresse più specificatamente in merito alle posizioni europee, soprattutto quella
francese e spagnola:

“[…] Occorre differenziare, perché in Spagna, di fronte


all’atteggiamento dei vari governi di chiusura verso i saharawi, c’è
un attivismo enorme della società civile, che sta incidendo
fortemente sia nei mezzi di comunicazione spagnola che sulle
politiche del governo. Penso ad esempio ad undicimila bambini
saharawi che passeranno due mesi in Spagna quest’estate… Questa
è una pressione oggettiva sul governo di Zapatero. Il dibattito è
anche all’interno del governo stesso. […]
Pare più omogenea e meno sensibile la posizione francese. La
posizione europea non è assolutamente chiara. Se aggiungiamo che

320
Van Walsum non è stato effettivamente rinominato all’incarico di Inviato Speciale, e nel momento in cui si scrive questa
nota (dicembre 2008) il nome di Christopher Ross non è ancora stato reso ufficiale dal Segretario Generale, nonostante
molte fonti indichino il diplomatico statunitense quale principale candidato, essendo la sua candidatura sostenuta dal
Polisario ma non ancora chiaramente dal Marocco.
321
Cfr. L’Europa prenda posizione. Intervista effettuata da Michela Trevisan a Vittorio Agnolotto, eurodeputato della
Sinistra Unitaria Europea, Radio Radicale, 24 giugno 2008. L’intervista si puó ascoltare, ma non è scaricabile, nel sito
online della radio.

190
non abbbiamo una politica estera comune, la situazione è di
estrema debolezza”

Altre difficoltà si pongono nel futuro del dialogo euromediterraneo: come accennato da
Agnoletto, un esempio può essere costituito dagli interventi di costruzione di grandi
infrastrutture, come quello di un’autostrada nel Nord Africa finanziata in gran parte
attraverso fondi europei, all’interno di “scambi non sempre eticamente accettabili”.

La stampa maghrebina, attraverso il Maghreb Arab Press, diffuse a fine settembre un


comunicato che affermava l’appoggio di “vari senatori francesi” alla proposta marocchina
di autonomia nel Sahara Occidentale, giudicando positivamente gli sforzi intrapresi dal
Marocco per “iniziare un dialogo diretto, franco e costruttivo con l’Algeria”, e
affermando la necessitá di preferire una soluzione politica “che tenga in considerazione la
stabilità regionale e gli interessi di entrambi i paesi”.
Tali affermazioni ignoravano totalmente il ruolo del Fronte Polisario, sostituendogli
l’Algeria nella considerazione delle parti implicate, in uno spirito totalmente estraneo non
solo ai negoziati diretti di Manhasset ma più in generale, alla totalità delle azioni
compiute dalle Nazioni Unite. D’altra parte, sempre il Maghreb Arab Press, pubblicava a
fine ottobre un articolo nel quale l’entusiasmo per gli sforzi “credibili e seri” del Marocco
proveniva dall’Unione Europea, in occasione della celebrazione della VII sessione del
Consiglio di Associazione con il Marocco, nel quale l’UE aveva affermato di “sostenere
pienamente le negoziazioni di Manhasset sul Sahara Occidentale” e affermando, questa
volta in linea con l’ONU, l’importanza di giungere “ad una soluzione politica giusta,
durevole e mutualmente accettata 322 ”.

Il 30 ottobre, inoltre, l’organizzazione Amnesty International ha reso noto, come tutti gli
anni, il suo Rapporto sulla Situazione dei Diritti Umani nel Mondo, includendo, nella
sezione dedicata al Medio Oriente e Nord Africa, anche il Sahara Occidentale 323 .
Nonostante le agenzie di stampa marocchine abbiano diffuso solo estratti del rapporto che
denotano i progressi positivi della monarchia, il quadro descritto dall’organizzazione è
ancora critico, per i diritti dei marocchini in tutto il paese e comprensibilmente ancor più
nell’area dei Territori Occupati. Lo stesso Rapporto introduce alle osservazioni effettuate
dichiarando che

“Restrictions on freedom of expression, association and assembly


continued, and criticism of the monarchy and other issues
considered politically sensitive was penalized by the authorities.
Human rights activists, journalists, members of the unauthorized
political group Al-Adl wal-Ihsan, and Saharawi opponents of

322
Cfr. Sahara: la UE se felicita por los esfuerzos creíbles y serio de Marruecos, Maghreb Arab Press, 14 ottobre 2008. Si
segnala che non tutti gli articoli meno recenti sono disponibili contemporaneamente in arabo, francese e spagnolo.
L’articolo in questione, al momento della consultazione era disponibile solo in lingua spagnola.
323
Cfr. Amnesty International Report 2008: The State of the World’s Human Rights, “Morocco and Western Sahara”,
disponibile online alla pagina web
http:// thereport.amnesty.org/eng/regions/middle-east-and-north-africa/morocco-and-western-sahara.

191
continuing Moroccan rule in Western Sahara were arrested and
prosecuted, and more than 100 Islamists were detained on
suspicion of planning or participating in terrorism. (…) Violence
against women continued, […] and men were imprisoned for
“homosexual conduct”.
Several members of the Moroccan Association for Human Rights
(Association Marocaine des Droits Humains, AMDH), all
prisoners of conscience, were jailed for “undermining the
monarchy”, a charge brought after they participated in peaceful
demonstrations during which slogans critical of the monarchy were
chanted 324 .

Per quanto riguarda la condizione dei saharawi nello specifico, il rapporto testimonia
dell’arresto di centinaia di attivisti, sospettati di aver partecipato a manifestazioni
pacifiche contro l’occupazione marocchina nel 2007 e negli anni precedenti. Decine di
questi, anche minorenni, avevano denunciato torture e maltrattamenti da parte delle forze
di sicurezza durante gli interrogatori 325 .
In ottobre, inoltre, il Collettivo dei Difensori Saharawi dei Diritti Umani dovette
cancellare il proprio congresso fondativo, a seguito della negazione dell’autorizzazione a
realizzare la riunione da parte delle autorità locali di El Aaiún.

EUCOCO 2008: la XXXIV Conferenza Europea di Coordinamento e di Sostegno


al Popolo Saharawi

Mentre nel 2007 era stata Roma ad ospitare l’incontro annuale di sostegno al popolo
saharawi, l’ultima conferenza si è svolta a Valencia, in Spagna, tra il 7 ed il 9 novembre.
L’evento, di lunga tradizione e ancora una volta quasi totalmente ignorato dalle testate
giornalistiche italiane, costituisce anche una preziosa opportunità di sensibilizzazione
della società nella città ospitante. Tra i motivi per cui è stata concepita, è considerata il
luogo privilegiato per la pianificazione, a livello europeo, delle attività di solidarietà delle
organizzazioni di sostegno ai saharawi, dei gruppi interparlamentari statali e del
Parlamento Europeo, dei progetti comuni tra diverse entità europee e gli stessi membri
del Fronte Polisario e del Governo della RASD.
Secondo i dati offerti dall’organizzazione, alla conferenza del 2008 hanno partecipato
oltre 500 delegati di associazioni di 25 paesi, di diversi continenti, oltre alla numerosa
delegazione saharawi recatasi in Spagna, ampliando il concetto di “Conferenza

324
Cfr. Ibidem.
325
Anche decine di studenti furono detenuti nel corso di una manifestazione pacifica, e molti di questi, colpiti dalel forze di
polizia; tra questi, il documento accenna ad una ragazza, Sultana Khaya, che perse un occhio. La maggioranza dei giovani
furono rimessi in libertà senza accuse a loro carico, ma circa una ventina furono condannati per comportamento violento e
vennero imposti loro pene fino ad un anno di prigione.

192
Europea 326 ”. Personalmente, la partecipazione alla conferenza è stata un’occasione
interessante di confronto e di approfondimento delle diverse problematiche legate alla
questione del Sahara Occidentale, con persone slegate da vincoli e che come me hanno
partecipato individualmente, con rappresentanti delle svariate associazioni internazionali
e delegati, a diverso grado, delle rappresentanze spagnole, algerine e soprattutto saharawi.

Già nei discorsi di apertura della Conferenza, il Presidente della Repubblica Saharawi
Mohamed Abdelaziz denunciò l’assenza, o l’insufficienza, di pressione nei confronti del
Marocco da parte della comunità internazionale, circa la necessità di proteggere e rendere
applicabile il diritto internazionale, criticando “il silenzio delle potenze influenti, che
incoraggiano il Marocco a continuare a violare il diritto internazionale” 327 .
Abdelaziz non mancò di riferirsi, tra l’altro, alla concessione dell’Unione Europea dello
“statuto avanzato” al Marocco, adducendo che tale riconoscimento “dovrebbe essere
condizionato alla fine delle violazioni sistematiche dei diritti umani nel Sahara
Occidentale e del saccheggio delle risorse naturali del territorio”.

La Francia e la Spagna, in quanto parti “direttamente coinvolte nel conflitto”, sono state
chiamate a Valencia a “riconsiderare la situazione e le proprie decisioni affinché si
conformino ai valori difesi dall’Unione Europea e allo spirito delle Nazioni Unite”.
Anche il ministro saharawi delegato per l’Europa, il rappresentante del Fronte Polisario
Mohamed Sidati nel corso del suo intervento ha ricordato al Governo spagnolo le sue
responsabilità nel conflitto e la necessità che la Spagna modifichi la propria politica con il
Marocco, titolare di “relazioni privilegiate con l’Europa nonostante non rispetti i diritti
umani”, richiedendo “fermezza” all’esecutivo spagnolo così da facilitare il cammino
verso la pace e la stabilità nella regione.
Gli interventi della prima giornata videro poi al partecipazione di Carmelo Rodriguez,
presidente della Federazione delle Associazioni Nazionali di Sostegno ai Saharawi
(Fedissah, Federación Estatal de Instituciones Solidarias con el Pueblo Saharaui), il
presidente della EUCOCO Pierre Galand, il sindaco di Valencia e la rappresentante della
Federación de Asociaciones de Solidariedad con el Pueblo Saharaui de la Comunidad
Valenciana, Rosa Vila.

326
Alla Conferenza hanno partecipato un massimo di due delegati per ogni associazione; oltre a rappresentanze europee,
australiane e canadesi, erano presenti i delegati di paesi africani (oltre all’Algeria rappresentanti di Angola, Sudafrica,
Senegal, Mauritania, Nigeria e Mali) e dell’America Latina (Uruguay, Chile, Paraguay, Perú y México).
La partecipazione individuale è stata decisamente più importante nelle diverse iniziative che hanno coinvolto la città di
Valencia nei giorni della Conferenza, con esposizioni, concerti, cene e spettacoli. Un fattore da non ignorare è sicuramente
la quota di partecipazione alle attività della Conferenza, fissata quest’anno in 200 euro, che se serve a finanziare le attività e
i progetti a sostegno dei saharawi, costituisce sicuramente un ostacolo all’accesso alla Conferenza; una quota minore di
iscrizione, proprio perché favorirebbe l’accesso ad un numero maggiore di individui, porterebbe forse una partecipazione
eccessivamente numerosa e ad un rallentamento nelle attività della Conferenza, già in difficoltà per la sua breve durata. Per
maggiori informazioni si può consultare il sito web della XXXIV EUCOCO: http://www.valenciaeucoco2008.org.
327
Si tratta della personale traduzione dallo spagnolo dell’intervento introduttivo di Mohamed Abdelaziz, nel pomeriggio
del 7 novembre a Valencia; i delegati e partecipanti saharawi si sono espressi in hassanya durante tutto il corso della
Conferenza, e i loro interventi venivano tradotti simultaneamente da un’interprete in spagnolo, in inglese, in francese, e in
alcuni casi anche in italiano. Le parti di testo tra virgolette presenti successivamente, se non è specificato diversamente,
provengono dalla trascrizione degli interventi o sono traduzioni personali della stessa natura.

193
Galand richiese espressamente alla Spagna di denunciare pubblicamente gli Accordi di
Madrid del 14 novembre 1975, che costituiscono una “violazione del diritto intenazionale
e del diritto del popolo saharawi alla autodeterminazione”, affermando poi il rifiuto che

“los derechos del pueblo saharaui a la libre autodeterminación sean


pisoteados por la antigua colonia, España y por Marruecos,
potencia que ocupa militarmente el territorio, y al final también por
las Naciones Unidas y Consejo de Seguridad que sólo deben
garantizar y poner término al proceso de autodeterminación del
pueblo Saharaui”

Le attività della Conferenza erano state ripartite in sette gruppi di lavoro o “talleres”:
azione politica, cooperazione umanitaria, territori occupati e diritti umani, questione
giuridica, sindacati, questioni di genere e la condizione della donna, e infine il gruppo di
lavoro di cultura e arte 328 .
Tra le questioni affrontate, la maggiormente rimarcata è stata la necessità di una maggiore
sensibilizzazione e attenzione da parte delle istituzioni europee, riguardo le violazioni dei
diritti umani perpetuate dal Marocco e sulla questione saharawi più in generale.
Ampio spazio ha avuto anche il tema dello sfruttamento delle risorse naturali da parte del
Marocco, sostanzialmente incontrollabile e ad impossibile beneficio della popolazione
saharawi a causa della costruzione dei muri “difensivi”, come il diritto internazionale
invece richiede. In questo fronte, nonostante insufficienti, alcuni risultati positivi sono
stati raggiunti rispetto all’anno scorso, grazie alle pressioni di diverse organizzazioni
internazionali e al monitoraggio pressoché continuo degli attivisti del Western Sahara
Resource Watch. Uno degli obiettivi prioritari, insieme alla sensibilizzazione delle
imprese private sulla questione del Sahara Occidentale, che spesso usano la propria
ignoranza come giustificazione del proprio comportamento, è risultata la preparazione di
un progetto di revisione degli Accordi di Pesca tra l’Unione Europea e il Marocco, che
escluda espressamente le acque territoriali del Sahara Occidentale da tale accordo 329 .

La politica d’immigrazione europea, che pare avviarsi verso la tipologia del visto
selettivo, è stata anch’essa criticata per il pericolo costituito dalla “fuga di cervelli”, non
solo nei campi dei rifugiati saharawi ma in tutto il continente africano 330 .

328
Per maggiori informazioni si possono consultare le conclusioni della Conferenza EUCOCO 2008, nel sito web già
citato. Si accenna qui solamente alle discussioni del taller di “azione politica”, cui ho partecipato direttamente.
329
A tal proposito è stata presentata alla Commissione Europea, agli inizi di dicembre, una petizione da parte di oltre 500
organizzazioni internazionali, per “esigere l’esclusione del Sahara Occidentale occupato dal Marocco dalle negoziazioni
sullo Statuto Avanzato tra UE e Marocco”, e quindi l’esclusione dagli Accordi di Pesca. E’ evidente che se l’UE
concedesse lo Statuto Avanzato al Sahara Occidentale attraverso negoziazioni con il Marocco darebbe senza dubbio un
segnale di sostegno alla politica marocchina, riconoscendo implicitamente le sue pretese sul territorio e danneggiando gli
sforzi compiuti dalle Nazioni Unite. Il documento inviato alla Commissione aggiunge che, escludendo da tale accordo il
Sahara Occidentale, l’Unione Europea seguirebbe l’esempio statunitense poiché l’amministrazione USA, nel suo accordo
di libero commercio con il Marocco, ha esplicitamente escluso il territorio del Sahara Occidentale, limitando la
cooperazione e la vigenza dell’accordo al territorio compreso a nord del parallelo 27º40’N. La medesima richiesta è stata
effettuata a fine dicembre da Mohamed Abdelaziz, in occasione del suo incontro con il Commissario per le Relazioni
Estere dell’UE, Benita Ferrero-Waldner.
330
Cfr. il “Patto Europeo sull’immigrazione e l’asilo”, adottato dal Consiglio Europeo lo scorso ottobre a seguito della
riunione della Commissione del 17 giugno, mediante il quale i paesi membri si sono prefissati “cinque impegni
fondamentali nell’ambito del programma che farà seguito nel 2010 al programma dell’Aia”. All’interno del Patto la futura

194
Per quanto riguarda gli accampamenti di Tindouf, la politica ambientale è risultata
fondamentale e riguarda principalmente la garanzia della raccolta e il trattamento dei
rifiuti, per le chiare implicazioni che questa ha sulla salute e l’igiene della popolazione
dislocata nel territorio. Diverse organizzazioni 331 hanno fornito il loro impegno e
sostegno alla progettazione e implementazione dei metodi più adatti e sostenibili
nell’area, ma la coordinazione politica con l’Europa si rivela indispensabile per
assicurarne i giusti mezzi.

Nel suo intervento Vicente Garcés, deputato socialista al Parlamento Europeo, affermò
che il popolo saharawi possiede diritti storici acquisiti, riconosciuti dalla legalità
internazionale:

“Formo parte del “intergrupo de amistad con el pueblo saharaui”


(…) compuesto por deputatos de diversas nacionalidades unidos en
torno al objetivo de alcanzar el ejercicio del derecho de
autodeterminación del pueblo saharaui (…); nos encontramos ante
un caso de descolonización no resuelto. Esta Europa hoy en la
incertitumbre […] requiere unas acciones mucho más decididas. El
grupo interparlamentario ha requirido también al Parlamento
Europeo el envío de una misión ad hoc a los territorios del Sáhara
Occidental para comprobar la situación. (…) Lamentablemente
esta misión parlamentaria, de carácter umanitario, no ha podido
llevarse a cabo todavía al impedir las autoridades de Marruecos
desde el año 2005 su entrada en el territorio saharaui ocupado. La
ultima negativa se ha producido este mismo mes de octubre. Por
nuestra parte vamos a seguir exigiendo que se cumpla la legalidad
internacional […] 332 ”.

Nel corso della conferenza ampio spazio fu dato anche a rappresentanti della delegazione
algerina, tra questi, l’Ambasciatore dell’Algeria in Spagna. Prima di ripetere che la
posizione algerina rispetto al conflitto non è legata ad alcun interesse particolare nella
zona, se non quello del rispetto di un diritto basico del popolo saharawi
all’autodeterminazione, nell’anno di celebrazione del 60º anniversario della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, l’Ambasciatore aveva affermato
l’inamovibilità della posizione del suo paese riguardo un conflitto che è principalmente
una questione di decolonizzazione, e come tale va risolto:

“la posición argelina es clara y sencilla […] una posición dictada


por el derecho internacional. Nosotros el pueblo argelino hemos
vivido la misma humiliación (…). No es posible para nosotros

politica dell’UE in materia di immigrazione assegna un ruolo importante all’organizzazione dell’immigrazione legale,
“tenendo conto delle priorità, delle esigenze”, “in funzione dell’insieme delle esigenze del mercato del lavoro e delle
capacità di accoglienza stabilite da ciascuno stato membro”, rafforzando “l’attrattiva dell’Unione europea per i lavoratori
altamente qualificati”.
331
A tal proposito un’organizzazione svizzera, l’Associazione per lo Sviluppo delle Energie Rinnovabili (ADER), si è
offerta in particolare per informare, assistere e sostenere la popolazione saharawi nell’uso di energie rinnovabili e
nell’avviamento di progetti ad esse correlate.
332
Vicente Miquel Garcés Ramón, del Gruppo Socialista al Parlamento Europeo. Trascrizione personale della registrazione
dell’intervento dell’eurodeputato alla XXXIV EUCOCO, il 7 novembre 2008.

195
aceptar otra alternativa; La estabilidad y la convivencia en el
Maghreb árabe están condicionadas por el respecto del derecho de
autodeterminación del pueblo saharaui. Argelia no va a aceptar
otra solución. Es una posición moral e ética también”

Ai dubbi riguardo la volontà delle nuove generazioni saharawi di lottare per il territorio
del Sahara Occidentale, il Presidente della RASD Abdelaziz rispose che tra i giovani nati
dopo la guerra, gli sforzi e la determinazione alla difesa della propria terra, della propria
libertà e diritti è oggi più forte che mai. Certamente i giovani non hanno “la stessa
pazienza degli anziani di fronte al ritardo della celebrazione del referendum. La delusione
dei giovani si riflette esattamente in una pressione nei confronti della direzione del Fronte
Polisario e dei marocchini, che se incontrollata potrebbe, di fatto, presupporre un ritorno
alla lotta armata”.
Secondo le dichiarazioni di Abdelaziz, la via delle negoziazioni è certamente il percorso
che il Polisario vuole seguire, la pace il valore più grande, però il sostegno ad una
soluzione politica solo è compatibile se accompagnata al sostegno ai diritti legittimi del
popolo saharaui. Se non si raggiungerà una soluzione giusta e duratura che porti
all’autodeterminazione del popolo saharawi, “se il governo marocchino continua la sua
politica di ostacolizzazione degli sforzi internazionali e l’ONU fallisce nella sua
missione, torneremo alla lotta armata come diritto legittimo dei popoli ad autodifendersi e
lottare per l’autodeterminazione”.

Presente anche Luciano Ardesi alla Conferenza Europea di Valencia, a fine novembre il
presidente dell’Associazione italiana Nazionale di Sostegno al Popolo Saharawi (ANSPS)
fu intervistato da un’emittente radiofonica 333 . Ammettendo un forte scetticismo riguardo
al progetto di autonomia marocchino, per la “natura sostanzialmente centralizzata e
ancora profondamente autoritaria del regno del Marocco”, Ardesi accennò alle
problematiche relative agli accordi di pesca tra UE e Marocco, e alla petizione per
l’esclusione del Sahara Occidentale dallo “Statuto Avanzato”, in fase di negoziazione con
il Marocco, di cui si è già parlato.
Nel corso dell’intervista Ardesi ricordò anche che qualche giorno prima Álvaro de Soto,
ex Rappresentante del Segretario Generale per il Sahara Occidentale, aveva richiesto a
Ban Ki-Moon di diffondere il Rapporto dell’OHCHR 334 del 2006 sulla situazione dei
diritti umani nel Sahara Occidentale, fornito da tempo alle parti ma mai ufficializzato in
sede ONU a seguito di una pretesa marocchina in tal senso.
Il rapporto era stato comunque diffuso tramite i canali e le organizzazioni internazionali
che sostengono il popolo saharawi, ed è ancora oggi disponibile in rete, ma il fatto che
l’ONU abbia ceduto alle richieste marocchine è comunque molto grave.

333
Cfr. l’intervista radiofonica a Luciano Ardesi, a cura di Michela Trevisan, Saharawi: diritti negati da 33 anni del 12
novembre 2008, di “Nigrizia Multimedia” in collaborazione con “AfriRadio, Immagini e suoni a servizio dell’Africa e Sud
del Mondo”.
334
Cfr. Report of the Office of the High Commissioner for Human Rights (OHCHR) about the mission of May/June 2006 in
Western Sahara and Algeria, Ginevra, 8 novembre 2006. Il testo è disponibile nel sito web http://www.arso.org, in inglese,
francese, spagnolo ed arabo.

196
Lungi dal riferire notizie diverse da quelle fornite dalle maggiori organizzazioni
internazionali di difesa dei diritti umani come Amnesty International e Human Rights
Watch, il rapporto ONU era stato denunciato nel 2006 dalle autorità marocchine come
“non equilibrato”, in quanto sbilanciato a favore della posizione algerina e del Polisario,
per “l’eccessivo spazio dedicato al Sahara marocchino” e “l’enfasi
sull’autodeterminazione senza menzione del progresso notevole e totale nell’ambito dei
diritti politici, economici e culturali”, considerando inoltre che “le violazioni dei diritti
umani nel Sahara occidentale sono infondate, mentre non si fece nulla per verificare le
violazioni dei diritti umani negli accampamenti di Tindouf”, questione secondo il
Ministro degli Esteri e della Cooperazione Mohamed Benaissa affrontata con
incomprensibile leggerezza 335 .
Il rapporto, in realtà, sin da una prima lettura si mostra tutt’altro che parziale: denunciava
le violazioni dei diritti umani osservate direttamente dalla Commissione, e descriveva il
clima di repressione nei territori occupati, poco conforme alla volontà dichiarata del
Marocco di creare le condizioni per risolvere a fondo la questione; tuttavia, si legge anche
riguardo le precarie condizioni della popolazione saharawi in Algeria, e il rapporto
denunciava comunque che il controllo esercitato negli accampamenti algerini dal Fronte
Polisario, unico movimento politico nonostante la pluralità partitica sia un valore
costituzionale dello Stato saharawi, aveva “impedito di ottenere sufficienti informazioni”
circa la soddisfazione reale dei diritti umani dei rifugiati 336 .

La Conferenza Internazionale sul Multilateralismo e il Diritto Internazionale di


Pretoria, Sudafrica. Carlos Ruiz Miguel: gli obblighi legali della Spagna in quanto
Potenza Amministratrice del Sahara Occidentale

Il 5 dicembre scorso a Pretoria, in Sudafrica, si è svolta una conferenza dal titolo


“Multilateralism and International Law, with Western Sahara as case study 337 ”,
caratterizzato dalla partecipazione di esperti della questione saharawi. Tra gli altri,
Christine Chinkin, professoressa di Diritto Internazionale della London School of
Economics, ha considerato applicabile al Sahara Occidentale il Diritto Internazionale
riguardo le situazioni di occupazione, parte del Diritto Umanitario, ricordando tra l’altro
che il Marocco, non avendo ratificato il trattato che instaura il Tribunale Penale
Internazionale, ostacola il giudizio dei responsabili di crimini contro l’umanità commessi
nell’invasione del territorio da paret del Marocco.

335
Cfr. l’articolo apparso su Maroc.ma, il portale nazionale marocchino, il 9 ottobre 2006, disponibile in lingua spagnola.
336
Cfr. a tal proposito il Rapporto dell’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani, op. cit.
337
Cfr. International conference on multilateralism and international law, with Western Sahara as a case study, Pretoria,
South Africa, 4-5 Dicembre 2008. La trascrizione degli interventi principali è disponibile nel sito web dell’Arso.

197
Pierre Galand aveva sottolineato ancora una volta l’importanza della solidarietà della
società civile e Aminatou Haidar, impegnata nella difesa dei diritti umani nel Sahara
Occidentale e da poco premiata con il premio per la pace della Fondazione Robert
Kennedy 338 , fece una sintesi delle violazioni dei diritti umani che il Marocco ha
commesso nel territorio.
Una delle sessioni del Congresso era stata dedicata all’importante questione delle risorse
naturali. Tra i vari interventi, Erik Hagen, giornalista norvegese membro del Western
Sahara Resource Watch, espose un’analisi del Centro sulle ricchezze naturali del Sahara
Occidnetale, sfruttate principalmente dal Marocco, affermando che la monarchia
marocchina ricava ingenti guadagni dalle risorse del territorio: solo l’estrazione di fosfati
nell’anno 2007 ha portato al Marocco introiti pari a 1.700 milioni di dollari. E’ facilmente
comprensibile che se tali risorse potessero essere legittimamente usate dal Sahara
Occidentale, la popolazione saharawi potrebbe raggiungere elevatissimi standard di vita e
un reale sviluppo.

L’ottava e ultima sessione vide anche la partecipazione di Francesco Bastagli, ex


Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale e responsabile
della MINURSO. Bastagli richiamò nuovamente all’attenzione dei presenti il fatto che la
Realpolitik, cui la politica non solo personale degli Stati ma pure quella delle Nazioni
Unite sembra voler tendere, mina fortemente le relazioni internazionali, poiché queste
solo possono conoscere la stabilità e la prevedibilità necessarie all’armonia sulla base del
Diritto e della giustizia. Per tali motivi denunciò anche a Pretoria la “grave
irresponsabilità” di coloro che, come rappresentanti di organizzazioni internazionali,
pongono al vertice di tutto la “Realpolitik”, non permettendo passi avanti nella reale
risoluzione del conflitto, alludendo, tra l’altro non troppo dissimulatamente, alla condotta
di Peter van Walsum. Inoltre, la Realpolitik cui i funzionari ONU si riferiscono “[…] in
the case of Western Sahara too often stands for keine Politik, or no policy at all.”
Bastagli denunciò infine la “cospirazione del silenzio” tessutasi all’interno dell’ONU
sulla questione del Sahara Occidentale: gli organi delle Nazioni Unite discuterebbero
infatti il futuro di un “popolo senza gli ingredienti essenziali di un decision-making
responsabile. Non vi è, all’interno dell’ONU, informazione né analisi indipendente
riguardo le necessità dei saharawi sotto occupazione marocchina; nessuno alle Nazioni
Unite denuncia le violazioni dei diritti umani o lo sfruttamento illegale delle risorse
naturali.”

338
Aminatou Haidar, nata nel 1967, è impegnata da molti anni enlal difesa dei diritti umani e vive ad El Aiúun; più volte
incarcerata, ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti internazionali tra cui, nel 2005, il Premio Sajarov del Parlamento
Europeo e l’annos seguente il 5º Premio Juan María Bandrés per la difesa del diritto di asilo e solidarietà con i rifugiati,
concessole a Madrid dalla Commissione Spagnola di Sostegno ai Rifugiati (CEAR). L’ultimo riconoscimento, nel 2008, è
stato proprio il Premio Robert Kennedy, che, da quando fu istituito nel 1984, è unod ei più importanti riconoscimenti in
materia di diritti umani.

198
È convinzione di Bastagli che 339

“For too long the United Nations has been staring into the crystal
ball of a stalled political process while ignoring its obligations
under the Charter. This must change.”

L’intervento del professor Ruiz Miguel si focalizzò a Pretoria invece sugli obblighi legali
della Spagna in quanto potenza amministratrice del Sahara Occidentale.
Ruiz Miguel affrontò innanzitutto il tema degli obblighi delle potenze colonizzatrici,
esponendo le posizioni di Francisco de Vitoria, Bartolomé de Carranza e Melchor Cano,
sulle quali non mi soffermerò 340 , proseguendo poi la sua dissertazione circa gli obblighi
delle potenze coloniali secondo l’Atto scaturito dalla Conferenza di Berlino, teso a
stabilire una regola di Diritto Internazionale Generale. Questo stabiliva inizialmente due
principi essenziali, ovvero: lo scopo di promuovere il “benessere morale e materiale” dei
popoli colonizzati, subordinato al raggiungimento di profitti per la madrepatria, e
l’assenza di garanzie circa l’indipendenza del territorio colonizzato.

La Prima Guerra Mondiale, come riferì Ruiz Miguel, portò alcuni cambiamenti nella
Legge Coloniale, in particolare con l’entrata in vigore del Covenant of the League of
Nations del 28 giugno 1919. L’articolo 22 affermava che il metodo migliore per
assicurare il benessere dei popoli delle potenze sconfitte, non più in grado di
amministrare le proprie colonie, fosse la “tutela” di tali popoli da parte dalla nazioni
sviluppate che “by reason of their resources, their experience or their geographical
position can best undertake this responsibility, (…) and that this tutelage should be
exercised by them as Mandatories on behalf of the League”.
La nuova legislazione delle Nazioni Unite, poi, differenziò tra tre diversi tipi di territori
coloniali: i “mandati” (ereditati dalla Società delle Nazioni), i territori ad amministrazione
fiduciaria, e i “territori non autonomi”; il Sahara Occidentale rientrò in quest’ultima
definizione.

Inizialmente non erano stati concepiti obblighi specifici per gli Stati membri riguardo i
territori non autonomi, tuttavia l’articolo 1.2 della Carta delle Nazioni Unite 341 imponeva
alle Nazioni Unite nel complesso, l’obbligo di “sviluppare tra le nazioni relazioni
amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e
dell’autodecisione dei popoli”; comunque, a livello successivo, nuovi obblighi furono
previsti, di tipo economico e politico. Politicamente, gli Stati sono obbligati ad osservare,
rispettare e promuovere il diritto all’autodeterminazione: lo sviluppo di tale principio

339
Cfr. International conference on multilateralism and international law, with Western Sahara as a case study, Pretoria,
South Africa, 4-5 Dicembre 2008; la dichiarazione di Bastagli è disponibile alla pagina web
http://arso.org/BastagliPretoria2008.htm.
340
Per maggiori informazioni, si consiglia la lettura per esteso del documento esposto a Pretoria da Ruiz Miguel, Spain’s
legal obligations as administering power of Western Sahara.
341
Cfr. Statuto delle Nazioni Unite, adottato a San Francisco il 26 giugno 1945, capitolo I “Fini e principi”, articolo 1, par.
2.

199
attraverso le risoluzioni dell’Assemblea Generale e i case-law della Corte Internazionale
di Giustizia ha portato all’imposizione di tali obblighi, non solo alle Nazioni Unite come
soggetto giuridico, ma a tutti gli Stati membri anche se non coinvolti nella
colonizzazione. Così, la “Dichiarazione di garanzia dell’indipendenza alle nazioni e
popoli coloniali” (Risoluzione dell’Assemblea Generale 1514-XV 342 ) dichiara che “All
States shall observe faithfully and strictly the provisions of the […] present resolution” e
la “Dichiarazione sui Principi di Diritto Internazionale riguardanti Relazioni amichevoli e
la Cooperazione tra gli Stati conformemente alla Carta delle Nazioni Unite” (Risoluzione
dell’Assemblea Generale 2625-XXV) stabilisce che:

“Every State has the duty to promote, through joint and separate
action, realization of the principle of equal rights and self-
determination of peoples, (…). “The territory of a colony (…) has,
under the Charter, a status separate and distinct from the territory
from the State administering it; and such separate and distinct
status shall exist until the people of the colony (…) have exercised
their right of self-determination in accordance with the Charter”.

Economicamente, la lotta contro il colonialismo sviluppò un nuovo obbligo, statuito nel


“Programme of Action for the full implementation of the Declaration on the granting of
independence to colonial countries and peoples” (Risoluzione dell’Assemblea Generale
2621-XXV del 1970): quello di evitare qualsiasi pratica economica nel territorio non
autonomo a beneficio della potenza coloniale, poiché questa costituisce un major obstacle
al raggiungimento della decolonizzazione; in particolare

“Member States shall consider the adoption of necessary steps to


have their nationals and companies under their jurisdiction
discontinue such activities and practices; these steps should also
aim at preventing the systematic influx of foreign immigrants into
colonial Territories, which disrupts the integrity and social,
political and cultural unity of the peoples under colonial
domination”.

Tale obbligo, imposto a tutti gli stati membri riguardo i territori non autonomi, fu
esplicitamente riferito anche al Sahara Occidentale nella Risoluzione 3292 (XXIV) 343 ,
con la quale l’Assemblea

“Reiterates its invitation to all States to observe the resolutions of


the General Assembly regarding the activities of foreign economic
and financial interests in the Territory and to abstain to contribute
by their investments or immigration policy to the maintenance of a
colonial situation in the Territory”

342
Le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, così come tutta la documentazione relativa agli organi
dell’ONU, è consultabile nelle pagine web del sito delle Nazioni Unite. Cfr. A tal proposito il “UN Documentation Centre”,
http://www.un.org/documents/index.html.
343
Cfr. Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, GA 3292 (XXIV) Question of Spanish Sahara, 13
dicembre 1974, par. 4.

200
Anche gli obblighi delle potenze amministratrici hanno conosciuto un’evoluzione lungo
vari stadi, essendo inizialmente compresi nell’articolo 73 della Carta delle Nazioni
Unite 344 , e, successivamente, a partire dal 1960, sia gli obblighi economici che politici
vennero profondamente sviluppati, questi ultimi tramite la Risoluzione 1514 (XV) del
1960, che obbligava gli stati membri a intraprendere

“Immediate steps […] to transfer all powers to the peoples of those


territories, without any conditions or reservations, in accordance
with their freely expressed will and desire, without any distinction
as to race, creed or colour, in order to enable them to enjoy
complete independence and freedom”.

e tramite le risoluzioni successive, precisamente le risoluzioni 1541 (XV) e 2625 (XXV),


che inserivano la possibilità per i popoli colonizzatidi scegliere fra la piena indipendenza,
la libera associazione o l’integrazione completa all’interno di un altro Stato.
Gli obblighi economici vennero ampliati con le risoluzioni 44/84 del 1989 e 48/46 del
1994; le attività economiche e in particolare le attività marittime delle potenze
amministratrici furono regolate dalle risoluzioni 62/120 e 62/113, in modo tale da
assicurare che

“the exploitation of the marine and other natural resources in the


Non-Self-Governing Territories under their administration is not in
violation of the relevant resolutions of the United Nations, and
does not adversely affect the interests of the peoples of those
Territories”.

Si è già trattato nei capitoli precedenti dei controversi Accordi di Madrid tra il Marocco,
la Mauritania e la Spagna firmati il 14 novembre 1975, consistenti in una “dichiarazione
politica” trasmessa alle Nazioni Unite e alcuni allegati segreti non resi ufficiali, della
quale il secondo paragrafo affermava che la Spagna si impegnava a istituire una
“amministrazione temporanea del territorio, in collaborazione con il Marocco, la
Mauritania, e la Djema.
Gli Accordi di Madrid provocarono aspri dibattiti all’interno dell’Assemblea Generale,
che si conclusero con l’approvazione di due risoluzioni, il 10 dicembre 1975. La
risoluzione 3458(A) qualificava la Spagna come “potenza amministratrice” ben cinque
volte, ignorando sostanzialmente gli accordi che erano stati firmati a Madrid, e il relativo
trasferimento di tale status all’entità tripartita di Spagna-Marocco-Mauritania. La
risoluzione 3458(B) prendeva invece atto dell’Accordo Tripartito ma non lo approvava,
richiedendo alla potenza amministratrice di agire differentemente da quanto proposto
nell’accordo; la risoluzione infatti richiedeva all’amministrazione ad interim di consultare
non solo la Djema, ma
344
Cfr. Carta delle Nazioni Unite, Capitolo XI Dichiarazione concernente i territori non autonomi, art. 73.

201
“all the Saharan population originating in the territory [and] to take
all steps to ensure that all the Saharan population in the territory
will be able to exercise their inalienable right to self-determination
through free consultations organized with the assistance of a
representative of the United Nations appointed by the Secretary-
General” 345 .

Le considerazioni delle due risoluzioni portavano alla conclusione che l’Assemblea


Generale non aveva approvato l’Accordo Tripartito, richiedendo la celebrazione di un
referendum affatto previsto, e che la Spagna era ancora considerata la potenza
amministratrice del “Sahara Spagnolo”.
Secondo Ruiz Miguel, vi è un’ulteriore argomentazione per affermare che neppure la
Spagna considerava validi gli Accordi: il 26 febbraio il Rappresentante Permanente della
Spagna alle Nazioni Unite inviò una lettera al Segretario Generale, dichiarando “con
effetto immediato e definitivo” il termine della sua presenza nel Sahara Occidentale. In
tale documento la Spagna si considerava “esente da qualsiasi responsabilità di natura
internazionale”, e affermava che “la decolonizzazione del Sahara Occidentale sarà
raggiunta quando l’opinione della popolazione saharawi venga espressa in modo valido”,
sotto l’egida quindi delle Nazioni Unite.

Tale dichiarazione, effettuata unilateralmente dalla Spagna e non dall’amministrazione


tripartita, e che non fu contestata né dal Marocco né dalla Mauritania, equivalse per le
Nazioni Unite alla considerazione che il Sahara Occidentale non era un territorio
decolonizzato, bensì in attesa di decolonizzazione, poiché questa sarebbe avvenuta a
seguito dei risultati di un referendum di autodeterminazione celebrato con l’assistenza
delle Nazioni Unite. Da un punto di vista legalistico, lo status di potenza amministratrice
secondo gli Accordi di Madrid era assegnato ad una entità tripartita, composta dal
Marocco, dalla Spagna e dalla Mauritania, e in nessun caso dalle nazioni rimanenti a
seguito del ritiro della Spagna dai territori.
Anche assumendo la legalità dell’amministrazione tripartita, questa avrebbe assunto non
solo le prerogative ma anche le responsabilità che corrispondevano a quelle della Spagna
come potenza amministratrice, cui la più importante, secondo il diritto internazionale, era
la missione di decolonizzare il territorio attraverso il referendum di autodeterminazione.

Gli accordi di Madrid possono essere considerati invalidi proprio perché non prevedono
tale responsabilità primaria della potenza amministratrice.
L’amministrazione, ricordava Ruiz Miguel, in ogni caso

“was meant to be temporary (ad interim). Hence, by definition it


was to finish in the very moment Spain would abandon the
territory, that is, before 28 February 1976. Spain even abandoned

345
Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite 3458(B) del 10 dicembre 1975, par. 4.

202
the territory two days before, on 26 February 1976. This means
that after 26 February 1976 the tripartite administration came to an
end since one of the parties was absent. The Madrid Agreement did
not preview how the two remaining actors could assume the rights
of the tripartite administration. The delegation of powers that Spain
conceded to the tripartite administration did not consider sub-
delegations.”

Ruiz Miguel affermò inoltre che, comunque, la Spagna non ha abbandonato ancora
completamente l’amministrazione del territorio, poiché, per quanto riguarda ad esempio
lo spazio aereo del Sahara Occidentale, questo è incluso nello spazio aereo spagnolo, e
più precisamente nella “Canary Islands Flight Information Region UA”.
Dal punto di vista del diiritto internazionale, la Spagna ha dunque una serie di obblighi
verso la sua ex colonia, che le derivano dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla lettera
inviata al Segretario Generale nel 1976, nonché, ad esempio, dalle risoluzioni
dell’Assemblea Generale 44/84 (1989). 48/46 (1994), 62/113 (2007).

Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali, ampio spazio è stato dato già al
tema degli accordi di pesca stipulati tra l’Unione Europea e il Marocco. Ruiz Miguel
affrontò però anche la questione dei fosfati, cui la totalità degli introiti va a imprese
marocchine e, nonostante in tale settore vi sia una maggior proporzione di popolazione
saharawi impiegata ch nel settore ittico, non è prevista alcuna legislazione “che riservi
esclusivamente ai saharawi tale occupazione, nonostante l’alto tasso di disoccupazione
della popolazione nativa. La sabbia costituisce anch’esso un prodotto saccheggiato dal
territorio e importato, specialmente dalla Spagna; per quanto riguarda l’agricoltura, il
problema è analogo all’industria ittica e dei fosfati, per cui non vi è controllo né
dichiarazione dell’origine dei prodotti, che una volta immessi nel mercato non sono
separati né distinti da quelli marocchini.

Non vi è dubbio riguardo un obbligo giuridico a garantire quanto prima l’indipendenza


dei popoli coloniali,qualora questo sia il loro desiderio liberamente espresso; l’obbligo
politico che ne deriva è legato al divieto di intraprendere qualsiasi attività economica
suscettibile di ostacolare l’indipendenza del territorio non autonomo.

203
L’intervento di Abdelhamid El Ouali. Autodeterminazione e il Conflitto del
Sahara Occidentale: la prospettiva marocchina

Nel corso del suo intervento, Abdelhamid El Ouali tentò di dimostrare la “buona fede”
del governo marocchino e i pericoli insiti nell’applicazione rigida del principio
dell’inviolabilità delle frontiere ereditate dal regime coloniale; l’Algeria, secondo il
professore, riusci ad “imporre all’OUA il principio della santità e inviolabilità dei confini
coloniali, nella fiducia che questo avrebbe prevenuto conflitti territoriali nel continente
africano”. Tuttavia, continuava, tale dottrina ha mostrato i propri limiti poiché non ha
preservato il continente dai numerosissimi conflitti di frontiera, ed è stato anzi uno dei
maggiori fattori del fallimento di molti stati africani nel tentativo di costruire stato-
nazioni solidi e nel provvedere al benessere dei propri popoli.
Il Marocco accettò tale principio per facilitare il processo di costruzione del Maghreb
arabo, firmando nel 1972 un tratttato con l’Algeria che riconosceva la sua sovranità sul
Sahara Centrale, ma si rifiutò di accettare la realizzazione della dottrina nel Sahara
Occidentale perché questo avrebbe permesso, da un lato, alla Spagna di creare uno stato
fantoccio, e dall’altro lato, all’Algeria di separare il Marocco dall’Africa e da un accesso
all’Oceano Atlantico.

Inizialmente, continuò il professore, la questione del Sahara Occidentale consisteva in


una semplice diatriba sulla restituzione, da parte della Spagna, di una parte del territorio
nazionale marocchino che era rimasto sotto il controllo di una potenza coloniale.
Per raggiungere i loro progetti coloniali, poi, la Spagna e l’Algeria tentarono di
neutralizzare la rivendicazione legittima del Marocco sul Sahara Occidentale:

“Their strategy was based, on the one hand, on the creation of an


artificial conflict by giving rise to proxy players –the so-called
“Saharawi people”, the Polisario and later on the imaginary SADR
– andon the other hand, through the manipulation of the concept of
self-determination. (…) It is clear, therefore, that the Sahara
conflict was originally a territorial conflict between Morocco and
Spain, the former demanding that the latter return the Saharan
provinces it had illegally occupied since the end of the 19th
century.”

Il primo errore commesso dalle Nazioni Unite nella gestione del conflitto fu, dunque,
evocare il diritto d’autodeterminazione in una disputa legale bilaterale tra due stati: la
questione del Sahara Occidentale divenne una semplice questione coloniale, per cui il
diritto di autodeterminazione è concepito quale diritto all’indipendenza e non, coem
dovrebbe essere, all’integrazione.
Nel 1975 la Spagna smise di “manipolare il diritto all’autodeterminazione” accordandosi
a restituire al Marocco le province del Sud. Cionostante, l’Algeria continuò i propri
progetti espansionistici creando un movimento teso alla creazione di uno stato artificiale

204
nel Sahara Occidentale; la politica algerina spinse il Marocco a richiedere la realizzazione
del diritto all’autodeterminazione per il conflitto del Sahara Occidentale, ma temendo la
libera espressione della popolazione saharawi bloccò il processo, prima all’OUA e poi
all’ONU, richiedendo negoziazioni dirette tra il Marocco e il Polisario. La necessità di
superare l’impasse portò al piano di pace del 1990, che applicava il principio di
autodeterminazione, ma

“The manipulation of the identification process by the Chioukhs


(tribal leaders) representing the Polisario led once again to an
impasse in the conflict. From then on it became apparent to all the
UN officials concerned that it was impossible to apply the
principle of self-determination/independence to Western Sahara
and that the only realistic alternative was to establish a system of
territorial autonomy under Moroccan sovereignty.”

Negli ultimi anni, terminava il professor El Ouali, l’idea di stabilire una autonomia
territoriale nel Sahara Occidentale ha riscosso sempre maggiori consensi, perché
estremamente più attraente che l’idea di smantellare stati e creare nuove entità artificiali,
nelle quali “povertà, instabilità, disordine e terrorismo prevalgono”. La realizzazione del
diritto all’autodeterminazione o indipendenza ha dato vita in molte occasioni in Africa a
paesi fortemente instabili, caratterizzati dalla incapacità di assicurare il benessere e la
sicurezza dei propri cittadini, e, ancor più grave a livello internazionale, il fallimento di
tali pseudo-stati è tale che non solo sono incapaci di proteggere le loro popolazioni, ma
sono anche divenuti un pericolo per la sicurezza degli stati stranieri perché tendono a
generare violenza, guerre civili, crimine organizzato e un ambiente in generale favorevole
alla diffusione del terrorismo.

Frank Ruddy: Le Nazioni Unite e il Sahara Occidentale

A seguito dell’intervento di El Ouali, prese la parola al Congresso Frank Ruddy, già più
volte nominato nel corso di questo lavoro. Essendo a mio parere già sufficientemente
chiara la sua posizione e avendo già affrontato le problematiche relative al processo di
identificazione dei votanti, affronterò qui solo alcuni punti del suo intervento.
La legge, dichiarò Ruddy, nella disputa tra i saharawi ed il Marocco è chiara: “It just
doesn’t matter”. Il Marocco invase illegalmente il Sahara Occidentale nel 1975 e lo
occupa fin da allora, tanto che l’Economist definì l’azione marocchina Anschluss,
un’annessione. Il Marocco sta cercando oggi, inoltre, di far coincidere il suo controllo di
fatto con un controllo de iure sul Sahara Occidentale, attraverso il piano di autonomia,
un’azione ragionevole nella linea di condotta marocchina: offrendo un piano di
autonomia in uno spazio territoriale nel quale esso non ha alcun diritto a trovarsi, ad un
popolo di una regione occupata illegalmente.

205
Il piano di autonomia sta ricevendo supporto, affermò Ruddy, nonostante esso si basi sul
riconoscimento che il Sahara Occidentale appartiene al Marocco, e abbracci il “concetto,
a lungo screditato e indegno, di Lebensraum, l’espansione del territorio di un paese
mediante la forza militare”.
Si tratterebbe del primo caso dalla fondazione delle Nazioni Unite del riconoscimento di
tale concetto, impensabile per i fondatori dell’ONU che avevano appena combattuto una
guerra per porre fine a tale genere di abusi di potere. La possibile soluzione alternativa al
piano di autonomia marocchino, concludeva Ruddy, consiste semplicemente in un

“direct referendum permitting Saharawi independence as an option


or a referendum permitting Saharawi independence as part of a
Morocco autonomy plan. (…) There is no future for the Saharawi
people in MINURSO as it now exists and no reason for them to
support its continued existence.”

Jacob Mundy. Western Sahara: The ‘Question’ of Sovereignity

In uno degli ultimi interventi dell’incontro, Jacob Mundy affrontò invece il tema del
realismo politico, la Realpolitik:

“Realism in international affairs, as opposed to ‘Liberalism’ or


‘Idealism’, attempts to achieve two contradictory aims. On the one
hand, realism claims to accurately analyze ‘the way things really
are’ based upon two fundamental concepts: interests and power.
On the other hand, realism is also the language of diplomacy. In
the name of ‘objectivity’ (read: neutrality), this kind of realism
values descriptions that are either non-offensive or the least
offensive possible.”

Nel caso del Sahara Occidentale, secondo il professore è chiaro come il realismo inteso
“come una sorta di etichetta diplomatica” sia incompatibile con il realismo quale accurata
descrizione della politica internazionale. Mentre è vero, infatti, che sia il Marocco sia il
Fronte Polisario hanno lanciato rivendicazioni nel Sahara Occidentale ed entrambi
reclamano la propria sovranità sul territorio, non è vero che entrambe le richieste siano
uguali. Negli ultimi mesi l’appello al realismo sarebbe stato “(ab)usato da membri del
governo statunitense, che ritengono che una soluzione al conflitto basata sul rispetto
dell’autodeterminazione non sia realizzabile, poiché, principalmente, il Marocco non
accetterà alcuna soluzione che possa portare all’indipendenza del Sahara Occidentale”, e

206
neppure il Consiglio di Sicurezza (o meglio, Francia e Stati Uniti) forzeranno il Marocco
ad accettare l’indipendenza del Sahara Occidentale attraverso un referendum.
Per la comunità internazionale è ormai irrilevante, affermò Mundy, ripetere che il Sahara
Occidentale è l’ultima colonia africana esistente: il caso del Sahara Occidentale
rappresenta una sfida fondamentale all’ordine internazionale; l’invasione marocchina,
l’occupazione e colonizzazione del Sahara Occidentale è uno degli esempi maggiormente
riusciti di tentativo da parte di uno stato di espandere il proprio territorio con la forza.
Il Marocco agisce in violazione delle norme relative ai territori non auto-governati, ma
ancor più in chiara violazione delle più fondamentali, basiche regole che proibiscono
l’aggressione e l’occupazione.

3. Il coinvolgimento delle potenze mondiali oggi. Gli interessi degli Stati Uniti,
dell’Europa e l’avvento della Cina nella regione

Nonostante alcuni degli interessi statunitensi ed europei nel Nord Africa coincidano,
come la stabilizzazione della politica e la “guerra al terrorismo” e al fondamentalismo
islamico, non vi è, come si è visto nel precedente capitolo, un piano di sviluppo comune;
al contrario, la conquista dei mercati e delle risorse energetiche nordafricane, dai quali
dipendono in buona parte gli stati europei, fanno sì che gli USA e l’Unione Europea
entrino in competizione in modo diretto.
Per l’Europa espandere la propria influenza nel Sud del Mediterraneo, oltre ad aumentare
le capacità di scambio commerciale con un socio vicino, costituisce anche la risposta alla
domanda crescente per garantire la sicurezza delle frontiere e controllare il flusso
migratorio di provenienza africana. Per gli Stati Uniti, invece, le relazioni con gli stati
maghrebini fornirebbero all’amministrazione americana importanti alleati per il sostegno
alla sua politica estera nel Medio Oriente. In tal senso vanno interpretati per esempio gli
ingenti aiuti economici e militari, che si riassumono in circa 2 miliardi di dollari concessi
all’Egitto dalla firma del Trattato di Pace con Israele fino al 2008, e nella grande capacità
di influenzare la Lega Araba; d’altra parte, la delocalizzazione delle imprese statunitensi
in Nord Africa offre molti vantaggi per il commercio verso l’Europa, favorito tra l’altro
dagli accordi di libero commercio con la Tunisia, l’Egitto, l’Algeria e il Marocco.

Il principale piano degli USA nella regione, conosciuto come BMENA (Broader Middle
East and North Africa 346 ) e varato dall’amministrazione Bush nel giugno 2004, era inteso
come strumento per dare impulso allo sviluppo e alla liberalizzazione economica e
politica, alla “democratizzazione, allo sviluppo economico e alla giustizia sociale” dei
paesi a maggioranza musulmana compresi tra l’Afghanistan e il Marocco.

346
Cfr. per maggiori informazioni la pagina web del Dipartimento di Stato americano, nella quale è descritto il progetto:
http://www.bmena.state.gov.

207
Il primo incontro del BMENA a Rabat, sotto il nome di “Forum for the Future”, aveva
coinvolto, oltre ai ministri degli Esteri e delle Finanze di ogni Stato americano, i
rappresentanti dei paesi del G-8, costituendo quindi un tentativo di organizzare
congiuntamente con l’Europa le politiche sul territorio. Giá al primo incontro i membri si
riproposero la creazione del “Democracy Asístance Dialogue”, per sostenere i processi di
riforma e che includesse un piccolo fondo di finanziamento per le piccole imprese
private, aiutate tra l’altro da un’ulteriore istiutuzione, il “Microfinance Training Center”.
L’iniziativa statunitense non è a tutt’oggi esente da critiche: molti dei paesi cui si dirige
lamentano una scarsa attenzione alle riforme politiche in favore delle riforme
economiche, anche per una mancanza di interesse da parte dei governi che si
impegnarono nella prima fase di definizione del progetto, che si è poi nei fatti ridotto a un
programma esclusivamente statunitense nella regione.

Oltre al BMENA, gli Stati Uniti hanno promosso altri progetti nella regione, come il
Middle East Partnership Initiative (MEPI) per la promozione di riforme politiche ed
economiche, e il Millennium Challenge Corporation (MCC), attraverso il quale il
Marocco ha ottenuto 697 milioni di dollari per finanziare progetti di agricoltura, pesca e
artigianato locale.
Nella presentazione del programma MEPI, il progetto è indicato quale strumento

“to build a more peaceful and prosperous Middle East (…)which


helps democracy to spread, education to thrive, economies to
grow, and women to be empowered. Middle East Partnership
Initiative (MEPI) funding goes directly to partners such as non-
governmental organizations, businesses, and universities.

Il programma MEPI è strutturato in diverse aree: quella politica, quella economica, l’area
dell’educazione e quella del “women’s empowerment”; il programma è “regionale” ma
l’entità dei finanziamenti varia da stato a stato.
Per quanto riguarda il pilastro politico, ad esempio, secondo i dati del 2007, 98,000
dollari furono investiti per il Centro d’Informazione e Sviluppo dei Diritti Umani con
attività nello Yemen, in Barhain, Giordania, in Marocco, in Egitto e in Libano.
Il programma prevedeva finanziamenti per 40 milioni di dollari destinati alle associazioni
e ai mezzi di comunicazione di massa, chiamati "organi di diplomazia pubblica",
favorevoli agli Stati Uniti 347 ; sul piano educativo, solo in Marocco gli Stati Uniti
investirono nel 2007 oltre 358,000 dollari per un progetto di coinvolgimento della società
nella riforma della scuola primaria, destinato in particolare alla regione settentrionale
della catena montuosa dell’Atlas, zona dall’economia prevalentemente rurale,
particolarmente disagiata e con tassi di disoccupazione e analfabetismo altissimi.

347
Cfr. D. ZOLO, A. DE BENOIST, Il Mediterraneo è l’avvenire dell’Europa, “Dialoghi”, Juragentium, aprile 2008.
Danilo Zolo è professore all’Università degli Studi di Firenze, dove ha fondato nel 2000 e tuttora dirige Jura Gentium, il
Centro per la Filosofia del Diritto Internazionale e delle politiche globali; tar le opere pubblicate figurano Globalizzazione.
Una mappa dei problemi (2004) e L’alternativa mediterranea (2007, con F. Cassano).

208
Riservato specialmente al Marocco è poi il programma chiamato “Judicial Curriculum
Development on Women’s Rights”, cui sono stati destinati oltre un milione di dollari.
Infatti,

“Since the enactment of the new Moroccan family code, a


variety of observers have noted that in practice the new code
suffers from problems of application, […] not uniform
throughout the country. (…) The curriculum, which will be
adopted and standardized by the Institut Supérieur de la
Magistrature as part of its official core curriculum, will foster
uniform interpretation and application of the code 348 ”

Per quanto il Sahara Occidentale sia indicato nella mappa di riferimento del programma
MEPI, non vi è alcun accenno al territorio nei programmi di sviluppo né in quelli
economici.
Va ricordato, comunque, che dagli accordi di pesca con il Marocco sono categoricamente
escluse, a differenza che nel caso europeo, le acque territoriali del Sahara Occidentale.
Ció non significa affatto che non si verifichi sfruttamento delle risorse da parte di imprese
statunitensi nel Sahara Occidentale, ma semplicemente che tale sfruttamento sia
dichiarato, quale effettivamente è secondo la dottrina delle Nazioni Unite, illegale, e le
imprese private che agiscono nel territorio del Sahara Occidentale, pur restando per lo più
impunite, agiscono illegalmente secondo il governo degli Stati Uniti.

Fig. 10. Mappa di riferimento della regione del Vicino Oriente – Programma MEPI

348
Cfr. il sito web del Dipartimento di Stato americano, in particolare le pagine dedicate al programma MEPI:
http://mepi.state.gov/.htm

209
L’iniziativa statunitense di maggior successo è stata comunque il MEFTA, Middle East
Free Trade Area, che congiuntamente a quindici paesi del Medio Oriente include anche il
Marocco, l’Algeria, la Libia, la Tunisia e l’Egitto.
Il MEFTA costituisce un incentivo per la liberalizzazione economica del Nord Africa e
per lo sviluppo dei commerci tra i paesi del Maghreb e gli USA; caratterizzato sa un
programma prettamente economico, prevede quattro fasi consecutive: l’adesione al WTO,
l’entrata dei paesi membri nel Sistema di Preferenze Generalizzato, l’accettazione
dell’Accordo Quadro per il Commercio e gli Investimenti (TIFA, Trade Investment
Framework Agreement) e l’accettazione delle clausole del Trattato di Libero Commercio
(FTA).

Strettamente connessa al tema della stabilità regionale e alla lotta al terrorismo è la


presenza militare statunitense nel Nord Africa, resa particolarmente attuale dall’invio di
un contingente dell’AFRICOM 349 (United States Africa Command) in Mauritania, per
una missione umanitaria nel territorio sorpreso dal colpo di stato nel giugno 2008.
Il generale William Ward, nel corso della sua visita in Marocco e in Tunisia, aveva
affermato all’inizio dell’estate scorsa che al-Qaeda sia una minaccia reale in Nordafrica, e
che avrebbe cooperato militarmente con i paesi della regione per fronteggiarla, attraverso
una strategia a lungo termine con i paesi africani 350 ; se la maggior parte dei paesi africani
era finora legata agli ex colonizzatori europei per quanto riguardava l’addestramento e la
formazione dei loro quadri militari e l’acquisto di armi e munizioni, un’offerta di
cooperazione simile da parte degli Stati Uniti nel settore militare e della sicurezza
rappresenta un elemento di concorrenza nei confronti degli europei e un
ridimensionamento dell’influenza che questi ultimi avevano stabilito in Africa,
soprattutto dopo il declino della presenza militare russo-cubana nel continente (e in
particolare nel sud, in Angola e in Mozambico) a seguito del crollo dell’Unione
Sovietica 351 .

A seguito della minaccia di al-Qaeda nell’Africa settentrionale, alcuni paesi che si


affacciano sul Sahara hanno optato per una stretta cooperazione militare con gli Stati
Uniti attraverso la creazione della “Trans-Sahara Counter Terrorism Partnership”
(TSCTP), con la partecipazione dei capi di stato maggiore di Marocco, Algeria, Tunisia,
Mauritania, Niger, Mali, Ciad, Senegal e Nigeria, anche se lontana dai confini del Sahara.
La Libia non prende parte alla TSCTP.

349
L’AFRICOM, creato il 6 febbraio 2007, ha un’area di intervento che include tutto il continente africano, ad eccezione
dell’Egitto che dipende dal Central Command; compito dell’AFRICOM è presiedere all’applicazione dei programmi legati
alla sicurezza e alla stabilità del continente africano. In questi due settori gli Stati Uniti hanno una serie di programmi di
cooperazione militare con i paesi del Nordafrica e della regione del Sahara, tra cui un programma di addestramento delle
forze di peacekeeping (African Contingency Operations Training and Assistance program (ACOTA) ) e uno di formazione
militare internazionale (International Military Education and Training program (IMET). Per maggiori informazioni si puó
consultare il sito web dell’AFRICOM, alla pag. http://www.africom.mil/.
350
Cfr., a proposito dell’AFRICOM e della politica americana, l’articolo “Egemonia americana, ‘Stati falliti’ e guerra al
terrorismo: quali implicazioni per l’Africa?”, Unimed, consultabile alla pagina web http://www.arabnews.it.
351
Cfr. R. KHASHANA, Gli Stati Uniti in Nordafrica, fra lotta al terrorismo e interessi petroliferi, rivista “Dar al-Hayat”,
24 giugno 2008, consultabile nel sito di Arabnews.

210
La messa in pratica di questa partnership aveva avuto inizio con le manovre militari
congiunte compiute nel giugno 2005 in Senegal, sotto la denominazione ‘Flintlock 2005’,
che puntavano a sancire la visione militare formulata dal comando americano nel 2003, in
base alla quale la protezione degli Stati Uniti dalla minaccia terroristica non
comincerebbe dal territorio americano, ma dalle ‘sorgenti del terrorismo’ in Asia e in
Africa. L’obiettivo dichiarato del piano è di concentrarsi sullo sviluppo delle capacità
degli eserciti locali affinché possano portare a termine la missione da soli, evitando un
intervento diretto delle forze armate americane 352 .
Per quanto riguarda le prospettive future della politica estera del neo-eletto Barack
Obama, come prefigurava qualche mese fa Andrea Carati in una sua analisi pubblicata
dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, la crisi finanziaria americana ha
alterato inevitabilmente le priorità di politica economica e anche in materia di politica
estera, concentrando gli sforzi, come prevedibile, sulle misure per contrastare le ricadute
della crisi sull’economia reale, sull’accesso al credito e sulle loro condizioni di vita.
Per quanto riguarda espressamente la politica estera, scriveva Carati,

“Il nuovo presidente riceverà in eredità due conflitti


particolarmente impegnativi in Afghanistan e in Iraq, dovrà fare i
conti con una fase di ridefinizione dei rapporti con la Russia,
continuerà a dover affrontare le potenziali minacce provenienti
dall’Iran, in una fase nella quale l’immagine dell’America nel
mondo è ai suoi minimi storici. 353 ”

Nonostante i forti entusiasmi per i risultati elettorali a favore di Obama, e le premesse di


radicali riforme nel campo della sanità e delle politiche sociali, l’approccio di politica
estera dei democratici non appare dissimile da quello condotto da Bush negli ultimi anni.
Al contrario, fatta eccezione per l’intenzione del nuovo presidente di predisporre il ritiro
del contingente statunitense dall’Iraq (per distribuirlo in altri fronti di guerra, primo fra
tutti l’Afghanistan), da un’azione più marcata, per quanto dichiarato, nelle relazioni con
la Federazione russa e l’Iran, è presumibile aspettarsi una certa continuità.
Difatti, l’amministrazione Bush ha introdotto indubbiamente importanti innovazioni nella
politica americana, basti accennare alla global war on terror, alla National Security
Strategy del 2002, e alla generale svolta della politica estera americana in direzione
dell’unilateralismo: non solamente in Iraq, ma anche nell’intervento precedente in
Afghanistan nel quale era stata inizialmente marginalizzata la stessa Nato, l’operazione
Enduring Freedom è rimasta un’operazione sostanzialmente americana. La guerra in Iraq

“al di là della neutralizzazione delle armi di distruzione di massa


[…] ha significato investire nella democratizzazione come

352
Scriveva peró a proposito Khashana: “E’ evidente che la crescente influenza militare degli Stati Uniti in Nordafrica
determina un’impennata dei sentimenti di ostilità nei confronti degli americani, e un aumento delle tensioni fra i governanti
e le popolazioni. Queste tensioni vengono sfruttate dai gruppi estremisti per giustificare la loro presenza e per assicurarsi
nuovi sostenitori”: cfr. Ibidem.
353
Cfr. A. CARATI, Obama e McCain: due candidati, una politica estera?, ISPI Policy Brief, n.102, ottobre 2008.

211
strumento operativo della politica americana in Medio Oriente,
favorire, anche con l’uso della forza, la democratizzazione di
alcuni paesi arabi (…). Non offre molti margini di manovra al
nuovo presidente. L’eredità di Bush, per certi versi, segna delle
vie obbligate per la nuova amministrazione che fanno
ragionevolmente pensare che le politiche estere di Obama o di
McCain non possano discostarsi di molto 354 .”

Il ritorno al multilateralismo, tuttavia, si impone probabilmente per il nuovo presidente


come scelta obbligata, e un nuovo impegno nel fronte del processo di pace in Palestina è
fondamentale; allo stesso modo è necessario un rilancio del ruolo americano su temi
come il cambiamento climatico, nonostante anche i recenti dibattiti in sede europea
tradiscano un sostanziale disinteresse per gli impegni di Kyoto e un’ulteriore sconfitta dei
valori della sostenibilità, che difficilmente saranno difesi proprio dagli Stati Uniti.
Al momento in cui si scrive, trascorso qualche tempo dalla chiusura della campagna e dal
risultato elettorale, sembra si siano affievoliti gli entusiasmi e della società civile,
specialmente in Europa e in Africa, per la vittoria di un candidato messo in risalto dalla
stampa soprattutto per la sua giovane età e il suo essere ”di colore”, condizioni che di per
sé erano state considerate da più fronti quali indicative di un cambiamento certo nella
volontà politica americana e di una maggiore apertura e disponibilità ai temi sociali e
dello sviluppo.

La politica estera del nuovo presidente nel Mediterraneo, per quanto ancora non
delineata, sarà però presumibilmente in linea di continuità con le azioni precedentemente
intraprese: attraverso un rafforzamento delle relazioni economiche con i Paesi inclusi nei
diversi progetti descritti, l’impegno per l’approfondimento dell’influenza nel
Mediterraneo e un avvicinamento, già iniziato, tra gli Stati Uniti e la Libia e l’Algeria,
con i quali le relazioni sono state storicamente più conflittuali, almeno durante certi
intervalli, che con il Marocco o la Tunisia.
Le priorità strategiche della sicurezza, della difesa dalla minaccia terroristica e non meno
importante, del controllo delle risorse energetiche si prefigurano sempre come
fondamentali e cruciali per la definizione dei rapporti con i Paesi della regione.

Gli ambienti politici europei hanno manifestato un certo senso di irritazione per lo
sviluppo delle relazioni bilaterali fra gli Stati Uniti e i paesi africani, in cui essi vedono
una eliminazione ‘militare’ della loro influenza nel continente africano.
Per quel che concerne l’aspetto economico, rispetto al rivale statunitense la più scarsa
disponibilità di fondi per gli investimenti, la necessità di giungere ad accordi condivisi da
tutti i membri e gli obiettivi a lungo termine adottati dall’UE nel Maghreb costituiscono il
punto debole della politica europea nella regione.
I progetti USA, oltre a situarsi in un quadro generale unitario, si dirigono individualmente
ad ogni paese dell’Africa del Nord grazie ad una strategia pragmatica. Gli investimenti
354
Cfr. Ibidem.

212
diretti americani per i paesi maghrebini costituiscono meno del 10% del totale, ma si
concentrano in settori strategici dell’economia, come le risorse energetiche.
Ciononostante, alcuni ambienti nordamericani e internazionali individuavano nell’idea di
un’unione mediterranea, fin dalle prime formulazioni proposte da Sarkozy nell’inverno
scorso, una potenziale minaccia agli interessi e al controllo americano sulla regione.
Scriveva infatti Mahdi Darius Nazemroaya nel network Global Research, che

The Middle East and North Africa are in the process of being
divided into spheres of influence between the European Union and
the United States 355 .

Secondo l’autore dello studio, la campagna di Sarkozy nella regione mediterranea trova le
proprie origini, oltre che in un necessario sviluppo del Processo di Barcellona, in alcune
affermazioni formulate nel 2006 da Joschka Fischer, ex ministro tedesco, così
sintetizzabili: la sicurezza in Europa non è più definita dai suoi confini orientali, ma da
quelli nel Mediterraneo orientale e nel Medio Oriente e la Turchia dovrebbe costituire un
pilastro per la sicurezza della comunità europea. In effetti, prima di Sarkozy era stata la
Merkel l’anno scorso ad esercitare una certa pressione in seno all’UE per un
approfondimento delle relazioni tra l’Unione e la Turchia, pur escludendo ancora la
possibilità dell’adesione.

Nazemroaya proseguiva affermando che “the whole Mediterranean is slated to eventually


fall within the European Union’s sphere of influence. This initiative is being spearheaded
by France […]”, negando la novità del progetto, nel ricordare che già nel 1997
Brzezinski aveva riconosciuto che la Francia non solo ricercava un ruolo centrale nella
politica comunitaria europea, ma pure si identificava quale fulcro di un raggruppamento
di stati mediterranei-nordafricani che condividessero interessi comuni 356 .
L’Unione Europea è dominata, secondo l’autore, da un corpo diviso di interessi anglo-
americani e franco-tedeschi, ed è attraverso la speciale relazione con la Gran Bretagna e
la NATO che gli Stati Uniti mantengono una certa influenza sull’Unione; tuttavia,
essendo la politica dell’UE gestita prevalentemente dagli interessi di Parigi e di Berlino, il
litorale mediterraneo è suscettibile di essere trasportato sotto l’influenza franco-tedesca
quando si realizzerà la fusione del modello UE nel Mediterraneo.

D’altro canto però, come anche evidenziava Nazemroaya, il controllo e l’influenza anglo-
americana saranno massimizzati se i paesi mediterranei riusciranno a realizzare
un’effettiva integrazione all’interno dell’economia europea, ma potrebbero invece
risultarne danneggiati gli interessi franco-tedeschi (e dei paesi europei che si affacciano
sul mediterraneo, nonostante non vengano neppure nominati nell’analisi del ricercatore),

355
Cfr. M. D. NAZEMROAYA, The Mediterranean Union: Dividing the Middle East and North Africa, Global Research –
“Centre for Research on Globalization”, febbraio 2008.
356
Cfr. Ibidem, testo di riferimento citato dall’autore.

213
se tale integrazione non avrà gli esiti desiderati. Se, ancora, la commistione non avverrà
gradualmente, l’Unione Europea rischierà di affacciarsi a gravi instabilità.
Al fine di assicurare un forte ruolo anglo-americano, anche la NATO è stata coinvolta, e
Israele è stata inserita nel quadro dell’Unione per il mediterraneo.

Il Processo di Barcellona avrebbe dovuto intensificare la tensione politica e culturale


verso una cooperazione realmente multilaterale, e questo avrebbe dovuto comportare,
soprattutto per iniziativa dei paesi euromediterranei come la Spagna, la Francia e l'Italia,
un reale trasferimento di risorse, incluse le risorse umane, culturali, scientifiche e
tecnologiche, che ponesse in secondo piano i temi della sicurezza, del controllo dei flussi
migratori, dello smercio dei prodotti industriali e della protezione dei mercati agricoli.
Scriveva Danilo Zolo lo scorso aprile che

“Quanto al progetto dell'"Union méditerranéenne", recentemente


lanciato da Nicolas Sarkozy, risulta difficile darne una precisa
valutazione poiché è arduo coglierne le motivazioni e le finalità. Si
tratta probabilmente di una confusa ed estemporanea idea neo-
coloniale diretta a restituire alla Francia una funzione di controllo
del Mediterraneo occidentale, tale da irrobustire il ruolo francese
all'interno dell'Unione europea, in competizione soprattutto con la
Germania” 357 .

Pur affermando il professore il suo scetticismo riguardo la capacità dell’Unione di creare


realmente una maggiore integrazione tra le due sponde del Mediterraneo, affermava
comunque la necessità che la “vecchia Europa” recuperi la capacità di svolgere una
funzione di equilibrio strategico, e trovi una via per “essere europea e cioè sempre meno
atlantica e sempre meno occidentale”.
L’Europa infatti, secondo Zolo, tende a identificarsi con gli Stati Uniti e a condividerne la
peculiare concezione della modernità, mentre è necessaria la realizzazione di una
strategia “euromediterranea”, in grado di

“fermare il progetto imperiale 'oceanico' e di aprire una breccia


nella compattezza dello schieramento manicheo che oggi divide il
mondo: da una parte alcune grandi potenze occidentali che si
ritengono portatrici di valori assoluti e legittimate a usare la
violenza per tutelarli e diffonderli, e, dall'altra parte, i paesi
islamici dove le armate 'cristiane' possono impunemente fare strage
di decine di migliaia di persone innocenti e decidere l'impiccagione
dei nemici aggrediti e sconfitti.”

Dai contorni ancora piuttosto incerti, la proposta di “Unione Mediterranea” lanciata


l’anno scorso da Sarkozy si è trasformata nella nuova versione della politica europea per
il Mediterraneo, concepita in continuità con il progetto di partenariato euromediterraneo
iniziato nel 1995. Certamente dal 1995 ad oggi lo scenario regionale ha subito grandi
357
Cfr. D. ZOLO, A. DE BENOIST, op.cit.

214
mutamenti: è cambiata la UE nella sua dimensione, nelle sue politiche verso l’estero,
nella sua struttura istituzionale fino al Trattato di Lisbona; sono cambiati anche i paesi
mediterranei, che nel corso degli anni hanno registrato un consistente miglioramento
economico.
L’Unione per il Mediterraneo si propone per ora obiettivi più modesti di quelli contenuti
nella Dichiarazione di Barcellona del 1995: le iniziative proposte nel corso del primo
incontro nel luglio 2008 sono la decontaminazione del Mediterraneo, la realizzazione di
autostrade marittime e terrestri, in particolare tra il Marocco e l’Egitto, l’aumento della
protezione civile e la creazione di un piano energetico comune, l’appoggio alle piccole e
medie imprese e lo sviluppo dell’università euro-mediterranea.

Muhammad al-Ashhab, analista politico marocchino, aveva individuato nell’ambito della


discussione sull’Unione, sempre nell’aprile scorso, quello che lui considerava un
paradosso nelle politiche dei paesi maghrebini: “mentre essi vedono con favore la
proposta francese di Unione Mediterranea”, scriveva, “sembrano non essere intenzionati a
compiere alcuno sforzo per dare nuovo impulso all’Unione del Maghreb Arabo,
paralizzata dalle controversie e dall’assenza di dialogo fra i paesi che la compongono 358 ”.
Tale interesse per l’Unione per il Mediterraneo, che porterà ad un rafforzamento delle
relazioni con l’Europa, appare legato alla possibilità, percepita ad esempio dal Marocco e
dall’Algeria, di influenzare i paesi europei e risolvere le questioni soggiacenti tra i due
paesi a proprio vantaggio, sebbene la scelta più naturale per essi si ritroverebbe
nell’UMA. Per suffragare la sua tesi nello stesso articolo al-Ashhab affermava che, in
relazione al Sahara Occidentale, Rabat ricorse alla ratifica di un accordo di pesca con
l’Unione Europea, contenente l’implicito riconoscimento politico, da parte dell’Europa,
della sovranità marocchina su tutto il Sahara Occidentale.

Sia che la regione nordafricana propenda per un appoggio incondizionato al progetto


europeo, sia che mantenga alcune riserve riguardo i suoi obiettivi politici, aveva scritto il
giornalista, “tale Unione rimane il frutto di una visione europea che tiene in
considerazione i dati dell’espansione dell’UE e le potenziali alleanze e rivalità con gli
Stati Uniti.”, e che porta con sé le principali preoccupazioni europee e nordamericane
legate alla sicurezza, ulteriormente accresciute dall’espansione dei flussi migratori
clandestini, dall’ascesa del terrorismo e dal rischio di instabilità.
L’Unione Mediterranea servirebbe principalmente a dare allo spazio europeo il maggior
grado di protezione possibile; il dato maggiormente negativo non è che il Maghreb si
“lasci trascinare” da proposte formulate all’esterno della regione, ma la “completa
mancanza di volontà nel prendere l’iniziativa”.

358
M. AL-ASHHAB, L’Unione Mediterranea come sostituto del Maghreb Arabo?, quotidiano “Dar al-Hayat”, 11 aprile
2008, disponibile nel sito web http://www.arabnews.it.

215
L’ambizione francese di creare una Union mediterranéenne, secondo un altro giornalista
arabo 359 , riguarda dichiaratamente l’intenzione di costruire uno spazio di azione comune
nei campi dell’ambiente, dello sviluppo, del dialogo fra le culture, della crescita
economica, dello sviluppo sociale e della sicurezza nella regione, ma rappresenta
primariamente il desiderio del presidente francese di voler restituire alla Francia un ruolo
chiave nella regione maghrebina, come d’altronde era giá evidente nel Rapport Avicenne
Maghreb – Moyen-Orient dell’aprile 2007, nel quale si affermava che

“Au Maghreb, [...] l’investissement politique, la place dévolue à la


relation économique, la valeur de l’aide française ne semblent pas
à la mesure de ce que représente et représentera le Maghreb pour
notre sécurité, notre prospérité et aussi pour l’harmonie de notre
construction nationale au XXIe siècle.
(…) nous semblons avoir perdu de vue la cohérence de la
construction euroméditerranéenne. Nous avons laissé ce partenariat
s’enliser sans marquer autant que nous aurions pu le faire
l’importance majeure qu’il revêt à moyen terme pour la France et
pour l’Europe. De même, nous avons semblé nous résigner à ne
figurer qu’à la marge dans les problèmes globaux de la région 360 .”

Quando il progetto fu sottoposto alla 15ª riunione ministeriale del Forum Mediterraneo,
che comprende 11 paesi europei e arabi nordafricani (Algeria, Egitto, Spagna, Francia,
Grecia, Italia, Malta, Tunisia, Turchia, Libia, e Slovenia), l’Algeria e altri paesi arabi, tra
cui la Libia, considerando anche che il progetto includeva Israele, avevano manifestato la
propria perplessità a partecipare alla riunione che si sarebbe tenuta a Parigi verso la metà
di luglio: il leader libico aveva annunciato di opporsi al progetto francese, alla presenza
dei leader di Algeria, Tunisia, Marocco, Mauritania e Siria, affermando che “noi paesi
membri della Lega Araba e dell’Unione Africana non ci arrischieremo in nessun caso a
frammentare l’unità araba, o l’unità africana. I nostri partner europei devono
comprenderlo chiaramente. Se l’Europa vuole stabilire una cooperazione con noi, deve
farlo attraverso la Lega Araba e l’Unione Africana, poiché noi non accettiamo che
l’Europa tratti soltanto con una parte di questi paesi”.

La riunione di luglio fu, alla fine, considerata da diversi fronti come un successo
personale del presidente Sarkozy e della sua struttura diplomatica 361 , addirittura un
“successo storico” per il Ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner 362 . Se le prime
formulazioni proponevano la creazione di uno spazio di cooperazione politica ed
economica ristretto nella sua composizione e aperto alla partecipazione nei differenti
progetti, la formula attuale combina, per ora, tale concezione dei programmi come vero

359
Cfr. Z. SHAHIN, Quale Unione, per quale Mediterraneo?, “Al-Arab” online, 25 giugno 2008, disponibile anch’esso nel
sito http://www.arabnews.it.
360
Cfr. Rapport Avicenne Maghreb Moyen-Orient. Contribution pour une politique volontariste de la France, 24 aprile
2007, “Ifri”, Institut Français de Relations Internationales, http://www.ifri.org. p. 8.
361
Cfr., ad esempio, A. TERRÓN I CUSÍ, Nuevo impulso de Europa hacia el Mediterráneo, “El País”, 25 luglio 2008.
362
Cfr. T. FERENCZI, L’Europe de Sarkozy en demi-teinte, “Le Monde”, 1 ottobre 2008.

216
nucleo dell’Unione, con altri elementi di istituzionalizzazione (segreterie, presidenze) ma
soprattutto iscrive l’iniziativa nel quadro comunitario 363 .

Malgrado le perplessità esposte nei giorni precedenti l’appuntamento, la riunione dei


ministri degli Esteri dei paesi membri dell’Unione per il Mediterraneo, tenutasi a
Marsiglia il 3 e 4 novembre, si è conclusa con alcuni risultati degni di nota, primo fra tutti
l’intesa circa la partecipazione della Lega Araba quale membro a pieno titolo dell’UpM,
in cambio dell’assegnazione ad Israele di un posto di segretario generale aggiunto. Per la
sede della nuova alleanza euro-mediterranea è stata infine scelta Barcellona, come segno
di conservazione di un legame tra il Processo di Barcellona del 1995 e la nuova Unione.
La dichiarazione rilasciata a conclusione della riunione riferisce che verrà applicato il
sistema di doppio presidente ai summit e alle riunioni degli esperti di vari livelli, in modo
da garantire in tutti gli incontri la presenza di rappresentanze dei paesi facenti e non
facenti parte dell'UE 364 .
Certamente l’UPM rischia di ricadere nelle stesse difficoltà che avevano portato ad uno
stallo del Partenariato Euromediterraneo: il considerevole squilibrio d’integrazione che
esiste tra le due rive del Mediterraneo sul piano degli scambi economici condurrà
indiscutibilmente i paesi del Sud, secondo gli analisti più pessimisti, a diventare uno
spazio di smercio dei prodotti europei.

La Francia e i Paesi membri dell’Unione Europea in generale, come gli Stati Uniti, non
nascondono inoltre la propria preoccupazione per l’infiltrazione cinese e indiana nella
regione. Da questo punto di vista l’Unione per il Mediterraneo, favorendo l’integrazione
con l’Europa e l’Occidente in generale, potrebbe scongiurare o indebolire la crescente
influenza dell’economia cinese, indiana e giapponese nella regione 365 .
Quasi del tutto assente dalla regione mediterranea all’inizio degli anni Novanta, la Cina
oggi è diventata un attore di rilievo, la cui influenza è destinata ad aumentare nei prossimi
anni: infatti, la Cina è già uno dei principali fornitori di molti paesi dell’area e sta
acquisendo posizioni di rilievo anche negli investimenti diretti, non solo negli idrocarburi,
ma anche in settori come cemento, chimica, alluminio, automobili, telecomunicazioni.

Durante la Guerra Fredda le relazioni della Cina con i paesi mediterranei erano basate su
motivi ideologici: prima il sostegno ai movimenti anti-coloniali e poi la contrapposizione
alla presenza sovietica nella regione; successivamente sono state le motivazioni
economiche a definire le relazioni. Sul piano politico la Cina ha finora evitato di

363
Il cancelliere tedesco Angela Merkel si oppose alla proposta francese di inserire i paesi dell’Unione Europea “non
mediterranei” quali stati osservatori, chiedendo di inserire tutti e 27 i membri dell’UE nell’Unione Mediterranea su una
base di uguaglianza, e di cambiare il nome della nuova Unione in quello di ‘Unione per il Mediterraneo’, sulla base del
fatto che essa non era più limitata ai soli paesi che si affacciano sul mare ma, appunto, è un’iniziativa comunitaria.
364
Il candidato alla presidenza dei paesi membri dell'UE sarà determinato sulla base dei regolamenti inerenti ai
rappresentanti degli esteri, mentre l'altro candidato dei paesi non membri dell’UE sarà nominato tramite un "negoziato
unanime". Il mandato sarà di due anni e non rinnovabile in modo consecutivo.
365
Cfr. a tal proposito, tra gli altri, F. SAVINO, Da Barcellona a Parigi: un Mediterraneo diverso, ISPI Policy Brief, n. 92,
luglio 2008.

217
assumere posizioni nette riguardo il conflitto arabo-israeliano e altre questioni politiche
regionali, riuscendo così a mantenere relazioni amichevoli con tutte le parti (ad esempio,
sia con Israele sia con la Siria). Questa cautela politica le permette di sfruttare la regione
come fonte di risorse energetiche e come sbocco commerciale e, progressivamente, di
estendere la sua presenza anche agli investimenti diretti.
La penetrazione commerciale e gli investimenti cinesi si sono intensificati a partire dagli
anni Novanta, ma con un’accelerazione nell’ultimo quinquennio: nel 2007 le esportazioni
cinesi totali sono cresciute del 25,7%, ma quelle verso il Medio Oriente e verso l’Africa
sono cresciute a tassi assai più elevati (rispettivamente del 48% e del 40% 366 ); nel 2007
Pechino risultava così il primo fornitore della Siria, il terzo di Algeria e Turchia, il quarto
di Egitto, Israele e Marocco. Nei confronti dei paesi della riva Sud del Mediterraneo la
Cina ha inoltre adottato una politica di aiuti, che evita di condizionarli a riforme politiche
ed economiche come fa invece l’Unione Europea.

La prima motivazione delle accresciute relazioni economiche è certamente quella


energetica. A partire dal 1993, quando è diventata importatrice netta di petrolio, e in
modo ancora più evidente dieci anni dopo, dal 2003 367 , la Cina si è interessata soprattutto
all’Algeria e alla Siria, dove detiene già una limitata partecipazione nella produzione
petrolifera. In contrasto con le posizioni che valutano con forte preoccupazione la politica
economica estera cinese, considerandola in contrapposizione alle posizioni statunitensi e
in generale occidentali, si puó affermare che la dimensione di tali relazioni è ancora
modesta per prefigurare un’autentica concorrenza con l’Europa o gli USA sul territorio.

Un altro aspetto rilevante nelle relazioni della Cina con i paesi del Mediterraneo è il
commercio di armi, tema d’altronde importante anche nelle relazioni tra i paesi
maghrebini e gli stati europei 368 . Questo riguarda essenzialmente l’importazione cinese di
materiale sofisticato da Israele e la fornitura di materiale meno sofisticato a diversi stati
dell’area (Egitto, Libia, Siria); a scopo solo civile vuole invece essere la fornitura cinese
di tecnologia nucleare, come nel caso dell’Algeria e potenzialmente dell’Egitto.
Gli investimenti cinesi, al di là di quello energetico, interessano settori assai diversi quali
minerali, cemento, chimica, alluminio, automobili, telecomunicazioni. Secondo la banca
dati MIPO (Mediterranean Investment Project Observatory), nel periodo 2003-2006 la
Cina aveva investito nel Mediterraneo 1.475 milioni di euro, di cui 701 in Egitto, 543 in

366
Cfr. V. TALBOT, La Cina nel Mediterraneo, “Med Brief”, Ispi on line n.3, aprile 2008.
367
La guerra in Iraq ha notoriamente contribuito ad aumentare l’instabilità nella regione mediorientale, da cui proviene
circa il 60% degli approvvigionamenti energetici cinesi.
368
A tal proposito si possono consultare, ad esempio, le interrogazioni al Parlamento Europeo da parte degli
europarlamentari Raúl Romera e Karin Scheele, del 31 gennaio 2008, circa la vendita di armi al Marocco da parte della
Spagna, che viola la legge del controllo sul commercio degli armamenti approvata dal Senato spagnolo nel dicembre 2007,
e l’articolo di Luciano Bertozzi, apparso su Nigrizia il 29 ottobre 2008, Affari armieri in Africa. Armi italiane al Marocco.
E la legge 185?. L’articolo in questione tratta della vendita al Marocco di quattro aerei da trasporto militare, per un valore
di 130 milioni di euro, da parte della società Alenia, del gruppo Finmeccanica. Il contratto appare in contrasto con la legge
185/1990, che disciplina il commercio delle armi italiane, e che vieta, in particolare, le vendite ai paesi belligeranti. E’
facile comprendere come il fatto sia sottaciuto, poiché il governo italiano è in sostanza l’azionista di riferimento del gruppo,
tramite il Ministero delle Finanze.

218
Algeria, 108 in Siria e cifre inferiori in Tunisia, Israele, Giordania e Turchia. Un
approfondimento meritano i tre casi più significativi: Algeria, Siria ed Egitto.
Nonostante l’intensa concorrenza statunitense ed europea, infatti, gli investimenti cinesi
nel settore energetico algerino si sono moltiplicati: la Cina ha firmato accordi per la
costruzione di raffinerie e potrebbe diventare cliente del Gnl algerino. Nel giro di pochi
anni la presenza cinese si è affermata inoltre nel settore dell’edilizia e dei lavori pubblici,
dove il gruppo cinese CITIC ha vinto insieme alla CRCC l’appalto per la costruzione dei
tratti centrale e occidentale dell’autostrada Est-Ovest.

Per quanto riguarda strettamente il Sahara Occidentale, nella scorsa estate un’agenzia di
stampa indipendente diffuse la notizia 369 che una compagnia navale cinese, la Jinhui
Shipping, con sede ad Hong Kong, aveva deciso, a seguito delle pressioni di
organizzazioni internazionali, di abbandonare i porti occupati nel territorio: il
vicepresidente della compagnia Raymond Ching nel corso di un’intervista affermó di
ignorare l’esistenza della contesa nella regione fino al momento delle contestazioni, e che
la Jinhui Shipping non parteciperà più a nessun investimento nella zona.

4. Possibile deriva islamista nel futuro del Fronte Polisario?

L’attuale immobilità delle vie diplomatiche, nonostante si continui per lo più ad ignorare
la situazione o ad appoggiare pericolosamente la potenza occupante appellandosi al
“realismo politico”, porta ad un rischio effettivo: quello della disgregazione dell’assetto
sociale costruito in questi trent'anni nei campi, così come nei territori occupati.
Nonostante l’incessante impegno di trasmissione generazionale, è inevitabile chiedersi
infatti se le nuove generazioni potranno portare avanti il progetto sociale e politico
avviato dal Polisario, o se piuttosto i giovani nati dopo il 1975 non cederanno alle pretese
marocchine, sfiniti dalle precarie condizioni di vita e dalle promesse non rispettate da
parte della comunità internazionale.
D’altra parte, le prospettive interne ed esterne che il Fronte Polisario ha scelto sono state
finora rivolte al “congelamento” del conflitto violento e alla ricerca di una via pacifica
per ottenere ascolto e legittimazione a livello internazionale, ma come ricordato anche
molto recentemente dal Presidente della RASD Mohamed Abdelaziz, il Polisario ha
esercitato per anni pressioni sulla popolazione, richiamandola ad avere fiducia nelle
istituzioni internazionali e nella possibilità di risolvere la questione attraverso metodi non
violenti, ma non è affatto scontato che il popolo saharawi sopporti ancora a lungo tale
situazione.

369
Cfr. “Afrolnews”, Otra naviera renuncia a los fosfatos del Sáhara Occidental, 6 giugno 2008.

219
Molti studiosi e osservatori ritengono tuttavia che la ripresa del conflitto armato sia
estremamente improbabile, fosse anche solo per la ragione che il Polisario e i saharawi
tutti sono coscienti della superiorità militare marocchina ma soprattutto, sanno che
riprendere la lotta significherebbe vanificare i pur insufficienti riconoscimenti ottenuti
negli ultimi dieci anni e consegnarsi, di fatto, al governo marocchino.
E’ vero anche che la minaccia terroristica, insita secondo il governo marocchino e alcuni
suoi sostenitori propro all’interno del Fronte Polisario sostenuto dall’Algeria, potrebbe
divenire una realtà di grande portata nella regione mediterranea, viste le instabilità e i
precedenti negli attentati di Casablanca; il proliferare di gruppi legati al fondamentalismo
islamico nel Magreb porta piuttosto a chiedersi se una nuova “sfida” del Polisario sarà
costituita dalla capacità di resistere a tale deriva, poiché è vero che il “consenso” alle
forme estremistiche è spesso, forse sempre legato, agli enormi disagi sociali e poitici
della popolazione.

La preoccupazione per la presenza di gruppi di stampo fondamentalista crebbe quando,


nel giugno 2002, i servizi di sicurezza del Marocco diffusero la notizia di aver intercettato
una cellula di al-Qaeda 370 . Il gruppo stava organizzando un attacco che sarebbe partito dai
possedimenti spagnoli di Ceuta e Melilla contro navi statunitensi e britanniche che
solcano abitualmente lo Stretto di Gibilterra. Nello stesso periodo venne diffuso il
rapporto di un agente segreto marocchino che era riuscito ad infiltrarsi in al-Qaeda e nel
2001 aveva messo in guardia Washington contro un attacco su larga scala 371 . Intanto il
caos e le polemiche seguite in Algeria all'amnistia per migliaia di militanti islamisti 372
contribuirono a far emergere il Marocco come unico paese moderato del Magreb, la cui
amicizia poteva garantire alle potenze occidentali un valido aiuto nella lotta al terrorismo.
L’impostazione relativamente moderata e in particolare il filo-americanismo del governo
marocchino e della sua politica estera portarono il terrorismo anche a Casablanca nel
maggio 2003, con un attentato compiuto da tredici kamikaze, tutti di origine marocchina.
Nella primavera del 2007 un attentato fallito ha fatto crescere ancor più l'allarme
terrorismo 373 .

In questo contesto si inseriscono le notizie di propaganda secondo cui vi sarebbero legami


tra alcune frange del Fronte Polisario e la stessa al-Qaeda, che appoggerebbe la causa
saharawi per colpire il Marocco filo-occidentale e gli interessi di Francia e Stati Uniti 374 .
Il Ministro della Giustizia marocchino aveva affermato che questa cooperazione
“confermata dai rapporti dei servizi internazionali di intelligence”, si starebbe compiendo
con l'intermediazione del “Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento”

370
Informazioni di carattere generale su Al-Qaeda, sulle reti internazionali di gruppi fondamentalisti e sullo jihad globale,
in: R. GUOLO, Il fondamentalismo islamico, Ed. Laterza, 2002, pp.197-209.
371
Cfr. T. SHELLEY, op.cit., pp. 6-9.
372
Sulla storia del fondamentalismo islamico in Algeria, Cfr: R.GUOLO, op.cit., pp. 115-49.
373
Cfr. A. THEDREL, Un attentat kamikaze a été déjoué dimanche au Maroc, “Le Figaro”, 13 marzo 2007.
374
Cfr. J. GARÇON, Nouvelle alerte terroriste sur le Maroc,”Liberation”, 13 marzo 2007.

220
(GSPC) algerino visto che “Il Polisario considera come amici i nemici dei suoi
nemici” 375 .
La stampa marocchina nell’agosto 2007 376 diffuse inoltre la notizia del ritrovamento ad
El Aaiún di una serie di materiali informativi che illustravano e invitavano a compiere atti
di sabotaggio, firmati da misteriose “Falangi del martire El Ouali”. Si tratterebbe di un
gruppo composto essenzialmente da giovani radicali saharawi, assistiti da altri membri
delusi dal Fronte Polisario, che avrebbero deciso di ricorrere ad azioni di stampo
terroristico nelle “province meridionali” del Paese. A sostegno di queste notizie, venivano
citati alcuni articoli della stampa estera 377 e un rapporto diffuso dallo European Strategic
Intelligence and Security Center, i quali annunciavano un probabile riorientamento
terroristico del movimento, che costituirebbe una nuova minaccia alla stabilità dell'Africa
subsahariana e dell'Europa.
Di fronte a queste notizie e accuse, nessuna risposta esplicita fu data da parte del Fronte
Polisario, i cui dirigenti ribadirono semplicemente la volontà di continuare a rispettare il
cessate il fuoco.

Vi sono dunque voci e opinioni discordanti, tuttavia pare prevalere l’idea che una deriva
del Fronte Polisario verso il terrorismo a sfondo fondamentalista sia altamente
improbabile. È vero che soprattutto tra le frange più giovani del movimento, e in
particolare nei Territori Occupati, si risente una certa frustrazione, aumentata dalla
repressione dei tratti culturali saharawi e alle violazioni dei diritti umani. Sentimenti
diversi sono quelli dei giovani dei campi profughi. La loro è un'esperienza più difficile
per quanto riguarda l'isolamento e la difficoltà della vita nel deserto, specialmente acuite
quando si tratti di giovani che hanno studiato all’estero, ma è anche più vicina al progetto
politico e istituzionale del Fronte Polisario e della RASD.
Pare perciò più fondato il pericolo che i metodi dei gruppi fondamentalisti facciano presa
più nel contesto urbano del Sahara Occidentale a stretto contatto con le istituzioni
marocchine, che in quello desertico di Tindouf.

Quanti hanno rapporti con il Fronte Polisario e che conoscono la realtà politica della
nazione in esilio 378 ritengono impossibile che questo decida di intraprendere la via del
terrorismo per dare maggior visibilità alla propria causa e rivendicare l'indipendenza;
dopo la coraggiosa scelta di rinunciare alla guerriglia per intraprendere esclusivamente
vie diplomatiche, il Fronte Polisario sa che abbandonandole perderebbe ogni appoggio
internazionale 379 .

375
Dichiarazione citata da A.THEDREL, op.cit.
376
Notizia pubblicata sul quotidiano “Le Matin”, Les Fantasmes de Mohamed Abdelaziz, 28 agosto 2007
377
In particolare un articolo datato 19 maggio 2005 del Washington Times.
378
Testimonianze e interviste di vari sindaci e assessori comunali della Provincia di Modena, presenti nel video: "Saharawi,
30 anni di repubblica in esilio" Associazione Kabara Lagdaf e Arci, Modena, 2005; molto utile si è rivelato per me anche
partecipare alla 34º EUCOCO di Valencia, e le conversazioni con alcuni accompagnatori dei bambini saharawi giunti a
Ferrara la scorsa estate.
379
Cfr. a tal proposito anche L. ARDESI, op.cit., p. 21.

221
E’ vero anche che, per quanto riguarda l’impatto mediatico dei conflitti e la sua
corrispondenza diplomatica, vi è una forte convinzione, tra i Saharawi, che la ripresa
della lotta armata o l’attuazione di dimostrazioni violente potrebbe richiamare
l’attenzione internazionale, facendo della loro situazione una problematica più visibile e
urgente. Questa consapevolezza potrebbe avere conseguenze importanti, data
l’immobilità e l’insufficienza dei percorsi diplomatici, ma fino a questo momento la
compattezza sociale operata dal Polisario ha contribuito ad un fermo rifiuto della ripresa
del conflitto.
Ciò non significa che il proseguimento dei mezzi pacifici da parte del Fronte Polisario
non si scontri con il pericolo concreto che una parte pur minoritaria dei suoi membri o
della popolazione ripropongano l'utilizzo della violenza. Se anche i futuri negoziati si
risolveranno in un nulla di fatto, è possibile che nei prossimi anni il rischio di adesione a
gruppi di stampo fondamentalista si faccia più concreto.
Di questi sentimenti si è fatto interprete anche Lamore:

“Per quanto ci riguarda non abbiamo altra scelta se non quella di


continuare la nostra lotta. L'abbiamo portata avanti in modo
pulito; non abbiamo mai fatto ricorso al terrorismo. Siamo un
popolo degno, nobile, pacifico e coraggioso che ha fronteggiato
simultaneamente l'esercito di tre paesi (...). E' il deserto più duro
del mondo. Ma noi siamo lì da venticinque anni. Non siamo lì per
giocare il gioco degli intellettuali. Si tratta della nostra causa
nazionale, del nostro territorio e della nostra gente. E
continueremo. (...)
Abbiamo fatto tutto il possibile per trovare una soluzione politica.
Se la via politica fallirà, perché la comunità internazionale non ha
la volontà di far svolgere un referendum regolare, allora noi
continueremo la lotta con altri mezzi. Questo deve essere ben
chiaro” 380 .

380
J. LAMORE, op.cit., p. 100.

222
Conclusioni

Nel corso dell’elaborato si sono analizzate le origini storiche che hanno portato alla
nascita del Fronte Polisario nel 1973 e quelle che hanno poi spinto alla fondazione della
Repubblica Araba Saharawi Democratica tre anni dopo; un certo spazio è stato dato alla
narrazione degli eventi principali succedutisi nelle ultime fasi della colonizzazione
spagnola, come alla Marcia Verde in un periodo più recente.
Certamente vi sono molti modi di narrare la storia, poiché un unico evento può presentare
differenti protagonisti, cause, concause e lo studio dell’ambiente in cui esso avviene è
fondamentale alla comprensione della realtà. Questo mio lavoro non pretende di essere
esaustivo ma spero di aver raggiunto il mio intento: offrire un panorama il più possibile
dettagliato di un conflitto iniziato più di trent’anni fa, che inevitabilmente si è trasformato
e ha visto modificare intorno a sé la geopolitica internazionale, che ha influenzato non
solo le politiche e lo sviluppo dell’area maghrebina ma che pure ha messo in discussione i
rapporti di potere e di alleanza ed evidenziato spesso la divergenza tra le politiche statali e
l’espressione della società civile.

La questione del Sahara Occidentale ha drammaticamente gettato ombre sul


funzionamento delle Nazioni Unite e sulla sua effettiva capacità, a più di cinquant’anni
dalla stesura della Carta di San Francisco, di porsi quale soggetto privilegiato per la
risoluzione delle controversie. L’essenza del Sahara Occidentale, unico territorio ancora
non autonomo del continente africano, riporta l’Europa a responsabilità antiche ma
concrete, per quanto riferirsi al periodo coloniale possa apparire anacronistico e privo di
utilità; è in parte vero quanto affermato dal professore marocchino Abdelhamid El
Ouali 381 : il principio di inviolabilità delle frontiere ereditate dal periodo coloniale, con la
disgregazione di popoli e la convivenza obbligata di culture in parte differenti è
all’origine di molti conflitti etnici in Africa; allo stesso modo, nel caso del Sahara
Occidentale la contestualizzazione degli Accordi di Madrid ci mostra come avventate
decisioni politiche dettate dagli interessi immediati del governo illiberale del regime
franchista, ma anche le velleità di influenza francesi, abbiano portato a conseguenze
molto serie nella regione mediterranea.

381
Cfr. Cap.5.

223
Interessi economici e geostrategici, la concorrenza europea con gli Stati Uniti e nei tempi
più recenti anche con i grandi colossi cinese, indiano e giapponese, la necessità di
ritrovare paesi alleati nella “guerra al terrore” iniziata dagli Stati Uniti e le sfide sempre
più pressanti rappresentati dalle migrazioni costituiscono solo alcuni dei punti chiave dei
rapporti nell’area. Così, tra legami storici e nuove alleanze, si riscoprono le strette
relazioni tra il Marocco e la ex madrepatria francese, obiettivo ostacolo alla risoluzione
del conflitto, insieme con le molte ambiguità nella condotta della politica estera e
internazionale, delle “potenze mondiali” come di Stati singoli (la Spagna) e di organismi
internazionali.

Nel capitolo precedente si è accennato al fatto che i gravi eventi prodottosi a partire
dall’undici settembre 2001 hanno provocato senza alcun dubbio la riconsiderazione delle
relazioni tra gli Stati Uniti (e, per estensione, il mondo occidentale considerato nel suo
insieme) e il mondo arabo, traducendosi nello sviluppo di relazioni bilaterali e
multilaterali maggiormente includenti, nell’attenzione alla creazione di politiche
congiunte in tema di sicurezza e di controlli dei flussi migratori, e, per concludere tale
quadro solo indicativo, nella formulazione di vari “pacchetti” di legge e provvedimenti
antiterrorismo suscettibili di restringere fortemente le libertà dei cittadini.
Alcuni studiosi, soprattutto americani e spagnoli, si chiedevano già anni fa quali
ripercussioni vi sarebbero state per il futuro del Sahara Occidentale, questione
apparentemente marginale e insignificante rispetto a numerosissimi conflitti dal maggiore
successo mediatico, ma considerato da alcuni una chiave per lo sviluppo di relazioni
stabili con e all’interno del Maghreb.
Nonostante la propaganda marocchina continui ad insistere sulla natura artificiale del
conflitto, come invenzione algerina e prodotto della Guerra Fredda, anche i più energici
sostenitori del Marocco ammettono che, ad esempio, i paesi dell’Est e l’URSS
mantennero una posizione neutrale nei momenti cruciali del 1975 e della Marcia Verde, e
fatta eccezione per l’Albania e la Yugoslavia nessun paese filo-sovietico durante gli anni
Ottanta riconobbe la RASD. E’la natura regionale del conflitto a spiegare che quasi
vent’anni dopo la caduta del muro di Berlino e il dissolversi della Guerra Fredda non si
sia giunti ancora ad una soluzione.

In questo quadro dalle molte variabili mi è parso inevitabile un riferimento all’Unione


Europea e alle critiche circa l’assenza di una politica estera unitaria, che sarebbe in grado
di trasmettere un segnale forte e di influenzare la politica internazionale molto più di
quanto accada nel presente; non era questa la sede per approfondire tale dibattito, tuttavia
i dissensi in occasione delle prime formulazioni dell’Unione Mediterranea da parte di
Sarkozy rivelano che gli stati membri, non disposti a cedere alcune loro prerogative
decisionali all’UE, si sono mostrati però fortemente decisi nel momento in cui si era
prospettato il timore di essere esclusi dalla politica mediterranea, quasi a rimarcare che la
spinta motrice delle relazioni euro-mediterranee sia sempre primariamente la prospettiva

224
di interessi economici. A tal proposito sarebbe infatti ingenuo ignorare il desiderio
francese di riacquistare la propria supremazia e influenza sul Maghreb, ma si potrebbe
anche riflettere sull’eventualità che un programma riservato esplicitamente ai paesi
mediterranei, pur inserito nel quadro comunitario di valori e politiche comuni, potrebbe
effettivamente dare maggiori e più rapidi risultati.
Le argomentazioni possibili sono però molteplici e l’Unione per il Mediterraneo è ancora
in fase di piena formulazione, cosicché non è possibile prevedere se e quale ruolo
assumerà nel conflitto di cui mi sono occupata.

Nella fase di stallo in cui si trova la questione del Sahara Occidentale è comprensibile e a
mio parere corretto chiedersi se il Fronte Polisario e in generale il popolo saharawi sia in
grado di resistere ad eventuali pressioni per una svolta di tipo terroristico.
Rifiutando categoricamente le allusioni marocchine che indicano lo stesso Polisario quale
nucleo di gruppi terroristici, è invece plausibile considerare che il Mediterraneo possa
costituire terreno fertile per il terrorismo di stampo fondamentalista, considerando gli
attentati già avvenuti o sventati e anche per la dichiarata posizione filoamericana e
occidentale del Marocco, oltre che per la precarietà delle condizioni di vita dei saharawi.
Al momento non sembrano tuttavia esserci ragioni fondate per temere una deriva
islamista del Fronte Polisario, né l’adesione della popolazione saharawi a pratiche
terroristiche. La possibilità di un nuovo radicalizzarsi della tensione e degli scontri
dovrebbe però costituire un incentivo per i paesi occidentali e l’ONU a muoversi verso la
risoluzione del conflitto, indipendentemente e anzi precedentemente a considerazioni
circa il terrorismo.

La RASD, sia per le circostanze della sua nascita e del suo sviluppo, sia per il
temperamento e carattere proprio del popolo saharawi, nacque como stato arabo e
islamico, però estraneo a qualsiasi proposta ortodossa o integralista. Il fatto che nella sua
fondazione intervennero giovani “illuminati”, che nel suo sviluppo e nella fase della
guerra le donne saharawi abbiano svolto un ruolo che non ha precedenti né paragoni nel
mondo musulmano, e che il modus vivendi dell’islam nel deserto si modellò con certe
particolarità (come l’esercizio del culto in assenza di moschee, abluzioni nella sabbia,
esenzione dall’obbligo di effettuare almeno un peregrinaggio a La Mecca a causa della
povertà della popolazione, e dall’obbligo dell’elemosina per la stessa ragione) 382 ha
prodotto come risultato uno Stato che, pur essendo indubbiamente islamico, non è affatto
integralista.

Ad ogni modo, la situazione di stallo non può durare per sempre, né il Polisario e i
dirigenti della RASD potranno contenere a lungo la disillusione, lo sconforto ma anche la
rabbia del loro popolo per le promesse e le aspettative non realizzate. I saharawi finora

382
Cfr. C.RUIZ MIGUEL, El Sáhara Occidental en el nuevo orden mundial, Dossiers de la Universidad de Santiago de
Compostela, 2001.

225
hanno dimostrato una pazienza enorme nell'attesa di una soluzione pacifica del conflitto,
ma non è esclusa la possibilità che riprendano le armi.

Come ho sostenuto richiamando i contributi di vari osservatori e studiosi di relazioni


internazionali, una configurazione autonomistica all’interno del Marocco per il Sahara
Occidentale, pur assumendo che il governo marocchino si impegni nell’offrire le libertà e
diritti che si confanno a una simile articolazione statuale, potrebbe innescare meccanismi
e reazioni in tutto lo stato marocchino.
Il Marocco ha mostrato evidenti miglioramenti per quanto riguarda il rispetto dei diritti
umani e il processo di democratizzazione, tuttavia il cammino appare ancora lungo, e uno
stato autonomistico è pensabile solo nel contesto di istituzioni trasparenti e democratiche.
Con un’antica storia di centralismo e una struttura del potere con al vertice un sovrano
dotato di ampissime prerogative, il Marocco è un paese diversamente strutturato, con
tendenze altamente centrifughe, basti solo pensare alla zona del Rif o alla popolazione
berbera. Non credo il Marocco sia intenzionato a cedere la sovranità sulle risorse naturali
al governo del Sahara Occidentale, come un’autonomia genuina dovrebbe almeno in parte
prevedere; le spinte autonomistiche che potrebbero generarsi all’interno del Marocco
dalle più diverse fazioni sono suscettibili a mio parere di creare una pericolosa instabilità,
per gli interessi statunitensi come e soprattutto per gli interessi europei nella zona del
Maghreb. Tale tensione potrebbe sì facilmente esplodere nell’adesione a gruppi radicali
estremisti, le cui tendenze sono già presenti all’interno dello Stato marocchino.

Scriveva già cinque anni fa Ángel Pérez 383 che “in realtà, il Marocco non ha alcun
interesse a far installare gli abitanti saharawi di Tinduf nel Sahara Occidentale
controllato, né a lasciare al Polisario parte dell’amministrazione garantendo libertà che in
alcuni anni estenderebbero in tutta la ex-colonia un ambiente di nazionalismo politico e
culturale incontrollabile”. La soluzione autonomistica sarebbe dunque una cattiva
soluzione per Mohamed VI; d’altra parte, l’assenza di un accordo ragionevole di effettiva
autonomia fomenterebbe le proteste sociali e forse le azioni armate, con alcune
conseguenze per il Marocco come l’instabilità regionale, un recrudescenza delle tensioni
con l’Algeria e aumento delle spese militari. Così

“Extender los problemas de Marruecos al Sahara cuando este


territorio podría quedar al margen de revueltas sociales o
religiosas poco atractivas para Occidente constituye una cuestión
que merece, cuando menos, una tímida reflexión”.

L’idea che il Marocco sia uno Stato forte, in grado dunque di gestire il territorio saharawi
e la sua popolazione, di controllare le spinte implosive ed esplosive islamiste e dirigere la
transizione economica e politica, è il prodotto secondo l’autore dell’eccellente
propaganda del paese, come dell’alleanza con gli Stati Uniti e il sostegno del governo
383
Cfr. Á. PÉREZ GONZÁLEZ, op. cit.

226
francese, e anche il “desiderio di vedere le cose in questo modo”, poiché l’Occidente ha
bisogno di ritrovare nel Maghreb una nazione stabile, sicura e che prosegua verso la
democrazia e lo sviluppo.

Sulla questione del Sahara Occidentale, come si è visto, i politici statunitensi in


particolare sembrano disposti ad appoggiare l’occupazione e il progetto marocchino. Una
tale posizione appare loro evidentemente più realistica, considerato il controllo 'de facto'
esercitato dal Marocco sulla regione e la grande importanza attribuita al mantenimento di
buone relazioni con Mohamed VI, amico e alleato nella “guerra globale contro il
Terrore”.
Per quanto questo approccio possa apparire realistico, ignora, compiendo un grave errore
di calcolo, che la stabilità nella regione non può realizzarsi se non con la stabilizzazione
delle relazioni tra i paesi maghrebini: qualsiasi soluzione che ignori gli interessi
dell'Algeria o che rappresenti per essa un’umiliazione e la negazione del diritto, quale è
l’impedimento a realizzare il referendum di autodeterminazione, manterrà diviso il
Maghreb e getterà i semi di possibili conflitti, anche a discapito degli interessi USA ed
europei.

Per concludere, riprendo il problema attuale della tensione tra diritto e Realpolitik, che sta
forse mettendo in crisi l’intero sistema delle Nazioni Unite e si pone quale base di
riconoscimento delle pretese marocchine.
Una delle particolarità più interessanti del conflitto del Sahara Occidentale risiede nel
contrasto che si produce nello stesso tra il “Diritto” e la “Politica”: da un lato, vi è un
fiorire di pronunciamenti giuridico-internazionali che ribadiscono il diritto
all’autodeterminazione del popolo saharawi, la cui messa in pratica avrebbe risolto in
modo immediato questa lunga disputa; dall’altro, nel corso degli anni sono state rinvenute
innumerevoli manovre politiche, anche interne all’ONU 384 , dirette a indebolire l’efficacia
delle regole giuridiche.
Tale tensione tra diritto e politica si è condensata principalmente intorno a due questioni:
in primo luogo, la pretesa politica di ignorare il diritto all’autodeterminazione del popolo
del Sahara Occidentale; in secondo luogo, le manovre politiche dirette a distruggere il
riconoscimento giuridico della possibile statalità del Sahara Occidentale, che si riflettono
nella maniera più evidente nella sostanziale accettazione dell’aggressione e occupazione
marocchina. Entrambi i poli di tensione pongono questioni giuridiche internazionali la cui
soluzione, come scriveva già Ruiz Miguel nel 2001 385 , avrà grande importanza nello
sviluppo futuro del Diritto Internazionale.

Anche recentemente Francesco Bastagli si era esposto affermando a Pretoria che

384
Cfr. A. THEOFILOPOULOU, op.cit..
385
Cfr. C. RUIZ MIGUEL, Recientes Desarrollos del conflicto del Sáhara Occidental: Autodeterminación y Estatalidad,
“Una documentación esencial para conocer el Sahara Occidental”, Um Draiga, 2001.

227
It is increasingly urgent for the international community to fulfill
its obligations towards the Saharawi people. This urgency is
dictated by the need to uphold international legality, protect
basic human rights, prevent conflict and ensure regional
stability 386 .

Permettere che il popolo saharawi possa decidere con un referendum il proprio futuro
significherebbe a mio parere riconoscere l’attualità delle funzioni dell’ONU, e soprattutto
darebbe un segnale positivo a tutta la comunità internazionale. Il riconoscimento della
supremazia del Diritto, sancito dalla Carta di San Francisco al livello più alto delle
relazioni interstatuali a seguito della concertazione tra gli Stati appartenenti alle Nazioni
Unite, ma anche un impegno più concreto all’imposizione dei principi sanciti dalla
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e tutte le Convenzioni che a questi si
rifanno, costituirebbe un messaggio importantissimo per l’Unione Africana, come
un’esortazione ad approfondire la cooperazione all’interno dell’Organizzazione; e un
segno fondamentale di intransigenza per la difesa degli ideali democratici e liberali che
l’Occidente pretende “esportare”, per tutti i governi con cui gli Stati Uniti e l’Unione
Europea operano.

Nel corso delle mie ricerche ho ritrovato in numerosi scritti riferimenti al conflitto arabo-
israeliano, o più propriamente alla “questione palestinese”, come una crisi analoga a
quella del Sahara Occidentale; come si sarà notato, nella tesi non ho fatto accenno a tale
paragone poiché personalmente ritengo che, anche ad un’analisi superficiale, le
divergenze tra le due questioni superino notevolmente le affinità che possano riscontrarsi,
ed anzi siano suscettibili di associare pericolosamente le due problematiche.
Certo, si tratta in entrambi i casi dell’occupazione da parte di uno Stato potente, ricco di
risorse e appoggio internazionale e burocraticamente strutturato, di un territorio abitato da
un popolo le cui condizioni sono segnate dalla povertà di mezzi, dalla privazione delle
risorse naturali ad opera dell’occupante, la cui popolazione è oggetto di gravi violazioni
dei diritti umani. Vero è anche che in entrambi i casi sono l’eredità storica e le ambigue
politiche perpetuate dall’Occidente in difesa dei propri interessi all’origine e alla
sequenzialità pluridecennale dei due conflitti. Evidente è anche l’incapacità – o la reale
mancanza di volontà – delle Nazioni Unite, nonostante il gran numero di risoluzioni e
documenti prodotti, nonché di risorse investite, di sanzionare la potenza occupante e
rintracciare la via per una soluzione che renda onore all’attesa e alle sofferenze inflitte per
tanti anni a due popoli così distinti.

Tuttavia, vi sono differenze tra il caso palestinese e quello saharawi, pur dominati oggi
prevalentemente dalla lotta per il controllo delle risorse. Il primo è considerato ancor più
delicato poiché nello sfondo opera la religione, come potere e come strumento di

386
Cfr. International conference on multilateralism and international law, with Western Sahara as a case study, Pretoria,
South Africa, 4-5 Dicembre 2008, i cui documenti conclusivi sono consultabili nel sito web già citato.

228
propaganda. E’ innegabile che la posizione filoisraeliana sia in parte suffragata da
considerazioni etiche e morali, che richiamano l’Occidente intero alle sue responsabilità e
“sensi di colpa” per la tragedia dell’Olocausto; d’altro lato, le considerazioni piú
pragmatiche e realiste sostengono il governo di Israele, prezioso alleato e partner
commerciale degli Stati Uniti e dell’Europa, condannando il popolo palestinese che viene
quasi identificato con Hamas e le più diverse fazioni radicali terroristiche.

Senza incorrere in un errore tanto grave, è opportuno rimarcare a mio parere che il Fronte
Polisario non costituisce, né ha al proprio interno gruppi che costituiscano una minaccia
terroristica. Fin dalla dichiarazione del cessate il fuoco, anzi, la scelta della non violenza è
stata difesa assiduamente dai rappresentanti e rispettata dal popolo saharawi,
considerandola giustamente oltre che un valore, un prezioso strumento per mostrarsi
positivamente di fronte alla comunità internazionale, per riaffermare la fiducia nelle
istituzioni internazionali e nella volontà di vivere in una realtà fondata sul diritto. Il
“problema” di tale approccio, come afferma Francesco Bastagli, consiste nella
conseguente “invisibilità mediatica” del conflitto del Sahara Occidentale.
Da questo punto di vista la drammatica ripresa dei conflitti nell’area di Gaza aumenterà
probabilmente le considerazioni della causa saharawi quale “conflitto minore”,
procrastinandolo nell’agenda politica dell’ONU.
In un quadro simile di esasperazione del conflitto è lecito pensare che gruppi anche
minoritari saharawi possano decidere di riprendere le armi.

229
230
Appendice

1. Cronología

1509
Legittimazione del diritto della Spagna di insediarsi in una parte della zona costiera del
Marocco dopo un accordo con il Portogallo

1884
Conferenza di Berlino. Il continente africano viene spartito tra le varie potenze europee.
La Spagna si vede riconosciuti i propri diritti sull’attuale Sahara Occidentale.

1886
La Società geografica spagnola organizza una spedizione nella zona di Adran Temar, che
termina con un accordo con il sultano che riconosce la sovranità spagnola sulla regione
del Rio de Oro (area meridionale del Sahara Occidentale); a partire da questa data
comincia la colonizzazione, basata su accordi specifici con i leader locali: la sovranità
spagnola si estende a Sagui el Hamra.

1900
Firma del Trattato di Parigi tra Spagna e Francia, che reduce alla metà la estensione del
territorio occupato dalla Spagna.

1920
L’applicazione del Trattato di Parigi stabilisce i limiti definitivi del Protettorato spagnolo.

1934
I notabili delle tribu saharawi firmano una “sottomissione amichevole” in virtù della
quale si comincia a conoscere il “Sahara Spagnolo” e Ifni. Occupazione spagnola della
città di Smara.
Aprile: la Spagna occupa militarmente tutto il territorio del Sahara Occidentale.

231
1947
Scoperta dei giacimenti di Bou Craa.

1956
Il Marocco, diventato indipendente (2 marzo 1956) esamina l’occupazione del Sahara,
che lo stesso considera come facente parte del Marocco

1957 - 1958
L’istituzione del Protettorato provoca frequenti attacchi da parte del Fronte di Liberazione
del Sahara. Entrata nell’ONU nel 1955, la Spagna dovrá iniziare il processo
decolonizzatore. Il Marocco coordina, con la partecipazione di tribu saharawi, un
sollevamento contro la Spagna (guerre di Ifni e d’Edchera).

Febbraio 1958
L’appoggio di forze francesi alla Spagna (operazione “Ecouvillon") permette a
quest’ultima di conservare gran parte del Sahara Occidentale e di Ifni. Conformemente al
Trattato d’Angra de Cintra (2 avril 1958), la Spagna cede al Marocco la regione di
Tarfaya (territori settentrionali della zona del Río de Oro.
L’operazione ispano-francese Ecouvillon-Ouragan reprime duramente un vasto
movimento anticoloniale. La Mauritania ottiene l’indipendenza.

1961: In Marocco muore il Re Mohammed V e gli succede il figlio Hassan II.

1962 - 1963
Indipendenza dell’Algeria. Le pretese da parte del Marocco di alcune zone, i cosidetti
“territori del Sahara”, danno luogo a incidenti frontalieri ripetuti con l’Algeria (“guerre
delle dune”).

1965
La risoluzione 2072 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite situa il Sahara
Occidentale nella lista delle regioni in attesa di descolonizzazione e richiede dunque alla
Spagna di ritirarsi. Facendo riferimento alla risoluzione 1514 sul diritto
all’autodeterminazione dei popoli sotto regime coloniale, afferma il diritto
all’autodeterminazione del popolo saharawi.

1966
Il Comitato di Decolonizzazione ONU studia l’autodeterminazione del Sahara e nel 1967
decide l’organizzazione di un referéndum per determinare l’autonomia del Sahara.
Creazione dell’Assemblea Generale del Sahara (Yamma).

232
1968
Mohammed Basiri fonda il Movimento di Liberazione del Sahara.

1969
Cessione della città di Ifni al Marocco.

1970
La repressione di una protesta nazionalista nella capitale del Sahara, El-Aiún, si conclude
con 40 morti. Nasce la lotta per l’autodeterminazione.
Giugno: Ad El Ayoun si verifica una durissima repressione di una manifestazione del
MLS da parte della Legione spagnola. Basiri viene arrestato e di lui non si avranno più
notizie.
Conferenza di Nouadhibou tra Marocco, Mauritania e Algeria. Nel trattato finale (Trattato
di Ifrane) si fa riferimento alle risoluzioni ONU per la decolonizzazione del Sahara
Occidentale. In realtà Marocco e Mauritania stanno trattando la spartizione.

1971
Primo fallito tentativo di assassinare Hassan II.

1972
Nasce clandestinamente a Rabat un movimento clandestino di resistenza saharawi. A
capeggiarlo è Mustapha Sayed El Ouali.
La Spagna inizia lo sfruttamento dei giacimenti di Bou Craa. Secondo fallito tentativo di
assassinare Hassan II.

1973
Dichiarazione di Algeri, che reclama la fine della presenza coloniale spagnola nel Sahara.
Creazione del Fronte Popolare di Liberazione di Saguía el Hamra e Río de Oro
(Frelisario, oggi Fronte Polisario) che rivendica l’autonomia del Sahara Occidentale.
10 Maggio: nasce il Fronte Polisario. Prima azione armata del Fronte presso El Khanga.

1974
La Spagna annuncia la sua intenzione di ritirarsi e propone l’organizzazione del
referendum per l’autodeterminazione del Sahara Occidentale. Viene eseguito il primo
censimento nel territorio . Il re del Marocco Hassan II si oppone e propone di rimettere il
problema alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia.
25/31 agosto: secondo Congresso del Fronte. L’obiettivo diviene l’indipendenza. El Ouali
è confermato Segretario.
Dicembre: l’ONU, su richiesta del Marocco e della Mauritania, invita Madrid a rinviare il
referendum e chiede alla Corte Internazionale dell’Aia di pronunciarsi sullo status
giuridico del Sahara Occidentale prima della colonizzazione spagnola.

233
1975-1991: La guerra del Sahara Occidentale

Maggio: arrivo della Commissione dell’ONU nel Sahara Occidentale. La forze politiche
in Spagna sono divise riguardo l’abbandono della colonia.
15 Ottobre: rapporto della Commissione che ha visitato il Sahara. Si dichiara che la
maggioranza della popolazione si è pronunciata a favore dell’indipendenza. Il Fronte
Polisario è riconosciuto come rappresentante della maggioranza della popolazione.
16 Ottobre: la Corte dell’Aia rende noto il suo verdetto. Dichiara l’inconsistenza di
legami tra il popolo saharawi e il Marocco e la Mauritania. La Corte invita a procedere
con il referendum. Hassan II annuncia di voler organizzare una pacifica marcia per
riappropriarsi del Sahara.
6 novembre: La “Marcia Verde" orchestrata dal sovrano Hassan II consacra
l’occupazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco: 350 000 civili marocchini si
stabiliscono sul territorio per affermarne il carattere marocchino.
14 novembre: Accordi di Madrid tra Spagna, Marocco e Mauritania sul “disimpegno”
amministrativo della Spagna; il ritiro viene deciso per il 28 febbraio 1976, cui seguirà la
spartizione del territorio tra Rabat (2/3 del territorio) e Nouakchott, con amministrazione
tripartita transitoria.
20 Novembre: muore Francisco Franco. Inizia l’occupazione marocchina del Sahara
Occidentale. L’esercito spagnolo avvia l’evacuazione. Inizia anche l’esodo della
popolazione saharawi verso l’Algeria.

1976
Gennaio: l’aviazione marocchina bombarda le colonne di profughi saharawi in fuga verso
la regione di Tindouf, in Algeria. Tensioni frontaliere tra l’Algeria e il Marocco (battaglia
di Amgala).
27/28 Febbraio: presso Bir Lehlu, la prima località liberata dal Fronte, viene proclamata
la Repubblica Araba Saharawi Democratica. La Rasd aderisce subito all’ONU, all’OUA,
alla Lega Araba e alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
28 Febbraio: la Spagna abbandona il Sahara Occidentale.
Marzo: viene formato il primo governo, con a capo Mohammed Lamine Uld Ahmed.
Maggio: viene completato il trasferimento dei profughi nei campi.
8/9 Giugno: primo attacco del Fronte Polisario alla città di Nouakchott, capitale
mauritana. Durante la ritirata muore El Ouali.
26/30 agosto: terzo congresso del Fronte. Mohammed Abdelaziz è eletto Segretario
Generale del Fronte e Presidente della Rasd. Si definisce la struttura politica del Fronte e
la struttura della Rasd.

1977
Luglio: secondo attacco del Fronte alla capitale mauritana.

234
1978
Golpe in Mauritania: Ould Daddah viene rovesciato e si instaura un governo militare.

1979
Muore il Presidente Boumedienne. Gli succede Chadli Ben Jedid. Durissimi attacchi del
Fronte contro il Marocco.
5 agosto: Accordo di pace di Algeri tra il Polisario e la Mauritania, che dichiara di
“rinunciare a tutte le sue rivendicazioni territoriali e uscire definitivamente dalla guerra,
riconoscendo il Polisario quale solo rappresentante del popolo saharawi". Il Marocco
occupa la zona lasciata vacante dall’esercito mauritano. Il confronto armato tra il
Marocco e il Polisario prosegue.

1980
Agosto: il Marocco, in collaborazione con Francia e USA e Arabia Saudita, inizia la
costruzione del primo muro (450 Km.).

1981 – 1987: Costruzione da parte dell’esercito marocchino di una recinzione di sei muri
di 2700 chilometri, che divide il territorio saharawi in due.

1981
Giugno. Il Marocco dichiara di accettare la celebrazione di un referendum di
autodeterminazione del Sahara Occidentale.
Novembre. La Commissione di Decolonizzazione ONU approva una risoluzione per
l’autodeterminazione, in appoggio al cessate il fuoco e alla celebrazione di negoziazioni
dirette tra il Marocco e il Fronte Polisario.
L’OUA ammette la Rasd come suo 51° membro. La Rasd rifiuta temporaneamente il
seggio.

1982
Giugno: l’OUA vara la risoluzione AHG/RES/104, che diventerà il modello anche per le
successive risoluzioni dell’ONU.

1984
Febbraio: Marocco e Libia danno vita all’Unione Araba Africana. La Libia interrompe gli
aiuti alla Rasd.
Novembre: la Rasd entra nell’OUA come membro effettivo. Il Marocco abbandona il
vertice, annunciando la definitiva uscita dall’Unione.

235
Il Marocco lascia l’OUA a seguito dell’ammissione della RASD al summit di Addis
Abeba in qualità di 51º membro.

1988
25 Febbraio: il Parlamento Europeo firma un accordo di pesca con il Marocco, che
include anche le acque territoriali del Sahara Occidentale.
Maggio: Perez de Cuellar incontra a Rabat Hassan II. Il Segretario Generale dell’ONU
riesce ad ottenere che gli aventi diritto al voto siano solo i censiti dagli spagnoli nel ’74,
ma non riesce ad ottenere il ritiro delle truppe marocchine,condizione necessaria per i
Saharawi. Rabat e Algeri riaprono il dialogo. Unione del Maghreb Arabo (UMA).
Agosto: in tre incontri Perez de Cuellar riceve separatamente le delegazioni marocchine e
saharawi. Il Piano di Pace proposto dal Segretario prevede che il referendum si svolga in
base al censimento spagnolo del ’74 e prevede anche un periodo di transizione
dall’entrata in vigore del cessate il fuoco al risultato referendario. L’amministrazione
provvisoria spetta all’ONU.
Settembre: l’ONU approva una risoluzione in cui si decide la creazione della MINURSO.

1989
All’Unione del Maghreb Arabo si aggiungono la Mauritania, la Libia e la Tunisia. Lo
scopo dell’UMA è la creazione di un mercato economico comune con frontiere aperte e
l’unificazione culturale.

1991
La Rasd approva una nuova Costituzione.
Agosto: il Marocco attacca le zone liberate di Tifariti e Bir Lehlu, avvelena i pozzi
rendendo impossibile lo stanziamento in quelle zone della MINURSO e dei profughi
saharawi, provenienti per le votazioni.
Settembre: entra in vigore il cessate il fuoco. Il Marocco presenta una lista
di 160.000 presunti saharawi che chiedono il loro inserimento nelle liste elettorali.
Ottobre: seconda Marcia Verde.
Dicembre: Perez de Cuellar cede alla pressioni marocchine e nel suo ultimo rapporto
modifica i criteri della selezione degli aventi diritto al voto.
Dicembre: Eletto il nuovo Segretario Generale dell’ONU, Boutros Ghali.
Aprile. Le Nazioni Unite approvano una risoluzione che regola il calendario del “Piano di
Sostegno” e crea la MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel
Sahara Occidentale).
Settembre. Entra in vigore il cessate il fuoco, grazie al dispiegamento e al sostegno dei
militari della MINURSO presenti ad El-Aaiún. Il Marocco controlla e amministra circa
l’80% del territorio, mentre il Fronte Polisario en controlla il rimanente 20%.

236
1992.
Gennaio. Il referendum previsto non si celebra e il processo di autodeterminazione si
trova bloccato per i problemi nell’elaborazione del censo che avrà diritto al voto.
Settembre. La “marocchizzazione” del Sahara Occidentale aumenta, Hassan II annuncia
la regionalizzazione della zona.
Dimissioni del presidente Chadli in Algeria. Si insedia al potere Mohammed Boudiaf,
non rispettando la Costituzione che prevede regolari elezioni.
Gennaio: il referendum nel Sahara Occidentale viene rimandato a data da definirsi.
Settembre: violando il diritto internazionale poiché il territorio è sotto giurisdizione ONU,
il Governo marocchino svolge anche nel Sahara Occidentale il referendum di riforma
costituzionale.

1993
Boutros Ghali raggiunge un accordo con la Rasd per i criteri di selezione dei votanti al
referendum. I Saharawi sono disponibili a discutere nuove regole per l’identificazione, a
patto che i capi tribù chiamati a svolgere il riconoscimento siano quelli eletti nel ’73.

1994
Il Segretario Gahli decide di proseguire i lavori di identificazione dei votanti. A Luglio
l’identificazione dei votanti iscritti alle liste non è iniziata perché il Marocco crea
difficoltà riguardo gli osservatori OUA. Boutros Ghali reputa marginale la questione
degli osservatori, stabilisce un nuovo calendario che prevede per il Febbraio ’95 il
referendum. Il Fronte critica l’atteggiamento del Segretario dell’ONU e sottolinea
l’importanza degli osservatori dell’OUA.
Settembre: chiusura delle frontiere algero-marocchine e chiusura dei rapporti fra i due
stati, per le reciproche accuse di terrorismo.

1997
17 marzo: il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, designa James Baker,
giá Segretario di Stato americano, come suo Rappresentante Personale. Nel 1996 la ONU
aveva deciso la sospensione del processo per il referendum e la riduzione del numero di
militari inviati. Ricomincia la complicata identificazione del corpo votante.
Agosto: a Lisbona, mediazione di Baker - colloqui tra le due parti. Si raggiunge un
accordo sulla collocazione delle forze armate, sui prigionieri di
guerra e sui detenuti politici.
Settembre, Houston (USA): si riesce a raggiungere nuovo accordo generale.

1999
Violenta repressione di un sit-in per rivendicazioni sociali ad El-Aaiún (22 settembre).

237
2000
Il Consiglio di Sicurezza ONU sospende il referendum, previsto per il luglio del 2000, e il
Marocco esprime l’intenzione di negoziare con il Fronte Polisario per concedergli una
certa autonomia, ma chiude le porte alla possibilità di un referendum.

2001
Il Marocco insiste sull’impossibilità del referendum e nella convenienza dell’accettazione
dell’Accordo Quadro sullo Statuto del Sahara, il cosiddetto “Piano Baker I” (giugno
2001). Il Fronte Polisario, appoggiato dall’Algeria, rifiuta questa opzione e insiste sulla
necessità del referendum come unica via di uscita dall’impasse. Il re Mohamed VI si reca
nel Sahara in occasione del 26º anniversario della Marcia Verde per riaffermare la sua
sovranità sull’area.

2002
Febbraio. Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite, propone quattro opzioni
per la risoluzione del conflitto.
Il Consiglio di Sicurezza della ONU proroga, prima in febbraio e successivamente in
aprile, il mandato della MINURSO.

2003
Gennaio. “Piano Baker II”. Tale proposta non convince nessuna delle due parti: dal punto
di vista marocchino è interpretato come una accettazione implicita del diritto
all’autodeterminazione saharawi, e i saharawi ritengono che tali proposte si diluiranno e
nel tempo favoriranno il governo di Rabat.
Luglio. Il Consiglio di Sicurezza ONU approva all’unanimità la risoluzione 1463, nella
quale esprime il suo appoggio all’ultima proposta di James Baker, considerandola una
“solution politique optimale”. Inoltre, amplia al 31 marzo 2004 il mandato della
MINURSO.

2004
Rifiuto di Mohamed VI, che nega in assoluto l’eventualità del referendum.
Dimissioni di Baker (giugno). Il Consiglio di Sicurezza ONU proroga al 30 aprile 2005 il
termine della MINURSO (risoluzione 1570/2004).
2005
Luglio. Peter Van Walsum viene nominato Rappresentante Personale del Segretario
Generale ONU. Forti riserve di Amnesty International e Human Rights Watch sulle
condizioni dei processi di 14 militanti saharawi.

2006
Istituzione del Consiglio Reale Consultivo per gli Affari nel Sahara (CORCAS) da parte
di Mohamed VI, allo scopo di proporre la “terza via” dell’autonomia.Soluzione

238
impraticabile per la RASD.Per molti osservatori internazionali si giunge ad una
situazione di stallo.

2007
Aprile 2007. Presentazione presso le Nazioni Unite del Progetto Marocchino di
autonomia del Sahara Occidentale. Adozione della risoluzione 1754: estensione del
mandato della missione MINURSO al 31 ottobre 2007.
Malgrado le divergenze (autonomia / referendum di autodeterminazione), inizio di un
nuovo ciclo di negoziazioni tra il Marocco e il Polisario.
Giugno 2007. Prima sessione delle consultazioni tra il Marocco e il Fronte Polisario in
presenza degli Stati vicini, l’Algeria e la Mauritania, a Manhasset, nello Stato di New
York.
Ottobre 2007. Adozione della risoluzione 1783 – decisione di estendere il mandato della
missione MINURSO fino al 30 aprile 2008;

2008
Gennaio. Relazione del Segretario Generale sullo stato delle negoziazioni a riguardo del
Sahara Occidentale. Il 7 gennaio inizia il terzo round di negoziazioni tra Marocco e
Polisario.
16-18 Marzo. Quarto round di incontri diretti tra il Marocco e il Fronte Polisario.
Aprile. La Risoluzione 1813 del Consiglio di Sicurezza proroga il mandato della
MINURSO al 30 aprile 2009.

239
2. Documenti

Sono riprodotti qui per intero solo alcuni dei documenti principali relativi al Sahara Occidentale.
Per una lista più esaustiva dei documenti ufficiali consultati rimando alla Bibliografia, sezione
Fonti.

Il Parere della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, del 16 ottobre 1975,


sulla richiesta effettuata il 21 dicembre 1974 dal Regno del Marocco
(riassunto 387 )

Summaries of Judgments, Advisory Opinions and Orders of the International Court of Justice
Not an official document

WESTERN SAHARA
Advisory Opinion of 16 October 1975

In its Advisory Opinion which the General Assembly of the United Nations had requested on two
questions concerning Western Sahara, the Court,

With regard to Question I, "Was Western Sahara (Rio de Oro and Sakiet El Hamra) at the time of
colonization by Spain a territory belonging to no one (terra nullius)?",
- decided by 13 votes to 3 to comply with the request for an advisory opinion;
- was unanimously of opinion that Western Sahara (Rio de Oro and Sakiet El Hamra) at the time of
colonization by Spain was not a territory belonging to no one (terra nullius).

With regard to Question II, "What were the legal ties between this territory and the Kingdom of
Morocco and the Mauritanian entity?", the Court
- decided by 14 votes to 2 to comply with the request for an advisory opinion;
- was of opinion, by 14 votes to 2, that there were legal ties between this territory and the Kingdom of
Morocco of the kinds indicated in the penultimate paragraph of the Advisory Opinion;
- was of opinion, by 15 votes to 1, that there were legal ties between this territory and the
Mauritanian entity of the kinds indicated in the penultimate paragraph of the Advisory Opinion.

The penultimate paragraph of the Advisory Opinion was to the effect that:

The materials and information presented to the Court show the existence, at the time of Spanish
colonization, of legal ties of allegiance between the Sultan of Morocco and some of the tribes living in
the territory of Western Sahara. They equally show the existence of rights, including some rights
relating to the land, which constituted legal ties between the Mauritanian entity, as understood by
the Court, and the territory of Western Sahara. On the other hand, the Court's conclusion is that the
materials and information presented to it do not establish any tie of territorial sovereignty between
the territory of Western Sahara and the Kingdom of Morocco or the Mauritanian entity. Thus the
Court has not found legal ties of such a nature as might affect the application of General Assembly
resolution 1514 (XV) in the decolonization of Western Sahara and, in particular, of the principle of
self-determination through the free and genuine expression of the will of the peoples of the Territory.

For these proceedings the Court was composed as follows: President Lachs; Vice-President Ammoun;
Judges Forster, Gros, Bengzon, Petrén, Onyeama, Dillard, Ignacio-Pinto, de Castro, Morozov,
Jiménez de Aréchaga, Sir Humphrey Waldock, Nagendra Singh and Ruda; Judge ad hoc Boni.

387
Si tratta, v. p. 32, del riassunto del Parere espresso dalla Corte riguardo il Sahara Occidentale. Cfr. Summary of the
Advisory Opinion of 16 October 1975, International Court of Justice.

240
Judges Gros, Ignacio-Pinto and Nagendra Singh appended declarations to the Advisory Opinion;
Vice-President Ammoun and Judges Forster, Petrén, Dillard, de Castro and Boni appended separate
opinions, and Judge Ruda a dissenting opinion.

In these declarations and opinions the judges concerned make clear and explain their positions.

Course of the Proceedings


(paras. 1-13 of Advisory Opinion)

The Court first recalls that the General Assembly of the United Nations decided to submit two
questions for the Court's advisory opinion by resolution 3292 (XXIX) adopted on 13 December 1974
and received in the Registry on 21 December. It retraces the subsequent steps in the proceedings,
including the transmission of a dossier of documents by the Secretary-General of the United Nations
(Statute, Art. 65, para. 2) and the presentation of written statements or letters and/or oral
statements by 14 States, including Algeria, Mauritania, Morocco, Spain and Zaire (Statute, Art. 66).

Mauritania and Morocco each asked to be authorized to choose a judge ad hoc to sit in the
proceedings. By an Order of 22 May 1975 (I.C.J. Reports 1975, p. 6), the Court found that Morocco
was entitled under Articles 31 and 68 of the Statute and Article 89 of the Rules of Court to choose a
person to sit as judge ad hoc, but that, in the case of Mauritania, the conditions for the application of
those Articles had not been satisfied. At the same time the Court stated that those conclusions in no
way prejudged its views with regard to the questions referred to it or any other question which might
fall to be decided, including those of its competence to give an advisory opinion and the propriety of
exercising that competence.

Competence of the Court


(paras. 14-22 of Advisory Opinion)

Under Article 65, paragraph 1, of the Statute, the Court may give an advisory opinion on any legal
question at the request of any duly authorized body. The Court notes that the General Assembly of
the United Nations is suitably authorized by Article 96, paragraph 1, of the Charter and that the two
questions submitted are framed in terms of law and raise problems of international law. They are in
principle questions of a legal character, even if they also embody questions of fact, and even if they
do not call upon the Court to pronounce on existing rights and obligations. The Court is accordingly
competent to entertain the request.

Propriety of Giving an Advisory Opinion


(paras. 23-74 of Advisory Opinion)

Spain put forward objections which in its view would render the giving of an opinion incompatible
with the Court's judicial character. It referred in the first place to the fact that it had not given its
consent to the Court's adjudicating upon the questions submitted. It maintained (a) that the subject
of the questions was substantially identical to that of a dispute concerning Western Sahara which
Morocco, in September 1974, had invited it to submit jointly to the Court, a proposal which it had
refused: the advisory jurisdiction was therefore being used to circumvent the principle that the Court
has no jurisdiction to settle a dispute without the consent of the parties; (b) that the case involved a
dispute concerning the attribution of territorial sovereignty over Western Sahara and that the
consent of States was always necessary for the adjudication of such disputes; (c) that in the
circumstances of the case the Court could not fulfil the requirements of good administration of
justice with regard to the determination of the facts. The Court considers (a) that the General
Assembly, while noting that a legal controversy over the status of Western Sahara had arisen during
its discussions, did not have the object of bringing before the Court a dispute or legal controversy
with a view to its subsequent peaceful settlement, but sought an advisory opinion which would be of
assistance in the exercise of its functions concerning the decolonization of the territory, hence the
legal position of Spain could not be compromised by the Court's answers to the questions submitted;
(b) that those questions do not call upon the Court to adjudicate on existing territorial rights; (c) that
it has been placed in possession of sufficient information and evidence.

Spain suggested in the second place that the questions submitted to the Court were academic and
devoid of purpose or practical effect, in that the United Nations had already settled the method to be
followed for the decolonization of Western Sahara, namely a consultation of the indigenous
population by means of a referendum to be conducted by Spain under United Nations auspices. The
Court examines the resolutions adopted by the General Assembly on the subject, from
resolution 1514 (XV) of 14 December 1960, the Declaration on the Granting of Independence to
Colonial Countries and Peoples, to resolution 3292 (XXIX) on Western Sahara, embodying the
request for advisory opinion. It concludes that the decolonization process envisaged by the General
Assembly is one which will respect the right of the population of Western Sahara to determine their
future political status by their own freely expressed will. This right to self-determination, which is
not affected by the request for advisory opinion and constitutes a basic assumption of the questions
put to the Court, leaves the General Assembly a measure of discretion with respect to the forms and

241
procedures by which it is to be realized. The Advisory Opinion will thus furnish the Assembly with
elements of a legal character relevant to that further discussion of the problem to which resolution
3292 (XXIX) alludes.

Consequently the Court finds no compelling reason for refusing to give a reply to the two questions
submitted to it in the request for advisory opinion.

Question 1: "Was Western Sahara (Rio de Oro and Sakiet El Hamra) at the Time of Colonization by
Spain a Territory Belonging to No One (terra nullius)?"
(paras. 75-83 of Advisory Opinion)

For the purposes of the Advisory Opinion, the "time of colonization by Spain" may be considered as
the period beginning in 1884, when Spain proclaimed its protectorate over the Rio de Oro. It is
therefore by reference to the law in force at that period that the legal concept of terra nullius must be
interpreted. In law, "occupation" was a means of peaceably acquiring sovereignty over territory
otherwise than by cession or succession; it was a cardinal condition of a valid "occupation" that the
territory should be terra nullius. According to the State practice of that period, territories inhabited
by tribes or peoples having a social and political organization were not regarded as terrae nullius: in
their case sovereignty was not generally considered as effected through occupation, but through
agreements concluded with local rulers. The information furnished to the Court shows (a) that at the
time of colonization Western Sahara was inhabited by peoples which, if nomadic, were socially and
politically organized in tribes and under chiefs competent to represent them; (b) that Spain did not
proceed upon the basis that it was establishing its sovereignty over terrae nullius: thus in his Order
of 26 December 1884 the King of Spain proclaimed that he was taking the Rio de Oro under his
protection on the basis of agreements entered into with the chiefs of local tribes.
The Court therefore gives a negative answer to Question I. In accordance with the terms of the
request for advisory opinion, "if the answer to the first question is in the negative", the Court is to
reply to Question II.

Question 11: "What Were the Legal Ties of This Territory with the Kingdom of Morocco and the
Mauritanian Entity?"
(paras. 84-161 of Advisory Opinion)

The meaning of the words "legal ties" has to be sought in the object and purpose of resolution 3292
(XXIX) of the United Nations General Assembly. It appears to the Court that they must be
understood as referring to such legal ties as may affect the policy to be followed in the decolonization
of Western Sahara. The Court cannot accept the view that the ties in question could be limited to ties
established directly with the territory and without reference to the people who may be found in it. At
the time of its colonization the territory had a sparse population that for the most part consisted of
nomadic tribes the members of which traversed the desert on more or less regular routes, sometimes
reaching as far as southern Morocco or regions of present-day Mauritania Algeria or other States.
These tribes were of the Islamic faith.

Morocco (paragraphs 90-129 of the Advisory Opinion) presented its claim to legal ties with Western
Sahara as a claim to ties of sovereignty on the ground of an alleged immemorial possession of the
territory and an uninterrupted exercise of authority. In the view of the Court, however, what must be
of decisive importance in determining its answer to Question II must be evidence directly relating to
effective display of authority in Western Sahara at the time of its colonization by Spain and in the
period immediately preceding. Morocco requests that the Court should take account of the special
structure of the Moroccan State. That State was founded on the common religious bond of Islam and
on the allegiance of various tribes to the Sultan, through their caids or sheiks, rather than on the
notion of territory. It consisted partly of what was called the Bled Makhzen, areas actually subject to
the Sultan, and partly of what was called the Bled Siba, areas in which the tribes were not
submissive to him; at the relevant period, the areas immediately to the north of Western Sahara lay
within the Bled Siba.

As evidence of its display of sovereignty in Western Sahara, Morocco invoked alleged acts of internal
display of Moroccan authority, consisting principally of evidence said to show the allegiance of
Saharan caids to the Sultan, including dahirs and other documents concerning the appointment of
caids, the alleged imposition of Koranic and other taxes, and acts of military resistance to foreign
penetration of the territory. Morocco also relied on certain international acts said to constitute
recognition by other States of its sovereignty over the whole or part of Western Sahara, including (a)
certain treaties concluded with Spain, the United States and Great Britain and Spain between 1767
and 1861, provisions of which dealt inter alia with the safety of persons shipwrecked on the coast of
Wad Noun or its vicinity, (b) certain bilateral treaties of the late nineteenth and early twentieth
centuries whereby Great Britain, Spain, France and Germany were said to have recognized that
Moroccan sovereignty extended as far south as Cape Bojador or the boundary of the Rio de Oro.

Having considered this evidence and the observations of the other States which took part in the
proceedings, the Court finds that neither the internal nor the international acts relied upon by
Morocco indicate the existence at the relevant period of either the existence or the international

242
recognition of legal ties of territorial sovereignty between Western Sahara and the Moroccan State.
Even taking account of the specific structure of that State, they do not show that Morocco displayed
any effective and exclusive State activity in Western Sahara. They do, however, provide indications
that a legal tie of allegiance existed at the relevant period between the Sultan and some, but only
some, of the nomadic peoples of the territory, through Tekna caids of the Noun region, and they
show that the Sultan displayed, and was recognized by other States to possess, some authority or
influence with respect to those tribes.

The term "Mauritanian entity" (paragraphs 139-152 of the Advisory Opinion) was first employed
during the session of the General Assembly in 1974 at which resolution 3292 (XXIX), requesting an
advisory opinion of the Court, was adopted. It denotes the cultural, geographical and social entity
within which the Islamic Republic of Mauritania was to be created. According to Mauritania, that
entity, at the relevant period, was the Bilad Shinguitti or Shinguitti country, a distinct human unit,
characterized by a common language, way of life, religion and system of laws, featuring two types of
political authority: emirates and tribal groups.

Expressly recognizing that these emirates and tribes did not constitute a State, Mauritania suggested
that the concepts of "nation" and of "people" would be the most appropriate to explain the position of
the Shinguitti people at the time of colonization. At that period, according to Mauritania, the
Mauritanian entity extended from the Senegal river to the Wad Sakiet El Hamra. The territory at
present under Spanish administration and the present territory of the Islamic Republic of Mauritania
thus together constituted indissociable parts of a single entity and had legal ties with one another.

The information before the Court discloses that, while there existed among them many ties of a
racial, linguistic, religious, cultural and economic nature, the emirates and many of the tribes in the
entity were independent in relation to one another; they had no common institutions or organs. The
Mauritanian entity therefore did not have the character of a personality or corporate entity distinct
from the several emirates or tribes which comprised it.
The Court concludes that at the time of colonization by Spain there did not exist between the
territory of Western Sahara and the Mauritanian entity any tie of sovereignty, or of allegiance of
tribes, or of simple inclusion in the same legal entity. Nevertheless, the General Assembly does not
appear to have so framed Question II as to confine the question exclusively to those legal ties which
imply territorial sovereignty, which would be to disregard the possible relevance of other legal ties to
the decolonization process. The Court considers that, in the relevant period, the nomadic peoples of
the Shinguitti country possessed rights, including some rights relating to the lands through which
they migrated. These rights constituted legal ties between Western Sahara and the Mauritanian
entity. They were ties which knew no frontier between the territories and were vital to the very
maintenance of life in the region.

Morocco and Mauritania both laid stress on the overlapping character of the respective legal ties
which they claimed Western Sahara to have had with them at the time of colonization (paragraphs
153-160 of the Advisory Opinion). Although their views appeared to have evolved considerably in that
respect, the two States both stated at the end of the proceedings that there was a north appertaining
to Morocco and a south appertaining to Mauritania without any geographical void in between, but
with some overlapping as a result of the intersection of nomadic routes. The Court confines itself to
noting that this geographical overlapping indicates the difficulty of disentangling the various
relationships existing in the Western Sahara region at the time of colonization.

243
Risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

• A/RES/15/1514: Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries


and Peoples, 14 dicembre 1960

------------------------------

--------------------------------

244
• A/RES/30/3458: Question of Spanish Sahara, 10 dicembre 1975

--------------------------------------

245
• A/RES/31/45: Question of Western Sahara, 1 dicembre 1976

246
• A/RES/44/88: Question of Western Sahara, 11 dicembre 1989

-------------------

247
• A/RES/45/21: Question of Western Sahara, 20 novembre 1990

--------------------

-------------

248
• A/RES/46/67: Question of Western Sahara, 11 dicembre 1991

-----------------

249
• A/RES/50/36: Question of Western Sahara, 6 dicembre 1995

UNITED
NATIONS
General Assembly
Distr.
GENERAL
A/RES/50/36
9 February 1996
Fiftieth session
Agenda item 18

RESOLUTION ADOPTED BY THE GENERAL ASSEMBLY


[on the report of the Special Political and Decolonization Committee
(Fourth Committee) (A/50/602)]

The General Assembly,

Having considered in depth the question of Western Sahara,

Reaffirming the inalienable right of all peoples to self-determination and independence, in accordance
with the principles set forth in the Charter of the United Nations and in General Assembly resolution
1514 (XV) of 14 December 1960, containing the Declaration on the Granting of Independence to
Colonial Countries and Peoples,

Recalling its resolution 49/44 of 9 December 1994,

Recalling also the agreement in principle given on 30 August 1988 by the Kingdom of Morocco and
the Frente Popular para la Liberación de Saguia el- Hamra y de Río de Oro to the proposals of the
Secretary-General of the United Nations and the current Chairman of the Assembly of Heads of State
and Government of the Organization of African Unity in the context of their joint mission of good
offices,

Recalling further Security Council resolutions 621 (1988) of 20 September 1988, 658 (1990) of 27
June 1990, 690 (1991) of 29 April 1991, 725 (1991) of 31 December 1991, 809 (1993) of 2 March
1993 and 907 (1994) of 29 March 1994 relating to the question of Western Sahara,

Recalling with satisfaction the entry into force of the cease-fire in Western Sahara on 6 September
1991, in accordance with the proposal of the Secretary-General accepted by the two parties,

Noting the adoption by the Security Council of resolutions 973 (1995) of 13 January 1995, 995
(1995) of 26 May 1995, 1002 (1995) of 30 June 1995 and 1017 (1995) of 22 September 1995,

Welcoming the mission of the Security Council, which visited Western Sahara and the countries of
the region from 3 to 9 June 1995,

Welcoming also the appointment of Mr. Erik Jensen as acting Special Representative of the
Secretary-General for Western Sahara,

Concerned that the parties’ continuing suspicion and lack of trust have contributed to delays in the
implementation of the settlement plan, 1/

Noting that, for progress to be achieved, the two parties must have a vision of the post-referendum
period,

Expressing the hope for a rapid resolution of the problems causino delays in the completion of the
identification process, as well as the code of conduct, the release of political prisoners, the
confinement of troops of the Frente Popular para la Liberación de Saguia el-Hamra y de Río de Oro
and the arrangements for the reduction of the Moroccan troops in the territory,

Stressing the importance and usefulness of the resumption of direct talks between the two parties
mentioned above in order to create a propitious atmosphere conducive to a speedy and effective
implementation of the settlement plan,

250
Having examined the relevant chapter of the report of the Special Committee on the Situation with
regard to the Implementation of the Declaration on the Granting of Independence to Colonial
Countries and Peoples, 2/

Having also examined the report of the Secretary-General, 3/

1. Takes note with appreciation of the report of the Secretary-General;

2. Pays tribute to the Secretary-General and the personnel of the United Nations Mission for the
Referendum in Western Sahara for their action with a view to settling the question of Western
Sahara by the implementation of the settlement plan;

3. Reiterates its support for further efforts of the Secretary-General for the organization and
supervision by the United Nations, in cooperation with the Organization of African Unity, of a
referendum for selfdetermination of the people of Western Sahara, in conformity with Security
Council resolutions 658 (1990) and 690 (1991), by which the Council adopted the settlement plan for
Western Sahara;

4. Reaffirms that the goal on which all were agreed consists of the holding of a free, fair and impartial
referendum for the people of Western Sahara, organized and conducted by the United Nations in
cooperation with the Organization of African Unity and without any military or administrative
constraints, in conformity with the settlement plan;

5. Notes with concern the insufficient progress made towards the fulfilment of the settlement plan,
including the identification process, the code of conduct, the release of political prisoners, the
confinement of troops of the Frente Popular para la Liberación de Saguia el-Hamra y de Río de Oro
and the arrangements for the reduction of the Moroccan troops in the territory;

6. Calls upon the Kingdom of Morocco and the Frente Popular para la Liberación de Saguia el-Hamra
y de Río de Oro to work with the Secretary- General and the United Nations Mission for the
Referendum in Western Sahara in a spirit of genuine cooperation to implement the settlement plan
in accordance with the relevant Security Council resolutions;

7. Takes note of the decision of the Security Council to review the arrangements for the completion of
the identification process on the basis of the report of the Secretary-General requested by the
Council in paragraph 4 of its resolution 1017 (1995) and to consider at that time any further
necessary measures which might need to be taken to ensure the prompt completion of that
process and of all the other aspects relevant to the fulfilment of the settlement plan;

8. Expresses the hope that direct talks between the two parties will soon resume in order to create a
propitious atmosphere conducive to speedy and effective implementation of the settlement plan;

9. Requests the Special Committee on the Situation with regard to the Implementation of the
Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries and Peoples to continue to
consider the situation in Western Sahara, bearing in mind the ongoing referendum process, and to
report thereon to the General Assembly at its fifty-first session;

10. Invites the Secretary-General to submit to the General Assembly at its fifty-first session a report
on the implementation of the present resolution.

82nd plenary meeting


6 December 1995

--------------------------------------------
1/ S/21360 and S/22464 and Corr.1.
2/ A/50/23 (Part V), chap. IX.
3/ A/50/504.

251
• A/RES/62/116: Question of Western Sahara, 17 dicembre 2007

UNITED NATIONS A/RES/62/116


General Assembly
Distr.: General
10 January 2008

Sixty-second session
Agenda item 40 07-47073

Resolution adopted by the General Assembly


[on the report of the Special Political and Decolonization Committee (Fourth Committee)
(A/62/412)]

62/116. Question of Western Sahara

The General Assembly,

Having considered in depth the question of Western Sahara,

Reaffirming the inalienable right of all peoples to self-determination and independence, in accordance
with the principles set forth in the Charter of the United Nations and General Assembly resolution
1514 (XV) of 14 December 1960 containing the Declaration on the Granting of Independence to
Colonial Countries and Peoples,

Recognizing that all available options for self-determination of the Territories are valid as long as they
are in accordance with the freely expressed wishes of the people concerned and in conformity with
the clearly defined principles contained in General Assembly resolutions 1514 (XV) of 14 December
1960 and 1541 (XV) of 15 December 1960 and other resolutions of the General Assembly,

Recalling its resolution 60/114 of 8 December 2005,

Recalling also all resolutions of the General Assembly and the Security Council on the question of
Western Sahara,

Recalling further Security Council resolutions 658 (1990) of 27 June 1990, 690 (1991) of 29 April
1991, 1359 (2001) of 29 June 2001, 1429 (2002) of 30 July 2002, 1495 (2003) of 31 July 2003, 1541
(2004) of 29 April 2004, 1570 (2004) of 28 October 2004, 1598 (2005) of 28 April 2005, 1634 (2005)
of 28 October 2005, 1675 (2006) of 28 April 2006 and 1720 (2006) of 31 October 2006,

Welcoming the adoption of Security Council resolution 1754 (2007) on 30 April 2007,

Expressing its satisfaction that the parties have met on 18 and 19 June and on 10 and 11 August
2007 under the auspices of the Personal Envoy of the Secretary-General and in the presence of the
neighbouring countries and that they have agreed to continue the negotiations,

Calling upon all the parties and the States of the region to cooperate fully with the Secretary-General
and his Personal Envoy and with each other,

Reaffirming the responsibility of the United Nations towards the people of Western Sahara,

Welcoming in this regard the efforts of the Secretary-General and his Personal Envoy in search of a
mutually acceptable political solution to the dispute, which will provide for the self-determination of
the people of Western Sahara,

Having examined the relevant chapter of the report of the Special Committee on the Situation with
regard to the Implementation of the Declaration on the Granting of Independence to Colonial
Countries and Peoples,1

Having also examined the report of the Secretary-General,2

1. Takes note of the report of the Secretary-General;2

252
2. Supports strongly Security Council resolution 1754 (2007), by which the Council called upon the
parties to enter into negotiations without preconditions in good faith, taking into account the
developments of the last months, with a view to achieving a just, lasting and mutually acceptable
political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara;

3. Welcomes the ongoing negotiations between the parties held on 18 and 19 June and on 10 and 11
August 2007 in the presence of the neighbouring countries under the auspices of the United Nations;

4. Commends the efforts undertaken by the Secretary-General and his Personal Envoy for the
implementation of Security Council resolution 1754 (2007) and encourages the parties to continue to
show political will and a spirit of cooperation in supporting those efforts and to create a propitious
atmosphere for dialogue and the success of the negotiations;

5. Calls upon the parties to cooperate with the International Committee of the Red Cross and calls
upon them to abide by their obligations under international humanitarian law;

6. Requests the Special Committee on the Situation with regard to the Implementation of the
Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries and Peoples to continue to
consider the situation in Western Sahara and to report thereon to the General Assembly at its sixty-
third session;

7. Invites the Secretary-General to submit to the General Assembly at its sixty-third session a report
on the implementation of the present resolution.
75th plenary meeting 17 December 2007

---------------------------------------------------------------------------

1 See Official Records of the General Assembly, Sixty-second Session, Supplement No. 23 (A/62/23),
chap. VIII.
2 A/62/128.

253
• A/RES/63/103, Implementation of the Declaration on the Granting of Independence
to Colonial Countries and Peoples by the specialized agencies and the international
institutions associated with the United Nations, 5 dicembre 2008

United Nations A/RES/63/103


General Assembly Distr.: General
18 December 2008

Sixty-third session
Agenda item 35
08-47697

Resolution adopted by the General Assembly


[on the report of the Special Political and Decolonization Committee (Fourth Committee)
(A/63/406)]

63/103. Implementation of the Declaration on the Granting of Independence to Colonial


Countries and Peoples by the specialized agencies and the international institutions
associated with the United Nations

The General Assembly,

Having considered the item entitled “Implementation of the Declaration on the Granting of
Independence to Colonial Countries and Peoples by the specialized agencies and the international
institutions associated with the United Nations”,

Having also considered the report of the Secretary-General and the report of the Economic and Social
Council on the item,

Having examined the chapter of the report of the Special Committee on the Situation with regard to
the Implementation of the Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries and
Peoples relating to the item,

Recalling its resolutions 1514 (XV) of 14 December 1960 and 1541 (XV) of 15 December 1960 and
the resolutions of the Special Committee, as well as other relevant resolutions and decisions,
including in particular Economic and Social Council resolution 2007/25 of 26 July 2007,

Bearing in mind the relevant provisions of the final documents of the successive Conferences of
Heads of State or Government of Non-Aligned Countries and of the resolutions adopted by the
Assembly of Heads of State and Government of the African Union, the Pacific Islands Forum and the
Caribbean Community,
Conscious of the need to facilitate the implementation of the Declaration on the Granting of
Independence to Colonial Countries and Peoples, contained in resolution 1514 (XV),

Welcoming the assistance extended to Non-Self-Governing Territories by certain specialized agencies


and other organizations of the United Nations system, in particular the United Nations Development
Programme,

Also welcoming the participation in the capacity of observers of those Non-Self-Governing Territories
that are associate members of regional commissions in the world conferences in the economic and
social sphere, subject to the rules of procedure of the General Assembly and in accordance with
relevant United Nations resolutions and decisions, including resolutions and decisions of the
Assembly and the Special Committee on specific Territories,

Noting that only some specialized agencies and other organizations of the United Nations system
have been involved in providing assistance to Non-Self-Governing Territories,

Stressing that, because the development options of the small island Non-Self-Governing Territories
are limited, there are special challenges to planning for and implementing sustainable development
and that those Territories will be constrained in meeting the challenges without the continuing
cooperation and assistance of the specialized agencies and other organizations of the United Nations
system,

254
Stressing also the importance of securing the necessary resources for funding expanded programmes
of assistance for the peoples concerned and the need to enlist the support of all major funding
institutions within the United Nations system in that regard,

Reaffirming the mandates of the specialized agencies and other organizations of the United Nations
system to take all appropriate measures, within their respective spheres of competence, to ensure
the full implementation of General Assembly resolution 1514 (XV) and other relevant resolutions,

Expressing its appreciation to the African Union, the Pacific Islands Forum, the Caribbean
Community and other regional organizations for the continued cooperation and assistance they have
extended to the specialized agencies and other organizations of the United Nations system in this
regard,

Expressing its conviction that closer contacts and consultations between and among the specialized
agencies and other organizations of the United Nations system and regional organizations help to
facilitate the effective formulation of programmes of assistance to the peoples concerned,

Mindful of the imperative need to keep under continuous review the activities of the specialized
agencies and other organizations of the United Nations system in the implementation of the various
United Nations resolutions and decisions relating to decolonization,

Bearing in mind the extremely fragile economies of the small island Non-Self-Governing Territories
and their vulnerability to natural disasters, such as hurricanes, cyclones and sea-level rise, and
recalling the relevant resolutions of the General Assembly,

Recalling its resolution 62/114 of 17 December 2007 on the implementation of the Declaration by
the specialized agencies and the international institutions associated with the United Nations,

1. Takes note of the report of the Secretary-General;


2. Recommends that all States intensify their efforts in the specialized agencies and other
organizations of the United Nations system in which they are

Noting that the large majority of the remaining Non-Self-Governing Territories are small island
Territories,
members to ensure the full and effective implementation of the Declaration on the Granting of
Independence to Colonial Countries and Peoples, contained in General Assembly resolution 1514
(XV), and other relevant resolutions of the United Nations;

3. Reaffirms that the specialized agencies and other organizations and institutions of the United
Nations system should continue to be guided by the relevant resolutions of the United Nations in
their efforts to contribute to the implementation of the Declaration and all other relevant resolutions
of the General Assembly;

4. Reaffirms also that the recognition by the General Assembly, the Security Council and other
United Nations organs of the legitimacy of the aspirations of the peoples of the Non-Self-Governing
Territories to exercise their right to self-determination entails, as a corollary, the extension of all
appropriate assistance to those peoples;

5. Expresses its appreciation to those specialized agencies and other organizations of the United
Nations system that have continued to cooperate with the United Nations and the regional and
subregional organizations in the implementation of General Assembly resolution 1514 (XV) and other
relevant resolutions of the United Nations, and requests all the specialized agencies and other
organizations of the United Nations system to implement the relevant provisions of those resolutions;

6. Requests the specialized agencies and other organizations of the United Nations system and
international and regional organizations to examine and review conditions in each Territory so as to
take appropriate measures to accelerate progress in the economic and social sectors of the
Territories;

7. Urges those specialized agencies and other organizations of the United Nations system that have
not yet provided assistance to Non-Self-Governing Territories to do so as soon as possible;

8. Requests the specialized agencies and other organizations and institutions of the United Nations
system and regional organizations to strengthen existing measures of support and formulate
appropriate programmes of assistance to the remaining Non-Self-Governing Territories, within the
framework of their respective mandates, in order to accelerate progress in the economic and social
sectors of those Territories;

255
9. Requests the specialized agencies and other organizations of the United Nations system concerned
to provide information on:
(a) Environmental problems facing the Non-Self-Governing Territories;
(b) The impact of natural disasters, such as hurricanes and volcanic eruptions, and other
environmental problems, such as beach and coastal erosion and droughts, on those Territories;
(c) Ways and means to assist the Territories to fight drug trafficking, money-laundering and other
illegal and criminal activities;
(d) Illegal exploitation of the marine and other natural resources of the Territories and the need to
utilize those resources for the benefit of the peoples of the Territories;

10. Recommends that the executive heads of the specialized agencies and other organizations of the
United Nations system formulate, with the active cooperation of the regional organizations
concerned, concrete proposals for the full implementation of the relevant resolutions of the United
Nations and submit the proposals to their governing and legislative organs;

11. Also recommends that the specialized agencies and other organizations of the United Nations
system continue to review at the regular meetings of their governing bodies the implementation of
General Assembly resolution 1514 (XV) and other relevant resolutions of the United Nations;

12. Recalls the adoption by the Economic Commission for Latin America and the Caribbean of its
resolution 574 (XXVII) of 16 May 1998, calling for the necessary mechanisms for its associate
members, including Non-Self-Governing Territories, to participate in the special sessions of the
General Assembly, subject to the rules of procedure of the Assembly, to review and assess the
implementation of the plans of action of those United Nations world conferences in which the
Territories originally participated in the capacity of observer, and in the work of the Economic and
Social Council and its subsidiary bodies;

13. Requests the Chairperson of the Special Committee on the Situation with regard to the
Implementation of the Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries and
Peoples to continue to maintain close contact on these matters with the President of the Economic
and Social Council;

14. Welcomes the publication by the Department of Public Information and the Department of
Political Affairs of the Secretariat, in consultation with the United Nations Development Programme,
the specialized agencies and the Special Committee, of an information leaflet on assistance
programmes available to the Non-Self-Governing Territories, and requests that it be disseminated
widely;

15. Welcomes also the continuing efforts made by the United Nations Development Programme in
maintaining close liaison among the specialized agencies and other organizations of the United
Nations system, including the Economic Commission for Latin America and the Caribbean and the
Economic and Social Commission for Asia and the Pacific, and in providing assistance to the peoples
of the Non-Self-Governing Territories;

16. Encourages the Non-Self-Governing Territories to take steps to establish and/or strengthen
disaster preparedness and management institutions and policies, inter alia, with the assistance of
the relevant specialized agencies;

17. Requests the administering Powers concerned to facilitate, when appropriate, the participation of
appointed and elected representatives of Non-Self-Governing Territories in the relevant meetings and
conferences of the specialized agencies and other organizations of the United Nations system, in
accordance with relevant resolutions and decisions of the United Nations, including resolutions and
decisions of the General Assembly and the Special Committee on specific Territories, so that the
Territories may benefit from the related activities of those agencies and organizations;

18. Recommends that all Governments intensify their efforts in the specialized agencies and other
organizations of the United Nations system of which they are members to accord priority to the
question of providing assistance to the peoples of the Non-Self-Governing Territories;

19. Requests the Secretary-General to continue to assist the specialized agencies and other
organizations of the United Nations system in working out appropriate measures for implementing
the relevant resolutions of the United Nations and to prepare for submission to the relevant bodies,
with the assistance of those agencies and organizations, a report on the action taken in
implementation of the relevant resolutions, including the present resolution, since the circulation of
his previous report;

256
20. Commends the Economic and Social Council for its debate and resolution on this question, and
requests it to continue to consider, in consultation with the Special Committee, appropriate
measures for the coordination of the policies and activities of the specialized agencies and other
organizations of the United Nations system in implementing the relevant resolutions of the General
Assembly;

21. Requests the specialized agencies to report periodically to the Secretary-General on the
implementation of the present resolution;

22. Requests the Secretary-General to transmit the present resolution to the governing bodies of the
appropriate specialized agencies and international institutions associated with the United Nations so
that those bodies may take the measures necessary to implement the resolution, and also requests
the Secretary-General to report to the General Assembly at its sixty-fourth session on the
implementation of the present resolution;
23. Requests the Special Committee to continue to examine the question and to report thereon to the
General Assembly at its sixty-fourth session.

64th plenary meeting

• A/RES/63/105: Question Of Western Sahara, 5 dicembre

United Nations A/RES/63/105


General Assembly Distr.: General

18 December 2008
Sixty-third session
Agenda item 37
08-47709

Resolution adopted by the General Assembly


[on the report of the Special Political and Decolonization Committee (Fourth Committee)
(A/63/408)]

63/105. Question of Western Sahara

The General Assembly,

Having considered in depth the question of Western Sahara,

Reaffirming the inalienable right of all peoples to self-determination and independence, in accordance
with the principles set forth in the Charter of the United Nations and General Assembly resolution
1514 (XV) of 14 December 1960 containing the Declaration on the Granting of Independence to
Colonial Countries and Peoples,

Recognizing that all available options for self-determination of the Territories are valid as long as they
are in
accordance with the freely expressed wishes of the people concerned and in conformity with the
clearly defined principles contained in General Assembly resolutions 1514 (XV) of 14 December 1960
and 1541 (XV) of 15 December 1960 and other resolutions of the Assembly,

Recalling its resolution 62/116 of 17 December 2007,

Recalling also all resolutions of the General Assembly and the Security Council on the question of
Western Sahara,

Recalling further Security Council resolutions 658 (1990) of 27 June 1990, 690 (1991) of 29 April
1991, 1359 (2001) of 29 June 2001, 1429 (2002) of 30 July 2002, 1495 (2003) of 31 July 2003, 1541
(2004) of 29 April 2004, 1570 (2004) of 28 October 2004, 1598 (2005) of 28 April 2005, 1634 (2005)
of 28 October 2005, 1675 (2006) of 28 April 2006 and 1720 (2006) of 31 October 2006,

257
Underlining the adoption of Security Council resolutions 1754 (2007) on 30 April 2007, 1783 (2007)
on 31 October 2007 and 1813 (2008) on 30 April 2008,

Expressing its satisfaction that the parties have met on 18 and 19 June 2007, on 10 and 11 August
2007, from 7 to 9 January 2008 and from 16 to 18 March 2008 under the auspices of the Personal
Envoy of the Secretary-General and in the presence of the neighbouring countries and that they have
agreed to continue the negotiations,

Calling upon all the parties and the States of the region to cooperate fully with the Secretary-General
and his Personal Envoy and with each other,

Reaffirming the responsibility of the United Nations towards the people of Western Sahara,

Welcoming in this regard the efforts of the Secretary-General and his Personal Envoy in search of a
mutually acceptable political solution to the dispute, which will provide for the self-determination of
the people of Western Sahara,

Having examined the relevant chapter of the report of the Special Committee on the Situation with
regard to the Implementation of the Declaration on the Granting of Independence to Colonial
Countries and Peoples,

Having also examined the report of the Secretary-General,

1. Takes note of the report of the Secretary-General;

2. Supports the process of negotiations initiated by Security Council resolution 1754 (2007) and
further sustained by Council resolutions 1783 (2007) and 1813 (2008), with a view to achieving a
just, lasting and mutually acceptable political solution, which will provide for the self-determination
of the people of Western Sahara, and commends the efforts undertaken by the Secretary-General and
his Personal Envoy in this respect;

3. Welcomes the commitment of the parties to continue to show political will and work in an
atmosphere propitious for dialogue, in order to enter into a more intensive phase of negotiations, in
good faith and without preconditions, taking note of efforts and developments since 2006, thus
ensuring implementation of Security Council resolutions 1754 (2007), 1783 (2007) and 1813 (2008)
and the success of negotiations;

4. Also welcomes the ongoing negotiations between the parties held on 18 and 19 June 2007, on 10
and 11 August 2007, from 7 to 9 January 2008 and from 16 to 18 March 2008 in the presence of the
neighbouring countries under the auspices of the United Nations;

5. Calls upon the parties to cooperate with the International Committee of the Red Cross, and calls
upon them to abide by their obligations under international humanitarian law;

6. Requests the Special Committee on the Situation with regard to the Implementation of the
Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries and Peoples to continue to
consider the situation in Western Sahara and to report thereon to the General Assembly at its sixty-
fourth session;

7. Invites the Secretary-General to submit to the General Assembly at its sixty-fourth session a
report on the implementation of the present resolution.

64th plenary meeting 5 December 2008


General Assembly

258
Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite

• 1975: S/RES/377 del 22 ottobre

• 1988: S/RES/621 del 20 settembre

259
• 1990: S/RES/658 del 27 giugno

• 1991: S/RES/690 del 29 aprile

260
• 1994: S/RES/907 del 29 marzo

UNITED S
NATIONS

Distr.
GENERAL
S/RES/907 (1994)*
29 March 1994

RESOLUTION 907 (1994)


Adopted by the Security Council at its 3355th meeting,
on 29 March 1994

The Security Council,

Reaffirming its resolutions 621 (1988) of 20 September 1988, 658 (1990) of 27 June 1990, 690
(1991) of 29 April 1991, 725 (1991) of 31 December 1991 and 809 (1993) of 2 March 1993,
Appreciative of the efforts undertaken by the Secretary-General and his Special Representative to
address concerns of both parties and implement the Settlement Plan regarding the question of
Western Sahara (S/21360 and S/22464), as adopted by resolutions 658 (1990) and 690 (1991),

Recalling the reports of the Secretary-General on the situation concernine Western Sahara dated 21
May 1993 (S/25818), 28 July 1993 (S/26185) and 24 November 1993 (S/26797),

Recalling the letters from the President of the Council dated 28 May 1993 (S/25861), 4 August 1993
(S/26239) and 6 December 1993 (S/26848) in response to those reports,

Having considered the Secretary-General’s report of 10 March 1994 and its annexes (S/1994/283),

Recalling paragraph 22 of the Secretary-General’s report (S/1994/283),

Recalling that, in conformity with the Settlement Plan, it was for the Secretary-General to determine
the instructions for the review of the applications for participation in the referendum,

Urging the two parties to cooperate fully with the Secretary-General in implementing the Settlement
Plan which has been accepted by them, Committed to reaching a just and lasting solution of the
question of Western Sahara,

1. Welcomes the report of the Secretary-General on the situation concerning Western Sahara of 10
March 1994;

2. Welcomes the compromise proposal of the Secretary-General concernine the interpretation and
application of criteria for voter eligibility (S/26185) as a sound framework for determining eligibility
for participation in the referendum for self-determination of the people of Western Sahara; and takes
note of the explanatory note of the Special Representative dated 27 September 1993, and the letter of

261
the Special Representative dated 4 February 1994 included in the annexes to the Secretary-General’s
report of 10 March 1994;

3. Expresses its deep concern over continuing difficulties and delays in the work of the Identification
Commission;

4. Agrees to the course of action as outlined in Option B in the Secretary-General’s report of 10


March 1994, that the Identification Commission should complete the analysis of all applications
received and proceed with the identification and registration of potential voters by 30 June 1994, on
the basis of the Secretary-General’s compromise proposal, the terms of reference of the Identification
Commission, and the relevant provisions of the Settlement Plan; and supports the Secretary-
General’s intention to continue his efforts to obtain the cooperation of both parties on that basis;

5. Requests, in this context, the Secretary-General to report to the Council not later than 15 July
1994 on progress achieved in the work of the Identification Commission as well as other aspects
relevant to the fulfilment of the Settlement Plan with a view to deciding on further action necessary
for fulfilment of the United Nations mission in Western Sahara;

6. Urges strict compliance with the timetable for Option B as laid out in paragraph 24 (a) of the
Secretary-General’s report of 10 March 1994, with a view to holding the referendum by the end of
1994;

7. Calls for full cooperation with the Secretary-General, his Special Representative and the
Identification Commission in their efforts to implement the Settlement Plan, which has been
accepted by both parties;

8. Decides, in the event that the Secretary-General notifies the Council in the report called for in
paragraph 5 above that the referendum cannot be held by the end of 1994, and in view of obligations
of the parties to cooperate fully with the Secretary-General, to consider MINURSO’s future, including
an examination of options regarding its mandate and continued operations;

9. Urges the Secretary-General, in the context of the implementation of paragraph 4 above, to make
every effort to maintain MINURSO at the strength needed to carry out Option B, and further invites
him to make proposals for the necessary adjustments to the present role and strengths of MINURSO,
as part of the report called for in paragraph 5 above;

10. Decides to remain seized of the matter.

* Reissued for technical reasons.


94-18820 (E)
/...S/RES/907 (1994)

262
• 1995: S/RES/973 del 13 gennaio

UNITED S
NATIONS

Distr: GENERAL
S/RES/973 (1995)
13 January 1995

RESOLUTION 973 (1995)


Adopted by the Security Council at its 3490th meeting,
on 13 January 1995

The Security Council,

Reaffirming its resolutions 621 (1988) of 20 September 1988, 658 (1990) of 27 June 1990, 690
(1991) of 29 April 1991, 725 (1991) of 31 December 1991, 809 (1993) of 2 March 1993 and 907
(1994) of 29 March 1994,

Recalling the statements by the President of the Security Council of 29 July 1994 (S/PRST/1994/39)
and 15 November 1994 (S/PRST/1994/67),

Having considered the Secretary-General’s report of 14 December 1994 (S/1994/1420),

Welcoming the efforts of the Secretary-General during his visit to the region from 25 to 29 November
1994, Committed to reaching a just and lasting solution of the question of Western Sahara,

Urging the two parties to cooperate fully with the Secretary-General and the United Nations Mission
for the Referendum in Western Sahara (MINURSO) to ensure prompt and full implementation of the
Settlement Plan,

Noting the Secretary-General’s judgement that the only way to complete identification and
registration in a reasonable time is through a major reinforcement of personnel and other resources,

Concerned that the implementation of the Settlement Plan has been delayed and that in the
circumstances the mandate of MINURSO, like the other United Nations operations, should be subject
to periodic consideration by the Council,

1. Welcomes the report of the Secretary-General on the situation concerning Western Sahara of 14
December 1994;

2. Reiterates its commitment to holding, without further delay, a free, fair and impartial referendum
for self-determination of the people of Western Sahara in accordance with the Settlement Plan which
has been accepted by the two parties;

3. Calls upon the two parties to cooperate fully with the Secretary- General and MINURSO in their
efforts to implement the Settlement Plan in accordance with the relevant Security Council
resolutions and within the timescale outlined in paragraphs 21 and 22 of the Secretary-General’s
report;

4. Welcomes the fact that voter identification has begun and is continuing albeit at a slow pace, and
commends MINURSO for the progress achieved thus far;

5. Approves the expansion of MINURSO as proposed in paragraphs 17 to 19 of the Secretary-


General’s report and expresses the hope that every effort will be made to deploy the observers
necessary to complete the identification process in a timely fashion in accordance with the
Settlement Plan;

6. Requests the Secretary-General to report by 31 March 1995 to confirm the arrangements with
regard to the logistic, personnel and other resources required for the deployment of MINURSO at full
strength, on his final plans for implementing all elements of the Settlement Plan and on the
responses of the parties to his proposals in order to fulfil the United Nations mission in Western
Sahara;

263
7. Encourages the Secretary-General to continue to deploy all possibile efforts in order to create a
propitious atmosphere conducive to a speedy and effective implementation of the Settlement Plan;

8. Expects to be able, on the basis of the report requested in paragraph 6 above, to confirm 1 June
1995 as the date for the start of the transitional period, with a view to holding the referendum in
October 1995 and to bringing the mission to a successful conclusion shortly thereafter, in
accordance with the Settlement Plan;

9. Decides that the mandate of MINURSO should continue to 31 May 1995;

10. Also decides to consider the possible extension of the mandate of MINURSO after 31 May 1995
on the basis of a further report from the Secretary- General and in the light of progress achieved
towards the holding of the referendum and the implementation of the Settlement Plan;

11. Requests the Secretary-General to keep the Security Council fully informed of further
developments in the implementation of the Settlement Plan for the Western Sahara during this
period;

12. Decides to remain seized of the matter.

• S/RES/1056 del 29 maggio

UNITED S
NATIONS

Distr.
GENERAL
S/RES/1056 (1996)
29 May 1996

RESOLUTION 1056 (1996)


Adopted by the Security Council at its 3668th meeting,
on 29 May 1996

The Security Council,

Reaffirming all its previous resolutions on the question of Western Sahara,

Having considered the report of the Secretary-General of 8 May 1996 (S/1996/343),

Noting the views expressed by the Government of Morocco as set out in the report of the Secretary-
General and in the memorandum attached to the letter addressed to the Secretary-General dated 10
May 1996 (S/1996/345),

Noting also the views expressed by the Polisario Front as set out in the report of the Secretary-
General and in the memorandum attached to the letter addressed to the Secretary-General dated 23
May 1996 (S/1996/366),

Noting also the letter dated 23 May 1996 from the Current Chairman and the Secretary-General of
the Organization of African Unity (S/1996/376),

Reaffirming its commitment to assist the parties to achieve a just and lasting solution to the question
of Western Sahara,

Stressing the importance it attaches to the maintenance of the cease-fire, as an integral part of the
Settlement Plan,

Recognizing that, despite all the difficulties, the United Nations mission for the Referendum in
Western Sahara (MINURSO) has to date identified more than 60,000 persons,

264
Reiterating that, for progress to be achieved, the two parties must have a vision of the post-
referendum period,

1. Reiterates its commitment to the holding, as soon as possible, of a free, fair and impartial
referendum for the self-determination of the people of Western Sahara in accordance with the
Settlement Plan which has been accepted by the two parties referred to above;

2. Deeply regrets the fact that the required willingness does not exist to give MINURSO the
cooperation needed for it to resume and complete the identification process, and that there has
therefore been no significant progress towards implementation of the Settlement Plan;

3. Agrees with the recommendation of the Secretary-General that the identification process be
suspended until such time as both parties provide concrete and convincing evidence that they are
committed to resuming and completing it without further obstacles, in accordance with the
Settlement Plan;

4. Supports the proposal of the Secretary-General to reduce the strength of the military component
of MINURSO by 20 per cent, on the understanding that this will not impair its operational
effectiveness in monitoring the cease-fire;

5. Endorses the view of the Secretary-General that the decision to suspend temporarily the work of
the Identification Commission and to reduce the number of civilian police and military personnel
does not imply any lessening of resolve to secure the implementation of the Settlement Plan;

6. Supports the proposal of the Secretary-General, in the context of the Settlement Plan, to maintain
a political office to continue the dialogue with the parties and the two neighbouring countries and to
facilitate any other effort that could help set the parties on a course towards an agreed formula for
the resolution of their differences and encourages the Secretary-General to consider ways of
strengthening the role of this office;

7. Urges the two parties to demonstrate without further delay the political will, cooperation and
flexibility necessary to permit the resumption and early completion of the identification process and
the implementation of the Settlement Plan; notes with satisfaction that the parties have respected
the cease-fire, which is an integral part of the Settlement Plan, and calls upon them to continue to
do so;

8. Also calls upon the parties, as a demonstration of good will, to cooperate with the United Nations
in the implementation of certain aspects of the Settlement Plan, such as the release of Saharan
political prisoners and the exchange of prisoners of war on humanitarian grounds, as soon as
possible, to accelerate implementation of the Settlement Plan in its entirety;

9. Encourages the parties to consider additional ways to create confidence between themselves in
order to remove obstacles to implementation of the Settlement Plan;

10. Decides to extend the mandate of MINURSO, on the basis proposed by the Secretary-General in
his report of 8 May 1996, until 30 November 1996;

11. Reminds the parties that if significant progress is not achieved during this period, the Council
will have to consider other measures, including possible further reductions in the strength of
MINURSO, but stresses its readiness to support the resumption of the identification process as soon
as the parties have demonstrated the necessary political will, cooperation and flexibility, as called for
in paragraph 7 above;

12. Requests the Secretary-General to continue his efforts with the parties to break the impasse
blocking the implementation of the Settlement Plan, and to submit a report to the Council by 31
August 1996 on the outcome of his efforts;

13. Also requests the Secretary-General to keep the Council closely informed of all significant
developments, including their humanitarian aspects, and to submit a comprehensive report on the
implementation of this resolution by 10 November 1996;

14. Decides to remain seized of the matter.

265
• S/RES/1185 del 20 luglio

UNITED S
NATIONS

Distr.
GENERAL
S/RES/1185 (1998)
20 July 1998

RESOLUTION 1185 (1998)


Adopted by the Security Council at its 3910th meeting,
on 20 July 1998

The Security Council,

Recalling all its previous resolutions on the question of the Western Sahara,

Reaffirming its full support for the Secretary-General, his Personal Envoy, his Special Representative
and the United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO) in the
implementation of the Settlement Plan and the agreements reached by the two parties for its
implementation, and recalling that under these agreements the responsibility for implementing the
identification process lies with the Identification Commission,

Reiterating its commitment to assist the parties to achieve a just and lasting solution to the question
of the Western Sahara,

Reiterating also its commitment to the holding without further delay of a free, fair and impartial
referendum for the self-determination of the people of the Western Sahara in accordance with the
Settlement Plan, which has been accepted by the two parties,

Welcoming the report of the Secretary-General of 10 July 1998 (S/1998/634) and supporting the
observations and recommendations contained therein,

1. Decides to extend the mandate of MINURSO until 21 September 1998 in order that MINURSO may
proceed with its identification tasks, with the aim of completing the process;

2. Welcomes, in line with the report of the Secretary-General, engagement by his Personal Envoy
with the parties to seek a solution to those issues bearing upon implementation of the Settlement
Plan;

3. Calls upon the parties to cooperate constructively with the United Nations, the Personal Envoy of
the Secretary-General, the Special Representative of the Secretary-General and the Identification
Commission established pursuant to the Settlement Plan in order to complete the identification of
voters phase of the Settlement Plan and the agreements reached for its implementation;

4. Notes with satisfaction the expressed readiness of the Moroccan Government to cooperate with the
Office of the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) in order to formalize the
presence of UNHCR in the Western Sahara, according to the Settlement Plan;

5. Notes the continuing deployment of the engineering units required for demining activities and of
the administrative staff required to support the deployment of military personnel as proposed in
annex II of the report of the Secretary-General of 13 November 1997 (S/1997/882), as further
described in the recommendations of the report of the Secretary-General of 13 April 1998
(S/1998/316);

6. Expresses again its intention to consider positively the request for the remaining additional
military and police assets for MINURSO as proposed in annex II of the report of the Secretary-
General of 13 November 1997, as soon as the Secretary-General reports that the identification
process has reached a stage which makes the deployment of these assets essential;

7. Calls for a prompt conclusion of status-of-forces agreements with the Secretary-General which
would greatly facilitate the full and timely deployment of MINURSO-formed military units, in
particular the deployment of the military engineering support and demining units, and in this
context notes progress that has been made, and recalls that pending the conclusion of such

266
agreements, the model status-of-forces agreement dated 9 October 1990 (A/45/594), as provided for
in General Assembly resolution 52/12 B, should apply provisionally;

8. Calls for the lifting of any restrictions imposed on MINURSO aircraft, or on passengers whose
travel MINURSO determines to be of assistance to the fulfilment of the mandate, in line with the
practice of United Nations peacekeeping operations, and notes that discussions are being held to this
end;

9. Requests the Secretary-General to report to the Council every 30 days from the date of extension
of the mandate of MINURSO on the progress of the implementation of the Settlement Plan and the
agreements reached between the parties, and to keep the Council regularly informed of all significant
developments in the interim period, and, as appropriate, on the continuing viability of the mandate
of MINURSO;

10. Decides to remain seized of the matter.

• S/RES/1232 del 30 marzo

UNITED S
NATIONS

Distr.
GENERAL
S/RES/1232 (1999)
30 March 1999

RESOLUTION 1232 (1999)


Adopted by the Security Council at its 3990th meeting,
on 30 March 1999

The Security Council,

Recalling all its previous resolutions on the question of the Western Sahara,

Welcoming the report of the Secretary-General of 22 March 1999 (S/1999/307) and the observations
and recommendations contained therein,

Welcoming also the agreement in principle to the Secretary-General’s package by the Government of
Morocco and recalling its acceptance by the POLISARIO Front,

1. Decides to extend the mandate of the United Nations Mission for the Referendum in Western
Sahara (MINURSO) until 30 April 1999 to allow for an understanding to be reached among all
concerned on detailed modalities for the implementation of the identification and appeals protocols,
including a revised implementation schedule, in a manner that would preserve the integrity of the
Secretary-General’s package of measures;

2. Requests both parties to move ahead with the necessary discussions to reach an agreement on the
refugee repatriation protocol, so that all aspects of the work needed to prepare the way for the
repatriation of refugees may begin, including confidence-building measures, and in that regard
welcomes the decisión of the POLISARIO Front to allow the resumption of pre-registration activities
of the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees in Tindouf;

3. Welcomes the signature, by the Government of Morocco and the MINURSO Force Commander, of
the agreement on mines and unexploded ordnance mentioned in paragraph 13 of the report of the
Secretary-General, and urges the POLISARIO Front to engage in a similar effort;

4. Requests the Secretary-General to report to the Council by 23 April 1999 on the implementation of
this resolution;

5. Decides to remain seized of the matter.

267
• S/RES/1282 del 14 dicembre

UNITED S
NATIONS

Distr.
GENERAL
S/RES/1282 (1999)
14 December 1999

RESOLUTION 1282 (1999)


Adopted by the Security Council at its 4080th meeting,
on 14 December 1999

The Security Council,

Recalling all its previous resolutions on the Western Sahara, in particular resolutions 1238 (1999) of
14 May 1999 and 1263 (1999) of 13 September 1999,

Welcoming the report of the Secretary-General of 7 December 1999 (S/1999/1219) and the
observations and recommendations contained therein,

1. Decides to extend the mandate of the United Nations Mission for a Referendum in the Western
Sahara (MINURSO) until 29 February 2000 in order to complete the identification of voters, issue a
second provisional voters list, and initiate appeals for tribal groupings H41, H61, and J51/52;

2. Welcomes the reiteration by the parties of their agreement in principle to the draft plan of action
for cross-border confidence-building measures, including person-to-person contacts, submitted
pursuant to resolution 1238 (1999) of 14 May 1999, and calls on them to cooperate with the United
Nations High Commissioner for Refugees and MINURSO for the initiation of these measures without
further delay;

3. Takes note of the concern that the problems posed by the current number of candidates who have
exercised their right of appeal and the opposing
positions taken by the parties on the issue of admissibility seem to allow little possibility of holding
the referendum before 2002 or even beyond, and supports the intention of the Secretary-General to
instruct his Special Representative to continue his consultations with the parties on these issues,
seeking a reconciliation of their opposing views regarding the appeals process, the repatriation of
refugees and other crucial aspects of the United Nations Settlement Plan;

4. Takes note of the assessment by the Secretary-General, however, that difficulties may be
encountered in reconciling the opposing views of the parties, and therefore requests the Secretary-
General to report before the end of the present mandate on prospects for progress in implementing
the Settlement Plan within a reasonable period of time;

5. Decides to remain seized of the matter.

268
• 2000: S/RES/1309 25 luglio

UNITED S
NATIONS

S/RES/1309 (2000)
Security Council Distr.: General
25 July 2000
00-55109 (E)

Resolution 1309 (2000)


Adopted by the Security Council at its 4175th meeting, on
25 July 2000

The Security Council,

Reaffirming all its previous resolutions on the Western Sahara, in particular resolutions 1108 (1997)
of 22 May 1997, 1292 (2000) of 29 February 2000 and 1301 (2000) of 31 May 2000, and also its
resolution 1308 (2000) of 17 July 2000,

Recalling the relevant principles contained in the Convention on the Safety of United Nations and
Associated Personnel of 9 December 1994,

Welcoming the report of the Secretary-General of 12 July 2000 (S/2000/683) and the observations
and recommendations contained therein, and expressing full support for the role and work of the
Personal Envoy,

Reiterating full support for the continued efforts exerted by the United Nations Mission for the
Referendum in Western Sahara (MINURSO) to implement the Settlement Plan and agreements
adopted by the parties to hold a free, fair and impartial referendum for the self-determination of the
people of the Western Sahara,

Noting that fundamental differences between the parties over the interpretation of the main
provisions of the Settlement Plan remain to be resolved,

Regretting that there was no progress made during the meeting held in London on 28 June 2000
between the parties,

1. Decides to extend the mandate of MINURSO until 31 October 2000, with the expectation that the
parties will meet in direct talks under the auspices of the Secretary-General’s Personal Envoy to try
to resolve the multiple problems relating to the implementation of the Settlement Plan and to try to
agree upon a mutually acceptable political solution to their dispute over Western Sahara;

2. Requests the Secretary-General to provide an assessment of the situation before the end of the
present mandate;

3. Decides to remain seized of the matter.

269
• 2001: S/RES/1359 del 29 giugno

UNITED S
NATIONS

Distr.: General
29 June 2001
01-43334 (E)
*0143334*

Resolution 1359 (2001)


Adopted by the Security Council at its 4342nd meeting, on
29 June 2001

The Security Council,


Recalling all its previous resolutions on Western Sahara, in particolar resolution 1108 (1997) of 22
May 1997, and the statement by its President of 19 March 1997 (S/PRST/1997/16),

Recalling also its resolution 1308 (2000) of 17 July 2000, and the relevant principles contained in
the Convention on the Safety of United Nations and Associated Personnel of 9 December 1994,

Reaffirming the provisions contained in paragraph 2 of Article 1 of the Charter of the United Nations,

Having considered the report of the Secretary-General of 20 June 2001 (S/2001/613),

Expressing full support for the role and work of the Personal Envoy,

Reiterating full support for the ongoing efforts of the United Nations Mission for the Referendum in
Western Sahara (MINURSO) to implement the Settlement Plan and agreements adopted by the
parties to hold a free, fair and impartila referendum for the self-determination of the people of the
Western Sahara,

Taking into consideration the Official Proposals submitted by the Polisario Front in order to
overcome the obstacles preventing the implementation of the Settlement Plan contained in annex IV
to the report of the Secretary-General,

Taking into consideration also the draft Framework Agreement on the Status of Western Sahara
contained in annex I to the report of the Secretary-General, which would provide for a substantial
devolution of authority, which does not foreclose self-determination, and which indeed provides for
it,

Taking into consideration further the Memorandum of the Government of Algeria on the Draft Status
for Western Sahara contained in annex II to the report of the Secretary-General,

Reaffirming its commitment to assist the parties to achieve a just and lasting solution to the question
of Western Sahara,

1. Decides, as recommended by the Secretary-General in his report of 20 June 2001, to extend the
mandate of MINURSO until 30 November 2001;

2. Supports fully the efforts of the Secretary-General to invite all the parties to meet directly or
through proximity talks, under the auspices of his Personal Envoy, and encourages the parties to
discuss the draft Framework Agreement and to negotiate any specific changes they would like to see
in this proposal, as well as to discuss any other proposal for a political solution, which may be put
forward by the parties, to arrive at a mutually acceptable agreement;

3. Affirms that while discussions referred to above go on, the official proposals submitted by the
Polisario Front to overcome the obstacles preventing implementation of the Settlement Plan will be
considered;
4. Recalls that according to the rules of the consultations established by the Personal Envoy nothing
would be agreed until everything had been agreed, and therefore emphasizes that by engaging in
these negotiations the parties will not prejudice their final positions;

5. Urges the parties to solve the problem of the fate of people unaccounted for, and calls on the
parties to abide by their obligations under international humanitarian law to release without further
delay all those held since the start of the conflict;

270
6. Requests the Secretary-General to provide an assessment of the situation before the end of the
present mandate, and, as appropriate, recommendations on the future mandate and composition of
MINURSO;

7. Decides to remain seized of the matter.

• 2002: S/2002/161 del 29 gennaio – Opinione giuridica del UN Office of Legal


Affairs sulla legalità degli accordi petroliferi firmati dal Marocco

UNITED
NATIONS
Security Council
S/2002/161
Distr.:General
12 February 2002

Letter dated 29 January 2002 from the Under-Secretary-General


for Legal Affairs, the Legal Counsel, addressed to the President of
the Security Council

1. In a letter addressed to me on 13 November 2001, the President of the Security Council


requested, on behalf of the members of the Security Council, my opinion on "the legality in the
context of international law, including relevant resolutions of the Security Council and the General
Assembly of the United Nations, and agreements concerning Western Sahara of actions allegedly
taken by the Moroccan authorities consisting in the offering and signing of contracts with foreign
companies for the exploration of mineral resources in Western Sahara".

2. At my request, the Government of Morocco provided information with respect to two contracts,
concluded in October 2001, for oil-reconnaissance and evaluation activities in areas off-shore
Western Sahara, one between the Moroccan "Office National de Recherches et d'Exploitations
Pétrolières" (ONAREP) and the United States oil-company Kerr Mc-Gee du Maroc Ltd., and the other
between ONAREP and the French oil company TotalFinaElf E&P Maroc. Concluded for an initial
period of 12 months, both contracts contain standard options for the relinquishment of the rights
under the contract or its continuation, including an option for future oil contracts in the respective
areas or parts thereof.

3. The question of the legality of the contracts concluded by Morocco off-shore Western Sahara
requires an analysis of the status of the territory of Western Sahara , and the status of Morocco in
relation to the Territory. As will be seen, it also requires an analysis of the principles of international
law governing mineral resource activities in Non-Self-Governing Territories.

4. The law applicable to the determination of these questions is contained in the United Nations
Charter, in General Assembly resolutions, pertaining to decolonization, in general, and economic
activities in Non-Self-Governing Territories, in particular, and in agreements concerning the status of
Western Sahara. The analysis of the applicable law must also reflect the changes and developments
which have occurred as international law has been progressively codified and developed, as well as
the jurisprudence of the International Court of Justice and the practice of States in matters of
natural resource activities in Non-Self-Governing Territories.

A. The status of Western Sahara under Moroccan administration

5. A Spanish protectorate since 1884, Spanish Sahara was included in 1963 in the list of Non-Self-
Governing Territories under Chapter XI of the Charter (A/5514, Annex III). Beginning in 1962, Spain
as administering Power transmitted technical and statistical information on the territory under
Article 73 (e) of the Charter of the United Nations. This information was examined by the Special
Committee with Regard to the Implementation of the Declaration on the Granting of Independence to

271
Colonial Countries and Peoples ("Special Committee"). In a series of General Assembly resolutions on
the Question of Spanish/Western Sahara, the applicability to the territory of the Declaration on the
Granting of Independence to Colonial Countries and Peoples (General Assembly resolution 1514
(XV), was reaffirmed.

6. On 14 November 1975, a Declaration of Principles on Western Sahara was concluded in Madrid


between Spain, Morocco and Mauritania (the Madrid Agreement), whereby the powers and
responsibilities of Spain, as the administering Power of the territory, were transferred to a temporary
tripartite administration. The Madrid Agreement did not transfer sovereignty over the territory, nor
did it confer upon any of the signatories the status of an administering Power - a status which Spain
alone could not have unilaterally transferred. The transfer of administrative authority over the
territory to Morocco and Mauritania in 1975, did not affect the international status of Western
Sahara as Non-Self-Governing Territory.

7. On 26 February 1976, Spain informed the Secretary-General that as of that it had terminated its
presence in Western Sahara and relinquished its responsibilities over the Territory, thus leaving it in
fact under the administration of both Morocco and Mauritania in their respective controlled areas.
following the withdrawal of Mauritania from the Territory in 1979, upon the conclusion of the
Mauritano-Sahraoui agreement of 19 August 1979 (S/13504, Annex I), Morocco has administrated
the territory of Western Sahara alone. Morocco however, is not listed as the administering Power of
the territory in the United Nations list of Non-Self-Governing Territories, and has, therefore, not
transmitted information on the territory in accordance with Articles 73 (e) of the United Nations
Charter.

8. Notwithstanding the foregoing, and given the status of Western Sahara as a Non-Self-Governing
Territory, it would be appropriate for purposes of the present analysis to have regard to the
principles applicable to the powers and responsibilities of an administering Power in matters of
mineral resource activities in such a Territory.

B. The law applicable to mineral resource activities in Non-Self-Governing Territories.

9. Article 73 of the United Nations Charter lays down the fundamental principles applicable to Non-
Self-Governing Territories. Members of the United Nations who assumed responsibilities for the
administration of these territories have whereby recognized the principle that the interest of the
inhabitants of these territories are paramount, and have accepted as a sacred trust the obligation to
promote to the utmost the well-being of the inhabitants of these territories. Under Article 73 (e) of the
Charter, they are required to transmit regularly to the Secretary-General for information purposes
statistical and other information of a technical nature relating to economic, social, and educational
conditions in the territories under their administration.

10. The legal regime applicable to Non-Self-Governing Territories was further developed in the
practice of the United Nations and, more specifically, in the Special Committee and the General
Assembly. Resolutions of the General Assembly adopted under the agenda item "implementation of
the Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries and Peoples", called upon the
administering Powers to ensure that all economic activities in the Non-Self-Governing Territories
under their administration do not adversely affect the interests of the peoples of such territories, but
are instead directed to assist them in the exercise of their right to self-determination. The Assembly
also consistently urged the administering Powers to safeguard and guarantee the inalienable rights
of the peoples of these territories to their natural resources, and to establish and maintain control
over the future development of those resources (GA res 35/118 of 11 December 1980; 52/78 of 10
December 1997; 54/91 of 6 December 1999; 55/147 of 8 December 2000; and 56/74 of 10
December 2001).

11. In the resolutions adopted under the item "Activities of foreign economic and other interests
which impede the Implementation of the Declaration on the Granting of Independence to Colonial
Countries and Peoples in territories under Colonial Domination", the General Assembly reiterated
that "the exploitation and plundering of the marine and other natural resources of colonial and Non-
Self-Governing Territories by foreign economic interests, in violation of the relevant resolutions of the
United Nations, is a threat to the integrity and prosperity of these Territories" and that "any
administering Power that deprives the colonial people of Non-Self-Governing Territories of the
exercise of their legitimate rights over their natural resources... violates the solemn obligations it has
assumed under the Charter of the United Nations" (GA res. 48/46 of 10 December 1992 and 49/40
of 9 December 1994).

12. In an important evolution of this doctrine, the General Assembly in resolution 50/33 of 6
December 1995, drew a distinction between economic activities that are detrimental to the peoples of
these territories and those directed to benefit them. In paragraph 2 of that resolution, the General

272
Assembly affirmed "the value of foreign economic investment undertaken in collaboration with the
peoples of Non-Self-Governing Territories and in accordance with their wishes in order to make a
valid contribution to the socio-economic development of the Territories". This position has been
affirmed by the General Assembly in later resolutions (GA res. 52/72 of 10 December 1997; 53/61 of
3 December 1998; 54/84 of 5 December 1999; 55/38 of 8 December 2000; and 56/66 of 10
December 2001).

13. The question of Western Sahara has been dealt with by both the General Assembly, as a question
of decolonization, and by the Security Council as a question of peace and security. The Council was
first seized of the matter in 1975, and in resolutions 377 (1975) of 22 October 1975 and 379 (1975)
of 2 November 1975 it requested the Secretary-General to enter into consultations with the parties.
Since 1988, in particular, when Morocco and the Frente Polisaro agreed, in principle, to the
settlement proposals of the Secretary-General and the Chairman of the OAU, the political process
aiming at a peaceful settlement of the question of Western Sahara has been under the purview of the
Council. For the purposes of the present analysis, however, the body of Security Council resolutions
pertaining to the political process is not relevant to the legal regime applicable to mineral resource
activities in Non-Self-Governing Territories and for this reason is not dealt with in detail in the
present letter.

14. The principle of "permanent sovereignty over natural resources" as the right of peoples and
nations to use and dispose of the natural resources in their territories in the interest of their national
development and well-being, was established in General Assembly resolution 1803 (XVII) of 14
December 1962. It has since been reaffirmed in the 1966 International Covenants on Economic,
Social and Cultural Rights and on Civil and Political Rights, as well as in subsequent General
Assembly resolutions, most notably, resolution 3201 (S-VI) of 1 May 1974, "Declaration on the
Establishment of a New International Economic Order", and Resolution 3281 (XXIX) containing the
Charter of Economic Rights and Duties of States. While the legal nature of the core principle of
"permanent sovereignty over natural resources", as a corollary to the principle of territorial
sovereignty or the right of self-determination, is indisputably part of customary international law, its
exact legal scope and implications are still debatable. In the present context, the question is whether
the principle of "permanent sovereignty" prohibits any activities related to natural resources
undertaken by an administering Power (cf. para. 8 above) in a Non-Self-Governing Territory, or only
those which are undertaken in disregard of the needs, interests and benefits of the people of that
territory.

C. The case law of the International Court of Justice

15. The question of natural resource exploitation by administering Powers in Non-Self-Governing


Territories was brought before the International Court of Justice in the Case of East Timor (Portugal
v. Australia) and the Case Concerning Certain Phosphate Lands in Nauru (Nauru v. Australia). In
neither case, however, was the question of the legality of resource exploitation activities in Non-Self-
Governing Territories conclusively determined.

16. In the Case of East Timor, Portugal argued that in negotiating with Indonesia an agreement on
the exploration and exploitation of the continental shelf area of the Timor Gap, Australia had failed
to respect the right of the people of East Timor to permanent sovereignty over its natural wealth and
resources, and the powers and rights of Portugal as administering Power of East Timor. In the
absence of Indonesia's participation in the proceedings, the International Court of Justice concluded
that it lacked jurisdiction.

17. In the Nauru Phosphate Case, Nauru claimed the rehabilitation of certain phosphate lands
worked out before independence in the period of the Trusteeship administration by Australia, New
Zealand and the United Kingdom. Nauru argued that the principle of permanent sovereignty over
natural resources was breached in circumstances in which a major resource was depleted on grossly
inequitable terms and its extraction involved the physical reduction of the land. Following the
Judgment on the Preliminary Objections, the parties reached a settlement and a Judgment on the
merits was no longer required.

D. The practice of States

18. In the recent practice of States, cases of resource exploitation in Non-Self-Governing Territories
have, for obvious reasons, been few and far apart. In 1975, the United Nations Visiting Mission to
Spanish Sahara reported that at the time of the visit, four companies held prospecting concessions
in off-shore Spanish Sahara. In discussing the exploitation of phosphate deposits in the region of Bu
Craa with Spanish officials, the Mission was told that the revenues expected to accrue would be used
for the benefit of the Territory, that Spain recognized the sovereignty of the Saharan population over

273
the Territory's natural resources and that, apart from the return of its investment, Spain laid no
claim to benefit from the proceeds (A/10023/Rev.1, p. 52)

19. The exploitation of uranium and other natural resources in Namibia by South Africa and a
number of Western multinational corporations was considered illegal under Decree No. 1 for the
Protection of the Natural Resources of Namibia, enacted in 1974 by the United Nations Council for
Namibia, and was condemned by the General Assembly (GA res. 36/51 of 24 November 1981, and
39/42 of 5 December 1984). The case of Namibia, however, must be seen in the light of Security
Council resolution 276 (1979) of 30 January 1970, which declared that the continued presence of
South Africa in Namibia was illegal and that consequently all acts taken by the Government of South
Africa were illegal and invalid.

20. The case of East Timor under the United Nations Transitional Administration in East Timor
(UNTAET) is unique in that, while UNTAET is not an administering Power within the meaning of
Article 73 of the United Nations Charter, East Timor is still technically listed as a Non-Self-Governing
Territory. By the time UNTAET was established in October 1999, the Timor Gap Treaty was fully
operational and concessions had been granted in the Zone of Cooperation by Indonesia and
Australia, respectively. In order to ensure the continuity of the practical arrangements under the
Timor Gap Treaty, UNTAET, acting on behalf of East Timor, concluded on 10 February 2000, an
Exchange of Letters with Australia for the continued operation of the terms of the Treaty. Two years
later, in anticipation of independence, UNTAET, acting on behalf of East Timor, negotiated with
Australia a draft "Timor Sea Arrangement" which will replace the Timor Gap Treaty upon the
independence of East Timor. In concluding the agreement for the exploration and exploitation of oil
and natural gas deposits in the continental shelf of East Timor, UNTAET, on both occasions,
consulted fully with representatives of the East Timorese people, who participated actively in the
negotiations.

E. Conclusions

21. The question addressed to me by the Security Council namely, "the legality... of actions allegedly
taken by the Moroccan authorities consisting in the offering and signing of contracts with foreign
companies for the exploration of mineral resources in Western Sahara", has been analysed by
analogy as part of the more general question of whether mineral resource activities in a Non-Self-
Governing Territory by an administering Power is illegal, as such, or only if conducted in disregard of
the needs and interests of the people of that territory. An analysis of the relevant provisions of the
United Nations Charter, General Assembly resolutions, the case law of the International Court of
Justice and the practice of States, supports the latter conclusion.

22. The principle that the interests of the peoples of Non-Self-Governing Territories are paramount,
and their well-being and development is the "sacred trust" of their respective administering Powers,
was established in the Charter of the United Nations and further developed in General Assembly by
resolutions on the question of decolonization and economic activities in Non-Self-Governing
Territories. In recognizing the inalienable rights of the peoples of Non-Self-Governing Territories to
the natural resources in their territories, the General Assembly has consistently condemned the
exploitation and plundering of natural resources and any economic activities which are detrimental
to the interests of the peoples of these territories and deprive them of their legitimate rights over their
natural resource. It recognized, however, the value of economic activities which are undertaken in
accordance with the wishes of the peoples of those territories, and their contribution to the
development of such territories.

23. In the Cases of East Timor and Nauru, the International Court of Justice did not pronounce itself
on the question of the legality of economic activities in Non-Self-Governing Territories. It should be
noted, however, that in neither case was it alleged that mineral resource exploitation in such
territories was illegal per se. In the Case of East Timor, the conclusion of an oil exploitation
agreement was allegedly illegal because it was not concluded with the administering Power
(Portugal); in the Nauru Case, the illegality allegedly arose because the mineral resource exploitation
depleted unnecessarily or inequitably the overlaying lands.

24. The recent State practice, though limited, is illustrative of an opinio juris on the part of both
administering Powers and third States: where resource exploitation activities are concluded in Non-
Self-Governing Territories for the benefit of the peoples of these territories, on their behalf, or in
consultation with their representatives, they are considered compatible with the Charter obligations
of the administering Power, and in conformity with the General Assembly resolutions and the
principle of "permanent sovereignty over natural resources" enshrined therein.

25. The foregoing legal principles established in the practice of States and the United Nations pertain
to economic activities in Non-Self-Governing Territories, in general, and mineral resource

274
exploitation, in particular. It must be recognized, however, that in the present case, the contracts for
oil reconnaissance and evaluation do not entail exploitation or the physical removal of the mineral
resources, and no benefits have as of yet accrued. The conclusion is, therefore, that, while the
specific contracts which are the subject of the Security Council's request are not in themselves
illegal, if further exploration and exploitation activities were to proceed in disregard of the interests
and wishes of the people of Western Sahara, they would be in violation of the international law
principles applicable to mineral resource activities in Non-Self-Governing Territories.

Hans Corell
Under-Secretary for legal Affairs
The Legal Counsel

• 2003: S/RES/1495 del 31 luglio

UNITED S
NATIONS

Distr.: General
31 July 2003
03-44780 (E)
*0344780*

Resolution 1495 (2003)


Adopted by the Security Council at its 4801st meeting,
on 31 July 2003

The Security Council,

Recalling all its resolutions on the question of Western Sahara, and reaffirming, in particular,
resolution 1429 (2002) of 30 July 2002,

Stressing that in view of lack of progress in the settlement of the dispute over Western Sahara a
political solution is critically needed,

Concerned that this lack of progress continues to cause suffering to the people of Western Sahara,
remains a source of potential instability in the region and obstructs the economic development of the
Maghreb region,

Reaffirming its commitment to assist the parties to achieve a just, lasting and mutually acceptable
political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara in the
context of arrangements consistent with the principles and purposes of the Charter of the United
Nations, and noting the role and responsibilities of the parties in this respect,

Commending the parties for their continuing commitment to the ceasefire and welcoming the
essential contribution which the United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara
(MINURSO) is making in that regard,

Having considered the report of the Secretary-General of 23 May 2003 (S/2003/565) and the Peace
plan for self-determination of the people of Western Sahara presented by his Personal Envoy, as well
as the responses of the parties and the neighbouring States,

Acting under Chapter VI of the Charter of the United Nations,

1. Continues to support strongly the efforts of the Secretary-General and his Personal Envoy and
similarly supports their Peace plan for self-determination of the people of Western Sahara as an
optimum political solution on the basis of agreement between the two parties;

2. Calls upon the parties to work with the United Nations and with each other towards acceptance
and implementation of the Peace plan;

275
3. Calls upon all the parties and the States of the region to cooperate fully with the Secretary-
General and his Personal Envoy; S/RES/1495 (2003)

4. Reaffirms its call upon the Polisario Front to release without further delay all remaining prisoners
of war in compliance with international humanitarian law, and its call upon Morocco and the
Polisario Front to continue to cooperate with the International Committee of the Red Cross to resolve
the fate of persons who are unaccounted for since the beginning of the conflict;

5. Reiterates its call upon the parties to collaborate with the United Nations High Commissioner for
Refugees (UNHCR) in the implementation of confidencebuilding measures and continues to urge the
international community to provide generous support to UNHCR and the World Food Programme in
order to help them overcome the deteriorating food situation among the refugees;

6. Decides to extend the mandate of MINURSO until 31 October 2003;

7. Requests that the Secretary-General provide a report on the situation before the end of the present
mandate that contains progress made in the implementation of the present resolution;

8. Decides to remain seized of the matter.

• 2004: S/RES/1541 del 29 aprile

UNITED S
NATIONS

Resolution 1541 (2004)


Adopted by the Security Council at its 4957th meeting,
on 29 April 2004

The Security Council,

Recalling all its previous resolutions on Western Sahara, and reaffirming, in particular, resolution
1495 (2003) of 31 July 2003,

Reaffirming its commitment to assist the parties to achieve a just, lasting and mutually acceptable
political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara in the
context of arrangements consistent with the principles and purposes of the Charter of the United
Nations, and noting the role and responsibilities of the parties in this respect,

Having considered the report of the Secretary-General of 23 April 2004 (S/2004/325),

1. Reaffirms its support for the Peace Plan for Self-Determination of the People of Western Sahara as
an optimum political solution on the basis of agreement between the two parties;

2. Reaffirms also its strong support for the efforts of the Secretary-General and his Personal Envoy in
order to achieve a mutually acceptable political solution to the dispute over Western Sahara;

3. Calls upon all the parties and the States of the region to cooperate fully with the Secretary-
General and his Personal Envoy;

4. Decides to extend the mandate of the United Nations Mission for the Referendum in Western
Sahara (MINURSO) until 31 October 2004;

5. Requests that the Secretary-General provide a report on the situation before the end of the present
mandate and requests the Secretary-General to incluye in this report an evaluation of the mission
size necessary for MINURSO to carry out its mandated tasks, with a view towards its possible
reduction;

6. Decides to remain seized of the matter.

276
• 2004: S/RES/1570 del 28 ottobre
UNITED S
NATIONS

Resolution 1570 (2004)


Adopted by the Security Council at its 5068th meeting, on
28 October 2004

The Security Council,

Recalling all its previous resolutions on Western Sahara, including resolution 1495 (2003) of 31 July
2003 and resolution 1541 (2004) of 29 April 2004,

Reaffirming its commitment to assist the parties to achieve a just, lasting and mutually acceptable
political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara in the
context of arrangements consistent with the principles and purposes of the Charter of the United
Nations, and noting the role and responsibilities of the parties in this respect,

Reiterating its call upon the parties and States of the region to continue to cooperate fully with the
United Nations to end the current impasse and to achieve progress towards a political solution,

Having considered the report of the Secretary-General of 20 October (S/2004/827),

1. Decides to extend the mandate of the United Nations Mission for the Referendum in Western
Sahara (MINURSO) until 30 April 2005;

2. Requests that the Secretary-General provide a report on the situation before the end of the
mandate period and an interim report, within three months from adoption of the resolution, on the
evolution of the situation and on the mission’s size and concept of operation, with further detail on
the options discussed in the Secretary-General’s report of 20 October 2004 (S/2004/827) on the
possibile reduction of MINURSO staff, including civilian and administrative personnel;

3. Calls on Member States to consider voluntary contributions to fund Confidence Building Measures
that allow for increased person-to-person contact, in particular the exchange of family visits;

4. Decides to remain seized of the matter.

277
• 2007: S/RES/1754 del 30 aprile

UNITED S
NATIONS

Resolution 1754 (2007)


Adopted by the Security Council at its 5669th meeting, on
30 April 2007

The Security Council,

Recalling all its previous resolutions on Western Sahara,

Reaffirming its strong support for the efforts of the Secretary-General and his Personal Envoy,

Reaffirming its commitment to assist the parties to achieve a just, lasting and mutually acceptable
political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara in the
context of arrangements consistent with the principles and purposes of the Charter of the United
Nations, and noting the role and responsibilities of the parties in this respect,

Reiterating its call upon the parties and States of the region to continue to cooperate fully with the
United Nations and with each other to end the current impasse and to achieve progress towards a
political solution,

Taking note of the Moroccan proposal presented on 11 April 2007 to the Secretary-General and
welcoming serious and credible Moroccan efforts to move the process forward towards resolution;
also taking note of the Polisario Front proposal presented on 10 April 2007 to the Secretary-General,

Having considered the report of the Secretary-General of 13 April 2007 (S/2007/202),

1. Reaffirms the need for full respect of the military agreements reached with MINURSO with regard
to the ceasefire;

2. Calls upon the parties to enter into negotiations without preconditions in good faith, taking into
account the developments of the last months, with a view to achieving a just, lasting and mutually
acceptable political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western
Sahara;

3. Requests the Secretary-General to set up these negotiations under his auspices and invites
Member States to lend appropriate assistance to such talks;

4. Requests the Secretary-General to provide a report by 30 June 2007 on the status and progress of
these negotiations under his auspices, and expresses its intention to meet to receive and discuss this
report;

5. Requests the Secretary-General to provide a report on the situation in Western Sahara before the
end of the mandate period;

6. Calls on Member States to consider voluntary contributions to fund Confidence Building Measures
that allow for increased contact between separated family members, especially family unification
visits;

7. Requests the Secretary-General to continue to take the necessari measures to ensure full
compliance in MINURSO with the United Nations zerotolerance policy on sexual exploitation and
abuse and to keep the Council informed, and urges troop-contributing countries to take appropriate
preventive action including pre-deployment awareness training, and other action to ensure full
accountability in cases of such conduct involving their personnel;

8. Decides to extend the mandate of the United Nations Mission for the Referendum in Western
Sahara (MINURSO) until 31 October 2007;

9. Decides to remain seized of the matter.

278
• 2007: S/RES/1783, del 31 ottobre

Resolution 1783 (2007)


Adopted by the Security Council at its 5773rd meeting, on 31 October 2007

The Security Council,

Recalling all its previous resolutions on Western Sahara,

Reaffirming its strong support for the efforts of the Secretary-General and his Personal Envoy,

Reaffirming its commitment to assist the parties to achieve a just, lasting and mutually acceptable
political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara in the
context of arrangements consistent with the principles and purposes of the Charter of the United
Nations, and noting the role and responsibilities of the parties in this respect,

Reiterating its call upon the parties and States of the region to continue to cooperate fully with the
United Nations and with each other to end the current impasse and to achieve progress towards a
political solution,

Taking note of the Moroccan proposal presented on 11 April 2007 to the Secretary-General and
welcoming serious and credible Moroccan efforts to move the process forward towards resolution;
also taking note of the Polisario Front proposal presented 10 April 2007 to the Secretary-General,

Taking note of the two rounds of negotiations held under the auspices of the Secretary-General;
welcoming the progress made by the parties to enter into direct negotiations,

Having considered the report of the Secretary-General of 19 October 2007 (S/2007/619),


1. Reaffirms the need for full respect of the military agreements reached with MINURSO with regard
to the ceasefire;

2. Calls upon the parties to continue to show political will and work in an atmosphere propitious for
dialogue in order to engage in substantive negotiations, thus ensuring implementation of resolution
1754 and the success of negotiations;

3. Calls upon the parties to continue negotiations under the auspices of the Secretary-General
without preconditions and in good faith, taking into account the efforts made since 2006 and
developments of the last months, with a view to achieving a just, lasting and mutually acceptable
political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara in the
context of arrangements consistent with the principles and purposes of the Charter of the United
Nations, and noting the role and responsibilities of the parties in this respect;

4. Invites Member States to lend appropriate assistance to these talks;

5. Requests the Secretary-General to provide a report by 31 January 2008 on the status and
progress of these negotiations under his auspices, and expresses its intention to meet to receive and
discuss this report;

6. Requests the Secretary-General to provide a report on the situation in Western Sahara well before
the end of the mandate period;

7. Calls on Member States to consider voluntary contributions to fund Confidence Building Measures
that allow for increased contact between separated family members, especially family unification
visits, as well as for other confidence building measures that may be agreed between the parties;

8. Decides to extend the mandate of the United Nations Mission for the Referendum in Western
Sahara (MINURSO) until 30 April 2008;

9. Requests the Secretary-General to continue to take the necessary measures to ensure full
compliance in MINURSO with the United Nations zerotolerance policy on sexual exploitation and
abuse and to keep the Council informed, and urges troop-contributing countries to take appropriate
preventive action including predeployment awareness training, and other action to ensure full
accountability in cases of such conduct involving their personnel;

10. Decides to remain seized of the matter.

279
• 2008: S/RES/1813, del 30 aprile

UNITED S
NATIONS

Resolution 1813 (2008)


Adopted by the Security Council at its 5884th meeting, on
30 April 2008

The Security Council,

Recalling all its previous resolutions on Western Sahara,

Reaffirming its strong support for the efforts of the Secretary-General and his Personal Envoy to
implement resolutions 1754 (2007) and 1783 (2007),

Reaffirming its commitment to assist the parties to achieve a just, lasting and mutually acceptable
political solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara in the
context of arrangements consistent with the principles and purposes of the Charter of the United
Nations, and noting the role and responsibilities of the parties in this respect,

Reiterating its call upon the parties and States of the region to continue to cooperate fully with the
United Nations and with each other to end the current impasse and to achieve progress towards a
political solution,

Taking note of the Moroccan proposal presented on 11 April 2007 to the Secretary-General and
welcoming serious and credible Moroccan efforts to move the process forward towards resolution;
also taking note of the Polisario Front proposal presented 10 April 2007 to the Secretary-General,

Taking note of the four rounds of negotiations held under the auspices of the Secretary-General;
welcoming the progress made by the parties to enter into direct negotiations,

Welcoming the agreement of the parties expressed in the Communique of the Personal Envoy of the
Secretary-General for Western Sahara of 18 March 2008 to explore the establishment of family visits
by land, which would be in addition to the existing program by air, and encouraging them to do so in
cooperation with the United Nations High Commissioner for Refugees,

Welcoming the commitment of the parties to continue the process of negotiations through United
Nations sponsored talks,

Noting the Secretary-General’s view that the consolidation of the status quo is not an acceptable
outcome of the current process of negotiations, and noting further that progress in the negotiations
will have a positive impact on the quality of life of the people of Western Sahara in all its aspects,

Having considered the report of the Secretary-General of 14 April 2008 (S/2008/251),

1. Reaffirms the need for full respect of the military agreements reached with MINURSO with regard
to the ceasefire;

2. Endorses the report’s recommendation that realism and a spirit of compromise by the parties are
essential to maintain the momentum of the process of negotiations;

3. Calls upon the parties to continue to show political will and work in an atmosphere propitious for
dialogue in order to enter into a more intensive and substantive phase of negotiations, thus ensuring
implementation of resolutions 1754 and 1783 and the success of negotiations; and affirms its strong
support for the commitment of the Secretary-General and his Personal Envoy towards a solution to
the question of Western Sahara in this context;

4. Calls upon the parties to continue negotiations under the auspices of the Secretary-General
without preconditions and in good faith, taking into account the efforts made since 2006 and
subsequent developments, with a view to achieving a just, lasting and mutually acceptable political
solution, which will provide for the self-determination of the people of Western Sahara in the context
of arrangements consistent with the principles and purposes of the Charter of the United Nations,
and noting the role and responsibilities of the parties in this respect;

5. Invites Member States to lend appropriate assistance to these talks;

280
6. Requests the Secretary-General to keep the Security Council informed on a regular basis on the
status and progress of these negotiations under his auspices, and expresses its intention to meet to
receive and discuss his report;

7. Requests the Secretary-General to provide a report on the situation in Western Sahara well before
the end of the mandate period;

8. Urges Member States to provide voluntary contributions to fund Confidence Building Measures
that allow for increased contact between separated family members, especially family visits, as well
as for other confidence building measures that may be agreed between the parties;

9. Decides to extend the mandate of the United Nations Mission for the Referendum in Western
Sahara (MINURSO) until 30 April 2009;

10. Requests the Secretary-General to continue to take the necessary measures to ensure full
compliance in MINURSO with the United Nations zero tolerance policy on sexual exploitation and
abuse and to keep the Council informed, and urges troop-contributing countries to take appropriate
preventive action including pre-deployment awareness training, and other action to ensure full
accountability in cases of such conduct involving their personnel;

11. Decides to remain seized of the matter.

281
Rapporti del Segretario Generale delle Nazioni Unite

• 1990: S/21360 del 18 giugno (in francese)

Conseil de sécurité
Distr.
GENERALE
S/21360
18 juin 1990
FRANCAIS

LA SITUATION EN CE QUI CONCERNE LE SAHARA OCCIDENTAL

Rapport du Secrétaire général

INTRODUCTION GENERALE

1. Le 11 août 1988, le Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies et l'envoyé spécial du
Président en exercice de l'Organisation de l'unité africaine (OUA) ont présenté, lors de réunions
séparées, aux parties au conflit au Sahara occidental &endash; a savoir le Maroc et le Frente
Popular para la Liberacion de Saguia el-Hamra y de Rio de Oro (Front Polisario) &endash; un
document (les "Propositions de règlement"), contenant des propositions en vue d'un règlement juste
et définitif de la question du Sahara occidental conformément à la résolution 1514 (XV) de
l'Assemblée générale, au moyen de l'application d'un cessez-le-feu et de l'organisation d'un
référendum visant à permettre au peuple du Sahara occidental, exerçant son droit à
l'autodétermination, de choisir sans contraintes militaires ou administratives entre l'indépendance et
l'intégration au Maroc.

2. Le 30 août 1988, lors de réunions séparées, les représentants de chacune des deux parties, tout
en présentant des commentaires et des observations, ont fait savoir au Secrétaire général que les
parties acceptaient en principe les Propositions de règlement. Le Conseil de sécurité a été informé de
cette acceptation par le Secrétaire général le 20 septembre 1988, et il a alors adopté la résolution
621 (1988), par laquelle il a autorisé le Secrétaire général à nommer un représentant spécial pour le
Sahara occidental et lui a demandé de lui remettre dans les meilleurs délais possibles un rapport
sur la tenue d'un référendum d'autodétermination du peuple du Sahara occidental et sur les moyens
à mettre en œuvre en vue d'assurer son organisation et son contrôle par l'Organisation des Nations
Unies, en coopération avec l'OUA.

3. Le présent rapport comprend deux parties :


a) La première partie contient le texte intégral des Propositions de règlement telles qu'elles ont été
acceptées en principe par les parties le 30 août 1988. Le Secrétaire général estime qu'il serait utile
au Conseil, à ce stade, de disposer de tout le texte, qui complète l'aperçu qu'il lui avait donné en
1988;
b) La deuxième partie contient un rapport sur l'évolution de la situation depuis septembre 1988
ainsi que le plan de règlement du Secrétaire général visant à mettre en œuvre des Propositions de
règlement, compte tenu des faits intervenus depuis qu'elles ont été acceptées en principe par les
parties. Le plan de règlement est soumis au Conseil conformément à la demande qu'il avait formulée
dans sa résolution 621 (1988).

Première partie
Propositions présentées par le Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies et le Président
en exercice de la Conférence des chefs d'Etat et de gouvernement de l'Organisation de l'unité
africaine en vue de régler la question du Sahara occidental et acceptées en principe par les parties le
30 août 1988

4. L'objectif essentiel des propositions du Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies et
du Président en exercice de l'OUA est de permettre au peuple du territoire du Sahara occidental
d'exercer son droit a l'autodétermination et à l'indépendance, conformément aux résolutions 1514

282
(XV) et 40/50 de l'assemblée générale des Nations Unies, en date du 14 décembre 1960 et du 2
décembre 1985 respectivement, et a la résolution AHG/Res. 104 (XIX) adoptée par la Conférence des
chefs d'Etat et de gouvernement à sa dix-neuvième session ordinaire, tenue à Addis-Abeba du 6 au
12 juin 1983. A cet effet, le Secrétaire général de l'ONU et le Président en exercice de l'OUA ont mené
des consultations avec les deux parties au conflit du Sahara occidental, le Maroc et le Frente
popular para la Liberacion de Saguaia el-Hamra y de Rio del Oro (Front Polisario), en vue de
favoriser la conclusion d'un accord concernant l'organisation d'un référendum juste et impartial,
sans contrainte militaire ou administrative.

5. Le Secrétaire général de l'ONU et le Président en exercice de l'OUA estiment que les propositions
ci-après constituent un compromis et une base pratique et raisonnable pour l'application de la
résolution AHG/Res. 104 (XIX) de l'OUA et la résolution 40/50 de l'assemblée générale des Nations
Unies, tout en tenant compte des intérêts des deux parties.

6. cette fin, ils ont formulé des propositions de règlement de la question du Sahara occidental qui
permettraient au peuple de ce territoire d'exercer son droit inaliénable à l'autodétermination et a
l'indépendance dans des conditions acceptables pour lui et par conséquent pour la communauté
internationale.

II. ROLE DU CONSEIL DE SECURITE

7. Le Conseil de sécurité sera appelé a adopter une résolution demandant au Secrétaire général de
nommer un représentant spécial. Le Secrétaire général procédera à cette nomination en consultation
avec le Président en exercice de l'OUA et avec l'assentiment des parties au conflit. Le Conseil de
sécurité prendra les dispositions nécessaires pour le déploiement du Groupe d'observateurs
mentionné aux paragraphes 12, 16, 17, 18 d) et 20 ci-dessous.

III. MANDAT ET FONCTIONS DU REPRESENTANT SPECIAL DU SECRETAIRE GENERAL

8. Pendant la période transitoire s'étendant de l'instauration du cessez-le-feu à la proclamation des


résultats du référendum, le Représentant spécial sera la seule et exclusive autorité pour toutes les
questions relatives au référendum, son organisation et son contrôle.

9. Le Représentant spécial sera secondé par un groupe de soutien mis à sa disposition par le
Secrétaire général de l'ONU et suffisamment étoffé pour lui permettre de s'acquitter de ses fonctions
d'organisation et de contrôle. Ce groupe inclura une unité civile, une unité militaire et une unité de
sécurité. Le Représentant spécial et le Groupe de soutien formeront l'administration provisoire des
Nations Unies pendant la période transitoire.

10. Afin de remplir pleinement et efficacement le mandat et les fonctions qui lui sont confiés, le
Représentant spécial sera habilité à prendre toutes les mesures qu'il jugera nécessaires pour
garantir la liberté de mouvement et la sécurité de la population, ainsi que l'impartialité du
référendum. A cette fin, il sera autorisé à prendre sur place toutes les mesures d'ordre administratif,
technique ou de sécurité qu'il jugera bon d'appliquer dans le territoire pendant la période transitoire.
Ces mesures porteront sur des questions relatives au déroulement de la campagne référendaire
telles que les réunions politiques et la publicité. Le Représentant spécial du Secrétaire général
pourra également demander la suspension de toute loi ou mesure qui, à son avis, pourrait entraver
le bon déroulement du référendum libre et équitable. Tout différend qui interviendrait entre les
parties au conflit et le Représentant spécial devra être soumis à la décision du Secrétaire général de
l'ONU.

IV. CESSEZ-LE-FEU

A. Proclamation du cessez-le-feu

11. Conformément aux dispositions pertinentes des résolutions 1514 (XV) et 40/50 de l'assemblée
générale et à la résolution AHG/Res. 104 (XIX) de l'OUA , les parties au conflit du Sahara occidental,
le Maroc et le Front Polisario, prennent l'engagement de mettre fin à tout acte d'hostilité et de
respecter scrupuleusement le cessez-le-feu qui sera proclamé par le Secrétaire général de l'ONU, en
consultation avec le Président en exercice de l'OUA, à une date et selon les modalités ci-dessous.

B. Date et modalités du cessez-le-feu

12. Dès réception de l'acceptation des présentes propositions par les deux parties, le Secrétaire
général de l'Organisation des Nations Unies enverra une lettre identique au Maroc et au Front
Polisario proposant une date et une heure pour l'entrée en vigueur du cessez-le-feu. Par cette lettre,

283
qui fera partie intégrante des présentes propositions, le Secrétaire général de l'Organisation des
Nations Unies demandera aux deux parties de l'informer par écrit de leur volonté de respecter les
termes du cessez-le-feu. Il demandera aussi que les deux parties lui donnent leur accord en ce qui
concerne la date proposée, quatre semaines avant l'entrée en vigueur du cessez-le-feu. Ce délai est
nécessaire pour que les deux parties aient le temps d'informer leurs troupes de la date et de l'heure
exacte de l'entrée en vigueur du cessez-le-feu et pour que le Groupe d'observateurs des Nations
Unies, mentionné aux paragraphes 16, 17, 18 d) et 20 ci-dessous, puisse être déployé. Le Secrétaire
général de l'Organisation des Nations Unies tiendra le Président en exercice de l'OUA au courant de
l'évolution de la situation et l'avertira immédiatement lorsque les deux parties indiqueront qu'elles
acceptent les termes du cessez-le-feu.
13. Les parties au conflit s'engagent à s'abstenir de tout acte susceptible de mener à des hostilités
pendant la période allant de la date de réception par le secrétaire général de l'ONU de leur réponse
jusqu'à la date d'entrée en vigueur du cessez-le-feu.

14. Immédiatement après la proclamation du cessez-le-feu, les parties au conflit cesseront toutes
leurs opérations militaires, y compris les mouvements des troupes, le renforcement des effectifs,
ainsi que les actes de violence ou d'intimidation.

15. Une semaine avant l'entrée en vigueur du cessez-le-feu, les parties au conflit indiqueront au
Représentant spécial du Secrétaire général de l'ONU l'ampleur de leurs forces en présence.

16. Pour qu'un référendum puisse être organisé sans contrainte militaire, le Maroc s'engage à une
réduction appropriée, substantielle et échelonnée, de ses troupes au Sahara occidental. La réduction
des troupes marocaines sera immédiatement suivie d'un déploiement du Groupe d'observateurs des
Nations Unies dans le territoire. Le restant des troupes, qui ne devra pas dépasser ..... hommes, sera
cantonné dans des emplacements désignés par le Représentant spécial du Secrétaire général de
l'ONU et sera placé sous la surveillance du Groupe d'observateurs des Nations Unies.

17. De même, le Front Polisario s'engage a ce que toutes ses troupes soient cantonnées sous la
surveillance du Groupe d'observateurs des Nations Unies dans des emplacements qui lui seront
indiqués par le Représentant spécial du Secrétaire général de l'ONU. Le cantonnement des troupes
marocaines et celles du Polisario se fera simultanément. Le cantonnement des troupes, munies de
leurs armes et matériel, sera complété ...... jours après la date d'entrée en vigueur du cessez-le-feu.

18. Les parties au conflit s'engagent à observer scrupuleusement la cessation complète de tous les
actes d'hostilité de façon que le processus électoral soit libre de toute ingérence ou intimidation. Le
Représentant spécial prendra des dispositions prévoyant : a) le respect de la cessation de tous les
actes d'hostilité, b) les arrangements militaires relatifs au Groupe de soutien, c) les arrangements
militaires relatifs aux troupes des parties. Ces dispositions incluent :
a) La cessation de tous les actes d'hostilité par les deux parties et le cantonnement des forces armées
du Maroc et du Front Polisario, tel que prévu aux paragraphes 16 et 17 ci-dessus;
b) La réduction échelonnée des troupes marocaines se trouvant au Sahara occidental, à l'exception
de (nombre à préciser) d'entre eux, dans un délai de 12 semaines et avant l'ouverture officielle de la
campagne référendaire. Les forces marocaines restantes verront leur liberté de mouvement limitée
aux emplacements auxquels le paragraphe 16 se réfère, et seront retirées du territoire 24 quatre
heures après confirmation des résultats du scrutin, si l'issue du référendum le prévoit ainsi;
c) Les forces du POLISARIO verront leur liberté de mouvement limitée aux emplacements auxquels le
paragraphe 17 se réfère, et seront démantelées 24 heures après confirmation du résultat du scrutin,
si l'issue du référendum le prévoit ainsi;
d) La neutralisation des forces paramilitaires marocaines par le Groupe d'observateurs des Nations
Unies;
e) Des arrangements permettant aux membres du Front Polisario se trouvant en dehors du territoire
de rentrer sans entraves, pacifiquement et sans armes au Sahara occidental par des points d'entrée
désignés par le Représentant spécial, afin de participer librement au référendum;
f) La stipulation que l'unité militaire du Groupe de soutien veillera à ce que les dispositions
découlant de l'issue du référendum soient observées par les parties.

19. Le Représentant spécial s'assurera de la bonne exécution de toutes ces dispositions.

20. Le Secrétaire général de l'ONU, après consultation du Conseil de sécurité, nommera un groupe
d'observateurs des Nations Unies qui sera stationné au Sahara occidental. La création et le
fonctionnement du Groupe d'observateurs seront conformes aux principes généraux applicables aux
opérations de maintien de la paix des Nations Unies. Le Groupe aura des dimensions et une
composition suffisamment larges pour lui permettre de s'acquitter des fonctions prévues dans les
présentes propositions. Ce Groupe aura la responsabilité de superviser l'arrêt des hostilités,
l'application du cessez-le-feu, le ravitaillement des troupes des parties au conflit et l'échange des
prisonniers. Le Groupe d'observateurs aura également la responsabilité de fixer les positions

284
respectives des forces des deux parties au moment du cessez-le-feu. L'échange des prisonniers se
fera sous la supervision du Groupe d'observateurs ..... jours au plus tard après le cessez-le-feu.

21. Le Maroc et le Front Polisario s'engagent à coopérer entièrement avec le Groupe d'observateurs,
et à respecter et observer scrupuleusement les dispositions ci-dessus relatives au cessez-le-feu.

22. L'Algérie et la Mauritanie s'engagent également à coopérer entièrement avec le Groupe


d'observateurs et à respecter et observer scrupuleusement les dispositions ci-dessus relatives au
cessez-le-feu.

V. REFERENDUM

23. Conformément aux résolutions AHG/Res. 104 (XIX) de l'OUA et 1514 (XV) et 40/50 de
l'Assemblée générale, un référendum sera organisé au Sahara occidental pour permettre au peuple
de ce territoire de déterminer librement et démocratiquement son avenir. Le référendum sera
organisé et contrôlé par l'Organisation des Nations Unies, en coopération avec l'OUA, lors d'une
période transitoire.

A. Recensement des Sahraouis

24. Tous les Sahraouis dénombrés dans le recensement organisé en 1974 par les autorités
espagnoles, âgés de 18 ans ou plus, auront le droit de voter lors du référendum. Les réfugiés
sahraouis en dehors du territoire seront recensés avec l'assistance du Haut Commissaire des
Nations Unies pour les réfugiés (HCR) dans des endroits désignés par le Représentant spécial.

25. En vue de faciliter le recensement des Sahraouis, le Secrétaire général établira, en consultation
avec le Président en exercice de l'OUA, une Commission d'identification chargée d'examiner
soigneusement et scrupuleusement le recensement de 1974 et de le mettre à jour. Sous l'autorité du
Représentant spécial du Secrétaire général, la Commission s'acquittera de sa mission pendant la
période de transition. En tout état de cause, elle devra avoir terminé ses travaux avant le début de la
campagne référendaire.

26. La Commission d'identification sera composée d'un expert démographe familier avec les
problèmes et la texture de la société sahraouie, assisté de trois à cinq experts spécialisés dans
l'étude démographique des pays où prédomine le nomadisme. La Commission sera partie intégrale
du Groupe de soutien du Représentant spécial du Secrétaire général.

27. Le rôle de la Commission d'identification des Sahraouis sera :


a) D'examiner soigneusement le recensement effectué par les autorités espagnoles dans le territoire
en 1974 et de le mettre à jour;
b) De procéder aux calculs de l'accroissement réel de la population sahraouie au cours de la période
allant de la date du recensement susmentionné à la date de l'organisation du référendum en tenant
compte des éléments suivants :
i) Naissances, décès;
ii) Déplacement des populations sahraouies.

28. Sur la base des renseignements mentionnés ci-dessus, la Commission d'identification arrêtera
aussi précisément que possible le nombre de Sahraouis vivant dans le territoire du Sahara
occidental ainsi que celui des Sahraouis réfugiés et non-résidents qualifiés pour participer au
référendum.

29. La Commission d'identification des Sahraouis fonctionnera comme suit :


a) Dans une première phase, la Commission d'identification mènera ses travaux de recherche sous
la direction de l'expert démographe qui soumettra au représentant spécial des rapports sur
l'avancement des travaux de la Commission;
b) Dans une deuxième phase, au terme de ses recherches préliminaires, la commission
d'identification siégera en présence des Chefs de tribus du Sahara occidental. Ces derniers seront
appelés à apporter leurs commentaires et contributions aux travaux de la Commission
d'identification;
c) Par ailleurs, les représentants des deux parties et de l'OUA, mentionnés ci-dessous au
paragraphe 37 du présent document, seront invités, en tant qu'observateurs, à assister aux
réunions de la Commission d'identification tenues avec les chefs de tribus sahraouies.

30. La Commission d'identification des Sahraouis remettra les résultats et conclusions de ses
travaux au Représentant spécial qui les soumettra au Secrétaire général pour examen, en
consultation avec le Président en exercice de l'OUA.

285
B. Modalités du référendum

31. Le peuple du Sahara occidental choisira, librement et démocratiquement, entre l'indépendance


et l'intégration au Maroc.

32. Le vote se fera au scrutin secret. Des dispositions seront prises pour ceux qui ne savent pas lire
ou écrire.

33. Les conditions suivantes devront être remplies à la satisfaction du Représentant spécial du
Secrétaire général afin de garantir l'organisation d'un référendum libre et équitable :
a) Avant le commencement de la campagne électorale, le Représentant spécial du Secrétaire général
pourra, dans les formes prévues au paragraphe 10 ci-dessus, s'il le juge nécessaire, faire suspendre
toute loi ou mesure susceptible, à son avis, de limiter ou d'empêcher la réalisation de cet objectif;
b) Le Représentant spécial, en coopération avec les parties au conflit, prendra des mesures pour
faire libérer, avant le début de la campagne référendaire, tous les prisonniers ou détenus politiques
sahraouis, de façon qu'ils puissent participer librement et sans restriction au référendum. Tout
différend concernant la libération des prisonniers ou détenus politiques devra être réglé à la
satisfaction du Représentant spécial. Ce dernier sera assisté en cela par un juriste indépendant,
désigné par le Secrétaire général de l'ONU;
c) Tous les réfugiés sahraouis, recensés conformément au paragraphe 24 ci-dessus, pourront revenir
librement dans le territoire et participer sans restriction au référendum, sans encourir le risque
d'être arrêtés, détenus, intimidés ou emprisonnés. Divers points d'entrée seront désignés à cette fin
par le Représentant spécial;
d) Le Représentant spécial s'assurera, avec l'assistance du Haut Commissaire des Nations Unies
pour les réfugiés, que les Sahraouis résidant en dehors du territoire pourront choisir librement et
volontairement de retourner ou non dans le territoire;
e) La campagne référendaire commencera une fois seulement que le Représentant spécial se sera
assuré de l'équité et de l'applicabilité de la procédure régissant le référendum.

34. La date du commencement de la campagne référendaire, la préparation des listes électorales et


tout autre aspect de la procédure seront arrêtés rapidement par le représentant spécial, afin de
donner sans restriction et en toute équité à tous les Sahraouis la possibilité de participer à la
campagne. Une entière liberté d'expression, de réunion, de mouvement et de la presse sera garantie.

35. La responsabilité du maintien de l'ordre public au Sahara occidental durant la période de


transition incombera au Représentant spécial du Secrétaire général. Le représentant spécial fera
également en sorte que nul ne puisse user d'intimidation ou s'ingérer dans le processus de
référendum.

36. Le Représentant spécial s'assurera, à chaque étape du référendum, que toutes les dispositions et
garanties du présent document sont respectées.

37. Les représentants des deux parties au conflit du Sahara occidental seront invités par le
Représentant spécial du Secrétaire général à observer l'organisation et le contrôle du référendum,
sans préjudice de ses compétences exclusives, telles qu'elles sont prévues par le présent document.
Au cas où ces observateurs auraient des griefs, ils les soumettront directement à l'appréciation du
Représentant spécial qui statuera définitivement.

38. Les deux parties au conflit s'engagent à coopérer pleinement avec le Représentant spécial du
Secrétaire général dans l'exercice de ses fonctions.

39. Les représentant de l'OUA seront également invités par le Représentant spécial à observer
l'organisation et le contrôle du référendum, sans préjudice des compétences de ce dernier telles
qu'elles sont prévues par le présent document. Le cas échéant, ils pourront soumettre leurs
observations directement au Représentant spécial qui prendra les mesures qu'il jugera appropriées.

40. Le Maroc et le Front Polisario s'engagent à accepter et respecter le résultat du référendum.

41. Dès que les résultats du référendum auront été certifiés par le Représentant spécial, le Secrétaire
général en informera le Président en exercice de l'OUA et le Conseil de sécurité des Nations Unies et
prendra les mesures nécessaires pour donner suite à la décision du peuple sahraoui, telle qu'elle
aura été exprimée par le référendum.

42. Les pays voisins, l'Algérie et la Mauritanie, feront tout leur possible pour que les arrangements
transitoires et les résultats du référendum soient respectés. Ils mettront à la disposition du
Représentant spécial et du Groupe de soutien tous les moyens matériels nécessaires pour leur

286
permettre de s'acquitter de leur tâche et de faciliter l'application de mesures relatives à la sécurité et
au calme dans les régions frontalières.

Deuxième partie
Plan de règlement proposé par le Secrétaire général conformément à la résolution 621 (1988) du
Conseil de sécurité en date du 20 septembre 1988

I. INTRODUCTION

43. Dans sa résolution 621 (1988), concernant la situation au Sahara occidental, le Conseil de
sécurité a autorisé le Secrétaire général à nommer un représentant spécial pour le Sahara
occidental. En application de cette résolution, le Secrétaire général a nommé M. Hector Gros Espiell
son représentant spécial pour le Sahara occidental, avec effet au 19 octobre 1988. M. Gros Espiell
ayant par la suite démissionné de ses fonctions, il a été remplacé par M. Johannes Manz, à compter
du 19 janvier 1990.

44. Le Secrétaire général a également entrepris de préparer le rapport que le Conseil de sécurité lui
avait demandé dans sa résolution 621 (1988). Ayant pris note des commentaires et observations
présentés par les deux parties lorsqu'elles avaient accepté les Propositions de règlement et ayant
tenu de nouvelles consultations avec elles ainsi qu'avec le Président en exercice de l'OUA, le
Secrétaire général a, le 30 juin 1989, constitué au Siège de l'Organisation des Nations Unies, sous sa
présidence, une commission technique chargée d'étudier les moyens d'appliquer les Propositions de
règlement. Le 12 juillet 1989, le Représentant spécial a remis aux représentants des deux parties un
projet de calendrier pour l'application des Propositions de règlement, qui avait été établi par la
Commission technique. La réponse du Maroc concernant le projet de calendrier a été reçue le 6
octobre 1989 et celle du Front Polisario une semaine plus tard.

45. Le Secrétaire général a soigneusement étudié les réponses des parties, ainsi que les
recommandations de la Commission technique. Sur la base de ces éléments, le Secrétaire général,
après s'être entretenu avec le Président en exercice de l'OUA, est parvenu à la conclusion que les
Propositions de règlement pour le Sahara occidental devaient être mises en œuvre au moyen du plan
de règlement contenu dans le présent rapport.

46. Ce plan doit être exécuté par l'Organisation des Nations Unies en coopération avec l'OUA; les
représentants de celle-ci seront associés à l'ensemble du processus en tant qu'observateurs officiels
et pourront à tout moment présenter des observations au Représentant spécial du Secrétaire général
pour qu'il les examine et prenne les mesures qu'il juge appropriées. Le plan est fondé
essentiellement sur les dispositions des Propositions de règlement et tient aussi compte, dans toute
la mesure possible, des principales préoccupations des parties telles qu'elles ont été exprimées au
Secrétaire général et au Président de l'OUA pendant les consultations de ces cinq dernières années.
Depuis que les Propositions de règlement ont été présentées aux parties, le Secrétaire général s'est
entretenu de nouveau avec celles-ci et leur a donné de nouvelles précisions sur les points qui les
préoccupent particulièrement.
II. PRINCIPAUX ELEMENTS DU PLAN DE REGLEMENT

47. Le plan de règlement figurant dans le présent rapport prévoit une période de transition pendant
laquelle :
a) Le Représentant spécial du Secrétaire général, agissant sous l'autorité du Secrétaire général et,
selon que de besoin, sur ses instructions et en consultation avec lui, sera seulresponsable de toutes
les questions relatives au référendum, notamment son organisation et son contrôle;
b) Le Représentant spécial recevra l'assistance d'un groupe d'appui des Nations Unies comprenant
des unités civile, militaire et de sécurité (police civile) mises à la disposition duSecrétaire général et
suffisamment importantes pour permettre au Représentant spécial de s'acquitter de ses fonctions
d'organisation et de supervision;
c) Un cessez-le-feu sera proclamé; il sera contrôlé par le personnel militaire de l'ONU et suivi d'un
échange de prisonniers de guerre sous l'égide du Comité international de la Croix-Rouge (CICR);
d) Le Maroc procédera a une réduction appropriée, substantielle et progressive des forces
marocaines présentes dans le Territoire;
e) Les combattants des deux parties seront consignés à certains emplacements spécifiés par le
Représentant spécial, où ils seront placés sous le contrôle du personnel militaire des Nations Unies;
f) L'ONU organisera et contrôlera un référendum et publiera les règlements, règles et instructions
nécessaires à la conduite de ce référendum, au cours duquel le peuple du Sahara occidental choisira
entre l'indépendance et l'intégration au Maroc;
g) L'ONU contrôlera d'autres aspects de l'administration du Territoire, notamment le maintien de
l'ordre public, pour veiller a ce que les conditions soient réunies pour la tenue d'un référendum libre
et régulier;

287
h) Après la proclamation d'une amnistie, les prisonniers politiques seront relaxés et toutes les lois ou
tous les règlements qui, de l'avis du Représentant spécial, pourraient entraver le déroulement d'un
référendum libre et régulier seront suspendus dans la mesure où le Représentant spécial le jugera
nécessaire;
i) Tous les réfugiés et les autres Sahraouis résidant hors du Territoire et souhaitant y retourner
seront mis en mesure de le faire par l'ONU, après que celle-ci aura établi qu'ils sont habilités à voter;
j) Le référendum devrait être organisé 24 semaines après l'entrée en vigueur du cessez-le-feu et ses
résultats devraient être proclamés dans les 72 heures. Le Représentant spécial sera habilité a
déterminer si les circonstances exigent de modifier ces délais;
k) L'Algérie et la Mauritanie coopéreront avec le Représentant spécial, ainsi qu'elles l'ont déjà fait
savoir au Secrétaire général, pour assurer le respect des dispositions transitoires et des résultats du
référendum.
Les modalités détaillées de l'exécution de chacun des éléments susmentionnés du plan de règlement
sont décrites dans les paragraphes suivants.

III. REPRESENTANT SPECIAL ET MISSION DES NATIONS UNIES POUR L'ORGANISATION D'UN
REFERENDUM AU SAHARA OCCIDENTAL

48. Le Représentant spécial, nommé par le Secrétaire général en application de la résolution 621
(1988), sera son représentant au Sahara occidental pour ce qui est de l'exécution du mandat qui lui
sera confié par le Conseil de sécurité. Le Représentant spécial, agissant sous l'autorité du Secrétaire
général dans les conditions décrites au paragraphe 47 a) ci-dessus, s'acquittera des tâches qui lui
sont assignées dans les Propositions de règlement et dans le présent plan de règlement. Le
Représentant spécial veillera à ce que les Propositions et le plan soient observés dans tous leurs
aspects et agira, en toutes circonstances, conformément aux dispositions qui y sont prévues.

49. Le Représentant spécial sera assisté dans ses tâches par un représentant spécial adjoint et par
un groupe intégré composé d'unités civile, militaire et de police civile qui relèveront directement de
lui. Ce groupe sera dénommé Mission des Nations Unies pour l'organisation d'un référendum au
Sahara occidental (MINURSO). Les arrangements concernant le statut de la MINURSO et de son
personnel seront conclus avec les parties ainsi qu'avec les Etats voisins sur le territoire desquels la
MINURSO opérera. On trouvera aux paragraphes 77 à 82 ci-après d'autres éléments d'information
concernant la composition et les tâches envisagées des différentes composantes de la MINURSO.

IV. PERIODE DE TRANSITION

50. La période de transition commencera au moment de l'entrée en vigueur du cessez-le-feu et se


terminera au moment de la proclamation des résultats du référendum. Toutefois, l'Organisation des
Nations Unies continuera à contrôler le retrait des troupes marocaines ou la démobilisation des
troupes du Front Polisario, selon l'issue du référendum. Ces opérations prendront quatre à six
semaines (voir par. 75 ci-après), après quoi, il faudra encore à l'ONU quatre semaines pour retirer
son personnel et son matériel du Territoire. La présence de la MINURSO dans le Territoire devrait
ainsi durer 35 semaines au maximum a partir de l'entrée en vigueur du cessez-le-feu, étant entendu
que le Représentant spécial est habilité à modifier la date du référendum, s'il juge que les
circonstances l'exigent (voir par. 47 j) ci-dessus).

V. CESSEZ-LE-FEU

51. Lorsque le Conseil de sécurité aura autorisé la création de la MINURSO, le Secrétaire général
adressera des lettres identiques au Maroc et au Front Polisario pour leur proposer une date et une
heure ("jour J") pour l'entrée en vigueur du cessez-le-feu. Le jour J, les parties mettront fin à toutes
les opérations militaires, y compris les mouvements de troupes (à l'exception des opérations
nécessaires ou autorisées en vertu des paragraphes 54 à 57 ci-après) et tout renforcement des
positions. On proposera pour le jour J une date postérieure d'environ 14 semaines à la date d'envoi
des lettres du Secrétaire général. Ce calendrier répond à la nécessité de garantir que l'Unité militaire
de la MINURSO, qui sera appelée a vérifier que les parties respectent le cessez-le-feu, sera
effectivement déployée dans toute la zone d'opération a la date d'entrée en vigueur du cessez-le-feu.

52. Dans ses lettres, le Secrétaire général demandera donc aux parties de confirmer par écrit, dans
le délai qu'il précisera, qu'elles acceptent tant les conditions du cessez-le-feu que la date et l'heure
proposées. Il leur demandera également de s'engager à s'abstenir de tout acte qui pourrait
déboucher sur des hostilités au cours de la période allant de l'acceptation du cessez-le-feu a son
entrée en vigueur.

53. L'Unité militaire de la MINURSO signalera immédiatement au Représentant spécial toute


violation du cessez-le-feu une fois celui-ci entré en vigueur. Le Représentant spécial examinera la
question avec la ou les parties intéressées et, le cas échéant, rendra compte au Secrétaire général,

288
qui pourra appeler l'attention du Conseil de sécurité sur cette violation pour qu'il prenne les
mesures qu'il jugerait nécessaires.

VI. PRESENCE MILITAIRE MAROCAINE

54. Afin de permettre la tenue d'un référendum sans contraintes militaires, le Maroc est convenu de
procéder à une réduction appropriée, substantielle et graduelle de ses troupes dans le Territoire au
cours de la période de transition, pour les ramener a un niveau acceptable par le Secrétaire général.
Cette réduction sera réalisée sur une période de 12 semaines a compter du jour J. A la fin de cette
période, l'Unité militaire de la MINURSO s'assurera que les effectifs militaires marocains dans le
Territoire ne dépassent pas le niveau convenu.

VII. CONSIGNATION DES COMBATTANTS DE CHAQUE PARTIE DANS DES EMPLACEMENTS


CONVENUS

55. Une semaine avant le jour J, chaque partie informera le Secrétaire général de l'effectif de ses
forces militaires et de l'endroit où elles se trouvent. A compter du jour J, les troupes de chaque
partie seront consignées, avec leurs armes et leur matériel militaire, dans les emplacements décrits
aux paragraphes 56 et 57, ainsi que dans toute autre localité qui pourrait être déterminée par le
Représentant spécial après consultation des parties. La consignation des troupes dans ces
emplacements sera vérifiée par l'Unité militaire de la MINURSO. Aucun déplacement à l'extérieur des
emplacements convenus ne sera autorisé sauf aux fins prévues au paragraphe 54 ci-dessus ou à des
fins logistiques normales ou de relève; dans chaque cas, une demande d'autorisation sera adressée a
l'Unité militaire de la MINURSO. Le Représentant spécial examinera chaque cas de violation des
arrangements convenus, suivant les modalités décrites au paragraphe 53.

56. A l'exception des éléments visés au présent paragraphe, les troupes marocaines demeurant dans
le Territoire ne comprendront que des forces déployées dans des positions fixes ou défensives le long
du mur de sable construit par le Maroc à proximité des frontières orientale et méridionale du
Territoire. Toutes les forces d'intervention et unités d'artillerie auront été retirées, de même que
toutes les unités des forces aériennes marocaines précédemment utilisées dans le cadre d'opérations
d'interdiction et d'opérations offensives. Les seules exceptions à ces arrangements seront les
suivantes :
a) Certaines unités logistiques et d'appui nécessaires pour appuyer les troupes marocaines déployées
le long du mur de sable, et dont l'effectif ne dépassera pas un niveau acceptable par le Secrétaire
général, resteront déployées dans les localités où elles se trouvent à présent, à savoir Laayoune,
Dakhla et Smara; toutefois, leurs membres ne porteront pas d'armes dans les villes et n'y circuleront
pas en uniforme, qu'ils soient ou non de service;
b) Les forces aériennes marocaines continueront à fournir des services météorologiques et à assurer
le contrôle de la circulation aérienne et les liaisons radioélectriques à l'intérieur du Territoire, mais
ne conserveront que les appareils indispensables à l'appui logistique des troupes marocaines
demeurant dans le Territoire;
c) La marine marocaine restera responsable de tâches telles que la surveillance des côtes.
L'Unité militaire de la MINURSO surveillera de près toutes les activités susmentionnées.

57. Les troupes du Front Polisario seront consignées dans des emplacements désignés avant le jour
J par le Représentant spécial, et l'Unité militaire de la MINURSO surveillera étroitement leurs
activités. A cet égard, les Gouvernements algérien et mauritanien ont fait savoir qu'ils étaient prêts à
coopérer avec le Représentant spécial.

VIII. ORGANISATION ET CONTROLE DU REFERENDUM

58. Dans les Propositions de règlement, les parties reconnaissent que l'organisation et le contrôle du
référendum relèvent de l'entière et exclusive responsabilité de l'Organisation des Nations Unies. De
ce fait, elles ont reconnu à celle-ci le droit de prendre toutes les mesures législatives et
administratives requises à cet effet. Le Secrétaire général promulguera un règlement devant être
appliqué par toutes les personnes intéressées dans le Territoire et reprenant pour l'essentiel les
dispositions pertinentes des Propositions de règlement acceptées par les parties. D'autre part, ce
règlement habilitera le Représentant spécial et les différents éléments de la MINURSO, agissant en
accord avec lui, à édicter des règles et instructions compatibles avec le règlement, afin de lui donner
effet dans le détail. Le règlement, les règles et les instructions, qui constitueront les textes de base
pour l'organisation et le contrôle du référendum, prévaudront donc, en cas d'incompatibilité, sur les
lois ou dispositions en vigueur dans le Territoire.

59. Les responsabilités de l'Organisation des Nations Unies pour ce qui est du référendum couvrent
trois grands domaines :
a) L'identification et l'inscription des personnes habilitées a voter;

289
b) La fixation des conditions et modalités de la campagne référendaire, au cours de laquelle la liberté
d'expression, de réunion et de mouvement ainsi que la liberté de la presse seront garanties;
c) Le déroulement du scrutin dans des conditions permettant à toutes les personnes habilitées à
voter d'y participer, a l'abri de toute ingérence ou intimidation, et garantissant le secret du vote.

A. Commission d'identification

60. Pour aider le Représentant spécial a s'acquitter de ses responsabilités en matière d'identification
et d'inscription des personnes habilitées à voter, le Secrétaire général créera une commission
d'identification, dont les membres comprendront des démographes, et en définira le mandat. Les
parties et les représentants de l'OUA participeront, le cas échéant, aux travaux de la Commission en
qualité d'observateurs officiels. La Commission rencontrera en outre les chefs de tribu du Sahara
occidental pour que ceux-ci contribuent à ses travaux.

B. Identification et inscription des électeurs

61. Aux termes des Propositions de règlement, la Commission d'identification mettra en œuvre la
position convenue par les parties, selon laquelle tous les Sahraouis dénombrés lors du recensement
effectué en 1974 par les autorités espagnoles et âgés de 18 ans ou plus auront le droit de vote, qu'ils
vivent actuellement dans le Territoire ou en dehors de celui-ci, en qualité de réfugiés ou pour
d'autres motifs. La Commission d'identification pourra créer des sous-commissions pour l'aider à
s'acquitter de ses fonctions dans les différents districts d'inscription que compteront le Territoire et
les camps de réfugiés. Elle devra mettre à jour les données du recensement pour permettre
l'établissement des listes électorales sur une base actualisée.

62. A différentes étapes des travaux de la Commission, les listes qu'elle aura établies seront publiées
dans le Territoire et en dehors de celui-ci, dans les zones de regroupement des réfugiés et d'autres
Sahraouis, et des dispositions seront prises en vue de la présentation des plaintes concernant
l'inclusion ou l'exclusion d'un nom donné sur les listes. Toute personne identifiée comme étant
habilitée à voter se verra remettre à cette occasion une carte d'électeur. Après compilation par la
Commission, les listes des personnes habilitées à voter seront soumises au Secrétaire général par les
soins du Représentant spécial, pour examen en consultation avec le Président en exercice de l'OUA.
Les listes définitives seront publiées après autorisation par le Secrétaire général. La Commission
d'identification devrait parachever ses travaux avant le début de la campagne référendaire, soit 18
semaines après le jour J.

C. Commission référendaire

63. Pour seconder le Représentant spécial en ce qui concerne tous les autres aspects de
l'organisation et du contrôle du référendum, le Secrétaire général établira une commission
référendaire, dont il définira le mandat. La Commission pourra créer des sous-commissions chargées
de responsabilités particulières et admettre par cooptation, en qualité de membres, des experts des
questions dont s'occuperaient ces sous-commissions. Comme dans le cas de la Commission
d'identification, les représentants des parties et de l'OUA. seront associés aux travaux de la
Commission et de ses sous-commissions en qualité d'observateurs officiels. Etant donné qu'elle aura
à donner des avis sur les multiples aspects de la planification du référendum, la Commission
référendaire devrait commencer ses travaux le plus tôt possible après que le Conseil de sécurité aura
autorisé la création de la MINURSO.

D. Campagne référendaire

64. En ce qui concerne la création des conditions et l'établissement des modalités nécessaires au
déroulement de la campagne référendaire, la Commission référendaire conseillera le Représentant
spécial sur les mesures nécessaires pour assurer un référendum libre et régulier, sans contraintes
militaires ou administratives. Il s'agirait notamment de prendre les mesures voulues pour :
a) Garantir la liberté de mouvement, la sécurité de la population, la liberté d'expression et de
réunion et la liberté de la presse;
b) Permettre l'organisation et la tenue de réunions, meetings, manifestations et défilés politiques;
c) Faire connaître, en les diffusant dans les médias appropriés disponibles, les questions relatives au
référendum et les points de vue de la population;
d) Faciliter le retour dans le Territoire, dans des conditions pacifiques, de toutes les personnes
habilitées a voter lors du référendum;
e) Statuer sur les plaintes faisant valoir que des dispositions des Propositions de règlement, du
règlement relatif au référendum ou des règles ou instructions édictées en vertu du règlement n'ont
pas été respectées;
f) Veiller à ce que l'ordre public soit maintenu dans le Territoire aux fins du processus référendaire
grâce à la supervision des activités des unités de police existantes et au déploiement de l'Unité de

290
sécurité (police civile) de la MINURSO, et veiller à ce que nul ne puisse user d'intimidation ou
intervenir dans le processus référendaire.

E. Référendum

65. S'agissant de l'organisation proprement dite du référendum, la Commission référendaire donnera


des conseils au Représentant spécial sur des questions telles que les suivantes :
a) La date du référendum;
b) Les besoins en ce qui concerne les bureaux de vote, les urnes et les bulletins;
c) Le mode de scrutin et son déroulement effectif;
d) Les moyens d'associer les observateurs officiels des parties et les représentants de l'OUA au
processus électoral;
e) Le dépouillement des bulletins et la publication des résultats;
f) La présentation de pétitions éventuelles concernant les résultats du scrutin;
g) La définition et le traitement des infractions relatives au référendum et de leurs incidences.

66. Dans l'exercice de leurs fonctions, la Commission d'identification et la Commission référendaire


établiront les règles ou instructions, mentionnées au paragraphe 58, qui seront nécessaires pour
donner effet à leurs recommandations; une fois approuvées par le Représentant spécial, ces règles et
instructions seront publiées et appliquées par tous les intéressés.

IX. AUTRES RESPONSABILITES DU REPRESENTANT SPECIAL

67. Outre la responsabilité directe qui lui incombera pour l'organisation et le contrôle du référendum
lui-même, le Représentant spécial sera également appelé à s'assurer que les conditions nécessaires
pour garantir l'organisation d'un référendum libre et régulier sont remplies par ailleurs. En
conséquence, il suivra de près la manière dont les autorités intéressées s'acquitteront des
responsabilités qui continueront à leur incomber pour d'autres aspects de l'administration du
Territoire durant la période de transition. S'il considère qu'il y aurait conflit entre des décisions ou
des mesures prises par elles et l'objectif convenu qui est d'organiser un référendum libre et régulier
pour permettre à la population du Sahara occidental de décider de son avenir sans contraintes
militaires ou administratives. il portera l'affaire à l'attention des autorités en question en vue de
parvenir à un règlement amiable. Si le différend persiste, le Représentant spécial en informera le
Secrétaire général pour que celui-ci prenne toute décision qu'il pourrait juger appropriée.

68. Le Représentant spécial prêtera particulièrement attention aux dispositions prises pour le
maintien de l'ordre durant la période de transition. A cet égard, il est prévu en particulier que tous
les locaux relevant de l'Organisation des Nations Unies et affectés au référendum ainsi que leurs
abords immédiats, tels que les bureaux d'inscription sur les listes électorales et les bureaux de vote,
seront placés sous l'autorité exclusive du Représentant spécial. A ce titre, le Représentant spécial
serait notamment chargé du maintien de l'ordre dans ces locaux et des membres de la police civile
des Nations Unies seraient mis à sa disposition à cette fin. Les membres de la police civile
pourraient, en cas d'urgence, faire appel à l'Unité militaire de la MINURSO pour qu'elle leur prête
assistance. Dans les autres secteurs, les activités des forces de police existantes seront étroitement
surveillées par l'Unité de sécurité (police civile) de la MINURSO.

69. Avant le début de la campagne référendaire, les unités paramilitaires des forces de police
existantes (les "compagnies d'action mobiles" et les "forces auxiliaires") seront neutralisées : elles
déposeront leurs armes, leurs munitions et leur matériel militaire dans des arsenaux où l'Unité
militaire de la MINURSO s'assurera qu'ils sont sous bonne garde.

X. LIBERATION DES PRISONNIERS POLITIQUES ET SUSPENSION DES LOIS QUI POURRAIENT


FAIRE OBSTACLE A UN REFERENDUM LIBRE ET REGULIER

70. Le Représentant spécial fera des démarches auprès des deux parties pour faire en sorte que tous
les prisonniers ou détenus politiques sahraouis seront libérés avant le début de la campagne
référendaire et une amnistie à cette fin est envisagée pour commencer. Pour s'acquitter de cette
tâche, il bénéficiera du concours d'un juriste indépendant désigné par le Secrétaire général. Tout
différend concernant la libération de prisonniers ou de détenus politiques sera réglé à la satisfaction
du Représentant spécial.

71. Avant le début de la campagne référendaire, le Représentant spécial veillera à ce que les
autorités intéressées suspendent toute loi ou mesure qui, à son avis, pourrait faire obstacle au
déroulement d'un référendum libre et régulier et qui ne serait pas par ailleurs remplacée par les
règlements, règles et instructions mentionnés au paragraphe 58 ci-dessus.

291
Xl. RETOUR DE REFUGIES, D'AUTRES SAHRAOUIS ET DE MEMBRES DU FRONT POLISARIO
HABILITES A VOTER

72. Lorsque la Commission d'identification aura achevé ses travaux, tous les réfugiés dont il aura été
établi qu'ils ont le droit de prendre part au référendum et qui auront exprimé le désir de retourner
dans le Territoire recevront, de même que les membres de leur famille immédiate, la possibilité de le
faire, grâce à un programme organisé par le HCR. Le Représentant spécial fixera un certain nombre
de points d'entrée où les personnes en question pourront pénétrer dans le Territoire. La sécurité à
ces points d'entrée et dans les centres d'accueil créés par le HCR sera assurée par l'Unité militaire de
la MINURSO. Le Représentant spécial prendra également toutes dispositions voulues pour garantir
que les personnes qui reviennent pourront prendre part au référendum sans entraves ou sans courir
le risque d'être arrêtées, détenues, intimidées ou emprisonnées. A cette fin, une amnistie générale et
complète leur sera accordée.

73. De même, les autres Sahraouis qui ne sont pas des réfugiés mais qui résident en dehors du
Territoire et dont la Commission d'identification aura établi qu'ils sont habilités à voter, seront
autorisés à retourner dans le Territoire avec les membres de leur famille immédiate. Le Secrétaire
général a l'intention de demander au Haut Commissaire pour les réfugiés de fournir ses bons offices
à ces Sahraouis et de se charger de leur rapatriement librement consenti a partir d'emplacements
désignés dans les pays voisins.

74. Les combattants du Front Polisario dont il aura été établi qu'ils sont habilités à voter et qui
souhaitent prendre part au référendum, auront la possibilité de revenir, dans des conditions
pacifiques et sans armes ou uniforme, avec les membres de leur famille immédiate, selon les
modalités décrites dans les deux paragraphes précédents, y compris l'amnistie. Les armes, les
munitions et le matériel militaire des combattants du Front Polisario revenant dans le Territoire
seront déposés aux emplacements visés au paragraphe 57 ci-dessus où l'Unité militaire de la
MINURSO s'assurera qu'ils sont sous bonne garde. On décidera ce qu'il convient de faire de ces
armes, de ces munitions et de ce matériel après que les résultats du référendum seront connus.

XII. PROCLAMATION DES RESULTATS DU REFERENDUM

75. Les résultats du référendum seront proclamés comme indiqué au paragraphe 47 j) ci-dessus. Si
l'indépendance l'emporte, le retrait de toutes les troupes marocaines qui se trouvent encore dans le
Territoire commencera dans les 24 heures et s'achèvera dans les six semaines. L'Unité militaire de la
MINURSO en surveillera le déroulement. Si l'intégration au Maroc l'emporte, la démobilisation de
toutes les forces du Front Polisario qui ne sont pas retournées dans le Territoire pour participer au
référendum commencera dans les 24 heures suivant la proclamation des résultats et s'achèvera
dans les quatre semaines, sous la surveillance de l'Unité militaire de la MINURSO.

76. Dès la proclamation des résultats du référendum, le Représentant spécial commencera à réduire
le personnel des Nations Unies au Sahara occidental. Il se retirera avec tous ceux de ses
collaborateurs civils et militaires qui seront sur place aussitôt que toutes les tâches qui leur ont été
confiées par le Conseil de sécurité auront été menées à bien.

XIII. COMPOSITION ET ATTRIBUTIONS DE LA MISSION DES NATIONS UNIES POUR


L'ORGANISATION D'UN REFERENDUM AU SAHARA OCCIDENTAL

77. Le Secrétaire général a défini les attributions des trois unités (civile, militaire et de sécurité) qui
formeront la MINURSO, et dont la création est prévue dans les Propositions de règlement, compte
tenu des responsabilités de l'ONU décrites ci-dessus.

A. Unité civile

78. L'Unité civile, qui est au cœur de l'opération, comprendra le bureau du Représentant spécial et
son personnel d'appui dans des domaines tels que l'administration, les questions juridiques et
législatives, les questions relatives aux réfugiés et aux détenus politiques, l'information et les
relations publiques. En outre, la majeure partie du personnel de l'Unité civile sera responsable de
l'organisation et du contrôle du référendum. L'Unité se composera pour l'essentiel de fonctionnaires
des Nations Unies. On espère toutefois qu'une partie importante du personnel, notamment de celui
qui s'occupera directement de l'organisation et du contrôle du référendum, sera mise à la disposition
de l'Organisation par les gouvernements, à la demande du Secrétaire général.

B. Unité de sécurité

79. L'Unité de sécurité sera composée d'agents de la police civile. Ses fonctions seront les suivantes:

292
a) Maintenir le calme et faire régner l'ordre dans les centres d'établissement des listes électorales et
les bureaux de vote et à leurs abords; veiller à ce que nul ne s'en voit refuser l'accès pour se faire
inscrire sur les listes électorales ou pour voter et, lorsqu'elle en reçoit expressément la consigne,
faire régner l'ordre dans d'autres endroits où se déroulent, sous les auspices ou la responsabilité de
la MINURSO, des activités liées au référendum;
b) Superviser les activités des forces de police existantes pour veiller à ce qu'elles agissent en stricte
conformité avec les Propositions de règlement et le présent plan de règlement, lesquels visent à
assurer l'organisation d'un référendum libre et régulier, sans contraintes militaires ou
administratives, et pour prévenir tout risque d'intimidation ou d'ingérence d'où qu'il vienne.

80. L'Unité de sécurité sera placée sous la responsabilité d'un préfet de police nommé par le
Secrétaire général. Son personnel sera fourni par des gouvernements, à la demande du Secrétaire
général. Le mandat de l'Unité, qui sera établi sous l'autorité du Secrétaire général, fixera les
conditions dans lesquelles les agents de l'Unité de police civile pourront, dans le cadre de leurs
fonctions, procéder à l'arrestation de délinquants, ainsi que la procédure à suivre par la suite. Y
seront également énoncées les responsabilités des membres de l'Unité de sécurité en matière de
surveillance et la procédure qu'ils devront observer afin de saisir le Représentant spécial
d'informations détaillées sur toute infraction commise pour suite à donner.

C. Unité militaire

81. L'Unité militaire aura pour tâche de :


a) Surveiller le cessez-le-feu;
b) Vérifier les réductions convenues de forces;
c) Vérifier la consignation des forces des deux parties dans les emplacements convenus;
d) S'assurer que certaines armes et munitions sont sous bonne garde;
e) Assurer la sécurité des Sahraouis revenant dans le Territoire aux points de passage désignés et
aux centres d'accueil du HCR;
f) Aider l'Unité de sécurité selon les besoins;
g) Selon les résultats du référendum, surveiller le déroulement des activités décrites au paragraphe
75 ci-dessus.

82. Pour s'acquitter de ces tâches, l'Unité militaire aura besoin d'observateurs militaires, de
personnel d'infanterie, d'une unité aérienne et de personnel logistique. Elle sera placée sous le
commandement de l'Organisation des Nations Unies, exercé par le Secrétaire général, sous l'autorité
du Conseil de sécurité. Le commandement sur place sera exercé par le commandant de la Force,
nommé par le Secrétaire général après consultation avec les parties et avec l'assentiment du Conseil
de sécurité. Le commandant de la Force fera rapport au Secrétaire général par l'intermédiaire du
Représentant spécial. Les règles normalement en vigueur dans les opérations de maintien de la paix
concernant le port et l'utilisation d'armes seront applicables en l'occurrence. Le Secrétaire général
fera rapport régulièrement au Conseil de sécurité sur le fonctionnement de l'Unité militaire ainsi que
sur les autres activités de la MINURSO. Le personnel militaire de la MINURSO sera fourni par les
Etats Membres de l'Organisation des Nations Unies, à la demande du Secrétaire général, qui
consultera les parties et obtiendra l'approbation du Conseil de sécurité au sujet de la composition de
l'Unité militaire.

XIV. OBSERVATIONS

83. Le présent rapport est soumis au Conseil de sécurité en application du paragraphe 2 de sa


résolution 621 (1988), dans lequel le Conseil a demandé au Secrétaire général de lui remettre dans
les meilleurs délais possibles un rapport sur la tenue d'un référendum d'autodétermination du
peuple du Sahara occidental et sur les moyens à mettre en œuvre en vue d'assurer son organisation
et son contrôle par l'Organisation des Nations Unies, en coopération avec l'OUA. J'estime que le plan
de règlement qui y est exposé est un moyen efficace d'organiser ce référendum et de donner au
peuple du Sahara occidental la possibilité de décider de son avenir sans contraintes militaires ou
administratives. Je le recommande donc a l'attention du Conseil de sécurité, afin qu'il prenne les
mesures qu'il jugera nécessaires pour en faciliter la mise en œuvre aussi rapide que possible.

84. Il ressort clairement du présent rapport que l'opération des Nations Unies au Sahara occidental
sera vaste et complexe. Il y a pour l'instant des inconnues et il n'est pas possible à ce stade de
soumettre au Conseil ne fût-ce qu'une estimation préliminaire des dépenses. J'ai donc l'intention
d'envoyer très prochainement une mission technique dans le Territoire et dans les pays voisins, en
vue de préciser les aspects administratifs du plan exposé dans le présent rapport et de rassembler
les informations &endash; concernant notamment la possibilité de se procurer dans le Territoire le
ravitaillement et le soutien logistique &endash; qui sont nécessaires pour l'établissement d'un
nouveau rapport au Conseil, comprenant une estimation du coût de la MINURSO, et, par la suite,
pour la préparation d'un budget détaillé à soumettre à l'Assemblée générale.

293
85. J'ai l'intention de recommander au Conseil de sécurité, lorsque je lui soumettrai ce nouveau
rapport, d'autoriser la création immédiate de la MINURSO aux fins exposées ci-dessus.
En même temps, je recommanderai que, si le Conseil décide de créer la MINURSO, les dépenses de
la Mission soient considérées comme des dépenses de l'Organisation, à supporter par les Etats
Membres, au sens du paragraphe 2 de l'Article 17 de la Charte. Je me propose de recommander à
l'Assemblée générale que les contributions mises en recouvrement auprès des Etats Membres soient
versées à un compte spécial qui serait ouvert à cet effet.

Rectificatif:
Page 14, paragraphe 49, troisième phrase - Remplacer la phrase par le texte ci-après: Les
arrangements relatifs au statut de la MINURSO et de son personnel seront conclus avec les parties
ainsi qu'avec les pays voisins concernés par la mise en œuvre des Propositions de règlement.

• 1995: S/240 del 30 marzo

UNITED NATIONS
Distr.
GENERAL

S/1995/240
30 March1995

THE SITUATION CONCERNING WESTERN SAHARA


Report of the Secretary-General

I. INTRODUCTION

1. The present report is submitted to the Security Council in pursuance of Council resolution 973
(1995) of 13 January 1995. It covers developments since my report of 14 December 1994
(S/1994/1420). It is divided into five main sections.
Sections II and III cover the identification process and other aspects of the settlement plan (S/21360
and S/22464 and Corr.1). Section IV discusses the arrangements for the deployment of the United
Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO) at full strength and provides an
update on the activities of the Mission's military and civilian police components. Section V is devoted
to the financial aspects. Section VI contains my observations.

II. IDENTIFICATION PROCESS

2. Together with monitoring and verifying the cease-fire, the identification of potential voters, which
started on 28 August 1994, remains the core activity of MINURSO at present. The identification
started in two centres, one in Laayoune and another in the Tindouf area. During my visit to the
Mission from 25 to 29 November 1994, I urged the parties to continue cooperating with my Deputy
Special Representative, Mr. Erik Jensen, so as to facilitate rapid progress in the implementation of
the settlement plan.

3. By the end of 1994, a second identification centre had opened on each side, bringing the total to
four. In February 1995, a new centre was opened in the town of Smara in Western Sahara and
another reopened in the El-Aiun refugee camp near Tindouf. This camp had suffered the most during
the autumn rainstorms and flooding. On 9 March 1995, a seventh centre was inaugurated, in the
town of Dakhla in the Territory.
Arrangements have been completed to establish a centre also in the Dakhla camp, some 180
kilometres from Tindouf, which will be opened as soon as the necessary technical installations can
be completed.

4. As pointed out in my December report (S/1994/1420), the identification of potential voters is a


complex operation. It has been agreed that identification can take place only when two tribal leaders
(sheikhs), one from each side, are present to testify. The representatives of the two parties and an
observer of the Organization of African Unity (OAU) are also expected to attend. It follows that work
has to be suspended when one side or the other experiences difficulties in making its sheikh

294
available or, preferring a delay, has its sheikh fail to arrive, arrive late or leave the centre. Moreover,
both sides' earlier insistence on strict reciprocity has meant that whenever, for whatever reason,
identification cannot take place at a centre on one side, work is automatically suspended at a centre
on the other.

5. The process of identifying each potential voter takes time. It is only through meticulous
examination of material evidence and through detailed interviews with applicants, with the
assistance of the sheikhs, that the identity of each individual can be convincingly established and
the extent to which he or she qualifies under any of the criteria can be determined. The proceedings
cannot be rushed if they are to carry conviction. In most cases, the lack of documents greatly
complicates the operation. In addition to interviews, every applicant has his or her photograph and
fingerprint taken and, after identification, is given a receipt. The receipt serves solely to facilitate
retrieval of the relevant file; it has no intrinsic value, since voters cards will be issued only after
cases have been carefully reviewed and voters lists published.

6. The degree of attention which the representatives of the two parties pay to every step of the
process, their insistence on receiving from MINURSO full convocation lists in good time, their
concern for every question asked and the notes that they record on every case, illustrate vividly the
importance that they attach to the identification process. In a society where virtually all individuals
are known and every tribal subgroup is represented on both sides, it would be obvious if people were
being excluded. But to make quite sure that no applicant is prevented from coming forward,
provision has also been made for individuals to present themselves at any MINURSO identification
centre while the process continues. This is already occurring, but will become more important at a
later stage. This painstaking and somewhat cumbersome approach is the surest way of achieving
transparency, since both sides are fully informed about all aspects and any attempt by one side to
control or influence the process would at once be apparent to the other.

7. On 14 December 1994, the Government of Spain forwarded important archival material to my


Deputy Special Representative, at his request. This comprised 48 volumes of birth certificates, 19
volumes of marriage certificates, 11 volumes of divorce certificates and 11 volumes of death
certificates, which together constitute the Registro Civil Cheranico del Sahara Occidental. These
documents have been classified by MINURSO identification staff and are proving of considerable
value as aids to identification, especially for doubtful cases, and for the exhaustive review of all files
currently undertaken in conjunction with the observations received from the representatives of the
parties.

8. From the start, however, the single greatest obstacle to identification has been the issue of tribal
leaders. The settlement plan gave tribal leaders the responsibility for identifying applicants as being
the persons they claim to be and as belonging to a particular tribal group (subfraction); the sheikhs
were also to provide oral testimony relevant to the eligibility criteria. Most sheikhs, elected as they
were in 1973, were already of mature years at the time and many have since died or become
incapacitated. There are, in consequence, a large number of subfractions, one third of the total,
without a recognized tribal leader on at least one side. Until last year, this unresolved issue had been
the most intractable obstacle to identification.

9. In the summer of 1994, my Deputy Special Representative proposed to the parties that the
process start with those subfractions where there was a surviving and competent sheikh on each
side. At the same time, he advised the parties that, whatever the survival rate, there should always
be the same number of sheikhs present for each side, normally one each, during any given
identification session. Both parties agreed to this proposal.

10. The Deputy Special Representative then focused on the search for a formula to deal with the
other cases. The views of the Frente Popular para la Liberacion de Saguia el-Hamra y de Rio de Oro
(Frente POLISARIO) and the Government of Morocco diverged markedly. The Frente POLISARIO
argued that to avoid any subsequent manipulation of the selection of sheikhs, only sheikhs elected
in the Territory in 1973, or their eldest sons, should be eligible to testify. Morocco opposed the view
that the 1973 list of sheikhs could not be changed. It argued that the 1973 election of sheikhs under
Spanish rule was the only one ever held in the Territory, that sheikhs were traditionally co-opted and
not elected, that not all Saharan sheikhs were necessarily in the Territory in 1973 and that those
elected in 1973 might subsequently have been replaced by others, since their term of office was to
last only five years.

11. A measure of convergence began to emerge recently. On 10 February 1995, my Deputy Special
Representative addressed similar letters to the Moroccan authorities and to the Frente POLISARIO in
which he set out his proposal in detail. A surviving sheikh from the 1973 election was to be
preferred; then his eldest surviving son; then a candidate from the election of 1973, normally by
descending number of votes received; and failing that, the party would put forward three names from

295
which the Chairman of the Identification Commission would select one, after consultation with the
other party.

The three names were to be of persons from the subfraction concerned, of recognized standing in
their community, of appropriate age, without any official position and themselves included in the
census lists of 1974. Attached to his letters was a list of all 88 tribal subgroups (subfractions)
included in the 1974 census and such information as was available to MINURSO concerning the
sheikhs, sons of sheikhs and non-elected candidates from the 1973 election; in the 29 cases where
no such person was known, a blank space was left for the three names to be provided by the parties.

12. In their written response of 13 February 1995, the Moroccan authorities maintained that there
had been no prior commitment on their part to certain of the limitations, but they took note of
further clarification offered in writing by my Deputy Special Representative on 18 February 1995. On
23 and 25 February 1995, meetings took place in Tindouf and in Laayoune with the responsible
officials of the Frente POLISARIO and of the Government of Morocco respectively. At the meeting in
Laayoune, the Moroccan authorities provided detailed statistical information concerning the
whereabouts of all members of the subfractions listed as resident in the Territory. Arrangements
were also discussed regarding the identification centres to which those persons would come when
their number locally was insufficient to warrant the deployment of tribal leaders. The Moroccan
authorities undertook to make available names of candidates to replace sheikhs as required. On 26
February 1995, the Frente POLISARIO submitted a full response in writing, reiteratine certain
concerns and returning the list of subfractions completed with the names of persons to be
considered as replacements in the absence of sheikhs.

13. As indicated in paragraph 3 above, there will soon be four centres on each side, bringing the total
to eight. Sixteen identification teams are to be assigned to these eight centres. Local conditions and
logistics permitting, experience has shown that two identification teams working in tandem at each
centre have the capacity to process up to 150 cases each day. However, the increasing percentage of
subfractions represented by 50 individuals or fewer in an area limits MINURSO's ability to achieve
this figure at all centres. However, with the latest agreement on tribal representatives and the
information provided by the parties, as described in the preceding paragraph, it is now realistic to
expect that approximately 20,000 applicants could be processed per month at eight centres.

14. Once additional qualified staff and equipment become available, two more centres are to be
established, if the parties concur in what may have to be an unbalanced arrangement. There would
then be 10 centres. Provision has also been made for the deployment of five mobile teams to deal
with smaller numbers in more remote places. It is estimated that as many as 25,000 persons could
then be identified monthly. This, however, will require an average weekly output over two times
greater than the best weekly figure yet achieved and will be contingent upon the smooth functioning
of the complicated logistical arrangements and the full cooperation of both parties.

15. As of mid-March 1995, over 21,300 persons had been identified. This represents 16.5 per cent
(13,473 out of 81,855) of those applicants in the Territory about whom information is fully available
to MINURSO and 27.3 per cent (7,870 out of 28,831) of those in the camps in the Tindouf area.
MINURSO has complete computerized information relevant to all applications received from persons
to be identified in the four population centres in Western Sahara (Boujdour, Dakhla, Laayoune and
Smara) and in the camps in the Tindouf area (Awsard, Dakhla, El-Aiun and Es-Smara camps). The
data processing of the additional 14,568 applications received in Mauritania, in spite of the many
technical problems, has also been completed.

16. The graph attached as annex I to the present report shows in schematic form the progress
achieved in the number of persons identified per week since the start of identification in late August
1994. It is encouraging that since the beginning of this year progress has been steady and
incremental, with the exception of one week in January and another at the end of February, when
there was no identification because of public holidays on both sides and a dispute concerning a
sheikh.

17. The number of OAU observers has been increased to eight.

The most recent arrivals came in good time for the opening of the additional centres. The OAU
observers are assigned to follow the proceedings, the normal practice being for one observer to be
present at every centre during identification. Collaboration between MINURSO and the OAU
observers is very good.

III. OTHER ASPECTS RELEVANT TO THE FULFILMENT OF THE SETTLEMENT PLAN

18. The Security Council, in its resolution 973 (1995), requested me to report on my final plans for

296
implementing all elements of the settlement plan and on the responses of the parties to them. In this
context, it may be useful to recall, as in my 12 July 1994 report to the Council (S/1994/819), the
main elements of the plan. During the transitional period, the United Nations is to organize and
conduct a referendum in the Territory to enable the people of Western Sahara to choose between
independence and integration with Morocco. To this end, there is to be a cease-fire followed by an
exchange of prisoners of war, a reduction in the Moroccan troops in the Territory and confinement of
the combatants of both sides to specific locations. In order to ensure that the necessari conditions
exist for the holding of a free and fair referendum, the United Nations will monitor other aspects of
the administration of the Territory, especially the maintenance of law and order. Following the
proclamation of an amnesty, political prisoners will be released. All laws or regulations that might
impede the holding of a free and fair referendum will be suspended as deemed necessary. All
refugees and other Western Saharan residents outside the Territory who wish to return will be
enabled to do so by the United Nations, after the latter has established their right to vote.

19. The cease-fire is already in place. The following paragraphs cover the other activities undertaken
or to be undertaken in fulfilment of the plan.

Reduction of Moroccan troops in the Territory

20. In his report of 19 April 1991 on the implementation of the settlement plan (S/22464 and
Corr.1), the then Secretary-General reported that Morocco was prepared to reduce its troops in the
Territory to a level not exceeding 65,000 all ranks, within a period of 11 weeks from the beginning of
the transitional period. Mr. Perez de Cuellar accepted this as an appropriate, substantial and phased
reduction in accordance with the settlement proposals. My Deputy Special Representative has
recently met with the Commander of the Royal Moroccan Armed Forces in the southern zone, Major-
General Abdelaziz Bennani, who assured him of Morocco's preparedness to implement fully the
provisions of the settlement plan relating to the reduction of Moroccan troops in the Territory, once
D-Day and the start of the transitional period have been determined.

Confinement of troops to designated locations

21. Paragraph 15 of document S/22464 states that, in accordance with paragraph 56 of document
S/21360, all remaining Moroccan troops will be located in static or defensive positions along the
sand wall, known as the berm, with the limited exceptions mentioned in that paragraph. MINURSO
military observers will monitor these troops and, towards this end, will be co-located with Moroccan
subsector headquarters and with the Moroccan support and logistics units remaining elsewhere in
the Territory. MINURSO military observers will also conduct extensive patrols by land and air to
ensure observance of the cease-fire and the confinement of the Moroccan troops to the designated
locations. In addition, they will monitor the custody of certain arms and ammunition.

22. It will be recalled that, in accordance with the settlement plan, my Special Representative is to
designate the locations to which Frente POLISARIO troops will be confined, with their arms,
ammunition and military equipment. Preliminary consultations have been initiated on this issue so
that I can take the necessary decisions and proceed with the arrangements that will be required in
this regard. MINURSO military observers will be deployed at each of the designated locations in order
to monitor the Frente POLISARIO troops. Independent jurist and release of political prisoners and
detainees

23. The settlement plan (S/21360, paras. 33 (b) and 70) specifies that an independent jurist will be
appointed by the Secretary-General who, in cooperation with the parties, will take steps to ensure
the release of all Saharan political prisoners and detainees before the beginning of the referendum
campaign, so that they can participate freely and without restriction in the referendum. I have
appointed Mr. Emmanuel Roucounas (Greece), a prominent international jurist, as the independent
jurist. I hope that, with the cooperation of both parties, he can expeditiously discharge his task.

Exchange of prisoners of war

24. The settlement plan provides for an exchange of prisoners of war under the auspices of the
International Committee of the Red Cross (ICRC). My Deputy Special Representative has been in
contact with ICRC, which has visited prisoners of war on both sides. ICRC has stated that it is ready
to start working on their release as soon as the parties are ready to do so. It remains my earnest
hope that further sustained efforts will enable ICRC to achieve the release of all prisoners of war from
both sides as soon as possible after the transitional period begins.

Organization of the referendum

25. The settlement plan provides for the establishment of a Referendum Commission to assist the

297
Special Representative in the organization and conduct of the referendum. The functions of the
Referendum Commission, which include measures for the referendum campaign and the actual
conduct of the referendum, are specified in paragraphs 63 to 66 of document S/21360 and further
detailed in paragraphs 25 to 31 of document S/22464. The Referendum Commission will absorb
appropriately qualified staff of the Identification Commission, upon completion of the latter's tasks of
identification and registration.

26. In my last report to the Security Council (S/1994/1420), I noted that the draft code of conduct
for the referendum campaign had already been completed. It was forwarded to the two parties on 13
December 1994. The Frente POLISARIO submitted detailed comments and proposals on 31 January
1995 and the Government of Morocco on 15 February. The replies received reflect major differences
between the two sides on several issues. The United Nations Secretariat has reconciled their versions
to the extent possible in order to finalize the code without undue delay. Return of refugees, other
Western Saharans and members of the Frente POLISARIO entitled to vote

27. The modalities for the repatriation of those Western Saharans who are identified as eligible to
vote in the referendum and who wish to return to the Territory are described in document S/21360
(paras. 33 (c) and (d) and 72-74) and further detailed in document S/22464 (paras. 34-36). The
repatriation programme forms an integral part of the MINURSO operation and is to be carried out by
the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) in accordance with its
mandate. UNHCR's task will be threefold: to ascertain and record the repatriation wishes of each
Western Saharan as he or she is registered as a voter by the Identification Commission; to issue the
necessari documentation to the members of his or her immediate family; and to establish and
manage, in cooperation with MINURSO, which will provide security, the reception centres that will be
established in the Territory for the returning Western Saharans.

28. A UNHCR technical team visited the mission area from 2 to 15 February 1995 in order to review
the plans for the repatriation operation. It visited potential repatriation sites in the northern and
southern sectors of the Territory, as well as all the refugee camps in the Tindouf area in Algeria. It
also undertook a full review of the work it will carry out with the administration, civilian police and
military components of MINURSO.

29. The UNHCR team estimated that the preparatory work, which has already commenced, will
require six months. Repatriation would then begin shortly after the Identification Commission had
finished its work, and would be completed in about 80 days, immediately before the referendum
campaign. UNHCR would thereafter maintain a presence in the Territory, as necessary, in order to
fulfil its monitoring role for returnees, in ccordance with its internationally accepted responsibilities.

IV. ARRANGEMENTS FOR THE DEPLOYMENT OF MINURSO AT FULL STRENGTH

30. Under resolution 973 (1995), the Security Council requested me to confirm, inter alia, the
arrangements with regard to the logistic, personnel and other resources required for the deployment
of MINURSO at full strength. As noted in my last report, I dispatched a technical team to MINURSO
in November 1994 to review these requirements. As indicated above, in February 1995 UNHCR also
sent a team to the mission area to update its plans for the voluntary repatriation of refugees. On the
basis of the information gathered by these missions, a preliminary logistics plan and financial
implications for the deployment of MINURSO at full strength have been prepared. This plan has been
closely coordinated with UNHCR's own logistic requirements, with a view to maximizing the use of
resources and sharing the cost of common assets. The plan will need to be further refined as soon as
a decision is made on the date for the beginning of the transitional period.

Military component

31. The current strength of MINURSO's military component, headed by the Force Commander,
Brigadier-General Andre Van Baelen (Belgium), totals 288 personnel, comprising 240 military
observers and 48 military support personnel (see annex II).

32. As noted in my previous reports, pending the fulfilment of the conditions necessary for the
commencement of the transitional period, the military mandate of MINURSO remains restricted to
monitoring and verifying the cease-fire, which has been in effect since 6 September 1991. MINURSO
continues to receive good cooperation from the parties in regard to the maintenance of the cease-fire.
During the reporting period, three minor cease-fire violations, pertaining to unauthorized movements
by both parties, were observed. MINURSO military observers conduct daily patrols in all parts of the
Territory, undertaking a monthly average of 600 ground and 140 aerial reconnaissance patrols in
extremely harsh conditions and over great distances (see map at annex III).

33. The original military requirements of MINURSO, described in document S/22464 of 19 April

298
1991, consisted of a total military strength of about 1,695 (all ranks) as follows: 550 military
observers; an infantry battalion of 700 (all ranks); an air support group of 110 (all ranks) to operate
and maintain four fixed-wing aircraft and eight transport helicopters; a signals unit of 45 (all ranks);
a medical unit of 50 (all ranks); a composite military police company of 40 (all ranks); and a logistics
battalion of 200 (all ranks).
These requirements have been thoroughly reviewed and it has been determined that they remain
largely appropriate, although adjustments may have to be made to the size of certain units. In
addition, based on the experience gained since the deployment of MINURSO, and given the
conditions prevalent in Western Sahara, it is considered that an engineering unit of approximately
100 (all ranks) would also be required to perform, inter alia, the following tasks: limited mine
clearing; basic infrastructure repair; and the construction and operation of water points in certain
specific areas essential to MINURSO operations. Every effort will be made to include this unit within
the overall military strength of 1,695 (all ranks).

Civilian police component

34. Under resolution 973 (1995), the Security Council authorized an increase in the deployed
strength of the civilian police component of MINURSO from 55 to 160 observers. As of 25 March
1995, the component totalled 78 personnel from the following countries: Austria (10); Germany (5);
Hungary (13); Malaysia (15); Nigeria (15); Norway (5); Togo (5); and Uruguay (10). An additional 26
civilian police observers from Ghana (15) and Togo (11) are scheduled to be deployed shortly,
bringing the total strength of the component to 104. The strength of the civilian police component
will be further increased to 160, as additional identification and registration centres become
operational.

35. It will be recalled that, in accordance with document S/22464, the civilian police component was
to total 300 observers. The Civilian Police Commissioner has recommended that its strength be
increased by 99 observers. This recommendation is being reviewed.

36. The activities of the civilian police component are currently linked to those of the Identification
Commission and have expanded as the work of the Commission has increased. MINURSO civilian
police observers maintain a 24-hour presence at the identification centres in order to ensure their
security and to verify that no person is denied entry for the purposes of identification. The police
component also provides technical assistance to the Identification Commission, as appropriate.

37. During the reporting period, the Civilian Police Commissioner, Colonel Jurgen Friedrich Reimann
(Germany), completed his tour of duty with MINURSO and was replaced by Colonel Wolf-Dieter
Krampe (Germany), who assumed his functions on 13 March 1995.

38. I have had preliminary consultations with Member States to ascertain their readiness to provide
the military and civilian police personnel required for the deployment of MINURSO at full strength.
Initial informal responses received thus far indicate that Member States will be in a position to
provide most of the military and civilian police personnel required. However, offers are still awaited
regarding some of the specialized units. The Secretariat will continue its consultations with potential
contributing countries to censure that contingents are made available in a timely manner and that
they are deployed with all the standard basic equipment.

Civilian personnel

39. MINURSO's present authorized staff level is 251, includine Professional staff (81), General
Service staff (78), Field Service staff (37) and local staff (55). With the expansion of the Identification
Commission under resolution 973 (1995), the number of civilian personnel considered necessary to
carry out the Mission's present functions is 132 Professionals, 145 General Service, 43 Field Service
and 90 local staff, totalling some 410 persons. These requirements, along with other budgetary
issues, are presently under consideration by the Advisory Committee on Administrative and
Budgetari Questions. The full deployment of MINURSO will probably not require additional
Professional staff, for, as noted above, those presently serving with the Identification Commission will
take on new functions during the transitional period. It is estimated, however, that additional
General Service, Field Service and local staff will be required, particularly durino the two-month
period leading up to and during the referendum.
Approximately 300 polling officers will also be required for two to three weeks at the time of the
referendum. The Secretariat is exploring the possibility of arranging for the recruitment of United
Nations Volunteers for this purpose.

Equipment requirements

40. As mentioned in previous reports, the extreme weather conditions in the mission area have taken

299
a toll on MINURSO's equipment during the past three and a half years. In addition, MINURSO's
current air-support and communications systems are inadequate for the full deployment of the
Mission. These factors have been taken into account in updating the logistics plan for full
deployment. They may also have implications for the eventual level of civilian and/or military
personnel required.

41. Although the logistics plan will be further refined closet to the start of the transitional period,
preliminary cost estimates for the deployment of MINURSO at full strength will be provided in an
addendum to the present report. As noted above, it is the intention that, to the extent possible,
MINURSO will share the cost of common assets, such as water, accommodation and power, with
UNHCR at those sites where MINURSO and UNHCR will be co-located. This will be taken into
account in further refining the cost estimates.

V. FINANCIAL ASPECTS

42. Authorization has been granted to me, under the terms of General Assembly decision 49/466
and resolution 49/233 of 23 December 1994, to enter into a financial commitment in an amount not
to exceed $17,290,100 gross ($16,130,300 net) for the maintenance of MINURSO for the period from
1 January to 31 March 1995. My report on the financing of MINURSO for the period from 1
December 1994 to 30 June 1995 and for the maintenance of the Mission on a monthly basis after 30
June 1995, including the expansion of the Identification Commission, as approved by the Council in
resolution 973 (1995), has been submitted to the General Assembly for consideration at its current
session.

43. The cash flow situation of the special account of MINURSO remains precarious. As of 21 March
1995, unpaid assessed contributions to it amounted to $20.3 million. Consequently, reimbursement
of troop costs has been made only up to the period ending 31 August 1994. In addition, amounts are
outstanding for contingent-owned equipment. In order to provide the Mission with the necessary
cash flow, a total of $8.2 million has been borrowed from other peace-keeping accounts. These loans
remain unpaid. The total outstanding assessed contributions for all peace-keeping operations on 21
March 1995 was $1,678.5 million.

VI. OBSERVATIONS

44. Patience and perseverance have helped to launch the identification process and to overcome the
numerous problems that have arisen. Over 21,000 persons have been identified. The suspicion and
mistrust that have characterized the process are gradually being dampened. However, they can
easily be rekindled by those who, for motives of their own, may wish to undermine the process.

45. Less than a year ago, very few believed that the identification process would even start. Last
autumn, after it began at last, the pace was such as to inspire little faith in its being completed
within the foreseeable future. Now, the Security Council has adopted resolution 973 (1995), the
additional resources necessary for its implementation have been promised and agreement has been
reached on how identification might be carried forward. The holding of the referendum has thus
become a real possibility.

46. There are currently seven identification centres, with six functioning at any one time. Plans are
in hand to expand the operation further. The computerization of the applications received and, in
particular, the agreement of the parties to a formula for choosing tribal leaders to replace sheikhs
who are no longer living or capable offer the best prospects so far for progress towards the
referendum.

47. The parties have been drawn into a new degree of engagement. At the same time, concern about
the outcome has contributed to increasing nervousness. Completion of the operation will depend on
the smooth functioning of the complex logistical arrangements, the ready availability of sheikhs and
tribal leaders and flexibility on the part of representatives and observers. The difficulties are
complicated by the vast distances, in a territory of 266,000 square kilometres, and the dispersal of
the members of each tribal subgroup throughout the towns of Western Sahara and the camps near
Tindouf.

48. Progress in identification will depend more than anything on the collaboration of both parties. I
urge them to abandon any insistence on strict reciprocity in the number of centres and on the
linkage of a centre on one side with a specific centre on the other, since the distribution of
population is uneven. Nor should limits be imposed on the numbers to be identified on any given
day. There should be no reluctance to permit the process to advance more expeditiously in one place
than the other. A responsible official should be always available to meet with the Identification
Commission to resolve difficulties as they arise.

300
49. It is equally important that the parties procede expeditiously with the implementation of the
other aspects of the settlement plan.

50. Morocco has indicated its willingness to proceed with the reduction of its troops in the Territory,
as required by the settlement plan. It has also indicated its commitment to cooperate in
implementing the other provisions relevant to the confinement of its forces. I hope that my Deputy
Special Representative can similarly count on the cooperation of the Frente POLISARIO as regards
the cantonment of its troops.

51. In my last report, I expressed the hope that progress achieved in the identification and
registration process by 31 March 1995, would enable me to recommend 1 June 1995 as the date (D-
Day) for the start of the transitional period. While the rate of identification is increasing, the progress
achieved to date does not permit me to make this recommendation now. If, however, the parties
make it possibile to raise the rate of identification to the 25,000 per month foreseen in paragraph 14
above, and if they cooperate in resolving expeditiously the remaining issues in the settlement plan, it
can be envisaged that the transitional period could begin in August 1995 and the referendum be
held in January 1996.

52. Finally, I would like to underline the significance of the settlement plan for the whole region. This
is why I urge all concerned to maintain their commitment to its implementation and why I
recommend that there be no lessening of the Council's support for MINURSO at this stage.

53. In closing, I should like to pay tribute to my Deputy Special Representative, the Force
Commander, the Civilian Police Commissioner, and to all the civilian, military and police personnel
of MINURSO, for their determined efforts in furthering the settlement plan.

ANNEX I
Identification figures graph

ANNEX II
Composition of MINURSO military component

-----------------------------------------------------------------------------------------

• S/404 del 19 maggio

UNITED NATIONS
Security Council

S/1995/404
19 May 1995

THE SITUATION CONCERNING WESTERN SAHARA


Report of the Secretary-General

I. INTRODUCTION

1. The present report is submitted to the Security Council in pursuance of resolution 973 (1995) of
13 January 1995 and the statement by the President of the Security Council of 12 April 1995
(S/PRST/1995/17). It covers developments since my report of 30 March 1995 (S/1995/240 and
Add.1) and is divided into five main sections: sections II and III cover the identification process and
other aspects of the settlement plan (S/21360 and S/22464 and Corr.1); section IV discusses
military and civilian police matters; section V deals with the financial aspects; and section VI
contains my observations and

II. IDENTIFICATION PROCESS

2. Since it began on 28 August 1994, the identification of applicants for participation in the
referendum has progressed slowly but incrementally. In February and March 1995, the number of
identification centres was increased from four to seven and the U nited Nations Mission for the
Referendum in Western Sahara (MINURSO) achieved its goal of processing at least 150 persons a
day at each centre. On 3 April, the eighth centre became operational, at the Dakhla camp 180

301
kilometres south of Tindouf. Establis hing that centre had been particularly difficult, as access to the
camp by desert tracks made the transportation of equipment and supplies hazardous and time-
consuming. Eight MINURSO identification centres are now fully operational, at all four refugee ca
mps in the Tindouf area and all four population centres in the Territory.

3. Despite increased operational capabilities, the rate of identification has been uneven. The
operation has been interrupted periodically by difficulties relating to the timely availability of tribal
leaders (sheikhs) and party representatives and to we ather conditions and logistics. The process can
be interrupted at any centre on any day if the sheikh concerned is not available on time, as it is he
who identifies the members of his own subfraction and provides oral testimony in support of their
eligibility to vote. In March and early A pril, severe sandstorms grounded aircraft and stopped
vehicular transport on several occasions, thus halting the operation for days. There have also been
many interruptions as a result of religious and other official holidays and observances.

4. As noted in my last report, the timely availability of tribal leaders or persons to replace those
elected in 1973 and no longer living had been the single greatest obstacle to identification since the
process began. In February, my Deputy Special Repr esentative, Mr. Erik Jensen, submitted to the
two parties a proposal for dealing with the cases of subfractions where there was no surviving and
competent sheikh on one side or the other. Agreement by the parties to his proposal permitted
identification t o proceed in earnest. By mid-March, over 21,300 persons had been identified. The
process continued throughout March and April at most centres.
However, difficulties arose in the interpretation and implementation of certain points of the
agreement. At the end of April, identification was taking place at only three centres, as problems
were obstructing progress at the other five.

5. With a view to addressing the concerns of the Frente Popular para la Liberacion de Saguia el-
Hamra y de Rio de Oro (POLISARIO), my Deputy Special Representative held, from 26 to 28 April in
the Tindouf area, a series of consultations with the POLISARIO political leadership, as well as with
community and tribal leaders. He proposed an interpretation regarding the issue of the eldest son,
for which the Frente POLISARIO had preferred a restrictive interpretation, and a formula for dealing
with all cases w here, because of sickness or for some other compelling reason, the sheikh or his
agreed alternate was not available. The Frente POLISARIO accepted those proposals. My Deputy
Special Representative also met with the responsible Moroccan officials to estab lish the Moroccan
position in response to his proposals and they confirmed their agreement. As a result of those
efforts, both sides agreed to resume identification at all eight centres. On 1 May, the sheikhs,
representatives and observers travelled to t heir respective centres and, on 2 May, identification was
resumed at all eight centres. That week saw the highest total of persons identified to date.

6. During the period since my last report, the parties have not entirely abandoned their earlier
insistence that if, for some reason, identification stopped at a centre on one side, then as a matter of
reciprocity it must also be stopped at a centre on th e other side. Should this attitude persist, it
would become more problematic as MINURSO approached the halfway mark in the identification of
applicants. It can be expected that all applicants will have been processed in the refugee camps in
the Tindouf a rea before identification is completed at all centres in the Territory. Attachment to a
maximum of 150 persons to be identified daily at any given centre, which was originally intended as
a reasonable target, imposes another unnecessary limitation.

7. The additional resources made available under Security Council resolution 973 (1995) allowed
MINURSO to resolve many technical and logistic problems, enabling it to identify on occasion 800 to
900 persons in one day. This confirms that it is quite feasible to identify 1,000 persons a day, if the
tribal leaders and representatives are available when and where required and if no constraints are
imposed on the balance of centres or on the numbers of applicants to be identified daily.

8. As of 15 May 1995, 35,851 persons have been identified. This is far below the figure that
MINURSO would be technically capable of achieving if the full cooperation of the parties, as called
for by the President of the Security Council in his statement of 12 April, was invariably forthcoming.
However, on the basis of the information available, 44.4 per cent (12,819 out of 28,831) of the
persons to be identified in the camps near Tindouf and 28.1 per cent (23,032 out of 81,855) of those
in the population centres of the Territory have been through the process.

9. The legal review of all cases is making good progress. Information concerning the assessment of
Identification Commission members, the testimony of tribal leaders and documentary evidence is
being data-processed for verification purposes, to ensure com patibility and prevent duplication.

10. I am encouraged that, in spite of all the communications, logistics and other difficulties
encountered, individuals are showing a real commitment to the identification process, often
travelling under arduous conditions and then waiting patiently for th eir turn to be identified.

302
11. At present, eight representatives of the Organization of African Unity (OAU) are observing the
identification operation. When the number of identification centres was expanded, the President of
Tunisia, in his capacity as current Chairman of OAU, in c onsultation with the Secretary-General of
OAU, assigned additional observers at once, thus enabling the Identification Commission to continue
its work smoothly. Two more OAU observers are expected to arrive in the mission area in May.

III. OTHER ASPECTS RELEVANT TO THE FULFILMENT OF THE SETTLEMENT PLAN

12. In its resolution 973 (1995), the Security Council requested me to report on my final plans for
implementing all elements of the settlement plan and on the responses of the parties. The cease-fire
is already in place. Other activities undertaken or t o be undertaken in the next few months in
fulfilment of the plan are described below.

Reduction of Moroccan troops in the Territory

13. In July 1995, I intend to address a letter to the Government of Morocco requesting that it provide
information on the strength and location of its military forces in the Territory, with a plan and
timetable for their reduction to the accepted level of 65,000 all ranks. Eleven weeks after D- Day, the
MINURSO military unit will verify that the Moroccan troop strength in the Territory does not exceed
that level. As noted in my last report, the Moroccan authorities have confirmed Morocco's
preparedness to implement fully the provisions of the settlement plan relating to the reduction of
Moroccan troops in the Territory once the start of the transitional period has been determined.

Confinement of POLISARIO troops

14. During the consultations held in 1991 by the former Special Representative, the Frente
POLISARIO had objected to the suggestion that its troops be confined outside the Territory, while
Morocco had refused to agree that the POLISARIO troops be confined in the area between the
sandwall (berm) and the international border of Western Sahara. My Deputy Special Representative
will continue his consultations in the field with the parties and the neighbouring countries in July
1995 and the Secretariat will hol d a last round of consultations in August. I shall make a final
ruling on the matter in September.

Release of political prisoners and detainees

15. The independent jurist, Mr. Emmanuel Roucounas, is reviewing the research work undertaken
by his predecessor on the question of political prisoners. On 15 May, he proceeded to the Mission
area to consult with the parties and establish a programme of work for the months ahead.

Exchange of prisoners-of-war

16. As also noted in my last report, the International Committee of the Red Cross (ICRC) has stated
that it is ready to start working on the release of prisoners-of-war (POWs) as soon as the parties are
ready to do so. I reiterate my hope that further sus tained efforts will enable ICRC to achieve the
release of all POWs from both sides as soon as possible afte the transitional period begins.

Code of conduct

17. In my last report, I informed the Council that the Secretariat had striven to reconcile, to the
extent possible, the views of the two parties on the code governing their conduct during the
referendum campaign. The draft will be finalized within the ne xt few weeks, in consultation with the
parties. I expect to present the final text to the parties in early July 1995.

Return of refugees, other Western Saharans and members of the Frente POLISARIO entitled to vote

18. The Office of the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) is progressing with
preparations for the repatriation of refugees, in conformity with its mandate. UNHCR will continue to
consult closely with other relevant units of MINURSO on th e detailed modalities of the repatriation
programme, as an integral part of the MINURSO operation. UNHCR has assigned an officer to
Tindouf to prepare plans for the logistic aspects of repatriation. A technical mission is also scheduled
to visit the Miss ion area by the end of May to assess water requirements for repatriation.

IV. MILITARY AND CIVILIAN POLICE ASPECTS

Military component

303
19. As of 5 May 1995, the military component of MINURSO, headed by the Force Commander,
Brigadier-General Andre Van Baelen (Belgium), totalled 288 personnel, comprising 240 military
observers and 48 military support personnel (see annex I to the presen t report).

20. Pending the fulfilment of the conditions necessary for the commencement of the transitional
period, the military mandate of MINURSO remains restricted to monitoring and verifying the cease-
fire.

21. During the reporting period, both parties continued to respect the cease-fire, which has been in
effect since 6 September 1991. The continuous patrolling activities of United Nations military
observers have contributed to the successful implementa tion of the cease-fire. Daytime and
overnight patrols take place on a daily basis. During an average month, over 600 ground and 140
aerial reconnaissance patrols are conducted in extremely harsh conditions and over great distances.
The constant presence of military observers has helped to build the confidence of the parties in the
neutrality and impartiality of MINURSO and they continue to extend their full cooperation in this
respect.

22. As noted in my last report, plans for the full deployment of the military component of MINURSO
are being finalized. To avoid the expense of premature deployment, consideration is being given to
the possibility of deploying military personnel at th e same time as the final list of voters is
published.

Civilian police component

23. As of 5 May, the civilian police component of MINURSO, headed by the Police Commissioner,
Colonel Wolf-Dieter Krampe (Germany), totalled 98 observers from Austria (10), Egypt (11), Germany
(5), Ghana (8), Hungary (13), Malaysia (15), Nigeria (15), Norway (2), Togo (9) and Uruguay (10).
Fifteen observers from Ireland and 3 from Norway are to be deployed in the coming weeks, bringing
the total strength of the component to 116, which is considered sufficient to carry out its present
tasks. I have dec ided therefore to maintain it at this strength until conditions necessitate the
deployment of additional civilian police observers, up to the total of 160 authorized by the Council.

24. Pending the commencement of the transitional period, the activities of the civilian police
component remain limited to providing support services, security and other asístanse to the
identification process. The concept of operations for the full deployment of the component is being
developed. It is important that the parties cooperate fully with MINURSO by providing the necessary
information in this regard.

25. During the reporting period, MINURSO has been compelled to repatriate some civilian police
observers who lacked the technical skills required to carry out their tasks. I should like to remind
the contributing countries that MINURSO civilian police personnel must have good driving skills and
be fluent in either English or French.

Logistic aspects

26. The safety of MINURSO personnel, especially those stationed in remote areas, depends on a
strong logistic support system. The vastly increased activity of the Identification Commission has
placed further demands on the logistic capabilities of the Mission, especially in terms of ground and
air transport. The possible provision of an additional helicopter, as well as additional flying hours, is
being reviewed. The Secretariat is making every effort to meet the logistic requirements of MINURSO
wit hin the current budget and in a timely manner.

27. With the deployment of the Identification Commission to the Tindouf area, MINURSO should
have air transport and air medical evacuation capability in that region. This is especially important
at the Dakhla camp, which can be reached only by a drive of three or more hours from Tindouf
across desert terrain. An additional constraint in Tindouf is the restriction on after-dark landing and
take-off. My Deputy Special Representative is approaching the Algerian authorities to secure
clearance to fly over t heir territory and seek permission for landing and take-off during non-daylight
hours. It is hoped that the necessary permissions will be granted shortly.

28. The extreme temperatures, especially in the Tindouf area, where the thermometer can rise as
high as 63 degrees Celsius, could drastically impede, even halt, the identification process. Measures
are therefore being taken to ensure that the capacity to generate power and air conditioning is
provided and maintained in these areas.

29. As noted in my report of 14 July 1994 (S/1994/819), the Australian signals unit of 45 all ranks

304
had withdrawn in May 1994. In the absence of a military unit to replace it, an additional nine
military observers were deployed in order to operate the com munications system of the MINURSO
military component. However, this arrangement has not proved satisfactory, as military observers do
not possess all the technical skills required. The Secretariat is, therefore, consulting with potential
contributing cou ntries with a view to replacing the 9 military observers with a signals unit of 45 all
ranks. This might have budgetary implications. With the full deployment of the military component
during the transitional period, the signals unit would need to be str engthened to approximately 130
all ranks.

V. FINANCIAL ASPECTS

30. In its decision 49/466 B of 6 April 1995, the General Assembly authorized me to enter into a
financial commitment in the amount of $4,806,600 gross ($4,426,000 net) for the maintenance of
MINURSO for the month of June 1995, subject to the extension of its mandate by the Security
Council after 31 May.

31. My report of 7 March 1995 to the General Assembly on the financing of MINURSO
(A/49/559/Add.1 and Corr.1) includes cost estimates for the maintenance of the Mission beyond 30
June 1995 at the rate of $5,619,400 gross ($5,123,000 net) per month. The Ge neral Assembly will
consider that report at its resumed forty-ninth session.

32. As of 30 April 1995, the unpaid assessed contributions to the special account of MINURSO
amounted to $20,271,748. In order to provide the Mission with the necessary cash flow, a total of
$11.4 million was borrowed from other peace-keeping accounts. T hese loans remain unpaid. The
total outstanding assessed contributions for all peace-keeping operations on 30 April was $1.9
billion.

VI. OBSERVATIONS AND RECOMMENDATIONS

33. Under the settlement plan, the parties, namely the Kingdom of Morocco and the Frente
POLISARIO, recognize that sole and exclusive responsibility for the organization and conduct of the
referendum in Western Sahara is vested in the United Nations. Having agreed in principle to the
settlement proposals, the parties undertook to cooperate fully with the Special Representative of the
Secretary-General in the performance of his functions . They are thus expected to facilitate the work
of MINURSO, which can function only with their active support. With regard to the identification and
registration process, my predecessor stated in his report of 19 December 1991 (S/23299) that "such
a comp lex exercise can succeed only with the cooperation of the parties in a spirit of objectivity and
fairness. To carry out its task, the Commission must work in an atmosphere of trust and serenity
which the parties must promote. Needless to say that without their cooperation, even the most
vigorous efforts by the United Nations cannot enable it to fulfil its mission, whatever the human
resources and financial means put at its disposal."

34. It has been five years since the settlement plan and MINURSO came into effect. The plan
provided that the transitional period and the cease-fire would begin simultaneously. However, the
political circumstances have been such that, while the cease-fir e was implemented and has been
observed since 6 September 1991, the widely differing positions and preoccupations of the parties
led to prolonged consultations in the search for compromises on other aspects of the plan. In
consequence, the timetable for its implementation has been subjected to considerable adjustment.

35. With the cessation of hostilities and the delinking of the coming into effect of the cease-fire from
the start of the transitional period, both parties may have lost some of the incentive to cooperate
unreservedly in implementation of the other element s of the settlement plan. It took two and a half
years, through long and arduous negotiations, to reach agreement on the criteria for voter eligibility.
Other equally contentious issues remain to be resolved.

36. When the settlement plan came into effect in 1990, the complexity and sensitivity of the
identification process were not foreseen. Major problems, which arise on a daily basis, have
compelled MINURSO to make strenuous efforts to keep the process on tr ack. It has taken 10
months to process less than one third of the persons to be identified in the population centres of the
Territory and the camps near Tindouf, but many barriers that seemed insurmountable have been
overcome and much has been achieved th at now seems irreversible. Potential
voters are prepared to travel and to wait for hours in uncomfortable conditions. Parents and
children, siblings, family members and friends are meeting for the first time after 18 years of conflict.
The process represents the first genuine hope in two de cades for resolving the dispute and makes it
impossible for the parties to revert to their previous positions without the most serious
repercussions.

305
37. It must be reiterated, however, that the process cannot be brought to a successful conclusion
without the full cooperation of the parties. Given the means and the opportunity, MINURSO can
address the technical difficulties as they develop. It cannot , however, force the parties to continue
with the process if they choose not to do so. I call on them once again to work with MINURSO in a
spirit of genuine cooperation. They should not limit the number of persons to be identified to any
maximum on any g iven day. Nor should they interrupt the process at a centre on one side if it is
technically not possible to proceed with identification in a centre on the other side. Identification
must continue wherever it is required and as expeditiously as possible. I also call on the parties to
provide their full support to UNHCR in the preparations for the repatriation of refugees.

38. If MINURSO is permitted to proceed rapidly with identification, the referendum can take place
early next year. Meanwhile, and before confirming the date for the start of the transitional period,
progress must be achieved on other important aspects of t he settlement plan. This requires the
following steps: in early July, I shall forward to the parties the final text of the code of conduct and
shall inform the Council accordingly. In August, I shall inform the Council of the progress made by
the indepe ndent jurist on the release of political prisoners. In September, I shall make a ruling on
the confinement of the Frente POLISARIO troops. By that time, I should also have received
confirmation from the Government of Morocco on the arrangements for the r eduction of its troops in
the Territory.

39. Monitoring these benchmarks will enable the Security Council to assess the parties' willingness
to press ahead with the implementation of the plan. Equally important will be sufficient progress in
identification and registration to permit the referend um to be held in early 1996. I therefore
recommend that the Security Council extend the mandate of MINURSO for a period of four months.
By the end of September, I shall assess all the progress achieved and, on this basis, make
recommendations to the Secu rity Council for the fulfilment of the United Nations mandate in
Western Sahara.

40. The United Nations and OAU have worked together in a true spirit of cooperation throughout the
identification process and I should like to thank OAU, and its observers, for the efforts that have
gone into making the process work. I am also grateful for the untiring efforts of my Deputy Special
Representative in moving the process forward.

41. In closing, I should also like to thank the parties for their practical support to MINURSO and the
neighbouring countries for their assistance and cooperation.

Annex I
Composition of MINURSO military component

306
• 1997: S/742 del 24 settembre – Accordi di Houston

UNITED NATIONS

Distr. GENERAL
S/1997/742
24 September 1997

REPORT OF THE SECRETARY-GENERAL ON THE SITUATION CONCERNING WESTERN SAHARA


I. INTRODUCTION

1. The present report is submitted pursuant to Security Council resolution 1108 (1997) of 22 May
1997, in which the Council urged the parties, Morocco and the Frente Popular para la Liberación de
Saguía el-Hamra y del Río de Oro (Frente POLISARIO), to continue to cooperate with my Personal
Envoy in his mission, and requested me to submit, by 15 September 1997, a comprehensive report
on the results of my evaluation of all aspects of the Western Sahara issue.

2. In a presidential letter dated 18 September (S/1997/722), the Security Council agreed to my


proposal, contained in a letter dated 12 September (S/1997/721), to defer the report until later this
month, in order to take account of the results of the round of direct talks between the parties held
from 14 to 16 September. The Council expected to receive my report in time to enable it to take
action with regard to the United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO),
whose current mandate expires on 30 September 1997.

3. The present report covers developments since my interim report of 9 May 1997 (S/1997/358),
including the efforts pursued by my Personal Envoy following his exploratory visit to the Mission
area in late April, other aspects relevant to the settlement plan (S/21360 and S/22464), as well as
my observations and recommendations.
II. MISSION OF THE PERSONAL ENVOY OF THE SECRETARY-GENERAL

4. Following his exploratory visit to the Mission area, my Personal Envoy, Mr. James A. Baker III,
informed me that neither party had indicated any willingness to pursue any political solution other
than implementation of the settlement plan. He advised that discussions with the two parties on the
implementation of the plan would be necessary, but that the only way realistically to assess its
implementability would be by arranging direct talks between them, under United Nations auspices. I
decided therefore to invite the Government of Morocco and the Frente POLISARIO as well as the two
neighbouring countries, Algeria and Mauritania, to send high-level representatives to meet with my
Personal Envoy in London, for separate consultations on that issue on 10 and 11 June. Throughout
the consultations and subsequent direct talks, Mr. Baker was assisted by Mr. Erik Jensen, my
Acting Special Representative for Western Sahara, Mr. Chester A. Crocker, former United States
Assistant Secretary of State for African Affairs, and Mr. John R. Bolton, former United States
Assistant Secretary of State for International Organizations.

5. In London, my Personal Envoy informed each delegation of the conclusions he had reached
following his exploratory visit to the Mission area. He explained that direct talks between the two
parties would be necessary, in order to address the obstacles in the implementation of the plan. The
talks, which would start on 23 June, at Lisbon, would be private, would not constitute an
international conference and would continue for as long as he felt that there was progress. Algeria
and Mauritania, as observers, would be kept informed of developments, but would take part in the
discussions only on issues directly affecting them.

6. My Personal Envoy further explained to the parties that, during the direct talks, he would make
suggestions and offer ideas to facilitate their work, including proposals for bridging their differences
to try to eliminate deadlocks. However, he would have no power to impose solutions on them, or veto
agreements reached by them. It was agreed with the two parties and the two observer countries that
complete confidentiality would be maintained and that no issue would be considered as finally
agreed until all outstanding issues were agreed.

7. Under the ground rules set forth and agreed to in London, the first official direct contact between
Morocco and the Frente POLISARIO under United Nations auspices was held at Lisbon on 23 June,
in a good, cooperative atmosphere. The discussions started with the primary issue that had
deadlocked the implementation of the settlement plan, namely the identification of prospective
Saharan voters in the referendum. At the end of the first day, my Personal Envoy submitted a
proposal to bridge the parties' differences in the identification process. The delegations of Algeria and
Mauritania were kept fully briefed of developments. Since both sides indicated that they needed to

307
consult with their principals before responding to Mr. Baker's proposal, the Lisbon meeting was
adjourned on the second day. However, both parties gave their responses to my Personal Envoy
within 48 hours.

8. This led to a second round of direct talks between the parties, held in London on 19 and 20 July.
Algeria and Mauritania were also invited as previously. During those talks, agreement was reached
on issues related to the identification of prospective voters and on preparations for the return of
refugees (see annex I to the present report). In addition, the parties confirmed their support for the
provisions of the settlement plan concerning the reduction and confinement of Moroccan forces
during the transitional period. Those agreements, and all others subsequently reached in the direct
talks under the auspices of my Personal Envoy, were reduced to writing and initialled by the parties.

9. At the end of the second round, the parties agreed to hold a third round of direct talks at Lisbon,
on 29 and 30 August, during which they would continue their discussions on troop confinement and
would also discuss issues related to the release of prisoners of war and of Saharan political
detainees.

10. My Personal Envoy opened the third round of direct talks between the parties in Lisbon on 29
August, as scheduled. Algeria and Mauritania were again invited as previously. During the Lisbon
talks, agreement was reached on issues related to the confinement of Moroccan and Frente
POLISARIO forces and to the release of prisoners of war and Saharan political prisoners and
detainees (see annex II).

11. While in Lisbon, my Personal Envoy also began discussions between the parties on a proposed
code governing their conduct during the referendum campaign, as envisaged in the settlement plan.
Following a general discussion on this question in the afternoon of 29 August, he decided to adjourn
the talks, as the Moroccan delegation had not expected to discuss this issue in detail and therefore
did not have the appropriate experts in attendance. The two parties agreed to hold the next round in
the United States of America, with a view to reaching an agreement on the code and related issues.

12. The fourth round of direct talks between the two parties was held at Houston, Texas, from 14 to
16 September. Algeria and Mauritania attended again as observers. On 16 September, Morocco and
the Frente POLISARIO reached agreement on the code of conduct for the referendum campaign and
on a declaration of the parties relating to the authority of the United Nations during the transitional
period. In addition, they agreed to a set of practical measures for the resumption of the identification
process. The documents agreed to during this round are contained in annex III to the present report.

13. I take this opportunity to express again my appreciation to the Governments of Portugal and the
United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland, as well as the Baker Institute for Public
Policy at Rice University in Houston, for having hosted the direct talks.

III. MILITARY AND CIVILIAN POLICE ASPECTS

Military component

14. On 18 July 1997, Major-General Jorge Barroso de Moura (Portugal) completed his assigned tour
of duty as the Force Commander of MINURSO. The Chief of Staff, Colonel Mohd Isa bin Said
(Malaysia), served as Acting Force Commander until the arrival of Major-General Bernd S. Lubenik
(Austria), who took up his functions on 28 August. As at 24 September, the strength of the military
component stood at 224 (annex IV).

15. During the reporting period, the situation in Western Sahara remained stable. The military
component of MINURSO continued to monitor the ceasefire through daily ground patrols and
helicopter reconnaissance. Both the Royal Moroccan Army and the Frente POLISARIO forces
continued to cooperate with the military observers.

16. On 17 August, a Moroccan water tanker was allegedly fired upon. The incident was thoroughly
investigated by MINURSO military observers, with the cooperation of both parties. However,
responsibility for the incident could not be conclusively established.
Civilian police component

17. In my report of 5 May (S/1997/358), I indicated that the civilian police component was being
phased out pending conclusion of the talks under the auspices of my Personal Envoy. Accordingly,
the last three civilian police officers left on 2 June.

IV. OTHER ASPECTS OF THE SETTLEMENT PLAN


Saharan political prisoners and detainees

308
18. On 8 September, the Independent Jurist, Professor Emmanuel Roucounas, met with Moroccan
officials in Rabat, to seek specific information on a list of 167 alleged political prisoners and
detainees, submitted by the Frente POLISARIO and transmitted to the Government of Morocco by my
Acting Special Representative on 17 January 1997. During the meeting, the Moroccan officials
informed the Independent Jurist that they had identified only one individual on the list, a member of
the armed forces who had deserted and received a death sentence, later commuted to life
imprisonment. According to the authorities, the other persons listed were (a) dead, (b) unknown, (c)
had joined the Frente POLISARIO, (d) had been released or (e) amnestied. In addition, some names
on the list appeared more than once. When asked by the Independent Jurist for the names of the
persons in these categories, the officials replied that they would be provided at a later stage, together
with clarifications about repeated names. They also expressed concern that, as indicated in the
Frente POLISARIO's transmittal letter, the list was provisional and therefore subject to changes or
additions. The Independent Jurist is prepared to return to the region at the earliest opportunity in
order to undertake further consultations with the parties.
Repatriation of refugees

19. In accordance with the agreement reached by the parties in London on 11 June, the Office of the
United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) began preparatory work in the region in
early August. Two UNHCR delegations arrived in the Mission area on 6 and 9 August. A
multidisciplinary technical team remained until 20 August, to carry out a survey of facilities and
conditions in the Territory, in the refugee camps in the Tindouf area, and in Mauritania, in order to
update the report of a UNHCR technical mission undertaken in 1995. A legal/protection team
carried out a pilot registration project until the end of August, in three of the refugee camps. The
team interviewed a number of residents in the camps, asking them whether they wished to be
repatriated and, if so, to which final destinations in the Territory. UNHCR is pursuing its activities in
order to complete the preparations for the repatriation of Saharan refugees in accordance with the
provisions of the settlement plan and the agreements reached in the direct talks.

V. FINANCIAL AND ADMINISTRATIVE ASPECTS

20. On 5 August, the Governor of Laayoune informed MINURSO that the Government of Morocco
would no longer be in a position to provide board and lodging to MINURSO personnel in Laayoune
after August 1997. However, while in Houston for the direct talks of 14 to 16 September, the
Moroccan authorities advised that facilities would continue to be provided to the MINURSO
personnel in Laayoune beyond the current mandate. I am gratified that the Government of Morocco
will continue to extend these facilities, in accordance with the agreement between the United Nations
and the Government on the privileges and immunities of MINURSO, concluded by an exchange of
letters dated 13 December 1991 and 15 January 1992.

21 In its resolution 51/2 B of 13 June 1997, the General Assembly appropriated $30,229,800 gross
for the maintenance of MINURSO, at its current strength, for the period from 1 July 1997 to 30 June
1998, to be assessed at the monthly rate of $2,519,150 gross. I will submit an addendum to the
present report shortly to provide the financial implications for the resumption and completion of the
identification process, as outlined in paragraphs 28 to 30 of the present report.
22. As at 24 September 1997, unpaid assessed contributions to the MINURSO special account for
the period since the inception of the Mission to 30 September 1997 amounted to $46.2 million. The
total outstanding assessed contributions for all peacekeeping operations as at 24 September 1997
was $1,849 million.

VI. OBSERVATIONS AND RECOMMENDATIONS

23. When I appointed Mr. James A. Baker III as my Personal Envoy for Western Sahara, I asked him
to undertake a fresh assessment of the situation, whose purpose would be threefold: to assess, in
consultation with the parties, the implementability of the settlement plan in its present form; to
examine whether there were any adjustments, acceptable to the parties, which would significantly
improve the chances of implementing it in the near future; and, if not, to recommend other possible
ways of resolving the conflict.

24. As indicated in paragraph 4 of the present report, my Personal Envoy concluded after his
exploratory mission in late April 1997 that neither Morocco nor the Frente POLISARIO wished to
pursue any political solution other than implementation of the settlement plan. I supported his view
that the only way to address the obstacles in the implementation of the plan and assess its
implementability would be through direct talks between the parties, under the auspices of the
United Nations.

309
25. During the ensuing rounds of direct talks, as described in section II of the present report, the
two parties agreed to bridging proposals on outstanding issues related to the identification of
prospective voters in the referendum, to the preparatory work of UNHCR for the repatriation of
Saharan refugees, and to the code governing the conduct of the parties during the referendum
campaign. Compromise agreement was also reached by the parties, as well as the two observer
countries, on the outstanding question of Frente POLISARIO troop confinement. With regard to
prisoners of war and Saharan political detainees, the parties reaffirmed their commitment to the
relevant provisions of the settlement plan and to cooperation with the International Committee of the
Red Cross and the Independent Jurist. At the conclusion of the fourth round of direct talks, the
parties agreed to a set of practical measures to be taken for the resumption of the identification
process. They also agreed to an important declaration relating to the authority of the United Nations
during the transitional period.

26. With these agreements, and the goodwill and spirit of cooperation shown during the talks, the
main contentious issues that had impeded the implementation of the plan have thus been
satisfactorily addressed. It may be recalled that in order to reach resolution of these issues, my
Personal Envoy agreed with the parties at the start of the talks that no issue would be considered as
finally agreed until all outstanding issues were agreed. With the successful completion of the last
round, all the agreements reached in London, Lisbon and Houston have taken effect.

27. These achievements create the conditions to proceed towards the full implementation of the
settlement plan, starting with the resumption of the identification process. I believe that MINURSO
should be provided with the resources to do so on an urgent basis, in order to build on the current
momentum. It is my intention to approach the competent legislative bodies with a view to obtaining
the necessary commitment authority in this regard to begin this process. It is hoped, however, that
the two parties, as well as the two observer countries, will be as cooperative in implementing the
agreements as they were in reaching them. Ultimately, it is only the genuine commitment of the
parties to the settlement plan and the agreements reached in the direct talks that will determine
whether it is possible to fulfil the objectives of the plan.

28. I therefore recommend that MINURSO proceed with the implementation of the plan, starting with
the completion of the identification process. The identification of all remaining prospective Saharan
voters could be completed at the earliest feasible opportunity, provided that both parties cooperate
totally with the Commission in carrying out its tasks in accordance with the measures agreed.

29. The identification operation would be conducted in successive phases. Identification would begin
at four centres. It is estimated that 32 identification staff and 36 civilian police officers would be
required to operate these centres. The operation would then be rapidly expanded to a maximum of
nine centres operating concurrently, with an estimated additional staff of 40 identification and 45
civilian police officers. By the end of the process, the list of persons judged eligible to vote would be
published, and the transition period could begin shortly thereafter, upon completion of other steps
required by D-day in accordance with the settlement plan. On the basis of the original timetable for
the transitional period, the referendum of self-determination in Western Sahara would thus be held
within a year.

30. The identification operation should be resumed as soon as possible. As an immediate step, the
identification records, stored at the United Nations Office at Geneva since July 1996, would be
transferred back to MINURSO in Laayoune and Tindouf. During this period, experienced
identification personnel and civilian police officers would be identified and recruited, in order to
launch the process and train staff arriving subsequently. The list of Saharan sheikhs called upon to
testify would be revised. Identification centres would be reopened by the end of this period and
convocation lists of applicants to the referendum would start being issued.

31. In order to initiate this preparatory work and also to enable concerned members of the Security
Council to consult with their authorities on the proposed expansion of MINURSO, I recommend that
the mandate of the Mission be extended for three weeks, until 20 October 1997. I further
recommend that the mandate of MINURSO be extended thereafter for a period of six months, until
20 April 1998, in order for the Mission to proceed with the identification tasks described in the three
preceding paragraphs. The related cost estimates are being issued as an addendum to the present
report.

32. Should these recommendations meet the approval of the Security Council, it would be my
intention to dispatch a technical team to the Mission area during the first half of October 1997, to
reassess the resources requirements for the deployment of MINURSO at full strength. I expect to
revert to the Council in November with a comprehensive report, including a detailed plan, timetable
and financial implications for the holding of the referendum of self-determination and fulfilment of
the United Nations objectives in Western Sahara.

310
33. I wish to take this opportunity to express my deep gratitude to Mr. James A. Baker III for his
invaluable contribution to overcoming the obstacles in the implementation of the settlement plan
and moving the peace process forward in Western Sahara.

Annex I
Results of the second round of direct talks
London, 19 and 20 July 1997

I. COMPROMISE AGREEMENT ON OUTSTANDING IDENTIFICATION ISSUES

1. The parties agree that they will not directly or indirectly sponsor or present for identification
anyone from tribal groupings H41, H61 and J51/52 other than persons included in the Spanish
census of 1974 and their immediate family members, but the parties shall not be obligated to
actively prevent individuals from such tribal groupings from presenting themselves. The parties
agree that identification of any such individuals who may present themselves shall proceed as soon
as possible.

2. The parties agree that persons from all other tribal groups from census categories H, I and J may
come forward to be identified.

3. The parties agree that the Special Representative of the Secretary-General shall notify the parties
of the results by number, but not name, of the identification process to date.
4. The parties acknowledge that, from the time of the original settlement plan, they have understood
that credible oral testimony to the Identification Commission would be required, and the parties
agree that in the identification process oral testimony will be received and considered by the
Identification Commission, as provided for in the settlement plan.
II. COMPROMISE ON OUTSTANDING REFUGEE ISSUES
The parties concur that the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR)
should begin the steps preparatory to the process of repatriation of refugees in accordance with the
settlement plan. In addition, they have agreed to cooperate with UNHCR in implementation of the
repatriation programme in accordance with UNHCR's normal practice and established principles of
repatriation.
Annex II
Results of the third round of direct talks
Lisbon, 29 August 1997

I. COMPROMISE AGREEMENT ON TROOP CONFINEMENT

1. The parties agree that Moroccan armed forces will be reduced and confined or contained in all
respects strictly in accordance with the provisions of the settlement plan.

2. The parties and the observer nations of Algeria and Mauritania also agree that Frente POLISARIO
armed forces will be confined or contained in locations and numbers as designated by the Special
Representative of the Secretary-General (as called for in the settlement plan) provided, however, that
no more than 2,000 individuals may be confined or contained on the territory of Western Sahara
east of the sand berm and no more than 300 individuals on the territory of Mauritania. Frente
POLISARIO armed forces over and above the number designated by the Special Representative of the
Secretary-General for confinement or containment in Western Sahara east of the sand berm and in
Mauritania shall be confined or contained on the territory of Algeria. As far as the locations of the
troops to be confined and contained in Algeria and Mauritania are concerned, these locations will be
identified in coordination with the Algerian and Mauritanian authorities.

3. This compromise agreement is for the sole purpose of further defining the rights and
responsibilities of the parties and the observer nations regarding confinement or containment of
troops for the purpose of carrying out the settlement plan and the referendum called for in such
plan. This compromise shall in no way change, alter or otherwise affect the internationally
recognized boundaries of Western Sahara, and shall not serve as precedent for any argument that
such boundaries have changed or been altered.

II. PRISONERS OF WAR

1. The parties agree that all prisoners of war will be repatriated in accordance with the provisions of
the settlement plan.

311
2. The parties further agree that they will continue their full cooperation with the International
Committee of the Red Cross until the completion of the repatriation process.

III. POLITICAL PRISONERS OR DETAINEES

The parties agree that any and all Saharan political prisoners or detainees will be released, pursuant
to the amnesty envisioned in the settlement plan, before the beginning of the referendum campaign.
The parties further agree that they will fully cooperate with the Independent Jurist in carrying out
his duties.

Annex III
Results of the fourth round of direct talks
Houston, Texas, 14-16 September 1997

I. DECLARATION OF THE PARTIES

1. The Parties agree to comply with their commitments as regards the identification process,
repatriation of refugees, prisoners, detainees, confinement of their respective troops as well as the
code of conduct for the referendum campaign.

2. The Parties understand and agree that the United Nations is required by the settlement plan to
organize and conduct a referendum that is free, fair and transparent and free from all constraints,
both for participants and accredited observers. They also understand and agree that the Special
Representative of the Secretary-General will set the start of the referendum campaign when he is
satisfied that all such conditions are met.

3. Accordingly, the Parties agree that the powers and authorities of the United Nations during the
transitional period, as described in the settlement plan, and during the referendum campaign, as
described in the code of conduct, shall apply to ensure, among other things, that there shall be
complete freedom of speech and assembly, and of the press, as well as freedom of movement of
personnel and property into, out of and within the Territory, thus creating a climate of public
tranquillity within which a referendum free of all constraints, intimidation and harassment can be
organized and conducted by the United Nations.

4. The Special Representative of the Secretary-General shall be authorized to issue regulations


prohibiting graft, fraud, intimidation or harassment which could interfere with the organization and
conduct of a free, fair and transparent referendum, and shall likewise be authorized to require that
all Parties shall have equal access to all television and radio facilities for the purpose of broadcasting
their respective views on the referendum. Television and radio facilities shall be made available at
United Nations expense to the Special Representative of the Secretary-General to the extent he
deems appropriate, in order to disseminate publicly information about the referendum in order to
inform all eligible voters about their rights and obligations.

II. CODE OF CONDUCT FOR THE REFERENDUM CAMPAIGN IN WESTERN SAHARA

Having regard to resolution 658 (1990), by which the Security Council approved the report of the
Secretary-General of the United Nations on the situation concerning Western Sahara (S/21360),
Having regard to resolution 690 (1991), by which the Security Council approved the report of the
Secretary-General (S/22464) and decided to establish, under its authority, a United Nations Mission
for the Referendum in Western Sahara (MINURSO),
Having regard to the aforementioned reports of the Secretary-General collectively referred to as the
"Settlement Plan",
Having regard to regulations 5 and 8 to 10 of the General Regulations for the Organization and
Conduct of the Referendum in Western Sahara issued by the Secretary-General on 8 November 1991
(S/26185, annex III), and
In order to ensure that the referendum on self-determination for the people of Western Sahara is free
and fair, without military or administrative constraints and without any intimidation or interference,
the Code of Conduct set out below shall govern the referendum campaign.
This Code of Conduct formulated and issued by the Special Representative of the Secretary-General
after consultation with the two Parties shall govern the conduct and behaviour, during the
referendum campaign, of the Parties and persons or groups of persons approved by the Special
Representative of the Secretary-General, supporting one or the other Party participants in the
referendum.

1. Sole and exclusive authority over all matters relating to the referendum, including its organization
and conduct, shall be vested in the United Nations. This authority shall be exercised, within the

312
framework established by the Settlement Plan, by the Special Representative of the Secretary-
General.

2. The Special Representative shall, in accordance with the Settlement Plan, set the date for the
commencement of the referendum campaign, which shall be at such time as he is satisfied that all
conditions are met for a free and fair campaign and which date shall be three weeks prior to the date
set for the referendum. No referendum campaign activities shall commence prior to that date.

3. The two Parties shall be entitled, in accordance with the provisions of this Code, to campaign
freely for the support of those entitled to vote, during the period specified for this purpose in
paragraph 2 above. Each Party shall respect the corresponding right of the other Party in this
regard.

4. The two Parties shall respect the right of all persons or groups of persons wishing to participate in
campaign events and activities, expressly prohibiting any form of intimidation, including
intimidation of persons seeking access to polling centres. The two Parties shall see to it that no
person or group of persons disrupts meetings, demonstrations and rallies organized by others having
a different political view. The two Parties shall do what is needed to ensure that no person or group
of persons seeks to prevent anyone from participating in meetings, demonstrations or political rallies
organized by others to put forward a political position that is different from their own. It is
understood that, apart from those returning under the auspices of UNHCR in accordance with the
Settlement Plan, no party shall encourage, support or facilitate the transfer or movement of people in
substantial number into the Territory without the express authority of the Special Representative.

5. Possession of weapons of any kind, including traditional weapons, shall be strictly prohibited
during any meeting, march, demonstration or political rally related to the referendum campaign.

6. No meeting, demonstration or political rally involving 30 or more persons may be held or


organized without the prior authorization, in writing, of the MINURSO civilian police who will consult
with the existing security forces. In all cases where such consultation is required or permitted by
this Code, the adequacy of such consultations shall be determined solely by the Special
Representative. The Parties shall notify the MINURSO civilian police of their intention to hold a
demonstration and shall apply for the required authorization at least two days prior to the proposed
demonstration.

7. In accordance with its functions, which include monitoring the existing security forces, the
MINURSO civilian police shall ensure that meetings, marches, demonstrations and rallies of
opposing parties are not held close to one another, at the same time or in such a manner as to
threaten public order and security. The two Parties undertake to cooperate with MINURSO in good
faith so that this principle may be applied faithfully and reasonably should the dates or venues
coincide.

8. Each Party shall establish direct lines of communication and maintain regular contact with the
field offices of the Special Representative in the Territory, and shall keep the Special Representative
apprised of any information he may request or need in order to ensure a free and fair campaign.

9. The two Parties shall respect the right to participate in authorized political
meetings, demonstrations, marches and rallies conducted as part of the referendum campaign on
the part of all voters entitled to participate in the referendum. Where necessary, the Special
Representative shall take appropriate measures to ensure the security and freedom of access of the
persons concerned, including consultations with the existing security forces.

10. The two Parties shall permit representatives of the international and local press and independent
observers duly accredited by the Special Representative unrestricted access to all public political
activities conducted during the referendum campaign and referendum. Such observers, to be
accredited, must be recognized and experienced in election observation, shall perform only
observation and reporting functions, and shall not engage in any partisan activities. The two Parties
shall likewise respect the rights of official observers as are provided for under the Settlement Plan to
observe and attest all political activities conducted during the referendum campaign and
referendum.

11. Campaign material normally used, such as posters, video equipment, tapes, loudspeakers and,
within reasonable limits, vehicles, shall be permitted at campaign activities. No national colours or
flags, other than the United Nations flag, shall be displayed in any campaign activities or locations.
Nor shall any national colours or flags be displayed except those that were on government buildings
as at 14 September 1997.

313
12. The two Parties shall ensure that speakers at campaign events avoid at all times using language
which is offensive or inflammatory or which threatens or incites violence in any form.

13. The two Parties shall refrain from issuing pamphlets, newsletters or posters, either officially or
anonymously, having an offensive, abusive or inflammatory content.

14. The two Parties shall make every effort to ensure that persons or groups of persons do not
plagiarize symbols of opposing groups or steal, remove or destroy their property or campaign
materials.

15. Any complaint or allegation of intimidation or of any other form of unlawful conduct during the
referendum campaign shall be brought immediately to the attention of the MINURSO civilian police
office and the field office of the Special Representative. The head of the office in question shall
immediately take steps to resolve the matter, including informing the existing security forces if, in
his opinion, the occasion requires it. If this is not possible, the matter shall be referred to the Special
Representative for a decision, which shall be final.

16. The two Parties shall issue directives to all persons or groups of persons requiring their strict
compliance with this Code of Conduct and shall take all other steps necessary to ensure the effective
implementation of the Code.

17. The two Parties shall cooperate with the Special Representative in publicizing the Code of
Conduct throughout the Territory and in giving it the widest possible dissemination.

18. The Special Representative of the Secretary-General shall have the responsibility of guaranteeing
the freedom of movement and the security of the population. The two Parties undertake to do their
utmost to ensure respect for these rights.

III. PRACTICAL MEASURES TO BE TAKEN FOR THE RESUMPTION OF IDENTIFICATION

1. The responsibility for implementing the identification process lies with the Identification
Commission.

2. The Commission will confirm the timetable and the locations for identification, as well as the
operational procedures for identification. The Chairman of the Identification Commission will inform
and provide the parties with relevant convocation lists in due time after the list of sheikhs and
alternates for each tribal group to be identified has been established by the Chairman following
consultations with the parties. All remaining applicants, as defined and agreed in London on 19 July
1997, will be convoked once.

3. The working week and hours of work, as well as other necessary practical measures to be taken in
order to achieve the weekly programme, will be at the discretion of the centre leader.

4. In the interest of efficiency and economy, the necessary rotations will take place once a week from
Laayoune and Tindouf. The parties will ensure that all participants concerned, sheikhs as well as
observers, will be available to complete a full week's work, and accommodated accordingly.

5. The Organization of African Unity will be invited to observe in accordance with the settlement
plan.

6. The parties undertake to cooperate fully with the Identification Commission in the discharge of its
function.

Annex IV
Composition of the military component of the United Nations Mission for the Referendum in Western
Sahara
Strength as at 24 September 1997

a Force orderly room.


b Medical personnel.

314
• 2001: S/613 del 20 giugno – Piano Baker I: Accordo quadro sullo status del Sahara
Occidentale

United Nations
Security Council
S/2001/613
Distr.: General
20 June 2001

Report of the Secretary-General on the situation concerning Western Sahara

I. Introduction

1. The present report is submitted pursuant to Security Council resolution 1349 (2001) of 27 April
2001, by which the Council extended the mandate of the United Nations Mission for the Referendum
in Western Sahara (MINURSO) until 30 June 2001 and requested me to provide an assessment of
the situation before the end of that mandate. The Security Council acted in the expectation that the
parties, the Kingdom of Morocco and the Frente Popular para la Liberación de Saguía el-Hamra y del
Río de Oro (Frente POLISARIO), under the auspices of my Personal Envoy, James A. Baker III, would
continue to try to resolve the multiple problems relating to the implementation of the settlement plan
(S/21360 and S/22464) and try to agree upon a mutually acceptable political solution to their
dispute over Western Sahara. The present report covers developments since my previous report to
the Council, dated 24 April 2001 (S/2001/398).

II. Developments during the reporting period

A. Activities of the Personal Envoy of the Secretary-General

2. During the reporting period, my Personal Envoy, James A. Baker III, met with officials of the
Kingdom of Morocco to determine if, as the administrative power in Western Sahara, Morocco was
prepared to offer or support some devolution of authority for all inhabitants and former inhabitants
of the Territory that would be genuine, substantial and in keeping with international norms.

3. On 5 May 2001, my Personal Envoy met with President Bouteflika and other senior Algerian
officials in Algiers to present a draft "Framework agreement on the status of Western Sahara" (see
annex I), which he was confident the Kingdom of Morocco would support. The Algerian authorities
promised to study the document and revert to my Personal Envoy with their comments. On 22 May
2001, President Bouteflika addressed letters to my Personal Envoy and myself, along with a
memorandum containing Algeria's comments on the proposed framework agreement (see annex II
and enclosure). In his letter to my Personal Envoy, President Bouteflika expressed his appreciation
for Mr. Baker's efforts and perseverance in settling the question of Western Sahara. He pointed out
that, in Algeria's view, the proposed document presented certain weaknesses and imbalances, as
outlined in the memorandum attached to his letter. He added that Algeria's point of view translated
its concern in succeeding in getting out of a crisis that had lagged on for 26 years, if not by giving
complete satisfaction to each of the parties, by at least equitably distributing the dissatisfaction and
sacrifices imposed on each party. He expressed his willingness to offer to my Personal Envoy, either
directly or through diplomatic channels, all the clarification that might be needed concerning
Algeria's communication.

4. While the Security Council has the opportunity to study Algeria's response to the proposed
framework (annex II, enclosure), it may be useful to also review the analysis of that memorandum
prepared by the Secretariat (see annex III).

5. On 5 May 2001, my Personal Envoy also met with the Secretary-General of the Frente POLISARIO,
Mohamed Abdelaziz, and other members of his party in Tindouf, with whom he reviewed the
proposed framework agreement. Mr. Abdelaziz responded by saying that anything other than
independence meant integration with Morocco and that he did not want to consider or discuss the
framework proposal.

6. The Frente POLISARIO coordinator with MINURSO, Emhamed Khaddad, met with my Personal
Envoy in Houston, on 31 May 2001, and with me in New York, on 4 June. Mr. Khaddad delivered
letters addressed to my Personal Envoy and myself from Secretary-General Abdelaziz, along with
official proposals of the Frente POLISARIO aimed at overcoming the obstacles preventing the
implementation of the settlement plan (see annex IV and enclosure). While the Security Council has

315
the opportunity to study the POLISARIO proposals, it may also be useful to review the analysis of
these proposals prepared by the Secretariat (see annex V).

B. The ceasefire and other developments

7. During the reporting period, my Special Representative, William Eagleton, continued his
consultations in the region on the current state of affairs and the peace process in Western Sahara.

8. In my last report I indicated that preparations by the Moroccan military authorities for the
construction of an asphalted road in the Guerguerat area of Western Sahara, at the south-western
corner of the Territory, had been suspended at the request of MINURSO (S/2001/398, para. 4). In
mid-May, with signs that work on the road had resumed, MINURSO and several Member States
contacted the Moroccan authorities and requested that they again suspend the road construction.
Subsequent MINURSO patrols confirmed that no roadwork was under way (see para. 15 below).

C. Appeals process

9. During the reporting period, the Identification Commission continued with simulation workshops
for "hearings on the substance". Feedback from these sessions was used in the preparation of a
manual on the hearings on the substance. The Commission also involved both civilian police officers
from MINURSO and the observer delegation of the Organization of African Unity (OAU) to MINURSO
in its simulation workshops, with specific training being provided to the former, on both the
theoretical and practical aspects of the hearings. An evaluation of the activities of the Commission
since the last reporting period was the subject of a meeting in Agadir on 26 and 27 May 2001,
attended by my Special Representative, members and registration officers of the Commission and
heads of other MINURSO components, as well as representatives of OAU and the Office of the United
Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR). The final version of the Manual on Hearings on
the Substance was officially adopted in Agadir.

10. On 2 June 2001, the Chairman of the Identification Commission, Eduardo Vetere, had to resume
his duties at the United Nations Office in Vienna, after completing his two-year assignment with
MINURSO. I should like to pay tribute to Mr. Vetere for his outstanding service with MINURSO as
Chairman of the Identification Commission and as Officer-in-Charge of MINURSO in the absence of
my Special Representative from the mission area. I wish him well in his future endeavours.

D. Prisoners of war

11. At present, 1,479 Moroccan prisoners of war are still being held in camps in the Tindouf area of
Algeria, most for more than 20 years. Their continued detention is now a serious humanitarian issue
in view of their age, state of health and duration of captivity. The International Committee of the Red
Cross (ICRC) has expressed its readiness to supervise their repatriation. I once again urge the
parties to cooperate with ICRC in this humanitarian endeavour.

E. Military aspects

12. As at 18 June 2001, the military component of MINURSO stood at the authorized strength of 230
military personnel (see annex VI). Under the command of General Claude Buze (Belgium), the
military component continued to monitor the ceasefire between the Royal Moroccan Army and the
Frente POLISARIO military forces, which came into effect on 6 September 1991.

13. During the reporting period, discussions continued between MINURSO and the Frente
POLISARIO, at various levels, to ease or lift the restrictions imposed by the latter on the freedom of
movement of United Nations military observers east of the defensive sand-wall (berm) since last
January. To that effect, the Force Commander met with the Frente POLISARIO on 23 May 2001.
Despite these efforts no significant progress can be reported towards the lifting of these restrictions.
As reported in my two previous reports to the Security Council (S/2001/148 and S/2001/398),
MINURSO ground patrols are not allowed closer to Frente POLISARIO combat units or observation
posts than 800 metres and are required to be escorted at all times by Frente POLISARIO liaison
officers. Large tracts of land south and east of the MINURSO team site at Agwanit are still out of
bounds. MINURSO air reconnaissance is still limited to the 30- kilometres restricted area
immediately east of the berm and has to follow Frente POLISARIO-approved air routes.

14. On the western side of the berm, MINURSO military patrols continued to visit and inspect Royal
Moroccan Army ground units greater than company size, in accordance with the ceasefire
arrangements between MINURSO and the Royal Moroccan Army. From 7 to 22 May 2001, MINURSO
military observers confirmed the destruction, by the Royal Moroccan Army, of about 3,000 anti-tank
mines, 37,000 anti-personnel mines and 27,000 detonators and munitions in the Ankesh area, 20

316
kilometres from Smara. In total, 7.5 tons of mines and explosives have been destroyed by the Royal
Moroccan Army during the operation monitored by MINURSO.

15. On 28 April 2001, a MINURSO air reconnaissance patrol reported preparatory work by a civilian
company for the beginning of construction of a portion of a road in the Guerguerat area
(S/2001/398, paras. 4 and 5). On 12 May, construction work on a two-lane earthen road through
the berm across the buffer strip towards the Mauritanian border was reported by a MINURSO air
patrol. On 20 May, during a meeting with my Special Representative and the Force Commander, the
Royal Moroccan Army Southern Military Region Commander, General Bennani, informed them that
the preparatory work on the road had been suspended. Subsequent MINURSO observation of the
site confirmed the suspension of the work and, subsequently, the withdrawal of road construction
equipment from the area.

F. Civilian police aspects

16. As at 18 June 2001, the strength of the civilian police component of MINURSO stood at 32
officers (see annex VI), under the command of Inspector General Om Prakash Rathor (India). The
civilian police officers continued to protect files and sensitive materials at the Identification
Commission centres at Laayoune and Tindouf and to undertake training and planning for possible
future activities. In that respect, MINURSO civilian police officers attended briefings by the UNHCR
Liaison Office in Laayoune on the protection content of voluntary repatriation and on international
instruments concerning refugees. Since 10 May, five MINURSO Civilian Police Officers have been
participating in a joint simulation with the Identification Commission on the hearings on the
substance of appeals.

G. Preparatory work for the repatriation of the Saharan refugees

17. During the reporting period, UNHCR continued to carry out its mandated responsibilities for the
Western Saharan refugees in the Tindouf camps in Algeria and to coordinate and cooperate with
MINURSO. From 24 April to 1 May 2001, UNHCR undertook a comprehensive assessment of the
humanitarian welfare of the Saharan refugees in the camps. The assessment concluded that the
overall situation of the refugees was very precarious and that the reduction of basic assistance in the
absence of a durable solution has had a deteriorating affect on the vulnerable refugees, such as
elders, women and children, who have no other source of assistance. It was also noted that UNHCR's
assistance was already prioritized to focus on life-sustaining activities and that the refugees were
acutely aware of inadequate basic food deliveries from the World Food Programme (WFP) in the
recent months. Under the present circumstances, it is essential that financial support continue to be
extended by the international donor community to UNHCR, in order for the latter to fulfil its
humanitarian role in the Tindouf camps.

18. The operational base of UNHCR in Rabouni, near three of the four Tindouf camps, and its
outpost at the fourth one, camp Dakhla, facilitated its coordination and monitoring role in the
camps. UNHCR conducted its very first international refugee law workshop at that base, from 25 to
29 May 2001. Some 80 refugees and their leadership attended the workshop, which focused on
refugee rights and obligations, voluntary repatriation under UNHCR's mandate and principles, as
well as special topics regarding refugee women. UNHCR was requested by the refugees to conduct
subject-specific international refugee law training at the camp level. UNHCR also conducted training
in refugee law for MINURSO's civilian police in Laayoune.

H. Organization of African Unity

19. The United Nations has, from the outset, been working together with OAU in the search for a
solution to the Western Sahara problem. I wish to reiterate my appreciation for the continued
support and contribution made by the OAU observer delegation to MINURSO, led by the Senior
Representative, Ambassador Yilma Tadesse (Ethiopia).

III. Assessment of progress and problems in the implementation process since the adoption of the
settlement plan
20. I should like to recall that, pursuant to Security Council resolution 1282 (1999) of 14 December
1999, which requested me to report on prospects for progress in implementing the settlement plan
within a reasonable period of time, my report of 17 February 2000 (S/2000/131, paras. 15-29) gave
a detailed account of the actions taken by the United Nations to that effect. That report also gave a
full and frank description of all the difficulties encountered by MINURSO and previous Special
Representatives in that process.

21. As pointed out in that report, with the exception of the monitoring of the ceasefire in effect since
6 September 1991, none of the main provisions of the settlement plan has been fully implemented

317
since the establishment of MINURSO, because of fundamental differences between the parties over
its interpretation. It is particularly important to note that perhaps the main problem in
implementing the settlement plan is the United Nations inability to implement any measures unless
both parties agree to cooperate with it (S/22464, para. 55). The establishment of the electorate body
for the referendum in Western Sahara has been, and remains to date, the most contentious issue
and one of the main reasons for the successive deadlocks in the work of MINURSO.

22. The difficulties in determining who among the Saharans is eligible to take part in the referendum
were due, in particular, to the characteristics of the Saharan population, notably its nomadic
tradition and the tribal structure of the society. In that respect, it was noted in the report of former
Secretary-General, Javier Perez de Cuellar, dated 19 December 1991 (S/23299, annex), that:
"because of their nomadic way of life, the people of the Territory move easily across the borders to
the neighbouring countries, where they are received by members of their tribes or even of their
families. This ebb and flow of people across the borders of the Territory makes it difficult to take a
complete census of the inhabitants of Spanish Sahara and also poses the complex problem of the
identification of the Saharans of the Territory and makes it even more difficult to take a satisfactory
census of refugees".

23. Thus, because of the ill-defined nature of tribal affiliation with the Territory, this fundamental
issue became, from the outset, a subject of deep contention between the two parties. The Frente
POLISARIO maintained that, under the settlement plan, only the 74,000 people counted in the 1974
Spanish census of the Territory should take part in the referendum. Morocco held the opposite view,
namely, that thousands of additional members of Saharan tribes are equally qualified to vote,
including those who were in the Territory at the time of the census but had not been counted, those
who had fled to Morocco in previous years and those from regions that were formerly part of the
Territory but were then retroceded by Spain to Morocco in the 1950s and 1960s (and are now part of
southern Morocco) (S/2000/131, para. 18).

24. Against this background, the identification process, and indeed any activity in implementing the
settlement plan other than the maintenance of the ceasefire, came to a standstill at the end of 1995
when the Frente POLISARIO found it unacceptable to proceed with the identification of members of
the "Tribus del Norte" and "Costeras del Sur" (listed in the 1974 Spanish census of the Territory as
categories H and J), in particular those known as H41, H61 and J51/52. MINURSO's civilian
presence was scaled down to the political office and the military was also reduced by 20 per cent (see
S/1996/343).

25. In an effort to break the deadlock, I appointed James A. Baker III as my Personal Envoy, in
March of 1997, to reassess the feasibility of implementing the settlement plan. Following a tour of
the region where he met with the leadership of both parties and neighbouring countries, Mr. Baker
informed me that neither side had indicated any willingness to pursue any political solution other
than implementing the settlement plan.
26. My Personal Envoy believed that the only realistic way to assess the feasibility of implementing
the plan would be by arranging direct talks between the parties. To that effect, he organized four
rounds of direct talks under his auspices where agreement was reached on issues that had caused
the deadlock in the identification process, on a code of conduct for the holding of the referendum
campaign and on a compromise formula for the cantonment of the Frente POLISARIO troops (see
S/1997/742). In addition, the parties reaffirmed their commitment to the provisions of the
settlement plan for the return of refugees and the release of prisoners of war and Saharan political
detainees. This was the first time that the two parties held substantive direct talks under the
auspices of the United Nations, where they tried to resolve problems related to the implementation of
the settlement plan.

27. While the identification process resumed in December of 1997, with the successful conclusion of
the Houston agreements, it was not long before difficulties surfaced again resulting in further delays
and interruptions. Thus, among numerous other technical and substantial proposals over the years,
a package of United Nations draft protocols dealing with identification and appeals was submitted to
the parties in October 1998 in an attempt to overcome the remaining difficulties in this process.
Eventually, in April and May 1999, the parties formally accepted protocols and operational
directives, albeit with reservations and misgivings for opposite reasons (S/1999/554 and
S/1999/555), for the completion of the identification process and for the appeals
(S/1999/483/Add.1).

28. With the continued efforts of at least three Special Representatives, as well as those of my
Personal Envoy, the identification process was finally completed at the end of 1999. However,
MINURSO was then faced with a total of 131,038 appeals. Judging from the Mission's past
experience with both parties, whose concerns and attempts at controlling the identification process

318
have been the principal cause of the difficulties and delays encountered, the appeals process could
be even lengthier and more cumbersome and contentious than the identification itself.

29. It should further be recalled that, in addition to the appeals process and the establishment of the
final voter list, the following key issues remain unresolved under the settlement plan: the release of
prisoners of war and of Saharan political detainees; the fulfilment of security conditions for the
Saharan returnees eligible to vote and their immediate families (as well as agreement to a UNHCR
draft protocol for the repatriation of refugees, submitted to the parties, Algeria and Mauritania in
November 1988); possible problems related to the implementation of the code of conduct for the
referendum campaign, in particular with regard to the role of the existing (Moroccan) security forces;
and, perhaps most importantly given the United Nations experience in other areas, the lack of an
enforcement mechanism for the results of the referendum. It bears repeating that the full
cooperation of the two parties as well as the cooperation and support of Algeria and Mauritania must
be ensured as essential conditions for the effective implementation of the settlement plan and for the
fulfilment of the mandate of MINURSO (S/22464, para. 55). It is perhaps understandable that this
full cooperation is difficult to achieve given the "winner-take-all" nature of the referendum called for
under the settlement plan.

30. Throughout the 10 years since the United Nations undertook to implement the settlement plan
for Western Sahara, it was understood that direct talks between the parties were essential to the
achievement of the compromises and understandings that would be necessary for implementing the
settlement plan in full and finding a durable solution to the dispute over the Western Sahara. My
predecessor's Special Representative, Sahabzada Yaqub-Khan, organized such talks, for the first
time under the auspices of the United Nations, from 17 to 19 July 1993, at Laayoune.
Notwithstanding difficulties in the preparation and organization of the talks and other problems,
mostly of a procedural nature, the delegations of Morocco and the Frente POLISARIO met in the
presence of the Special Representative and United Nations observers. While it would have been
unrealistic to expect a major breakthrough on substantial issues, nor was this the primary aim of
the talks, it was an encouraging sign that this exploratory dialogue was held in a positive spirit,
marked by restraint and respect.

31. An attempt was made to resume direct talks on 25 October 1993, in New York. While each party
was granted, under a memorandum of understanding with the Special Representative, the right to
choose the composition of their delegation, the presence of former Frente POLISARIO officials in the
Moroccan delegation was not considered by the Frente POLISARIO to be conducive to a propitious
climate for dialogue. Under the circumstances, the meeting could not take place as scheduled.

32. During 1994 and 1995, the United Nations and a Member State made further unsuccessful
attempts at bringing the parties together. In July 1996, the then Acting Special Representative
organized a meeting between the parties in Geneva, which was secret at the time, to which many
conditions were attached by both sides. The United Nations was not present at the meeting, which
was attended by decision makers from both sides, but had no planned agenda as the parties wanted
to establish confidence and demonstrate commitment to courtesy and constructive dialogue. Both
sides expressed satisfaction with that encounter and agreed to meet in Morocco in September 1996.
The meeting took place as planned and a second one was scheduled for later that month. During the
second meeting, the head of the Frente POLISARIO delegation mentioned the notion of independence
for Western Sahara, thus transcending the understanding between the parties to discuss options on
the autonomy/regionalization scale only. Morocco then made it clear that under the circumstances,
the Frente POLISARIO's expected meeting with the King would not take place so long as Moroccan
sovereignty was not recognized as a prerequisite to the discussion of any proposals.

33. The three rounds of direct talks held under the auspices of my Personal Envoy in 2000 only
served to highlight the differing points of view of the two parties in the implementation of the
settlement plan. Neither side, in spite of my Personal Envoy's request, presented any concrete
proposals that would help resolve the multiple problems relating to the implementation of the plan.
The Frente POLISARIO agreed to family visits as a confidence-building measure but Morocco would
not.

34. During the first round, in May 2000, the Frente POLISARIO identified two areas of difficulty,
namely, the conduct of the appeals process and the repatriation of refugees. It reiterated its promise
to respect the results of the referendum of self-determination and stressed that it would be up to the
Security Council to take the necessary measures to ensure respect of the referendum results
(S/2000/683, paras. 3-4).

35. Morocco identified four areas that, in its view, were impeding the implementation of the
settlement plan: the conduct of the appeals process; the reversal of the identification results for
some 7,000 applicants, which, in Morocco's view, should be reinstated; the issue of Saharans who

319
had reached voting age after December 1993 but had not been included in the identification process;
and the repatriation of Saharan refugees. Stressing that the right to self-determination meant the
right of all Saharans to decide their fate, Morocco further indicated that it would not take part in a
referendum where any Saharans who might be entitled to vote were not allowed to do so. With
respect to the appeals process, Morocco identified two areas of concern: the issue of admissibility of
appeals, which in its view should be limited to a procedural review; and that of the concurrent
testimony by two tribal leaders (sheikhs), which Morocco considered unacceptable since it would be
prejudicial to the appellants as it had been during the identification process. Morocco stated that
during the appeals process it would not agree to submit testimony by new witnesses in the presence
of the Frente POLISARIO sheikhs (ibid., paras. 5 and 6).

36. It may be noted that the concurrent oral testimony by two tribal leaders (one from each side, of
the same tribal faction) was not called for in the settlement plan. That formula was devised by the
Identification Commission as a way of reassuring each party that its interests in the identification
process would be safeguarded and, thus, enabling that process to start. In practice, however, the
formula proved to be one of the most contentious. In addition to legitimate difficulties in recognizing
some applicants, especially from the opposite side after so many years of separation, problems of a
political nature soon emerged, revealing that the sheikhs' testimony essentially followed their own
party's position. Indeed, some tribal leaders proved to be so biased against applicants from the
opposite side that either affected party eventually questioned the veracity of their testimony, as well
as the decisions taken by the Identification Commission on the basis of that testimony. Considering
that the tribal leaders would play the same role in the appeals as in the identification process, there
is no cause to hope that the parties would not attempt to prejudice testimony during the appeals
hearings.

37. As indicated in my report of 17 February 2000 (S/2000/131), experience over the past 10 years
has shown that every time the United Nations has proposed a technical solution to bridge the
parties' differing interpretation of a given provision of the settlement plan, a new difficulty arises,
requiring yet another round of protracted consultations. It was for this reason that during the
second round of consultations, in June 2000, my Personal Envoy asked the parties to come up with
concrete proposals that would bridge their differences and would help resolve the difficulties in
implementing the settlement plan. Since neither side did so, he asked the parties to meet again in
order to arrive at a political solution, explaining that for such a solution several options existed.
There could be a negotiated agreement for full integration of Western Sahara with Morocco, or for full
independence, although, in his view, neither prospect appeared likely. Alternatively, a negotiated
agreement could produce a solution somewhere between those two results. Still another political
solution could be an agreement that would permit a successful implementation of the settlement
plan. He reiterated to the parties that, should they agree to discuss a political solution other than
the settlement plan, they would not prejudice their final positions since according to the rules of the
consultations nothing would be agreed to until everything had been agreed to.

38. During the third round of consultations, in September 2000, both parties again failed to come up
with specific proposals to resolve the multiple problems in the implementation of the settlement plan
that both parties would agree to. The Frente POLISARIO was of the view that the remaining obstacles
could be overcome with the cooperation of the parties and expressed its willingness to engage in a
substantive discussion on the implementation of the appeals procedures immediately.

39. Morocco, after recalling in some detail the many obstacles to the settlement plan, was of the view
that the difficulties encountered were not of a mere technical nature. In Morocco's view, there were
errors and distortions in the implementation of the plan, which could not satisfy the thousands of
rejected applicants. Although Morocco had sufficient reasons to reject the manner in which the
settlement plan was being implemented, it had not done so because it wanted to facilitate the task of
my Personal Envoy and to cooperate. Nevertheless, Morocco was of the opinion that, despite all good
will, the difficulties faced in the implementation of the plan could not be overcome.

40. My Personal Envoy pointed out to the parties that he had been hearing the same arguments and
pledges of cooperation since 1997. He expressed scepticism about the validity of such pledges and
his regret that the parties' positions on the outstanding issues had not changed. My Personal Envoy
recalled that, at the start of the meeting, he had asked the parties whether they had come with new
positions on any issue. Neither had done so. He felt that there was no political will on either side. He
reiterated to them that there were many ways to achieve self-determination. It could be achieved
through war or revolution; it could be achieved through elections, but this required good will; or it
could be achieved through agreement, as had been done by parties to other disputes. My Personal
Envoy asked the parties whether they would be willing to try the latter route without abandoning the
settlement plan. The Frente POLISARIO reiterated its commitment to the settlement plan and its
readiness to discuss the appeals process but added that it was not ready to discuss anything outside
that plan.

320
41. While also committed to the settlement plan, Morocco expressed the view that the way in which
it was being implemented meant that two-thirds of the Saharan population would be excluded from
the referendum. The Moroccan delegation then expressed the wish to further explore other ways and
means to settle the conflict. In response to Security Council resolution 1309 (2000), which had
asked the parties to search for a definitive solution to the question of Western Sahara, Morocco was
prepared to initiate a sincere and frank dialogue with the other party on the dispute that had divided
them for almost 25 years. In rejecting the Moroccan proposal, the Frente POLISARIO reiterated that
it would cooperate and adhere to any dialogue that would be within the framework of the settlement
plan since, in its view, other solutions had been overtaken by events. My Personal Envoy noted that,
while no one was abandoning the settlement plan, this was the first time that Morocco had
expressed readiness to engage in a direct dialogue.

42. Following the third round of consultations, in September 2000, my Personal Envoy was of the
view, which I shared, that further meetings of the parties would not succeed and indeed could be
counterproductive unless the Government of Morocco, as administrative power of the Territory, was
prepared to offer or support some devolution of authority for all inhabitants and former inhabitants
of the Territory that was genuine, substantive and in keeping with international norms.

IV. Financial aspects

43. The General Assembly, by its resolution 55/262 of 14 June 2001, appropriated the amount of
US$ 48.8 million, equivalent to a monthly rate of some $4.1 million, for the maintenance of
MINURSO for the period from 1 July 2001 to 30 June 2002. Therefore, should the Security Council
approve my recommendation contained in paragraph 59 below on the extension of MINURSO's
mandate, the cost of maintaining the Mission will be within the monthly rate approved by the
General Assembly. At the same time, in connection with the suspension of the Identification
Commission's activities, if approved by the Council, I shall reassess the Mission's resource
requirements and revert to the General Assembly with the consequential adjustments, if necessary.

44. As at 31 May 2001, unpaid assessed contributions to the special account for MINURSO
amounted to $93.7 million. The total outstanding assessed contributions for all peacekeeping
operations at that date amounted to $2,320.2 million. The total expenditure for the MINURSO
operation is projected to reach some $420 million for the period from its inception through 30 June
2001.

V. Observations and recommendations

45. As outlined in section III of the present report, the United Nations has gone through a long and
arduous process over the past 10 years in its efforts to implement the settlement plan. This process
has involved my efforts and those of two previous Secretaries-General, as well as those of five Special
Representatives and my Personal Envoy. In addition, the Security Council and individual Member
States have attempted several times to unblock the impasse in the implementation process. During
that period, the timetable for the implementation of the plan has been revised several times, with the
referendum date moving further into the future each time, so that it is in serious doubt that it will
ever be within reach.

46. In 1988, proposals for the settlement of the dispute were submitted to the parties by the then
Secretary-General and the Chairman of OAU involving the holding of a free and fair referendum for
self-determination, by which the people of the Territory would choose between two options:
independence or integration with Morocco. Both parties accepted the proposals in principle, while
the United Nations provided both sides with additional clarifications on points of particular concern
to them, before proceeding with the implementation phase. It was understood at that time that,
during the implementation process, there would have to be direct talks between the parties in order
to achieve the compromises and understandings necessary for implementing the settlement plan in
full and finding a durable solution to their dispute. Attempts by the United Nations to organize such
meetings where substantive issues would be discussed failed until the four rounds held in 1997
under the auspices of my Personal Envoy, which resulted in the Houston Agreements.

47. Because of the parties' unwillingness to work together to resolve the various problems, the
United Nations started submitting proposals to them to bridge their differences. As a result, both
sides became accustomed to receiving from the United Nations suggestions and technical solutions
each time there was a problem, which the parties, in turn, would proceed to revise or dilute through
long and arduous negotiations until they were satisfied that they had safeguarded their own best
interests. The process thus became a zero-sum game, which each side felt it absolutely had to win
since, owing to the nature of the agreement that the United Nations was trying to implement, the
referendum would produce one winner and one loser and the stakes were therefore extremely high.

321
48. This resulted in successive deadlocks in the identification process, which was the only
substantial element of the settlement plan after the establishment of the ceasefire on 6 September
1991 that the United Nations began to try to implement. As pointed out in paragraph 21 above, all
other key issues remain unresolved in the implementation process, namely: the release of prisoners
of war and presumed Saharan political detainees; problems related to the repatriation of refugees,
including security concerns; possible problems related to the implementation of the code of conduct
for the referendum campaign; and the lack of an enforcement mechanism for the results of the
referendum. More significantly, as stated above, the settlement plan requires the cooperation of the
two parties as well as that of the two neighbouring countries, Algeria and Mauritania, as essential
conditions for its implementation (S/22464, para. 55).

49. Nevertheless, over the years, the United Nations continued with its efforts to convince the parties
to cooperate in the belief that, through continuing engagement, they would find solutions leading to
a smooth and consensual implementation of the settlement plan. It is possible that by doing so the
United Nations erred on the side of unfounded optimism and persisted in its efforts longer that it
should have.

50. Recently, as indicated in paragraph 6 of the present report, the Frente POLISARIO
presented to my Personal Envoy and to myself proposals aimed at overcoming the obstacles
hindering the implementation process. I would like to express my appreciation and that of my
Personal Envoy to the Frente POLISARIO for having submitted these proposals. However, as noted in
the present report, (see annex V), these proposals would either require agreement by Morocco, action
by the Security Council or further clarification. Most importantly, these proposals cannot address
one of the most crucial problems hindering the implementation of the settlement plan, namely that
the full cooperation of both parties is required in order for the United Nations to implement any
measures (S/24646, para. 55).

51. As may be recalled, when I appointed my Personal Envoy in 1997, I asked him to
undertake a fresh assessment of the situation whose purpose would be threefold: to assess, in
consultation with the parties, the implementability of the settlement plan in its present form; to
examine whether there were any adjustments, acceptable to the parties that would significantly
improve the chances of implementing it in the near future; and, if not, to recommend other possible
ways of resolving the conflict (see S/1997/742).

52. Given the history of the United Nations operation in Western Sahara over the past 10 years,
including the last four years during which my Personal Envoy has been involved in the search for
acceptable ways to implement the settlement plan, and the failure of the parties to come up with any
concrete proposals during the three rounds of consultations held from June to September 2000, my
Personal Envoy has concluded that there are serious doubts as to whether the settlement plan can
be implemented in its present form in a way that will result in an early, durable and agreed
resolution of the dispute over Western Sahara. I fully concur with this view.

53. Adjustments to the settlement plan, such as that of the concurrent testimony by tribal leaders
(see para. 36 above), which was worked out with the agreement of both sides, proved just as
contentious as other provisions and did not resolve the long-term problems. It is, therefore, equally
doubtful whether any other adjustments to the settlement plan would resolve these problems, since
the endgame would still produce one winner and one loser. Furthermore, any substantial
adjustments to the settlement plan, such as changes to the two referendum options under the plan
of integration or independence, or a specific United Nations mandate to deal with the post-
referendum situation, would require the mutual agreement of the parties and an enforcement
mechanism approved by the Security Council.

54. It is therefore my hope and that of my Personal Envoy that Morocco, the Frente POLISARIO,
Algeria and Mauritania will agree to meet, as parties, either directly, or through proximity talks
under the auspices of my Personal Envoy, to discuss with specificity the elements of the proposed
framework agreement, which aims at reaching an early, durable and agreed resolution of the conflict
over Western Sahara in a way that does not foreclose self-determination, but indeed provides for it. I
especially invite Algeria, which has indicated its willingness to offer my Personal Envoy all
clarifications that might be needed regarding certain weaknesses and imbalances that it sees in the
proposed framework agreement, to engage as a party in these discussions and to negotiate, under
the auspices of my Personal Envoy, any specific changes it would like to see in the proposed
document that would make it acceptable to it.

55. The proposed framework agreement is not unlike agreements used to address similar situations
elsewhere where a devolution of authority to the inhabitants of a non-self-governing territory is
granted with the final status of the territory to be determined by a referendum. The proposed

322
framework agreement confers on the population of Western Sahara the right to elect their own
executive and legislative bodies and to have exclusive competence over local governmental
administration, territorial budget and taxation, law enforcement, internal security, social welfare,
culture, education, commerce, transportation, agriculture, mining, fisheries and industry,
environmental policy, housing and urban development, water and electricity, roads and other basic
infrastructure. It is worth noting that the procedure set forth in the proposed framework for election
of the Executive should result in the election of the candidates supported by the Frente POLISARIO.
Within five years, a referendum on the final status of the Territory would be held.

56. As my Personal Envoy informed the parties during the consultations held in London on 28 June
2000, should they agree to discuss a political solution other than the implementation of the
settlement plan, they would not prejudice their final positions since, according to the rule of the
consultations, nothing would be agreed until everything had been agreed. Over the next five months,
my Personal Envoy will invite Morocco, the Frente POLISARIO, Algeria and Mauritania to engage, as
parties, in direct or proximity talks, under his auspices, to discuss the proposed framework
agreement and, if possible, to negotiate such changes as would make it acceptable to all of them. I
hope that the Security Council will fully support these continuing efforts.

57. While the discussions on the proposed framework go on, the settlement plan will not be
abandoned, but it will be put on hold. At the same time, the Identification Commission of MINURSO
and its support staff would suspend their activities, after ensuring that all identification records are
safely stored. The Special Representative would be requested to look further into what other non-
essential staff can be reduced.

58. Should my Personal Envoy decide to continue with the discussions about the proposed
framework agreement after the proposed five-month period in order to try and negotiate such
changes in the draft framework agreement that would make it acceptable to Morocco, the Frente
POLISARIO, Algeria and Mauritania, it is my intention to recommend to the Security Council that
MINURSO's mandate be extended to permit time for such negotiations. If, on the other hand, by the
end of that period, my Personal Envoy should conclude that it would not be worthwhile to continue
with the consultations, the Security Council could decide to review the mandate of MINURSO and
consider what further role it can play under the circumstances.

59. It is my sincere hope that Morocco, the Frente POLISARIO, Algeria and Mauritania will each
engage constructively, as parties, under the auspices of my Personal Envoy to achieve an early,
durable and agreed resolution of the dispute over Western Sahara. For the reasons outlined above, I
recommend that the Security Council extend the mandate of MINURSO for five months, until 30
November 2001, to give time to my Personal Envoy to conduct consultations on the proposed
framework agreement on the future status of Western Sahara.

60. Twenty-six long years have elapsed since the outbreak of this conflict. It took five years to
negotiate the United Nations settlement proposals and plan and 10 more years to try to implement
that plan. In the meantime, an entire new generation of Saharan refugees was born and grew up in
the Tindouf camps, while many among the first generation have already died without being able to
return home. The proposed framework agreement offers what may be the last window of opportunity
for years to come. This opportunity ought to be seized by all parties concerned as it is in the
interests of the people of Western Sahara as well as those of the countries in the region. It is high
time to settle the dispute over Western Sahara, so that the Maghreb region may finally focus on
cooperation and development and enable all its people to look to a better future.

Annex I
Framework agreement on the Status of Western Sahara
The authority in Western Sahara shall be as follows:

1. The population of Western Sahara, through their executive, legislative and judicial bodies shall
have exclusive competence over local governmental administration, territorial budget and taxation,
law enforcement, internal security, social welfare, culture, education, commerce, transportation,
agriculture, mining, fisheries and industry, environmental policy, housing and urban development,
water and electricity, roads and other basic infrastructure.

2. The Kingdom of Morocco will have exclusive competence over foreign relations (including
international agreements and conventions) national security and external defence (including
determination of borders, maritime, aerial or terrestrial and their protection by all appropriate
means) all matters relating to the production, sale, ownership or use of weapons or explosives and
the preservation of the territorial integrity against secessionist attempts whether from within or
without the territory. In addition, the flag, currency, customs, postal and telecommunication
systems of the Kingdom shall be the same for Western Sahara. With respect to all functions

323
described in this paragraph (2) the Kingdom may appoint representatives to serve it in Western
Sahara.

3. In Western Sahara the executive authority shall be vested in an Executive, who shall
be elected by a vote of those individuals who have been identified as qualified to vote by the
Identification Commission of the United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara, and
whose names are on the United Nations provisional voter lists (completed as of 30 December 1999)
without giving effect to any appeals or other objections. To qualify as a candidate for Executive, one
must be an individual who has been identified as qualified to vote as aforesaid and whose name is
on said provisional voter lists. The Executive shall be elected for a term of four years. Thereafter, the
Executive shall be elected by majority vote of the Assembly. The Executive shall appoint
administrators in charge of executive departments for terms of four years. The legislative authority
shall be vested in an Assembly, the members of which shall be directly elected by voters for terms of
four years. The judicial authority shall be vested in such courts as may be necessary, the judges of
which shall be selected from the National Institute for Judicial Studies but shall be from Western
Sahara. Such courts shall be the authority on territorial law. To be qualified to vote for members of
the Assembly, a person must be 18 years or older and either (i) a continuous resident of the territory
since 31 October 1998, or (ii) a person listed on the repatriation list as of 31 October 2000.

4. All laws passed by the Assembly and all decisions of the courts referred to in paragraph 3 above
must respect and comply with the constitution of the Kingdom of Morocco, particularly with respect
to the protection of public liberties. All elections or referenda referred to in this agreement shall be
conducted with all appropriate guarantees and in keeping with the Code of Conduct agreed to by the
parties in 1997, except where to do so would be inconsistent with the terms hereof.
5. Neither the Kingdom nor the executive, legislative, or judicial bodies of the Authority of Western
Sahara referred to above may unilaterally change or abolish the status of Western Sahara. Any
changes or modifications of this agreement has to be approved by the Executive and the Assembly of
Western Sahara. The status of Western Sahara will be submitted to a referendum of qualified voters
on such date as the parties hereto shall agree, within the five year period following the initial actions
to implement this agreement. To be qualified to vote in such a referendum a voter must have been a
full time resident of Western Sahara for the preceding one year.

6. The Secretary-General of the United Nations will offer his mediation and good offices to assist the
two parties hereto in the implementation or interpretation of this agreement.

7. The parties agree to implement this agreement promptly and request the assistance of the United
Nations to this end.

Secretary-General of the United Nations


In order to promote an agreed resolution of the dispute over Western Sahara, the Governments of
France and the United States of America hereby guarantee performance of this agreement by the
parties hereto.*
(*neither country has committed to do this, but both have agreed to consider it, if it were necessary
to achieve an agreement)

Annex II

A. Letter dated 22 May 2001 from the President of Algeria addressed to the Secretary-General

In accordance with what you had indicated to me at our brief meeting in Abuja, your Personal Envoy
Mr. James A. Baker III visited us in Algiers and submitted an informal proposal for settling the
question of Western Sahara. Mr. Baker explained the various aspects of his proposal at length and,
though we did not commit ourselves as to the substance, we engaged in an exchange of views on the
prospects for a settlement and on the future of the entire region. Before leaving Algiers, Mr. Baker
asked us to provide him with our comments and suggestions on the document he had given us.
Needless to say, my collaborators and I studied and analysed the proposal before us with the
greatest care. We set down our comments in a memorandum, which we sent today to Mr. Baker. In
order to keep you abreast of developments, I am also sending you a copy of the memorandum,
though it is, as yet, an informal document.
I should be very grateful if you would bring it to the attention of the members of the Security
Council, in whatever form you deem appropriate, and even, perhaps, at a subsequent stage, to the
attention of all Members of the United Nations, so that our position on the question of Western
Sahara will be known and understood by all. Our Permanent Representative in New York will remain
in contact with you for any follow-up to our response and any clarifications or supplementary
information which you may wish to request in this regard.
(Signed) Abdelaziz Bouteflika

324
B. Letter dated 22 May 2001 from the President of Algeria addressed to the Personal Envoy of the
Secretary-General

I am very happy that you were able to keep good memories of your stay in Algiers, which allowed us,
also, to appreciate your courtesy and your patience towards us, and to have the fair measure of your
great abilities as a negotiator and expert in international matters.
Allow me to tell you that I took great pleasure in receiving you and in our discussions, and I would
like to tell you again that it is always with joy and friendship that we will welcome you to Algeria,
whether within the framework of your professional activities or, that of a personal trip which would
allow us to better acquaint you with our country and its inhabitants.
Concerning your mission as the United Nations Secretary-General's Personal Envoy for the
settlement of the Western Sahara question, I must tell you that we proceeded, my collaborators and
myself, with a detailed study of the paper you submitted to me before leaving Algiers.
I am conscious of the work and efforts this proposal represents, as I appreciate your concern to
reach a fair solution based on the adherence of all the parties. It remains clear to us that a real
solution of the conflict will have to translate itself by the establishment of a durable peace in the
region, which implies the free and sincere commitment of all those who are called to ensure its
implementation. It is in this spirit that we studied your proposal, which, in our view, presents a
certain number of weaknesses and imbalances that we have noted in a memorandum addressed to
you. In it we have explained the reasons for which we think that the advocated solution does not
totally address, in a satisfactory manner, the pursued objectives, nor the framework of the
settlement adopted by the Security Council. I hope that you will understand that the point of view
thus expressed by Algeria, first translates our concern to succeed in getting out of the crisis which
has lagged on for now twenty-six years, if not by giving complete satisfaction to each of the parties,
by at least equitably distributing the dissatisfaction and the sacrifice imposed on each of them.
We cannot, either, completely erase the progress realized these last years, which is mainly due to
your sagacity and your perseverance. Some steps towards a solution have been concretized by the
agreements between the parties since the acceptance of the referendum on self-determination under
the aegis of the organization of the United Nations up to the Houston "accords". We think that it is
from these positive elements that a way out of the crisis can be initiated, in search of which Algeria
is disposed to bring its contribution.
It is therefore to answer your friendly request that I am sending you this memorandum in which we
give our opinion on the "informal" proposal that you kindly presented to us. I hope you receive it well
and remain of course at your disposal, either directly or by diplomatic channel, to eventually give
you all the clarifications that you may wish concerning this communication.
Having had several times the occasion to discuss this problem and your mission with my friend Kofi
Annan, Secretary-General of the United Nations, I thought well to send him a copy of this
memorandum, so that he would be directly informed of the Algerian positions. I hope you will not
consider this an inconvenience and in awaiting our meeting again, or learning of your reactions,
allow me to extend dear Mr. Baker, the assurance of my most cordial and friendly sentiments.

(Signed) Abdelaziz Bouteflika

Enclosure

Memorandum by the Government of Algeria on the Draft Status for Western Sahara

1. The Personal Envoy of the Secretary-General of the United Nations, Mr. James Baker III left in
Algiers, on 5 May 2001, an informal document on a "Framework Agreement on the Status of Western
Sahara". Before commenting on this document, it is appropriate to briefly recall the content of the
mandate of the Personal Envoy.

2. By its resolution 1084 (1996) dated 27 November 1996, the Security Council reaffirmed the need
for "a free, fair and impartial referendum for the self-determination of the people of Western Sahara"
in conformity with the Settlement Plan. The Council requested also that the "Secretary-General
propose alternative steps, in the framework of the Settlement Plan, should there be no meaningful
progress towards removing the obstacles to the implementation of the Plan".

3. During his first trip to the region in April 1997, the Personal Envoy deemed necessary to point out
to the different parties that his mission consists essentially in assessing the implementation of the
Settlement Plan, in considering the means to increase the chances for the resumption of its
implementation in a near future and in case of non-success, to indicate to the Secretary-General
other possible ways to move the peace process forward. Faced with this choice, the two parties to the
conflict, Morocco and the Frente POLISARIO, clearly expressed their refusal of any alternative
solution to the Settlement Plan and their firm attachment to its implementation.

325
4. By its resolutions 1342 (2001) and 1349 (2001), adopted respectively on 27 February and 27 April
2001, the Security Council indicated that it expected that "the parties (...) will continue to try to
resolve the multiple problems relating to the implementation of the Settlement Plan and try to agree
upon a mutually acceptable political solution to their dispute over Western Sahara".

5. Considered in the light of the two above-mentioned recalls, which are as necessary as important,
the informal proposal entitled "Framework Agreement on the Status of Western Sahara" moves
substantively away from the approach which has so far been endorsed by the two Parties and the
international community.

6. Though this proposal is within the framework of the efforts that the Secretary-General's Personal
Envoy is making to overcome the current difficulties, it nonetheless totally ignores the basic
principles that have always founded the United Nations action in the field of decolonization in
general and in that of Western Sahara in particular. In this regard, it is appropriate to recall that
these principles are based on the self-determination and the free expression of the Saharawi people
through "a free, fair and impartial referendum for the self-determination of the people of Western
Sahara".

7. It is therefore clear that, contrary to the mandate given by the Security Council resolutions, the
current proposal favours only one approach, that of the integration of Western Sahara to the
Kingdom of Morocco, to the detriment of the "double track" approach, put forward to overcome the
difficulties encountered by the peace process. In these conditions, there are very serious reasons to
fear that the radical alignment on such an integration choice will fail to bring the two parties to the
conflict together and achieve the "mutually acceptable political solution to their dispute over Western
Sahara" to which the Security Council remains attached.
Let us go now to the detailed consideration of the draft

8. First of all, the document refers to the "population" of Western Sahara, thus avoiding
mentioning the "Saharawi people" who is yet the official and entitled holder of the right to self-
determination.

9. The first Executive is designated by the voters inscribed on the list of the persons accepted by the
United Nations while the Legislative is elected by residents meeting certain conditions. This means
that one of the parties to the conflict, the Frente POLISARIO, would be denied any particular right or
say on these two designations which would establish an obvious lack of balance regarding the
prerogatives recognized to the other party to the conflict, the "administering Power". It is therefore
clearly predictable that this modality of designation would already lead, by itself, to the creation of
an Executive and a Legislative which would favour only the solution of integration.

10. This solution of integration is moreover a very high probability owing to the context itself in
which the Executive would be called to act. In fact, the draft under consideration does not provide,
anywhere, for either the withdrawal of the administration of the "administering Power" or the
cantonment of its forces. On the contrary, by envisaging that this Power will keep different high
responsibilities, among them the "national" security, the determination and the defence of the
frontiers, the production, possession, sale or use of armaments, the draft endorses the present
situation and makes it everlasting. It is therefore clear that, assuming that the Executive would not
be, straight away, a simple emanation or a reflect of the administration, the army and the police of
the "administering Power", everything would lead to the conclusion that this Executive would be, at
best, a hostage-Executive, and a body deprived of proper authority, condemned either to paralysis or
to dependence and inefficiency.

11. This context in which the Executive would operate during the four first years of its existence (and
we wonder which motive would justify the choice of this period of time, while a shorter or longer
period would serve in the same manner the objective of integration being sought), creates even more
clearly an imbalance between the two parties to the conflict and might perfectly lead to the failure of
the whole scheme since the political, administrative and socio-economic environment created in
Western Sahara and strongly inspired by an integration of that country remains unchanged. The
draft proposal indicates indeed that "the administering Power" holds all the attributes of sovereignty
over the considered territory, beside obtaining prerogatives in vital fields pertaining to national
sovereignty. It also gets the assurance that its Constitution and legislation will be implemented in
Western Sahara. Therefore the draft proposal can be considered as "credible, substantive and
authentic" only in its aim to establish, from the start, a process characterized by the logic of
integration of the Saharawi territory to "the administering Power", a logic that the Executive would
obviously not be in a position to reverse.

12. With regard to the period after the first four-year phase, the draft proposal clearly strengthens
the integration vision when the Executive is designated by "a majority vote of the Assembly", a

326
legislative organ of which we know that, since the very beginning of the first four years of the
proposed process, it will not be elected through the vote cast by the Saharawi people duly and
strictly identified as such in conformity with criteria already established, but by the vote of a
population whose origin and number can be indefinitely extended. The criteria of the simple one year
residency in Western Sahara would allow the realization, without any doubt, of all that the United
Nations and the Personal Envoy have precisely tried to avoid up to now: the absence of any
distinction between the two peoples, that would lead to highly questionable conclusions in any
popular consultation. It is therefore clearly predictable that the designation of the Executive by the
Assembly, for the second phase will already produce, by itself, an Executive identical to the
Assembly and which by nature, would but favour the solution of integration.

13. Concerning the establishment of a legislative authority, what has been said above with regard to
the modalities of the election of the Assembly by all those meeting the criteria of one year's
residence, makes any other commentary unnecessary. However, it might be useful to add that the
Assembly is strictly inscribed in the scheme of the integration approach, since the Assembly is
required to legislate within the strict framework of the Constitution and the legislation of the
"administering Power".

14. In these conditions, it is superfluous to underline that the draft proposal is silent on the
relationship between the Executive and the Assembly, during the first phase as well as the second
one. If this relationship is not made more explicit, it is not totally undetermined either. Nothing in
the draft proposal would, indeed, prevent the Assembly, which already holds the power to designate
the Executive for the second phase, from passing all kinds of bills that would deprive the Executive
of all its prerogatives.

15. It is useless to consider thoroughly the role assigned to the judicial authority by the draft
proposal, because here again the draft clearly places this authority in a logic of integration. The draft
remains silent on the identification of the authority entitled to determine the number of tribunals in
Western Sahara. But one can through this context, unmistakably, draw•17 S/2001/613 the
conclusion that it will be either the Assembly or "the administering Power" directly that will decide
on this issue. In any case the appointment of the judges would be the prerogative of the
"administering Power" which will select them "within the National Institute for Judicial Studies".
These judges will implement, because of their professional training, but also by the effect of the draft
under consideration, the legislation of the present "administering Power".

16. The referendum which will decide on the status of the territory will be monitored by an Executive
which is already oriented towards the integration solution, as we have demonstrated above. The
participation in the referendum of all persons who have resided at least a year in the territory opens
further the way to all kinds of manipulations which, in the end, would deprive the Saharawi people
of their right to self-determination. In sum, in this draft proposal, everything converges, with a
certain consistency and because of a deliberate choice made from the very beginning, towards an
integration solution. It would be fundamentally contrary to the very letter and spirit of the draft
proposal to consider the latter as a proposal made with the intention to try to achieve a
breakthrough in the quest for a third way. This draft establishes the abandonment of what has been
at the heart of the exercise of the identification of the persons entitled to participate in the self-
determination referendum decided upon by the United Nations, in their verified and recognized
capacity as real nationals of the territory concerning which the popular consultation is to be held.

17. The proposed solution does not seem to be in compliance with the relevant Security Council
resolutions on Western Sahara. This integration solution creates a confusion between authentic
Saharawis and nationals of the de facto "administering Power", and makes of the authentic
Saharawis a minority engulfed in the mass of the other inhabitants. In fact, it intends to eliminate
the Saharawi specificity, the concept of the Saharawi entity and finally the very notion of Saharawi
people. This is all the more true in that the draft gives the de facto "administering Power" exorbitant
prerogatives for the preservation of "the territorial integrity against any secession" and entrusts it
with the power to suppress and repress any political activity in favour of independence. This could
lead, in other words, to the neutralization of any action aiming at preserving the national Saharawi
identity.

18. For all these reasons, this draft confirms and legalizes the illegal occupation of the Saharawi
territory and constitutes the chronicle of a planned integration, in violation of international legality,
embodied in the Charter of the United Nations, in United Nations doctrine in the field of
decolonization and in all relevant resolutions and commitments regularly reaffirmed by the
international community in favour of the real self-determination of the Saharawi people.

19. The tireless efforts of the Personal Envoy deserve the warmest marks of appreciation and the
deep gratitude of all countries in the region. We hope that he will persevere in his peace endeavours

327
with, from now on, the view of exploring authentic alternative solutions based on equity and justice
that will lead to the restoration of lasting peace and stability for all peoples in the region. In this
renewed approach, the Personal Envoy can rely on his own authority as well as his wide experience
of international relations. There is every reason to be confident that his patient search for a solution
which is mutually acceptable to all parties to the conflict will finally make it possible to overcome the
obstacles encountered up to now and will receive in any case, the sympathy and the assistance of
Algeria.

20. The issue of Western Sahara, which determines peace in the region as well the march of
Maghreb towards its unity, deserves such efforts of imagination. We want success for the Personal
Envoy's endeavours towards an alternative solution; these efforts, if they fail, would make it possible,
legitimately and legally, to go back to the implementation of the Settlement Plan as designed by the
international community and accepted by the parties to the conflict.

Annex III

Analysis of the Algerian memorandum

1. The Algerian memorandum makes three points: (a) that the proposed framework agreement
favours the notion and, indeed, prepares the ground for eventual integration of Western Sahara with
Morocco; (b) that the framework goes against the principle of self-determination; and (c) that the
Personal Envoy of the Secretary-General has not followed his mandate, requiring him to work on the
"double track", but has focused instead solely on a political solution.

2. In order to show that the framework is biased towards integration, the Algerian memorandum
uses the following examples: (a) the manner of electing the Executive and Assembly and the
undefined nature of the relationship between the two; (b) the fact that the referendum on the final
status of the Territory will be monitored by an Executive, which the memorandum considers as
oriented towards integration; (c) the provisions that Morocco will retain responsibility for foreign
affairs, external defence, national security, etc., without providing for Morocco's withdrawal from the
Territory; and (d) the lack of details over certain issues in the proposed framework agreement.

3. The claim that the framework agreement is biased in favour of integration is misleading for the
following reasons. The framework provides for the Executive to be elected by those included in the
United Nations provisional voter list (without giving effect to any appeals). The Legislature will be
elected by voters who have been included in the Office of the United Nations High Commissioner for
Refugees (UNHCR) repatriation list as of 31 October 2000 (the official date of completion of the
UNHCR pre-registration exercise) or those who have been continuous residents in the Territory as of
31 October 1998. Since the UNHCR repatriation list has been compiled on the basis of the United
Nations provisional voter list (which, both Algeria and the Frente POLISARIO, accept as "the voter
list" for the referendum under the settlement plan), it is incorrect to claim that the Executive and
Legislature will be elected by voters who would favour integration. Both bodies will be elected by
voters that each party feels will give it some advantage.

4. By stating that the framework confers to Morocco attributes of sovereignty over the Territory (by
not allowing any secessionist movements) during the first five years, the memorandum fails to see
that the framework agreement is not seeking to address the question of independence for Western
Sahara but rather that of an autonomous entity under Moroccan administration, for a limited period
of time. The prerogatives and powers listed as belonging to the national Government are those
usually held by the central government in all cases of devolution of authority, which are genuine,
substantive and keeping with international norms.

5. As for the fact that some of the provisions of the framework agreement lack detail, this is not
unusual, considering the nature of the document. Lack of specificity and disagreements among
parties over general frameworks are usually dealt with during discussions at the negotiating table.

6. With regard to the statement that the framework agreement does not allow the "Saharawi people"
to exercise their right to self-determination, the memorandum is mistaken in claiming that this is
the officially used term. The expressions used throughout the settlement plan are "Western
Saharans", or "the population of Western Sahara" or "the people of Western Sahara". In addition, by
referring to the "authentic Saharawis as a minority to be engulfed in the mass of other inhabitants",
the memorandum appears to consider as genuine Saharans only those living in the Tindouf camps
and ignores a large part of the Saharan population who chose to remain and continue to reside in
the Territory under Moroccan administration. More significantly, the memorandum ignores the fact
that the framework agreement provides for a referendum on the final status of Western Sahara to be
held after five years, and that it gives both sides equal opportunity to compete in winning that
referendum.

328
7. Turning to the mandate of the Personal Envoy, the memorandum misinterprets it by referring to
resolution 1084 (1996) of 27 November 1996, which was adopted prior to Mr. Baker's appointment.
The Personal Envoy's mandate originates from resolution 1108 (1997) of 22 May 1997, which refers
to the statement of the President of the Security Council of 19 March 1997 (PRST/1997/16),
welcoming the appointment of the Personal Envoy and expressing the Council's strong support for
the Secretary-General's efforts to overcome the stalemate.

8. The memorandum recalls Security Council resolutions 1342 (2000) and 1349 (2001), which
expect the parties to work both on resolving the multiple problems relating to the implementation of
the settlement plan and on trying to agree on a mutually acceptable political solution, and finds that
the proposed framework agreement moves substantively away from the approach, which has been
endorsed by the two parties and the international community. As the Security Council was informed,
it became clear during the three rounds of consultations under the auspices of the Personal Envoy in
2000, that the two parties could not agree on how to resolve the multiple problems related to the
implementation of the settlement plan. Since they have not agreed, over a period of 10 years, on how
to resolve these problems, and made it clear in the above-mentioned consultations that they were
not likely to do so, it is logical that the proposed framework agreement would concentrate on an
acceptable political solution.

Annex IV
A. Letter dated 30 May 2001 from the Secretary-General of the Frente POLISARIO addressed to the
Secretary-General of the United Nations

On 5 May 2001, I met with your Personal Envoy, Mr. James A. Baker III, with whom I discussed his
efforts to achieve a just and definitive settlement of the conflict in Western Sahara.
During our meeting, I reiterated the importance that we attach to the United Nations and
Organization of African Unity (OAU) Settlement Plan, which has been accepted by the two parties
and endorsed by the international community and which calls for the holding of a free, fair and
impartial referendum for the self-determination of the people of Western Sahara; this is the only
means of achieving a just solution to the conflict which has pitted the Saharawi people against the
Kingdom of Morocco for a quarter of a century.
I also reaffirmed to your Personal Envoy our total opposition to any solution that would ignore the
inalienable right of the Saharawi people to self-determination and independence, as enshrined in the
relevant United Nations resolutions and in international law, and that would ultimately lead to the
legitimation of the existing colonial domination of Western Sahara.
Aware of the obstacles to the implementation of the Settlement Plan, which have existed for some
time and are attributable solely to the Kingdom of Morocco, and in reply to the Security Council's
appeal to the parties to "resolve the multiple problems relating to the implementation of the
Settlement Plan" (Security Council resolution 1349 (2001) of 27 April 2001), the Frente POLISARIO
has agreed to make further concessions and to submit proposals with a view to restarting the
process of implementing the Settlement Plan.
To that end, I have instructed Mr. M'hamed Khadad, my Special Envoy, to submit detailed proposals
to you and your Personal Envoy in the firm belief that they will help to facilitate your and Mr.
Baker's renewed efforts to expedite the holding of the long-awaited referendum on self-
determination.

(Signed) Mohamed Abdelaziz


Secretary-General of the Frente POLISARIO
President of the Saharawi Republic

B. Letter dated 28 May 2001 from the Secretary-General of the Frente POLISARIO addressed to the
Personal Envoy of the Secretary-General of the United Nations

I am writing to your Excellency to inform you that I charged Mr. M'hamed Khadad to present to your
Excellency our proposals aimed at overcoming the obstacles hindering the continuation of the
implementation of the settlement plan. I frankly continue to believe that the unique and credible way
for a lasting resolution of the conflict remains the implementation of the peace plan despite all the
difficulties and doubts created by the Moroccan attitude. For that purpose and after our last meeting
of 5 May 2001, I am confident that our proposals will be taken as a sincere effort to contribute to
your efforts to move forward the peace process which is the way that got the support of the two
parties and of the international community.

(Signed) Mohamed Abdelaziz


Secretary-General of the Polisario Front
President of the Saharawi Republic

329
Enclosure

Official proposals submitted by the Frente POLISARIO to overcome obstacles preventing the
implementation of the settlement plan

Introduction

In accordance with United Nations Security Council resolution 1349 (2001) of 27 April 2001, which
mandated the Personal Envoy of the Secretary-General of the United Nations to consult the parties
in order to overcome the obstacles preventing the implementation of the settlement plan and to seek
a mutually acceptable political solution to the question of Western Sahara, and taking into account
the regret expressed by the Secretary-General in his last report to the Security Council regarding the
lack of progress in the implementation of the settlement plan, the Frente POLISARIO has decided to
submit official proposals to the Personal Envoy in order to facilitate the continuation of the
implementation of the settlement plan.

These proposals are dealing with:


1. The appeals issue
2. The repatriation of refugees
3. The respect of the outcome of the referendum
4. Humanitarian issues and confidence-building measures
5. Post-referendum guarantees

1. The appeals issue

Presentation

The appeals stage is envisaged in the settlement plan as an element of the identification procedure in
order to determine the electoral body that would participate in the referendum on self-determination.
Its objective is to allow every person whose candidature has been rejected by the Identification
Commission and who can provide a new element to have his/her case reviewed. This stage comes
before the publication of the final list of voters. An earlier compromise was reached through the May
1999 protocols, which have defined clear and detailed rules to deal with the appeals requests: (a) By
indicating two different stages: admissibility and in-depth examination of the issue; (b) By defining
the means of proof for the applicant and the assessment by the appeals section. Between July 1999
and February 2000, the Identification Commission of the United Nations Mission for the Referendum
in Western Sahara (MINURSO) received 131,000 appeals, 95 per cent of which were lodged by
candidates presented by Morocco.
Proposal
The Frente POLISARIO is ready to accept the examination of all received appeals by the Identification
Commission provided that the Commission continues to rigorously and impartially apply the criteria
and procedures observed for the identification.
The Frente POLISARIO is ready to accept that the Commission, within the framework of the appeals
process, examine the requests made by those who reached 18 years of age after 31 December 1993
and whose fathers have been declared as voters by the Identification
Commission.

2. The repatriation of refugees

Presentation

The repatriation of refugees should take place during the transitional period in accordance with the
settlement plan. Its objective is to allow all refugees and other Saharawi who were determined to be
voters by the Identification Commission to return to the Territory in order to accomplish their duty of
voting during the referendum. The repatriation of the Saharawi refugees, because of the fact that it
is linked to the participation in the referendum, is of a particular nature for at least two reasons:
(a) Only those refugees who were accepted as voters (and their immediate family) are concerned by
the repatriation;
(b) Other Saharawi living abroad, even if they are not refugees, are concerned by the repatriation
since they are listed as voters. The Office of the United Nations High Commissioner for Refugees
(UNHCR) is in charge to carry out the repatriation operation in accordance with its practice in the
matter. UNHCR practices in this matter are understood to be the respect of the free choice made by
the refugees themselves regarding both the principle of repatriation and the point of destination.

Proposal
The Frente POLISARIO is ready to offer its permanent and effective contribution for the
accomplishment of this operation in the best conditions, as it has already done in the past during

330
the pre-registration of the refugees undertaken by UNHCR. It considers that if security conditions
are met in the Territory, the refugees can be repatriated towards their place of origin in Western
Sahara, in conformity with the settlement plan, and bearing in mind the resources of UNHCR.

3. Respect of the outcome of the referendum

Presentation

The referendum consultation represents the final stage of the settlement process. Its result will
determine the final status of the Territory. The responsibility of the implementation of the outcome of
the referendum lies first of all with the two parties, but also concerns the international community
and, in particular, the Security Council.

Proposal
(a) The Frente POLISARIO wishes to reaffirm its solemn commitment to respect the result of the
referendum of self-determination and to take all necessary measures to honour this commitment;
(b) The Frente POLISARIO leaves to the Security Council the responsibility for the conduct and
supervision of the implementation of the settlement plan from its approval up until the holding of
the referendum itself. The Council has, according to chapters VI and VII of the Charter of the United
Nations, the authority, the prerogative and the necessary means for the accomplishment of its
mandate and to ensure respect for the results of the referendum. The Security Council could also,
when authorizing the full deployment of the military component of MINURSO, envisage that the
strength, duration and mandate of the Mission may be adapted in order to ensure a peaceful and
ordered transfer of the administration of the Territory.

4. Humanitarian issues and confidence-building measures

Presentation

The President of the Security Council expressed, in a declaration to the media on 26 April 2001, the
Council's concern regarding the lack of progress on overcoming the obstacles hindering the
implementation of the settlement plan and on humanitarian issues, in particular those related to
refugees, prisoners of war and disappeared persons.
It is worth recalling that these humanitarian issues are a direct consequence of the conflict and,
therefore, that their resolution is closely linked to a lasting solution of the conflict. The Frente
POLISARIO considers, however, that progress can be achieved within a reasonable time frame, on
the humanitarian questions, provided that the implementation of the settlement plan resumes its
normal course.
Proposal
(a) Concerning the refugees, and notwithstanding the conditions for their repatriation mentioned
above, the Frente POLISARIO, echoing the President of the Security Council, calls for the
mobilization of additional financial resources to alleviate their suffering;
(b) Regarding the prisoners of war, the political detainees and the disappeared persons, the Frente
POLISARIO reaffirms its availability once the referendum process is resumed to take further
measures•24 S/2001/613 concerning the Moroccan prisoners of war, provided that Morocco takes
similar measures regarding the Saharawi political detainees, disappeared persons and prisoners of
war, whose whereabouts are unknown to their families;
(c) In this connection, respect for human rights in the Territory and its opening to humanitarian
organizations and foreign media, as well as the exchange of visits of families separated by the
Moroccan military berm, will contribute to the building up of confidence between the parties and will
create a climate conducive for the implementation of the settlement plan in a serene and ordered
manner.

5. Post-referendum guaranties

Presentation

These are the guaranties which each of the parties would be willing to give to the other depending on
which of the two options envisaged by the settlement plan would prevail after the referendum
consultation.

Proposal

In this regard, the Frente POLISARIO is ready to offer guaranties covering political as well as
economic, social and security domains in order to promote confidence, cooperation and stability
between the two parties and in the region.

331
Annex V

Analysis of the Frente POLISARIO proposals to resume the implementation of the settlement plan
prepared by the Secretariat

1. The proposals submitted by the Frente POLISARIO to overcome the obstacles in the
implementation of the settlement plan address five issues: the appeals process; the repatriation of
refugees; respect for the outcome of the referendum; humanitarian issues and confidence-building
measures; and post-referendum guarantees.

2. The proposals raise a number of difficulties and questions, which can be divided into three sets:
(a) some proposals, while offering concessions (such as by allowing the examination of all appeals
received, as well as of applications by those born after 31 January 1993), attach certain conditions
thereto; (b) other proposals would require action by the Security Council; and (c) some others are
imprecise, and would require further clarification. Overall, some of these proposals seek to provide
technical solutions, but they do not address the main problem with the implementation of the
settlement plan as a whole, namely the United Nations inability to implement any measures unless
both parties agree to cooperate (S/24646, para. 55).
Appeals

3. The Frente POLISARIO now agrees that the Identification Commission could examine all received
appeals, provided that the Commission continues rigorously and impartially to apply the criteria and
procedures observed during the identification process. This implies that two sheikhs, one from each
side, will also have to testify during the appeals hearings, as they did during the identification of
applicants to the referendum. However, Morocco's position is that it will not accept the same
arrangement for the appeals as for the identification, given the experience during the latter process
when, in Morocco's view, the POLISARIO sheikhs systematically refused to recognize the identity of
applicants on the Moroccan side.

4. The Frente POLISARIO also accepts that, in the framework of the appeals process, the
Commission could examine the requests for identification of those who reached 18 years of age after
31 December 1993 (closing date for applying to be identified), as long as their father was accepted as
a voter by the Identification Commission. However, Morocco's position in this regard is that all those
Saharans who reached 18 years of age after 31 December 1993 but were not included in the
identification process must be identified.
Repatriation of refugees

5. The Frente POLISARIO now agrees that, "if security conditions are met in the Territory, the
Saharan refugees can be repatriated towards their places of origin in Western Sahara, in conformity
with the settlement plan". This means that the Frente POLISARIO is now prepared to allow the
refugees to be repatriated west of the defensive sand-wall (berm), and that it is thus withdrawing its
previous demand that the refugees be repatriated in the area of the Territory east of the berm.

6. In this connection, the settlement plan provides that it is the Special Representative who will
decide that security conditions for the safe return of Saharan refugees eligible to vote and their
immediate families are met and that the existing (Moroccan) police forces will be responsible for the
maintenance of law and order "closely monitored by the MINURSO Civil Police" (S/21360, paras. 67
and 68). The Frente POLISARIO's past insistence that the refugees be repatriated east of the berm
was based on the conviction that these particular provisions did not respond adequately to their
security concerns. POLISARIO's position was also based on the claim that refugees should freely
choose to repatriate to whichever location in the Territory they wished, including east of the berm,
although no permanent settlement or infrastructure has existed in that area.

7. By conceding that the refugees can be repatriated west of the berm, the Frente POLISARIO seems
to have modified its position on two issues. First, it appears to be ready to accept the determination
to be made by the Special Representative regarding security conditions in the Territory. Second,
POLISARIO also appears ready to accept the standard practice whereby all refugees are normally
expected to return to their places of origin (for the vast majority of the Saharan refugees, these are
located west of the berm, as illustrated by the names of the four Tindouf camps &emdash;El-Aiun,
Dakhla, Smara and Ausard, which correspond to the names of towns west of the berm).

8. However, it is not clear from the above whether the Frente POLISARIO is no longer concerned that
the Moroccan police forces, closely monitored by the MINURSO civilian police, will continue to
maintain law and order in areas of the Territory other than the United Nations premises connected
with the referendum and their immediate vicinity, as provided in the settlement plan (S/21360,
para. 68). Nor is it clear which, and to what extent, "security conditions" are expected by the Frente

332
POLISARIO to be met, notwithstanding the provisions of paragraphs 67 and 68 of S/21360.
POLISARIO's current position would therefore need to be further clarified.
Humanitarian issues and confidence-building measures

9. The Frente POLISARIO expresses its readiness to take further measures concerning the Moroccan
prisoners of war, provided that Morocco takes similar measures on the Saharan political prisoners
and detainees, disappeared persons and prisoners of war. It also calls on Morocco to open up the
Territory to humanitarian organizations, international media and to allow for exchange of visits of
families separated by the "berm".

10. The Frente POLISARIO thus conditions its "taking further measures" on the Moroccan prisoners
of war that it holds, on Morocco 's reciprocal gestures. On 9 October 2000, POLISARIO received from
the Special Representative the annotated list with Morocco's responses on the fate of the 207
presumed Saharan political prisoners and detainees. This list had been compiled by the former
Independent Jurist and had received POLISARIO's endorsement, prior to being given to Morocco for
reply. The International Committee of the Red Cross has stated that it has no knowledge of any
POLISARIO prisoners of war still held by Morocco. Furthermore, the POLISARIO position is contrary
to the settlement plan, which states that the exchange of prisoners of war is to take place as soon as
possible after the ceasefire comes into effect (S/22464, para. 18).
Respecting the outcome of the referendum and other post-referendum arrangements

11. With regard to the referendum, the Frente POLISARIO, while reaffirming its commitment to
respect its outcome, calls on the Security Council to use its authority, prerogatives and necessary
means, under chapters VI and VII, in order to accomplish its mandate and ensure respect of the
results of the referendum. POLISARIO also proposes that, when authorizing the full deployment of
MINURSO's military component, the Security Council should adapt the strength, duration and
mandate of the Mission in order to ensure a peaceful and orderly transfer of administration in the
Territory.

12. It is not the first time that the Frente POLISARIO calls on the Security Council to assume the
responsibility for implementing the results of the referendum. Since the settlement plan does not
provide for an enforcement mechanism, it will be for the Security Council to decide whether or not to
adopt a resolution to that effect. As for POLISARIO's second suggestion, that the Council adapt the
strength, duration and mandate of MINURSO, this would require a revision to the settlement plan.
Morocco's agreement would be needed for such a revision, unless it is adopted under Chapter VII of
the Charter of the United Nations.

13. Finally, the Frente POLISARIO reiterates its readiness, depending on which of the two
referendum options envisaged by the settlement plan would prevail, to offer political, economic,
social and security guarantees to promote confidence and cooperation between the two parties and
in the region.

Annex VI
United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara: contributions as at 18 June 2001

333
• 2003: S/565 del 23 maggio – Piano Baker II: Piano di Pace per l’autodeterminazione
del popolo del Sahara Occidentale

S/2003/565
Security Council
Distr.: General
23 May 2003

Report of the Secretary-General on the situation concerning Western Sahara

I. Introduction

1. The present report is submitted pursuant to Security Council resolution 1469 (2003) of 25 March
2003, by which the Council, reaffirming all its previous resolutions on Western Sahara, in particular
resolution 1429 (2002) of 30 July 2002, extended the mandate of the United Nations Mission for the
Referendum in Western Sahara (MINURSO) until 31 May 2003 and requested me to provide a report
on the situation concerning Western Sahara by 19 May, including the views of the parties to the
proposal that was presented to them by my Personal Envoy in January 2003. The present report
covers developments since my previous report to the Council on the situation concerning Western
Sahara, dated 16 January 2003 (S/2003/59).

II. Developments on the ground

A. Activities of my Special Representative

2. During the reporting period, my Special Representative for Western Sahara, William Lacy Swing
(United States of America), continued to maintain regular contacts with representatives of the
parties. He met regularly with officials of the Government of Morocco and the Frente Popular para la
Liberación de Saguía el-Hamra y del Río de Oro (Frente POLISARIO) in Laayoune and the Tindouf
area, in order to keep an open channel of communication with them and to review the situation on
the ground. Mr. Swing also met regularly with senior officials of the parties and of neighbouring
countries during his visits to Rabat in February and to Tindouf, Algiers and Nouakchott in April. 3.
From 4 to 7 March, my Special Representative met with senior officials from the International
Committee of the Red Cross (ICRC), the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees
(UNHCR) and the World Food Programme (WFP) in Geneva and Rome to discuss the resolution of
pending humanitarian issues related to the conflict, including the implementation by UNHCR, in
cooperation with MINURSO, of confidence-building measures; the continuing food shortages in the
Tindouf area refugee camps; the Moroccan prisoners of war; and the fate of persons unaccounted for
on either side since the beginning of the conflict. He also met there with representatives of major
donor countries.

B. Activities of the Identification Commission

4. During the reporting period, the Identification Commission continued its work on the electronic
archiving of the 244,643 individual files of persons who applied to be included in the list of voters for
the referendum in Western Sahara. The Commission finished the work in mid-May. Hence, all the
files have now been scanned, archived and safely stored on both hard disks and back-up tapes to
ensure maximum security of the database.

C. Military aspects

5. As at 10 May 2003, the military component of MINURSO stood at 229 military observers and
troops, against the authorized strength of 230 (see annex I). Under the command of Major General
Gyorgy Száraz (Hungary), the component continued to monitor the ceasefire between the Royal
Moroccan Army and the Frente POLISARIO military forces, which has been in effect since 6
September 1991. During the reporting period, the Mission's area of responsibility remained calm,
and there has been no indication on the ground that either side intends to resume hostilities in the
near future.

6. MINURSO ground and air patrols continued to visit and inspect, on both sides of the defensive
sand wall, or berm, Royal Moroccan Army and Frente POLISARIO ground units larger than company

334
size, in accordance with the ceasefire arrangements between MINURSO, on the one hand, and the
Royal Moroccan Army and the Frente POLISARIO on the other. Both the Royal Moroccan Army and
the Frente POLISARIO military forces have continued to carry out routine maintenance and training
activities.

7. The Frente POLISARIO continues to impose some minor limitations on the Mission's freedom of
movement. While these limitations do not significantly affect the ability of MINURSO to monitor the
situation east of the berm, their removal would increase the efficiency of the Mission's ground and
air patrolling activities.

8. MINURSO has continued to cooperate with the parties on the marking and disposal of mines and
unexploded ordnance. During the reporting period, MINURSO discovered and marked 14 mines and
pieces of unexploded ordnance and monitored 16 disposal operations carried out by the Royal
Moroccan Army. On 19 February, the Frente POLISARIO reported a mine accident resulting in the
death of one civilian in the area of responsibility of MINURSO team site Mijek (southern sector).
MINURSO is also assisting the Mine Action Service of the Department of Peacekeeping Operations in
preparing a regional landmine and unexploded ordnance safety workshop for Western Sahara, to be
held in Mauritania from 25 to 28 June 2003, for United Nations peacekeepers and civilian staff in
the area.

9. Work has begun on the establishment in MINURSO of an Information Management System Unit
using the Information Management System for Mine Action (IMSMA), which is expected to become
operational in the second half of 2003. On behalf of the Mine Action Service, the Geneva
International Centre for Humanitarian Demining has undertaken to provide MINURSO with
installation support, training, software maintenance and upgrades, as well as general support
services, as the IMSMA project develops. With IMSMA, MINURSO will be able to consolidate the data
on mines and unexploded ordnance that it has collected over the years for use in planning any
future mine action in the area.

D. Civilian police aspects

10. As at 10 May, the strength of the civilian police component of MINURSO stood at 26 officers (see
annex I), under the command of Inspector General Om Prakash Rathor (India). The component
continued to carry out protection duties in relation to files and sensitive materials at the
Identification Commission centres in Laayoune and Tindouf. Training of civilian police officers has
continued, including briefings by UNHCR on the protection aspects of voluntary repatriation and
international instruments concerning refugees.

E. Prisoners of war, other detainees and persons unaccounted for

11. My Special Representative has continued to impress upon the Frente POLISARIO the need to
release all remaining prisoners of war and upon both parties the need to cooperate actively with
ICRC in determining the fate of persons who are unaccounted for. On 7 February he visited a
detention centre in the Tindouf area in which prisoners of war were being held.

12. On 26 February ICRC repatriated to Morocco 100 prisoners of war, whose release the Frente
POLISARIO had announced on 10 February in response to a request by a Member State. The Frente
POLISARIO continues to hold 1,160 prisoners of war, some of whom have been in detention for more
than 20 years.

F. Western Saharan refugees

13. It will be recalled that a senior UNHCR official and my Special Representative held discussions
with the parties in November and December 2002 on the implementation of UNHCR confidence-
building measures. The Governments of Algeria and Mauritania were also consulted with regard to
the proposed activities. Although agreeing in principle to such measures, the Frente POLISARIO and
the Government of Morocco expressed divergent views on the selection criteria of family visits
between the Tindouf area refugees and their communities of origin in Western Sahara. Efforts to
achieve a compromise formula have failed thus far, as neither side is willing to reconsider its
position on the use of the provisional list of voters as the primary basis for participant selection.

14. UNHCR and my Special Representative nevertheless continued their efforts to implement
confidence-building measures, focusing on those activities that were not contested. My Special
Representative met individually with officials of the Frente POLISARIO and the Government of
Morocco in February to discuss a reduced and simplified UNHCR proposal on confidence-building
measures to provide limited, UNHCR-operated telephone and personal mail services between some of
the Tindouf area refugee camps and the Territory. The new proposal did not include any activities

335
involving the movement of persons across the berm, although such activities could be revisited at a
later stage. Following the talks, in March the Frente POLISARIO and the Government of Morocco
formally concurred in the commencement of those limited services. My Special Representative
informed the Governments of Algeria and Mauritania of this development in April.

15. Accordingly, on 15 April UNHCR inaugurated a free one-way, telephone service between the "27
February" refugee camp and the Territory. On 16 April, however, the Frente POLISARIO requested
that the service be suspended until the end of April in order to put in place logistical arrangements
enabling refugees from other, distant camps with no telephone service to travel to the UNHCR
telephone centre to use the service. As at 14 May, the telephone service had not yet been reactivated.
Given its useful impact on person-to-person contact, UNHCR and my Special Representative will
continue to advocate the quick resumption of the telephone service.

16. UNHCR also intended to inaugurate on 15 May a two-way personal mail exchange between the
Tindouf refugee camps and the city of Laayoune in the Territory. The start of this service has been
postponed pursuant to a request of the Government of Morocco, pending further technical
discussions with UNHCR regarding the modalities of its implementation.

17. UNHCR remains ready to resume the suspended telephone service, launch the mail service and
begin preparations, in close cooperation with MINURSO, for the extension in mid-June of the
UNHCR telephone service to camp El Ayun and, later, to other refugee camps and of the personal
mail service to other Western Saharan cities. All these activities are, of course, subject to the
availability of funding, continued interest from beneficiaries and the full cooperation of the parties.

18. Although the overall situation of food assistance to the Western Saharan refugees in the Tindouf
area has improved slightly, shortages remain of some critical items, such as cereals and vegetable
oil, and the overall level of donor support for the WFP assistance programme for Western Saharan
refugees continues to be low.

G. African Union

19. On 20 February a delegation of senior African Union representatives visited the Tindouf area
refugee camps to conduct an evaluation of the situation and deliver a symbolic $100,000 donation
for the refugees. On 22 April the interim Chairperson of the Commission of the African Union, Amara
Essy, met in the Tindouf area with senior Frente POLISARIO leaders.

20. During the reporting period, the African Union observer delegation to MINURSO, led by
Ambassador Yilma Tadesse (Ethiopia), continued to provide valuable support and cooperation to the
Mission.

III. Financial aspects

21. By its resolution 56/298 of 27 June 2002, the General Assembly appropriated an amount of
$43,412,900 gross to the Special Account for MINURSO for the period from 1 July 2002 to 30 June
2003, which comprised $41,529,500 for the maintenance of the Mission, $1,681,900 for the support
account for peacekeeping operations and $201,500 for the United Nations Logistics Base at Brindisi,
Italy. From its inception on 29 April 1991 to 30 April 2003, the total costs of maintaining MINURSO
amounted to some $495.2 million.

22. As at 30 April 2003, unpaid assessed contributions to the Special Account for MINURSO
amounted to $54,452,011. The total outstanding assessed contributions for all peacekeeping
operations at that date amounted to $1,375,914,354.

IV. Assessment of progress and problems since the appointment of my Personal Envoy

23. In my report to the Security Council of 20 June 2001 (S/2001/613), I described in some detail
the difficulties that the United Nations had encountered over the past 11 years in its effort to
implement the settlement plan (S/21360 and S/22464 and Corr.1). Despite those efforts, the
process of identifying voters for the referendum broke down repeatedly. After a particularly long
impasse, from the end of 1995 to the beginning of 1997, I appointed James A. Baker III as my
Personal Envoy in March 1997, and asked him to assess, in consultation with the parties, the
implementability of the plan in its present form and to examine whether there were adjustments
acceptable to the parties that would significantly improve the chances of implementing it in the near
future and, if not, to advise me on other possible ways of resolving the conflict. Following a tour of
the region, during which my Personal Envoy met with the leadership of the two parties and the
neighbouring countries, he informed me that, despite the difficulties and delays in the process,

336
neither side had indicated a willingness to pursue any political solution other than the
implementation of the settlement plan.

24. My Personal Envoy believed that the only realistic way to assess the feasibility of implementing
the plan would be by arranging direct talks between the parties. He was aware, however, that
previous efforts by the United Nations to organize such direct talks had not succeeded, mainly
because of the reluctance of the Government of Morocco to meet face-to-face with the Frente
POLISARIO.

25. At the invitation of my Personal Envoy, the parties met in Lisbon on 23 June 1997, marking the
first time in many years that they had met to discuss matters of substance. The meeting lasted only
one day, as it became apparent that both sides had difficulties accepting the proposal submitted by
my Personal Envoy to bridge their differences in regard to the identification process, and that both
needed to consult with their principals before responding. This was to become a pattern, repeated
during three subsequent rounds of direct talks held in 1997, reflecting the parties' great reluctance
to agree to the bridging proposals aimed at resolving their differences on the issues hindering the
implementation of the settlement plan. Nevertheless, through the perseverance of my Personal Envoy
and his team, agreement was reached on all the issues where problems existed in the positions of
the parties during the round of talks held at Houston, Texas (United States) from 14 to 16
September 1997. What became known as the "Houston accords" (S/1997/742, annex III) allowed for
the resumption of the identification process and, therefore, the implementation of the settlement
plan.

26. In my report of June 2001 (S/2001/613, paras. 27-29), I described the serious difficulties
encountered in carrying out and concluding the identification process and enumerated the
remaining key unresolved issues of the settlement plan following the conclusion of the Houston
accords. The report noted that since the conclusion of the identification process at the end of 1999,
MINURSO had received a total of 131,038 appeals. The appeals process promised to be even
lengthier and more cumbersome and contentious than the identification process, which itself lasted
for five and a half years.

27. In view of these developments, in early 2000 I asked my Personal Envoy to undertake new
consultations with the parties and neighbouring countries. After a visit to the region from 8 to 11
April, my Personal Envoy informed me that another face-to-face meeting between the parties was
required in order to consider persistent problems in the implementation of the settlement plan and
the Houston accords, as well as to explore other possible approaches.

28. The first of three such meetings in 2000 was held in London on 14 May. Representatives of the
neighbouring countries Algeria and Mauritania also attended. The meeting proved to be inconclusive
in resolving the problems separating the parties. My Personal Envoy therefore invited the parties to
come forward at the next meeting with concrete solutions to the multiple problems of the settlement
plan to which they could both agree, or, if that was not possible, to be prepared to discuss other
ways of achieving an early, durable and agreed resolution of their dispute over Western Sahara.

29. During the second meeting, held in London on 28 June, each party identified areas, mainly
concerning the appeals process and the repatriation of refugees, that in its view presented difficulties
with respect to the implementation of the plan. However, neither party offered any specific proposals
to which both could agree in order to resolve multiple problems in the implementation of the
settlement plan. At that time, my Personal Envoy indicated that, in his view, other issues remained
unresolved, such as enforcement of the results of the referendum, release of prisoners of war and
Western Saharan political detainees and possible problems relating to the implementation of the
code of conduct for the referendum campaign.

30. My Personal Envoy also expressed concern that the parties had so far failed to negotiate these
problems owing to the high level of animosity between them. In his view, neither party had shown
any disposition to depart from a winner-take-all mentality or appeared willing to discuss any
possible political solution in which each could achieve some, but not all, of what it wanted, allowing
the other side to achieve the same. After again asking the parties for concrete proposals to bridge
their differences, and again receiving no such proposals, my Personal Envoy expressed the view that
the meeting, instead of achieving progress, had deepened the differences between the parties.

31. Nevertheless, my Personal Envoy considered that a political solution was achievable through
direct dialogue between the parties, and asked them to meet again in order to try to arrive at a
political solution. At that time he stressed to the parties that, should they agree to discuss a political
solution other than the settlement plan, they would not prejudice their final positions since,
according to the rules of the consultations, nothing would be agreed to until everything had been
agreed.

337
32. The third meeting of the parties held under the auspices of my Personal Envoy was held in Berlin
on 28 September 2000. During a discussion on the status of the settlement plan, the parties
reiterated their positions; both, however, pledged their cooperation with the United Nations. My
Personal Envoy pointed out to the parties that he had heard the same arguments and pledges of
cooperation since 1997 and was therefore sceptical about their validity.

33. My Personal Envoy recalled that he had asked the parties whether they had come with new
positions on any issue. Neither party had presented any new positions on any issue, so he felt that
there was no political will on either side to move forward. At the same time, he reiterated that there
were many ways to achieve self-determination. It could be achieved through war or revolution; it
could be achieved through elections, but this required good will; or it could be achieved through
agreement, as had been done by parties to other disputes. When asked by my Personal Envoy
whether they would be willing to try the latter route without abandoning the settlement plan, both
parties reiterated their commitment to the plan, although they expressed fundamental differences
and perceptions as to its correct implementation.

34. My Personal Envoy then suggested that the parties explore ways to move the appeals process
forward, as the Frente POLISARIO wished, and at the same time search for a mutually acceptable
political solution, as the Security Council had requested in its resolution 1309 (2000) of 25 July
2000. The Moroccan delegation pointed out that the question of appeals had been extensively
covered and was exhausted. In the view of Morocco, that issue was deadlocked, not on technicalities,
but on principles.

35. My Personal Envoy then asked the parties whether, without abandoning the settlement plan,
they would be willing to pursue a political solution that might or might not be confirmed by a later
referendum. The Frente POLISARIO responded that it was not ready to discuss anything outside the
settlement plan. For its part, the Moroccan delegation stated that it was prepared to initiate a
sincere and frank dialogue with the Frente POLISARIO, with the assistance of my Personal Envoy, to
work out a lasting and definitive solution that would take account of the sovereignty and territorial
integrity of Morocco, as well as the specifics of the region, in compliance with the democratic and
decentralization principles that Morocco wished to develop and apply, beginning with the Sahara
region.

36. The Frente POLISARIO rejected the Moroccan proposal and reiterated that it would cooperate
and pursue dialogue only in the context of the settlement plan.

37. At the conclusion of these consultations, my Personal Envoy expressed the view, which I shared,
that further meetings of the parties to seek a political solution could not succeed, and indeed could
be counterproductive, unless the Government of Morocco, as the administrative power in Western
Sahara, was prepared to offer or support some devolution of governmental authority for all
inhabitants and former inhabitants of the Territory that would be genuine, substantial and in
keeping with international norms.

38. In early 2001 my Personal Envoy was able to determine that Morocco, as the administrative
power in Western Sahara, was prepared to support a draft framework agreement on the status of
Western Sahara (see S/2001/613, annex I), which envisaged a devolution of authority to the
inhabitants of the Territory with final status to be determined by a referendum five years later. Once
he ascertained the willingness of the Government of Morocco to support the draft framework
agreement, my Personal Envoy presented it to the Government of Algeria and to the Frente
POLISARIO, which provided their views on the agreement (ibid., annexes II and IV).

39. In view of the strong reservations expressed by the Government of Algeria and the unwillingness
of the Frente POLISARIO to consider the draft framework agreement, the Security Council, in its
resolution 1359 (2001) of 29 June 2001, supported my proposal to invite all the parties to meet
directly or through proximity talks under the auspices of my Personal Envoy to discuss the
framework agreement and to negotiate any specific changes that they would like to see in it. The
Council also encouraged the parties to discuss any other proposal for a political solution that might
be put forward by them to arrive at a mutually acceptable agreement. The Council affirmed that,
while such discussions went on, the proposals submitted by the Frente POLISARIO to overcome the
obstacles preventing implementation of the settlement plan would be considered.

40. As recounted in my reports of 10 January (S/2002/41) and 19 February 2002 (S/2002/178),


following the adoption of resolution 1359 (2001) my Personal Envoy met with high-level
representatives of the Frente POLISARIO and the Governments of Algeria and Mauritania at
Pinedale, Wyoming (United States), in August 2001. Neither the Government of Algeria nor the
Frente POLISARIO was willing to engage in a detailed discussion of the draft framework agreement,

338
notwithstanding indications of flexibility by the Government of Morocco conveyed to them by my
Personal Envoy. In view of the responses received from the Government of Algeria and the Frente
POLISARIO, in which they rejected the draft framework agreement (S/2002/41, annexes I and II),
my Personal Envoy did not see any real likelihood that the parties would ultimately agree voluntarily
to this approach to solving their dispute over Western Sahara. He was also of the view, which I
shared, that the proposal submitted by Algeria in lieu of the draft framework agreement, by which
the United Nations would assume sovereignty over Western Sahara in order to implement provisions
that appeared identical to those of the settlement plan, had no more chance than the settlement
plan of bringing about an early, durable and agreed resolution of the conflict over Western Sahara.

41. Subsequently, my Personal Envoy met with President Abdelaziz Bouteflika and other high-level
officials of the Government of Algeria on 2 November 2001 at the James Baker Institute in Houston,
Texas (United States) and then twice with King Mohammed VI and high-level officials of the
Moroccan Government in Morocco on 24 and 25 January 2002.

42. As indicated in my reports of June 2001 (S/2001/613) and February 2002 (S/2002/178), my
Personal Envoy is of the view &emdash; based on his assessment of United Nations efforts over the
past 11 years to implement the settlement plan, including the 6 years during which he has been
involved in the process &emdash; that it is highly unlikely that the settlement plan can be
implemented in its present form in a way that will bring about an early, durable and agreed
resolution of the dispute over Western Sahara.

43. Owing to the parties' incompatible positions with respect to the possibility of negotiating changes
in the draft framework agreement, which was favoured by Morocco, or the proposal to divide the
Territory, which was favoured by Algeria and the Frente POLISARIO, I presented four options, which
would not have required the concurrence of the parties, which the Security Council could consider in
addressing the conflict over Western Sahara (see S/2002/178).

44. As a first option, the United Nations could have resumed its efforts to implement the settlement
plan without requiring the concurrence of both parties before action could be taken. This effort
would have begun with the appeals process, but, even under this non-consensual approach, the
United Nations in the years ahead would have faced most of the problems and obstacles that it had
faced in the preceding 10 years. In that connection, Morocco expressed its unwillingness to go
forward with the settlement plan; the United Nations might not be able to hold a free and fair
referendum the results of which would be accepted by both sides; and there would still be no
mechanism to enforce the results of the referendum. Under this option, the Identification
Commission of MINURSO would have been reinforced, and indeed the overall size of the operation
would have been increased.

45. As a second option, my Personal Envoy could have undertaken to revise the draft framework
agreement, taking into account the concerns expressed by the parties and others with experience in
such documents. However, in that event, my Personal Envoy would not have sought the concurrence
of the parties, as had been done in the past with respect to the settlement plan and the draft
framework agreement. The revised framework agreement would have been submitted to the Security
Council, which would then have presented it to the parties on a nonnegotiable basis. If the Council
had agreed to this option, the composition of MINURSO might have been reduced.

46. As a third option, the Security Council could have asked my Personal Envoy to explore with the
parties one final time whether or not they were willing to discuss, under his auspices, directly or
through proximity talks, a possible division of the Territory, with the understanding that nothing
would be decided until everything was decided. Under this option, in the event that the parties had
been unwilling or unable to agree upon a division of the Territory by 1 November 2002, my Personal
Envoy would have been asked to show to the parties a proposal for division of the Territory that
would also have been submitted to the Council. The Council would then have presented the proposal
to the parties on a non-negotiable basis. Such an approach to a political solution would have given
each party some, but not all, of what it wanted and would have followed the precedent, but not
necessarily the same territorial arrangements, of the division agreed to in 1976 between Morocco
and Mauritania. If the Council had chosen this option, MINURSO could have been maintained at its
present size or its composition reduced.

47. As a fourth option, the Security Council could have decided to terminate MINURSO, thereby
recognizing and acknowledging that after the passage of more than 11 years and the expenditure of
about one-half billion dollars, the United Nations was not going to solve the problem of Western
Sahara without requiring that one or both of the parties did something that they did not voluntarily
agree to do.

339
48. The Security Council was not able to agree on any of the options. Instead, by its resolution 1429
(2002), it expressed its continued strong support for my efforts and those of my Personal Envoy to
find a political solution to this long-standing dispute, and invited my Personal Envoy to pursue those
efforts, taking into account the concerns expressed by the parties. The Council also expressed its
readiness to consider any approach providing for self-determination that might be proposed by me
and my Personal Envoy, consulting, as appropriate, others with relevant experience. The Council
also called upon the parties and the States in the region to cooperate fully with me and my Personal
Envoy in that regard.

49. Pursuant to this request, my Personal Envoy, assisted by a constitutional expert, drafted a peace
plan for self-determination for the people of Western Sahara (see annex II), which he presented and
explained to the parties and neighbouring countries during his visit to the region from 14 to 17
January of this year. My Personal Envoy also shared the plan with members of the Security Council
in early March. I believe that the peace plan provides a fair and balanced approach towards a
political solution to the question of Western Sahara, providing each side some, but perhaps not all,
of what it wants. It incorporates elements of the draft framework agreement that had been accepted
by Morocco, as well as elements of the settlement plan and of the Houston accords, agreed to by
both sides and favoured by the Frente POLISARIO. It envisages a period of transition during which
there would be a division of responsibilities between the parties before the holding of a referendum
for self-determination that would provide the bona fide residents of Western Sahara with an
opportunity to decide their future. Unlike the settlement plan, the peace plan does not require the
consent of both parties at each and every step of its implementation. The responses of the parties
and neighbouring countries to the plan are provided in annex III.

V. Observations and recommendations

50. After many years of exemplary efforts by my Personal Envoy, the proposed peace plan offers what
could be an optimum political solution to the conflict over Western Sahara, providing the bona fide
residents of Western Sahara, following an appropriate transitional period, the opportunity to
determine their own future, which, in turn, would promote peace and stability in the region and
would open the way to enhanced exchanges and cooperation between the countries of the Arab
Maghreb Union. By combining elements of the framework agreement, favoured by Morocco, and the
settlement plan, favoured by the Frente POLISARIO, it represents a fair and balanced approach,
providing each side some, but perhaps not all, of what it wants. The peace plan, therefore,
represents a compromise. And, unlike the settlement plan, it does not require the consent of both
parties at each and every stage of implementation.

51. The main objection of Morocco to the peace plan seems to be that in the referendum to
determine the final status of Western Sahara, one of the ballot choices is independence. However,
independence is also one of the two ballot choices under the settlement plan, which Morocco had
accepted.

52. It is difficult to envision a political solution that, as required by Security Council resolution 1429
(2002), provides for self-determination but that nevertheless precludes the possibility of
independence as one of several ballot questions. This is particularly difficult to envision given: (a) the
stated commitment of Morocco to the settlement plan (wherein independence is one of two ballot
choices, the other being integration with Morocco) over so many years; and (b) the inclusion in the
electorate for the referendum foreseen under the peace plan of all those who have resided
continuously in Western Sahara since 30 December 1999, as opposed to only those who would be
included in the voter list, which was created on the basis of the work of the Identification
Commission.

53. There is one amendment to the peace plan that might assuage the concern of Morocco over the
ballot for the referendum. This would be to provide a third ballot choice providing for "continuation
of the division of authority set forth in article III of the peace plan", in other words, self-government
or autonomy. Morocco has for some time supported the concept of self-government or autonomy as
the solution to the conflict over Western Sahara. My Personal Envoy and I propose that this third
ballot question be included on the ballot for the referendum on the peace plan. If none of the three
ballot questions obtained a majority of votes, the one receiving the fewest votes would be eliminated
and a run-off referendum would be held to allow voters to choose between the two remaining
questions. If the third option, selfgovernment or autonomy, prevailed, the electorate for future
elections of the executive and legislative bodies of the Western Sahara Authority would be the bona
fide residents of Western Sahara over the age of 18.

54. The chief objection of the Frente POLISARIO to the peace plan seems to be that it is not the
settlement plan. The Frente POLISARIO suggests that the parties revert to the implementation of the
settlement plan, with two new elements: (a) that the Identification Commission would process all

340
130,000 appeals, with no requirement that sheikhs participate, with the Commission's decisions to
be accepted as final; and (b) that a mechanism would be added to provide for enforcement of the
results of the referendum under Chapter VII of the Charter of the United Nations. However, even
with these two new elements, the settlement plan would still require the parties' consent at every
stage of its implementation. It is difficult to envision Morocco consenting to the proposal of the
Frente POLISARIO as a way of implementing the settlement plan. As far as adding a Chapter VII
mechanism to enforce the results of the referendum, it should be recalled that, following my report of
February 2002 (S/2002/178), the Security Council would not choose any of the four options
proposed by my Personal Envoy and me because both parties would not consent or agree to one of
them. It is therefore quite unlikely that the Council would decide to enforce the result of the
referendum under Chapter VII.

55. The responses of the parties also contain a number of ostensibly technical objections to the
peace plan. However, when taken together, these objections suggest that the parties still lack the
genuine will required to achieve a political solution to the conflict.

56. The Security Council should not exclude the possibility that it may be asked by one or both
parties to support a process in which objections and/or changes to the peace plan would be
negotiated between them, perhaps under the auspices of the United Nations. However, I do not
believe that such an approach would be conducive to moving forward. Rather, my Personal Envoy
and I believe that the parties should accept the plan as proposed. It should be recalled, in this
connection, that over the six-year period of his involvement with this issue, my Personal Envoy has
convened the parties nine times in four years in Portugal, the United Kingdom of Great Britain and
Northern Ireland, Germany and the United States of America, usually with discouraging results.

57. After more than 11 years and an amount of assessed contributions close to $500 million, it
should be acknowledged that the Security Council is not going to solve the problem of Western
Sahara without asking that one or both of the parties do something they are not otherwise prepared
to do.

58. Pursuant to Security Council resolution 1429 (2002), my Personal Envoy has now developed a
fifth option, "the peace plan for self-determination of the people of Western Sahara", in addition to
the four that were described in my report of 19 February 2002 (S/2002/178). I recommend that the
Council endorse the peace plan. It combines elements of the draft framework agreement and agreed
elements of the settlement plan. It is fair and balanced and, following a transitional period of
selfgovernment, offers the bona fide residents of Western Sahara an opportunity to determine their
future for themselves. The four earlier options could, of course, still be considered, but if the Council
is not prepared to revisit them with a view to making a choice, I recommend that the parties be
asked by the Council to agree to the peace plan and to work with the United Nations to implement it.

59. I have reluctantly come to the conclusion that unless and until the parties demonstrate their
readiness to assume their own responsibilities and make the compromises necessary to reach a
successful outcome to the conflict, a fresh initiative to find a solution to the question of Western
Sahara is likely to suffer the same fate as the earlier ones. Accordingly, I urge the Security Council to
seize this opportunity to address effectively the long-outstanding issue of Western Sahara by
requesting the parties to agree to the peace plan as amended and to work with the United Nations in
its implementation.

60. If the parties cannot agree on an approach for a political solution and if the Security Council is
not in a position to ask them to take steps that they do not perceive to be in their own interest,
despite the fact that it may clearly be in the interest of the population of Western Sahara, the
Council may wish to consider whether it wishes to remain actively seized of this political process. 61.
In order to give the Security Council sufficient time to reflect on its decision, I propose that the
mandate of MINURSO be extended for two months, until 31 July 2003.

Annex I
Contributions to the United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara as at 10
May 2003

Annex II

Peace plan for self-determination of the people of Western Sahara

I. Purpose

1. The present peace plan for self-determination of the people of Western Sahara is an agreement by
and between the Kingdom of Morocco and the Frente POLISARIO (which are the interested parties),

341
joined by the People's Democratic Republic of Algeria and the Islamic Republic of Mauritania (which
are the neighbouring countries) and the United Nations. The purpose of the plan is to achieve a
political solution to the conflict in Western Sahara that provides for selfdetermination, as
contemplated in paragraph 1 of Security Council resolution 1429 (2002), of 30 July 2002. The
effective date of the plan is the date when all interested parties, neighbouring countries and the
United Nations have signed it. The final status of Western Sahara shall be determined by a
referendum conducted in accordance with part II of the plan. During the period between the effective
date of the plan and the implementation of the results of the referendum on final status,
governmental authority shall be exercised in Western Sahara in accordance with part III of the plan.

II. Self-determination referendum

2. A referendum to determine the final status of Western Sahara shall be held no earlier than four
and no later than five years after the effective date of the plan. The options or ballot questions to be
included in the referendum will include: (a) those previously agreed to in the settlement plan; and (b)
any additional options or ballot questions agreed to by the Kingdom of Morocco and the Western
Sahara Authority (as defined in para. 8 (a) below).

3. A referendum option or ballot question shall be deemed to have been adopted if it receives more
than 50 per cent of the votes cast in the referendum. If more than two options or ballot questions are
presented and none receives a majority of the votes cast in the first round, a second round shall be
held in which the two options or ballot questions that received the most votes shall be presented to
the voters.

4. The referendum shall be organized and conducted by the United Nations and monitored by
international observers accredited by the United Nations.

5. Those eligible to vote in the referendum are those persons who are at least 18 years of age and: (a)
who have been identified as qualified to vote by the Identification Commission of the United Nations
Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO), as reflected on the provisional voter list
of 30 December 1999 (without giving effect to any appeals or other objections); (b) whose names
appear on the repatriation list drawn up by the United Nations High Commissioner for Refugees
(UNHCR) as at 31 October 2000; or (c) who have resided continuously in Western Sahara since 30
December 1999. Those eligible to vote shall be determined by the United Nations, whose decision
shall be final and without appeal.

6. The addition to the list of qualified voters of any person whose name does not appear either on the
provisional voter list of 30 December 1999 or on the repatriation list drawn up by UNHCR as at 31
October 2000 can occur only if the status of that person as a continuous resident of Western Sahara
since 30 December 1999 is supported by testimony from at least three credible persons and/or
credible documentary evidence. The United Nations shall: (a) determine the credibility and legal
sufficiency of all such testimony and other evidence; and (b) based on that testimony and other
evidence, determine who is (and is not) entitled to be added to the list of qualified voters under this
paragraph. These determinations by the United Nations shall be final and without appeal.

7. All interested parties and neighbouring countries agree to accept and respect the results of the
referendum.

III. Authority in Western Sahara

8. Governmental authority in Western Sahara between the effective date of this plan and such time
as a new government shall take office in implementation of the result of the referendum on final
status shall be as set forth in this plan, and in particular in the present paragraph: (a) The
population of Western Sahara, acting through the executive, legislative and judicial bodies
established under the plan - herein sometimes referred to as the Western Sahara Authority - shall be
responsible for and have exclusive competence over local government, the territorial budget,
taxation, economic development, internal security, law enforcement, social welfare, cultural affairs,
education, commerce, transportation, agriculture, mining, fisheries, industry, environment, housing
and urban development, water and electricity, roads and other basic infrastructure; (b) Morocco
shall be responsible for and have exclusive competence over foreign relations (including international
agreements and conventions), national security and external defence (including the determination of
borders - maritime, aerial, and terrestrial - and their protection by all appropriate means), all
matters relating to the production, sale, ownership and use of weapons and explosives (except for
the duly authorized use of weapons by the law enforcement authorities of the Western Sahara
Authority) and the preservation of territorial integrity against secessionist attempts, whether from
within or outside the Territory, provided, however, that the right to preserve territorial integrity shall
not authorize any action whatsoever that would prevent, suppress, or stifle peaceful public debate,

342
discourse or campaign activity, particularly during any election or referendum period. In addition,
the flag, currency, customs, postal and telecommunication systems of Morocco shall be the same for
Western Sahara. With respect to all functions described in this subparagraph, Morocco may appoint
representatives to serve it in Western Sahara.

9. The authority of Morocco for the foreign relations of Western Sahara shall be exercised in
consultation with the Western Sahara Authority on matters that directly affect the interests of
Western Sahara. Morocco may authorize representatives of the Authority to serve as members of the
Kingdom's diplomatic delegations in international meetings concerned with economic issues and
other issues of direct interest to Western Sahara.

10. The executive authority of the Western Sahara Authority shall be exercised by a Chief Executive
elected by the people of Western Sahara in accordance with paragraphs 15 to 17 of the present plan.
The Chief Executive may appoint such administrators as may be necessary to exercise the powers
reserved to the Authority by the plan.

11. The legislative authority of the Western Sahara Authority shall be exercised by a Legislative
Assembly elected by the people of Western Sahara in accordance with paragraphs 15 to 17 of the
present plan. The Legislative Assembly shall be responsible for the enactment of all laws applicable
in Western Sahara, with the exception of any relating to the authorities reserved to Morocco under
paragraph 8 (b) above.

12. The judicial authority in Western Sahara shall be vested in a Supreme Court of Western Sahara
and such other lower courts as may be established by the Western Sahara Authority. Members of
the Supreme Court and lower courts shall be appointed by the Chief Executive, with the consent of
the Legislative Assembly. The Supreme Court (a) shall have jurisdiction to adjudicate the
compatibility of any law of Western Sahara with this plan (except any relating to the authorities
reserved to Morocco by paragraph 8 (b) above, in which case the highest court of Morocco shall have
that jurisdiction), and (b) shall be the final authority in interpreting the law of Western Sahara. The
Supreme Court shall have the authority to declare null and void any law, regulation or other act of
the Western Sahara Authority that contravenes this plan or exceeds the competence of the
Authority, as provided in the plan.

13. All laws, regulations and acts of the Western Sahara Authority shall be consistent with
internationally recognized human rights standards (including human rights standards in any
treaties to which Morocco is a party). In no event shall human rights in Western Sahara be protected
to a lesser extent than is provided for in the constitution and laws of Morocco.

14. All laws and regulations now in force in Western Sahara shall continue in force until they are
amended or repealed by action of the Legislative Assembly and Chief Executive of the Western
Sahara Authority, except any relating to the authorities reserved to Morocco by paragraph 8 (b)
above.

15. The election for the Legislative Assembly and Chief Executive of the Western Sahara Authority
shall be held within one year of the effective date of this plan. Voters shall vote separately (in a single
election) for the Chief Executive and members of the Legislative Assembly, who shall hold office for a
period of four years or until governmental authority in Western Sahara is changed pursuant to the
final status referendum. Sole and exclusive authority over all matters relating to any and all
elections and referendums called for in this plan, including their organization and conduct, shall be
vested in the United Nations.

16. Those eligible to vote in the election for the Legislative Assembly and Chief Executive of the
Western Sahara Authority are persons who are at least 18 years of age and whose names appear
either on the provisional voter list of 30 December 1999 (without giving effect to any appeals or other
objections) or on the repatriation list drawn up by UNHCR as at 31 October 2000. Those eligible to
vote shall be determined by the United Nations, whose decision shall be final and without appeal.

IV. Other matters

17. Campaigns for the election and referendum referred to in this plan shall be conducted in a
manner consistent with international human rights standards and in keeping with the principles of
the Code of Conduct agreed to by Morocco and the Frente POLISARIO in 1997 (the Houston
accords), except where to do so would be inconsistent with this plan. In particular, the interested
parties agree not to hinder the ability of persons to campaign peacefully for or against any person
standing for election or any option or ballot question offered to the voters in the referendum on final
status.

343
18. Neither Morocco nor the Western Sahara Authority may unilaterally change or abolish the status
of Western Sahara, except for the adoption of such laws as may be necessary to conform to the
results of the referendum on final status. No change to this plan may be made without the
agreement of the King of Morocco and the Chief Executive and the Legislative Assembly of Western
Sahara.

19. Immediately after the effective date of this plan, all political prisoners and prisoners of war shall
be released, and the obligation of each party in this regard is not dependent upon performance by
the other. The interested parties agree that they shall continue their full cooperation with relevant
international bodies until the completion of the repatriation process.

20. Within 90 days after the effective date of this plan, the armed forces of Morocco and the Frente
POLISARIO will be reduced, confined, contained and thereafter maintained in all respects strictly in
accordance with the provisions of the 1997 Houston accords. This provision is without prejudice to
the deployment of Moroccan armed forces in purely defensive positions pursuant to the
responsibility of Morocco for external defence under paragraph 8 (b) above or the creation and
normal functioning of law enforcement personnel in Western Sahara under the authority of the
Western Sahara Authority.

21. The United Nations will assist the interested parties, in particular the Western Sahara Authority,
in fulfilling their responsibilities under this plan. The Security Council undertakes to amend the
name and mandate of MINURSO to enable it to assist in the implementation of this plan, in
particular during the period between the plan's entry into force and the holding of the election for
the Chief Executive and the Legislative Assembly of the Western Sahara Authority.

22. The Secretary-General will use his good offices to assist the interested parties in the
implementation of this plan. The interested parties agree that the Secretary- General shall have the
authority to interpret this plan and that in the event of any disagreement about the meaning of the
plan, the Secretary-General's interpretation shall be binding on the interested parties.

23. By signing the present document, the interested parties, the neighbouring countries and the
United Nations agree to the terms of the plan, effective on the date on which all of them have signed
the document.

344
• 2005: S/254 del 19 aprile

United Nations
S/2005/254
Security Council
Distr.: General
19 April 2005

Report of the Secretary-General on the situation concerning Western Sahara

I. Introduction

1. The present report is submitted pursuant to Security Council resolution 1570 (2004) of 28
October 2004, by which the Council extended the mandate of the United Nations Mission for the
Referendum in Western Sahara (MINURSO) until 30 April 2005. In the same resolution, the Council
requested me to submit an interim report, within three months of the adoption of the resolution, on
the evolution of the situation and on the Mission's size and concept of operations, with further detail
on the options discussed in my report of 20 October 2004 (S/2004/827) regarding the possible
reduction of MINURSO staff, including civilian and administrative personnel. The present report
covers developments since the issuance of the interim report of 27 January 2005 (S/2005/49).

II. Political situation

2. Notwithstanding a certain improvement in the political climate in the region, I regret to report
once again that there remains lack of agreement, as described in my two previous reports, on how to
overcome the deadlock between the parties and enable the people of Western Sahara to exercise their
right to self-determination.

III. Activities on the ground

A. Activities of the military component

3. As at the beginning of April 2005, the military component of MINURSO stood at 227 military
observers, administrative clerks and medical unit personnel, against the authorized strength of 230.
Under the Command of Major General György Száraz (Hungary), MINURSO continued to monitor the
ceasefire in Western Sahara, which has been in effect since 6 September 1991. The area of
responsibility has in general remained calm.
4. During the reporting period, MINURSO performed 1,343 ground patrols and 109 air patrols to visit
and inspect units larger than company size of the Royal Moroccan Army and the military forces of
the Frente Polisario, in accordance with military agreement No. 1 between the Royal Moroccan Army
and MINURSO on the one hand, and the Frente Polisario military forces and MINURSO on the other.

5. Both parties have protested alleged actions of the other party, which MINURSO was unable to
substantiate. In particular, the Moroccan side considers the occasional demonstrations in the buffer
strip by civilian supporters of the Frente Polisario (mainly from outside of the region) a provocation
and a violation of the ceasefire, including because these demonstrators are allegedly escorted by
armed military personnel of Polisario. One such demonstration took place during the reporting
period. While the entry of armed forces of either side into the buffer strip is prohibited under military
agreement No. 1, MINURSO was not in a position to verify at first hand the presence of armed
Polisario personnel during the last of these demonstrations.

6. The Frente Polisario, for its part, protested an incident in which a civilian was allegedly the victim
of a deliberate shooting from across the berm. It also maintained that clandestine migrants, referred
to in previous reports, were mistreated at the hands of Moroccan personnel at the berm. While these
incidents were denied by Morocco, the results of the investigation of both incidents undertaken by
MINURSO were inconclusive.

7. It will be recalled that actions by the parties which if undertaken or maintained would constitute
violations of military agreement No. 1 were reported in my interim report (S/2005/49). Both parties
had informed MINURSO at that time that these actions were aimed at addressing clandestine
migration and smuggling activities. Despite its limited resources and the added workload, MINURSO
was able to complete in March 2005 an internal assessment of the state of compliance by the parties

345
with the military agreements, putting in place, in the process, a database that will allow information
obtained by military observers to be tracked and analysed systematically in the future. In regard to
military agreement No. 1, MINURSO established that there has been a serious deterioration in
compliance, including in the following ways:
(a) Continued installation and upgrading of radar and surveillance capability by the Royal Moroccan
Army in over 40 locations along the entire length of the berm, although the agreement prohibits
strengthening of equipment in the restricted areas (the two 30-kilometre wide areas to the north and
west of the berm for the first area and to the south and east of the berm for the second);
(b) Improvement of defence infrastructure, including construction of a second strand of the berm by
the Royal Moroccan Army, whereas the agreement prohibits all improvement of defence
infrastructure, including the construction of new lines of defence (sand, stone or concrete);
(c) Live-fire military exercises by the Royal Moroccan Army that occasionally extend to the restricted
areas (towards the north-east corner of the Territory), while the Agreement permits live-fire exercises
only in the areas of limited restrictions (the stretches of land located on the northern and western
side of the first restricted area and on the southern and eastern side of the second restricted area),
subject to prior notification to MINURSO if they involve the use of weapons of a calibre above 9
millimetres;
(d) Continued deployment by the Frente Polisario of a unit of armed personnel with anti-aircraft
weapons in the area known as the "Spanish fort" in the restricted area east of the berm, as well as
concrete reinforcement of the fort's walls, although the Agreement prohibits all tactical redeployment
of troops, units, equipment and weapons;
(e) Repeated incursions into the buffer strip (the area covering a width of 5 kilometres that runs
along the south and east of the berm) by armed Polisario personnel in military vehicles, although the
Agreement prohibits access to the buffer strip, by land or by air, of personnel and equipment of the
military forces of both sides;
(f) Continued imposition by the Frente Polisario of restrictions on the movement of MINURSO
personnel, both military and civilian, including the demand that prior notification be given by
MINURSO before visits, when the Agreement stipulates that MINURSO military observers enjoy total
freedom of movement and action to discharge their tasks, including carrying out at any time any
kind of patrol, by ground or by air, in the MINURSO area of responsibility;
(g) After-the-fact submission, by both sides, of requests for or notifications of regulated or restricted
actions, whereas the agreement specifies the periods within which such requests or notifications
must be submitted.
8. While establishing these overall trends, MINURSO was not in a position to determine when the
non-compliance actually started to seriously undermine the letter and the spirit of military
agreement No. 1. There is, however, no doubt that this was already well under way when the actions
referred to in my last report came to the attention of MINURSO. A number of factors contributed to
the lateness of this discovery, including the limited number of MINURSO military observers and team
sites in an extensive area of responsibility, as described in my last report, as well as limitations on
night-time patrols by military observers.

9. With regard to military agreements No. 2 and No. 3, the parties continue to extend a high level of
cooperation to MINURSO concerning the marking and disposal of mines and unexploded ordnance.
During the period under review, MINURSO discovered and marked an additional 127 pieces of mines
and unexploded ordnance. Thirteen disposal operations were monitored, all carried out by the Royal
Moroccan Army.

10. As mentioned in my previous reports, MINURSO, in close cooperation with the Geneva
International Centre for Humanitarian Demining (GICHD), continued to develop an information
management system for mine action in order to improve the operational capability of the Mission's
military component and to build a comprehensive database to support, when conditions allow, a
wider mine action campaign. At the beginning of March 2005, a delegation from GICHD visited the
Mission and provided training for MINURSO civilian and military personnel in the use of the
information management system, which has now been updated to an advanced version. MINURSO
intends to set up, within existing financial and human resources, a joint (military-civilian) section to
manage and update the information management system.

B. Prisoners of war, other detainees and persons unaccounted for

11. The Frente Polisario continued to hold 410 Moroccan prisoners of war, some of whom have been
in captivity for many years. On 12 February 2005, an unconfirmed report alleged that two of these
prisoners had escaped and returned to Morocco. The International Committee of the Red Cross
(ICRC) continues to pursue the question of persons still unaccounted for in relation to the conflict.

C. Illegal migration

346
12. On 22 March 2005, MINURSO transported one Bangladeshi national, who was being sheltered by
Frente Polisario forces in the Tifariti area, to Zouerate, Mauritania, where he was transferred to the
International Organization for Migration for repatriation. Recently, MINURSO also learned of and
visited an additional 46 stranded migrants, reportedly from Bangladesh, who have been in the care
of the Frente Polisario in the Tifariti area since the first week of April 2005. The stranded migrants
alleged that they arrived from Casablanca, ending in the Tifariti area after being forced across the
berm into the buffer strip.

13. While MINURSO has thus far been able to contribute to the repatriation operations, the fact
remains that the Mission's capacity to assist stranded migrants is limited. MINURSO will continue to
coordinate with humanitarian agencies, as needed, so as to extend logistical support for repatriation
operations on a humanitarian basis, subject to resource availability and as long as it does not affect
the discharge of its core mandate.

D. Western Saharan refugees

14. The World Food Programme (WFP) is carrying out a relief and recovery programme for Western
Saharan refugees, budgeted at approximately $40 million over a two-year period, from September
2004 to August 2006. So far, about 29 per cent of the required budget has been resourced through
multilateral and bilateral contributions.

15. As indicated in my last report, WFP and the Office of the United Nations High Commissioner for
Refugees (UNHCR) have been increasing their monitoring and logistical capacity in the Tindouf
refugee camps. In this context, a joint monitoring mission to the camps was organized by both
agencies from 5 to 12 March 2005 to look into food distribution mechanisms. Pending the results of
the monitoring mission and further clarification by some major donors, the food situation will remain
critical until the end of the year, starting as early as June 2005. It is hoped that a common
understanding will prevail on the food distribution mechanisms and that no further breaks will occur
in the future.

16. A donor visit to the Tindouf refugee camps was facilitated by WFP, UNHCR and MINURSO from
16 to 19 March 2005 with the participation of 11 donor country representatives, the European
Commission's Humanitarian Aid Office, the United Nations Children's Fund, the United Nations
Industrial Development Organization and various NGOs. The visit provided an opportunity to further
raise interest among donor countries concerning this protracted refugee situation and to clarify a
number of points regarding, in particular, issues relating to food distribution, including recurrent
breakdowns in the food pipeline. It also permitted a discussion of issues relating to information-
sharing and coordination among the humanitarian actors.

E. Confidence-building measures

17. It will be recalled that the parties, and Algeria as country of asylum, made a positive evaluation
of the pilot phase of family visits in 2004 and agreed that this should be pursued in 2005. In early
January 2005, UNHCR, in close consultation with my Special Representative for Western Sahara,
submitted to them a new plan of action for the implementation of the 2005 phase.

18. On 3 February 2005 UNHCR hosted a briefing meeting for donors in Geneva with the
participation of my Special Representative, where several additional donors expressed interest in
participating in the confidence-building measures programme. On 20 March, UNHCR launched an
appeal for the amount of $3,193,659, covering the budgetary requirements of the confidence-
building measures programme during 2005. A major portion of that budget relates to the aircraft,
aviation fuel, telephone link equipment, telephone operation and staffing requirements. Provision is
also made for seminars involving civil society from the Territory and the refugee community. The
contributions and pledges received to date, amounting to $1,823,509, will enable UNHCR and
MINURSO to resume family visits later this month, assuming agreement by the parties concerned. In
this regard, Polisario and Algeria, as country of asylum, have given their approval to the new plan of
action. On 12 April the Moroccan Government informed UNHCR of its intention to send a delegation
to Geneva to discuss further the new plan of action.

F. African Union

19. During the reporting period, the observer delegation of the African Union to MINURSO, led by its
senior representative, Ambassador Yilma Tadesse (Ethiopia), continued to provide support and
cooperation to the Mission. I wish to reiterate my appreciation for the African Union's contribution.

IV. Financial aspects

347
20. By its resolution 58/309 of 18 June 2004, the General Assembly appropriated an amount of
$44,041,200 (gross), equivalent to $3,670,100 per month, for MINURSO for the period from 1 July
2004 to 30 June 2005. The assessment of these amounts is subject to the decision of the Security
Council to extend the mandate of the Mission. Should the Council decide to extend the mandate of
MINURSO beyond 30 April 2005, the cost of maintaining the Mission until 30 June 2005 will be
limited to the monthly amounts approved by the General Assembly. As at 31 March 2005, unpaid
assessed contributions to the special account for MINURSO amounted to $48.9 million, which is a
matter of concern. This amount exceeds a full year's worth of Mission costs. The total outstanding
assessed contributions for all peacekeeping operations as at 31 March 2005 amounted to $1,365.9
million.

V. Observations and recommendations

21. The recent reduction in negative rhetoric and increase in high-level contacts in the region is an
encouraging development. However, the overall improved regional political climate has not yet led to
movement in the positions of the parties on the question of Western Sahara and the core issue of
how the people of the Territory can exercise their right of self-determination.

22. I remain prepared to help the parties reach a just, lasting and mutually acceptable political
solution and regret that such a solution remains blocked, either for reasons of substance or because
existing channels for the search for common ground are not being used. The stalemate in this long-
standing conflict has left tens of thousands of Saharan refugees living in deplorable conditions,
relying for their survival on the generosity of the international community. It is therefore my sincere
hope that all concerned will show the necessary political will to break the current deadlock, thus
enabling the resumption of the efforts of the United Nations to assist the parties in reaching a
mutually acceptable political solution. In the meantime, both parties must refrain from inflammatory
statements or taking any action, including legal, political or military, which would have the effect of
further complicating the search for a solution or cause unnecessary friction.

23. While there has not been a breach of the ceasefire that has been in effect since 6 September
1991, and there is no indication that the leadership of either party intends to initiate hostilities, I
should like to register my concern at the scale of the violations of military agreement No. 1, outlined
in paragraph 7 above. While frustration stemming from the continuing political deadlock could be a
factor in the deterioration of compliance that has been observed, it does not exonerate the parties of
their responsibilities. Their fundamental commitment to the ceasefire and the military agreements
must therefore be reinforced and reconfirmed. I am concerned, therefore, by the most recent reported
statement by the Polisario leadership that a "return to arms" may be "closer than ever".

24. As indicated in my last report, both parties have explained to MINURSO that certain actions were
needed to combat illegal migration and smuggling. This explanation may indicate the feeling of both
parties that the agreements, which were concluded when these phenomena were either non-existent
or negligible, are outdated. If this is the case, there may be a need to review and adjust the
agreements. As I informed the Security Council in my previous report, MINURSO intends to raise
this matter with the parties, taking into consideration the need to ensure that the end result of any
possible review is consistent with the principle that military forces should maintain the status quo at
the time of the ceasefire, and that any adjustments should be transparent and mutually acceptable.

25. Pending an agreement to that effect, it is incumbent on the parties to fully comply with the
military agreements now in force. I call upon them to do so and remind them that adherence to their
obligations under the agreements is not contingent upon compliance by the other party. Each has an
individual responsibility for ensuring compliance with these documents by all forces under its
authority. In this context, restrictions imposed on the freedom of movement of MINURSO are not
acceptable.

26. By its resolutions 1541 (2004) and 1570 (2004), the Security Council asked me to examine ways
to reduce the size of MINURSO. I remain convinced that this would not be advisable at this stage.
Given the prevailing conditions on the ground, MINURSO should be in a position to provide an
adequate response and ensure the effective monitoring of the ceasefire. It is my view that the Mission
should, at a minimum, be maintained at its current strength and that, in view of the gravity of some
of the violations described above, consideration could be given to its strengthening. While I may
revert to the Security Council on this matter, a review of MINURSO standard operating procedures
has in the meantime started, in order to further enhance its monitoring and verification capabilities.
The Mission is also examining ways to increase its ground coverage within existing resources.
However, the maintenance of the ceasefire regime will ultimately depend on a recommitment of the
parties to their ceasefire undertakings.

348
27. With regard to the review of the civilian component, a team from the Secretariat is expected to
travel to MINURSO in May 2005 to finalize the comprehensive review undertaken of the structure of
the administrative and other civilian components of the Mission. I expect to be in a position to report
to the Council on this matter soon.

28. I am concerned by the potential dangers for civilians who enter the heavily mined buffer strip
and restricted areas. In this regard, illegal migrants are especially vulnerable, as are participants in
civilian demonstrations. While civilians obviously have a right to demonstrate, they are evidently
being organized and escorted to stage protests in the dangerous, heavily mined buffer strip, in front
of the military positions at the berm. Those who encourage these demonstrations should understand
the responsibility they are taking by putting civilians in these precarious circumstances. In any
event, sufficient advance notification of such demonstrations should be given, including to
MINURSO. Failing this, given the considerable distance between MINURSO team sites and the areas
where demonstrations take place, it will remain very difficult for United Nations observers to reach
the locations of the demonstrations in a timely manner to verify allegations by either side. In any
case, the participation of armed military personnel in demonstrations in the buffer strip would be in
violation of military agreement No. 1. Organizers should therefore ensure that no weapons enter this
area and that no demonstrator wears military or military-like clothing so as to eliminate a potential
source of provocation.

29. The Frente Polisario continues to hold Moroccan prisoners of war. I call on it once again to
release all prisoners without any further delay, in compliance with international humanitarian law
and numerous Security Council resolutions and presidential statements. At the same time, I appeal
to Morocco, and also to the Frente Polisario, to cooperate fully with ICRC in accounting for those who
are still missing owing to the conflict.

30. I am grateful to donors who have made or pledged generous contributions to the programme on
confidence-building measures led by UNHCR and supported by MINURSO. I am encouraged by
expressions of interest of others who are envisaging making contributions. I hope that the family
visits can resume expeditiously and that it will be possible to move towards the organization of
seminars involving the civil society of the Territory and the refugee community later this year.

31. In view of the prevailing situation, I continue to believe that MINURSO plays a vital role on the
ground and would like to recommend the extension of its mandate for a further six months, until 31
October 2005.

32. In conclusion, I would like to express my appreciation to my Special Representative, Alvaro de


Soto, and the men and women of MINURSO, who continue to work tirelessly under difficult
conditions in the discharge of the Mission's mandate.

349
Risoluzioni e Raccomandazioni del Parlamento Europeo sulla situazione del
Sahara Occidentale

• Risoluzione 1408 del Consiglio d’Europa (2004)

Resolution 1408 (2004)

Situation in Western Sahara

1. The Parliamentary Assembly remains concerned at the lack of substantial progress in finding a
fair and lasting political solution, which is acceptable to the different parties, to the dispute over
Western Sahara.

2. The conflict in Western Sahara causes unacceptable hardship and suffering for innocent people
and has led to an unbearable humanitarian situation which should no longer be tolerated.

3. The United Nations has been seeking a settlement in Western Sahara since the withdrawal of
Spain in 1976. In 1988, the Secretary-General submitted the settlement plan calling for a definite
solution to the question of Western Sahara through a ceasefire and the holding of a referendum
concerning the self-determination of the territory’s people.

4. The Assembly gives its full support to the United Nations, including the United Nations Mission for
the Referendum in Western Sahara (Minurso), set up in 1991, and to the Secretary-General’s
Personal Envoy, in their tireless efforts to assist the parties concerned to find a solution to the
dispute. It pays special tribute to the Personal Envoy, who has met several times during recent
months with both Morocco’s leaders and the Frente Popular para la Liberaciόn de Saguia el-Hamra y
de Rio de Oro (Frente Polisario) with the aim of getting the parties to work towards the acceptance
and implementation of the Peace Plan for Self-Determination of the People of Western Sahara.

5. The Assembly gives its full backing to United Nations Security Council Resolution 1541 (2004) of
29 April 2004 by which the Security Council reaffirms its support for the Peace Plan for Self-
Determination of the People of Western Sahara as an optimum political solution as well as its strong
support for the United Nations Secretary-General and his Personal Envoy in their efforts to achieve a
mutually acceptable political solution to the conflict over Western Sahara.

6. While the Frente Polisario officially accepted the Peace Plan for Self-Determination of the People of
Western Sahara on 6 July 2003, Morocco, in its final response of 15 April 2004, does not accept
essential elements of the Peace Plan. It does not agree with the proposed transitional period of self-
government, aimed at offering the bona fide residents of Western Sahara an opportunity to determine
their future themselves. Morocco considers that this period would imply uncertainty as to the final
status of the territory and thus is likely to usher in an era of insecurity and instability for the whole
Maghreb and considers that the final nature of the autonomy is not negotiable.

7. The Assembly urges the authorities of Morocco to seize the opportunity and show a compromising
attitude towards acceptance of the peace plan and hence to put an end to the dispute over Western
Sahara.

8. The Assembly invites the neighbouring states to co-operate with the United Nations in finding a
fair and final solution to the conflict.

350
9. The Assembly also calls on its member states to contribute by appropriate means in encouraging
the parties concerned to work with the United Nations towards rapid acceptance and implementation
of the peace plan.

10. While the Assembly agrees with the importance of concentrating efforts on the acceptance of the
peace plan, it underlines the need not to forget the humanitarian aspects of the dispute, including
the food situation in the Tindouf area refugee camps. In this connection, the Assembly notes with
satisfaction that since February 2003, 843 Moroccan prisoners of war have been released by the
Frente Polisario and repatriated to Morocco under the auspices of the International Committee of the
Red Cross (ICRC). The Assembly calls on the Frente Polisario to expedite the release of the remaining
412 prisoners.

11. The Assembly gives its support to the ICRC, which continues to visit the prisoners regularly and
provide them with medical care. The Assembly calls on both Morocco and the Frente Polisario to
continue to co-operate with the ICRC in accounting for those who are still missing in relation to the
conflict.

12. As regards the confidence-building measures, the Assembly notes with satisfaction that since
March 2004 family visits have started and are proceeding well, and calls on both parties to continue
co-operating with the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) and
Minurso to ensure the smooth running and extension of those family visits. It also asks both parties
to co-operate with the UNHCR in implementing the mail service between the Western Sahara and the
Tindouf refugee camps, in accordance with the arrangements set up by the UNHCR.

13. As regards financial aspects, the Assembly notes with regret that the amount of unpaid
contributions to the special account for Minurso amounted to US$45 million at the end of March
2004. The Assembly urges the governments of those member states with unpaid contributions to
respect their commitments and to pay them without delay in order to allow Minurso to continue its
activities as planned.

• Risoluzione del Parlamento Europeo sul Sahara Occidentale (26/10/2005)

P6_TA(2005)0414

Diritti umani nel Sahara occidentale


Risoluzione del Parlamento europeo sui diritti umani nel Sahara occidentale

Il Parlamento europeo,

– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Sahara occidentale, e in
particolare la risoluzione 1598 (2005) del 28 aprile 2005 e la risoluzione 1495 (2003), adottate
dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite l'11 ottobre 2005,

– visto l'ultimo rapporto del Segretario generale delle Nazioni Unite al Consiglio di Sicurezza sul
Sahara occidentale (aprile 2005),

– viste le recenti nomine di un Rappresentante speciale e di un Inviato personale del Segretario


generale delle Nazioni Unite per il Sahara occidentale,

– viste le sue precedenti risoluzioni sul Sahara occidentale,

– vista in particolare la sua risoluzione del 28 aprile 2005 sulla relazione annuale sui diritti umani
nel mondo per il 2004 e sulla politica dell'UE in materia 388 ,

388
Testi approvati, P6_TA(2005)0150.

351
– visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A. considerando con profonda preoccupazione le ultime relazioni di Amnesty international e


dell'Organizzazione mondiale contro la tortura (OMTC), che riferiscono di gravi violazioni dei
diritti umani da parte del Marocco a danno delle popolazioni saharawi,

B. considerando che le indagini effettuate dalla commissione per l'equità e la riconciliazione sulle
persone decedute nei centri di detenzione illegali hanno permesso di accertare il luogo di
sepoltura di 57 persone, vittime di sparizioni forzate, di cui 43 saharawi,

1. plaude alla liberazione di tutti i prigionieri di guerra marocchini da parte del Fronte Polisario;
chiede alle autorità marocchine di liberare immediatamente tutti i difensori dei diritti umani,
Aminattou Haidar, Ali Salem Tamek e altri 35 detenuti politici saharawi, e di fare luce sulla
sorte di più di 500 persone saharawi scomparse, ivi inclusi i saharawi scomparsi nel corso di
campagne militari;

2. chiede al Marocco e al Fronte Polisario di cooperare pienamente con il Comitato internazionale


della Croce Rossa al fine di chiarire la sorte delle persone scomparse dall'inizio del conflitto;

3. chiede la protezione delle popolazioni saharawi e il rispetto dei loro diritti fondamentali,
segnatamente la libertà di espressione e di circolazione, in conformità della dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, dei trattati e delle convenzioni internazionali in materia di diritti
umani;

4. sostiene una soluzione giusta e durevole del conflitto del Sahara occidentale, basata sul diritto e
la legalità internazionale, in conformità delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite, e in particolare della risoluzione 1495;

5. chiede al Regno del Marocco e al Fronte Polisario, agli Stati limitrofi e all'Unione europea di
cooperare pienamente con le Nazioni Unite al fine di completare il processo di decolonizzazione
del Sahara occidentale;

6. chiede al Consiglio e agli Stati membri di sostenere attivamente gli sforzi delle Nazioni Unite per
la salvaguardia delle risorse naturali del Sahara occidentale in quanto territorio non autonomo,
oggetto di un processo di decolonizzazione, come stipula il parere giuridico (2002) del
Vicesegretario generale delle Nazioni Unite per le questioni giuridiche, Hans Corel;

7. si compiace della nomina, da parte del Segretario generale delle Nazioni Unite, del suo Inviato
Personale per il Sahara occidentale nella persona dell'Ambasciatore Van Valsum e di Francesco
Bastagli in qualità di Rappresentante speciale, responsabile della missione delle Nazioni Unite
per il referendum nel Sahara occidentale (MINURSO), il che dovrebbe contribuire a dare nuovo
slancio al processo di pace nella regione;

8. invita il nuovo Inviato personale del Segretario generale delle Nazioni Unite a esporre un
resoconto dinanzi alla sua commissione per gli affari esteri e alle sue sottocommissioni nonché
alla sua delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb;

9. chiede alle autorità marocchine di agevolare l'accesso al territorio del Sahara occidentale agli
osservatori indipendenti, ai rappresentanti delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e
alla stampa internazionale;

10. ritiene che il viaggio della sua delegazione nel Sahara occidentale fornirà al Parlamento europeo
nuovi elementi di informazione sulla situazione ed è convinto che detta delegazione potrà
svolgervi la sua missione senza ostacoli e nel periodo previsto, ossia nel gennaio 2006;

11. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione,
ai governi degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Presidente
dell'Unione africana nonché al governo del Marocco e alla direzione del Fronte Polisario.

352
La Proclamazione di Indipendenza della Repubblica Araba Saharawi Democratica
(27 febbraio 1976) 389

"El Pueblo Arabe Saharaui, recordando a los pueblos del mundo que han proclamado la Carta de las
Naciones Unidas, la Declaración Universal de los Derechos Humanos y la Resolución 1514 de las
Naciones Unidas en su décimo-quinto período de sesiones, y teniendo en cuenta el texto de la
misma, en el que se afirma: "Que los pueblos del mundo han proclamado en la Carta de las Naciones
Unidas que están resueltos a reafirmar la fe en los derechos fundamentales del hombre, en la
dignidad y el valor de la persona humana, en la igualidad de derechos de hombres y mujeres y de las
Naciones grandes y pequeñas a promover el progreso social y a elevar el nivel de vida dentro de un
concepto más amplio de la libertad".

Convencido de que todos los pueblos tienen un dercho inalienable a la libertad absoluta, al ejercicio
de su soberanía y a la integridad de su territorio nacional

Y proclamando solemnemente la necesidad de poner fin rápida e incondicionalmente al colonialismo


en todas sus formas y manifestaciones para el logro del desarrollo económico, social y cultural de los
pueblos militantes

Proclama solemnemente ante el mundo entero, en base a la libre voluntad popular basada sobre los
principios y alternativas democráticas:

La constitución de un Estado libre, independiente y soberano, regido por un sistema nacional


democrático, ARABE de tendencia UNIONISTA, de confesionalidad ISLAMICA, progresista, que
adquiere como forma de régimen el de la República Arabe Saharaui Democrática.

De acuerdo con su doctrina, orientación y línea, este Estado Arabe, Africano, No Alineado proclama:
Su respeto a los tratados y los compromisos internacionales.
Su adhesión a la Carta de la ONU.
Su adhesión a la Carta de la Organización de Unidad Africana, reafirmando su adhesión a la
Declaración Universal de los Derechos Humanos.
Su adhesión a la Carta de la Liga Arabe.

El Pueblo árabe de la República Arabe Saharaui Democrática habiendo decidido defender su


independencia y su integridad territorial y ejercer el control de sus recursos y riquezas naturales,
lucha al lado de todos los pueblos amantes de la paz para el mantenimiento de los valores
primordiales de la paz y la seguridad internacionales.

Afirma su apoyo a todos los Movimientos de Liberación de los pueblos de la dominación colonialista.

En este momento histórico en que se proclama la constitución de esta nueva República, pide a sus
hermanos y a todos los países del mundo el RECONOSCIMIENTO de esta nueva nación, a la vez que
manifiesta expresamente su deseo de establecer relaciones recíprocas basadas en la amistad, la
cooperación y en la no ingerencia en los assuntos internos.

La Republica Arabe Saharaui Democrática pide a la comunidad internacional, cuyas metas son el
establecimiento del derecho y la justicia en aras de reforzar los pilares de la paz y de la seguridad
mundiales:

Que colabore en la construccion y en el desarrollo de este nuevo pais para garatizar en el la


dignidad, la prosperidad y las aspiraciones de la persona humana".

El Consejo Nacional Provisional Saharaui en representación de la voluntad del pueblo de la


Republica Arabe Saharaui Democrática.

Bir Lehlu, 27 de Febrero de 1976

389
In lingua spagnola, dal sito http://www.arso.org.

353
3. Elenco dei Paesi che hanno riconosciuto la RASD

1. Afghanistan* 23/05/1979 41. Madagascar* 28/02/1976


2. Albania 29/12/1987 42. Malawi 24/03/2002
3. Angola 11/03/1976 43. Mali 04/07/1980
4. Antigua e Barbuda 28/02/1987 44. Mauritania 27/02/1984
5. Algeria 06/03/1976 45. Maurizius 01/07/1982
6. Barbados 27/02/1988 46. México 08/09/1979
7. Belize 18/11/1986 47. Mozambico 13/03/1976
8. Benin 11/03/1976 48. Namibia 11/06/1990
9. Bolivia 14/12/1983 49. Nauru 12/08/1981
10. Botswana 14/05/1980 50. Nicaragua* 06/09/1979
11. Burkina Faso* 04/03/1984 51. Nigeria 12/11/1984
12. Burundi* 01/03/1976 52. Panama 23/06/1978
13. Capo Verde 04/07/1979 53. Papua Nuova Guinea (1981)
14. Cambogia 10/04/1979 54. Perú 16/08/1984
15. Chad 04/07/1980 55. Repubblica Domenicana (1986)
16. Colombia 27/02/1985 56. Ruanda 01/04/1976
17. Congo 03/06/1978 57. Isole di Salomòn 12/08/1981
18. Corea del Nord 16/03/1976 58. San Kitts e Nevis 25/02/1987
19. Costa Rica 30/10/1980 59. Santa Lucia 01/09/1979
20. Cuba 20/01/1980 60. S. Vincente e Granadina (2002)
21. Dominica 01/09/1979 61. Sao Tomé e Príncipe 22/06/1978
22. Ecuador 14/11/1983 62. Seychelles 25/10/1977
23. El Salvador 31/07/1989 63. Sierra Leone 27/03/1980
24. Etiopia 24/02/1979 64. Siria 15/04/1980
25. Ghana 24/08/1979 65. Sudafrica 15/09/2004
26. Grenada 24/08/1979 66. Suriname 11/08/1983
27. Guatemala 10/04/1986 67. Swazilandia 28/04/1980
28. Guinea-Bissau 15/03/1976 68. Tanzania 09/11/1978
29. Guinea Equatoriale * 03/11/1978 69. Timor Orientale 20/05/2002
30. Guyana 01/09/1979 70. Togo 16/03/1976
31. Honduras 08/11/1989 71. Trinidad e Tobago 01/11/1986
32. India* 01/10/1985 72. Tuvalu 12/08/1981
33. Iran 27/02/1980 73. Uganda 06/09/1979
34. Jamaica 04/09/1979 74. Uruguay 26/12/2005
35. Kenia* 26/06/2005 75. Vanuatu 21/11/1980
36. Kiribati 12/08/1981 76. Venezuela 03/08/1983
37. Laos 09/05/1979 77. Vietnam 02/03/1979
38. Lesotho 09/10/1979 78. Yemen 02/02/1977
39. Liberia 31/07/1985 79. [Yugoslavia 28/11/1984]
40. Libia 15/04/1980 80. Zambia 12/10/1979
81. Zimbawe 03/07/1980

354
4. Mappe e immagini

Figura 1.
“Abbozzo di mappa del Sahara Occidentale”: T. BÁRBULO, op.cit.

Figura 2.
“Ordine Reale del 26 dicembre 1884 mediante il quale la Spagna comunica alle altre
potenze i suoi diritti sul Sahara Occidentale”: T. BÁRBULO, op.cit.

Figura 3.
“Bozza del Piano di Autonomia elaborato da Antonio Carro, datata 11 maggio 1974”: T.
BÁRBULO, op.cit.

Figura 4.
“Mappa delle città principali e schema dei “muri difensivi marocchini”; e

Figura 5.
“L’ampliamento delle zone recintate tra il 1982 ed il 1987”: Western Sahara Resource
Watch.

Figura 6.
“Mappa schematica delle variazioni territoriali del Sahara Occidentale a seguito delle
occupazioni marocchina e mauritana e area dei “Territori Liberati”: ANSPS -
Associazione Nazionale di Sostegno al Popolo Saharawi.

Figura 7.
“Dislocazione della Missione MINURSO nel 1995”: ONU.

Figura 8.
“L'originale disegno del grande Marocco apparso sulle colonne di Al-Alam del
27/3/1956”: Cfr. BARBIER, op cit.

Figura 9.
“L’area di pesca 34.1.3 è suddivisa in 1.31 e 1.32”: Mappa estratta dal sito web della
FAO, Food and Agricolture Organization of the United Nations, riportata anche in un
dossier del Western Sahara Resource Watch (2008).

Figura 10.

355
“Mappa di riferimento della regione del Vicino Oriente”: U.S. Department of State,
Middle East Partner Initiative Countries.

Bibliografia

Fonti

ƒ Statuto delle Nazioni Unite - Carta di San Francisco, 26 giugno 1945 ;


ƒ Il Parere della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, del 16 ottobre 1975,
sulla richiesta effettuata il 21 dicembre 1974 dal Regno del Marocco:
ƒ Rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNCHR) sulla Missione di
maggio - giugno 2006 nel Sahara Occidentale e in Algeria;

ƒ Risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite:


- A/RES/15/1514, Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries
and Peoples, 14 dicembre 1960;
- A/RES/20/2072, Question of Ifni and Spanish Sahara, 16 dicembre 1965;
- A/RES/21/2229, Question of Ifni and Spanish Sahara, 20 dicembre 1966;
- A/RES/22/2354, Question of Ifni and Spanish Sahara, 19 dicembre 1967;
- A/RES/23/2428, Question of Ifni and Spanish Sahara, 18 dicembre 1968;
- A/RES/24/2591, Question of Spanish Sahara, 16 dicembre 1969;
- A/RES/25/2711, Question of Spanish Sahara, 14 dicembre 1970;
- A/RES/27/2983, Question of Spanish Sahara, 14 dicembre 1972;
- A/RES/28/3162, Question of Spanish Sahara, 14 dicembre 1973;
- A/RES/29/3292, Question of Spanish Sahara, 13 dicembre 1974;
- A/RES/30/3458, Question of Spanish Sahara, 10 dicembre 1975;
- A/RES/31/45, Question of Western Sahara, 1 dicembre 1976;
- A/RES/32/22, Question of Western Sahara, 28 novembre 1977;
- A/RES/33/31, Question of Western Sahara, 13 dicembre 1978;
- A/RES/34/37, Question of Western Sahara, 21 novembre 1979;
- A/RES/35/19, Question of Western Sahara, 11 novembre 1980;
- A/RES/36/46, Question of Western Sahara, 24 novembre 1981;
- A/RES/37/28, Question of Western Sahara, 23 novembre 1982;
- A/RES/38/40, Question of Western Sahara, 7 dicembre 1983;

356
- A/RES/39/40, Question of Western Sahara, 5 dicembre 1984;
- A/RES/40/50, Question of Western Sahara, 2 dicembre 1985;
- A/RES/41/16, Question of Western Sahara, 31 ottobre 1986;
- A/RES/42/78, Question of Western Sahara, 4 dicembre 1987;
- A/RES/43/33, Question of Western Sahara, 22 agosto 1988;
- A/RES/44/88, Question of Western Sahara, 11 dicembre 1989;
- A/RES/45/21, Question of Western Sahara, 20 novembre 1990;
- A/RES/46/67, Question of Western Sahara, 11 dicembre 1991;
- A/RES/47/25, Question of Western Sahara, 16 novembre 1992;
- A/RES/48/49, Question of Western Sahara, 10 dicembre 1993;
- A/RES/48/250 A+B, Financing of MINURSO, 14 aprile 1994 – 23 giugno 1994;
- A/RES/49/44, Question of Western Sahara, 9 dicembre 1994;
- A/RES/50/36, Question of Western Sahara, 6 dicembre 1995;
- A/RES/51/2 A+B, Financing of the UN Mission for the Referendum in Western
Sahara, 17 ottobre 1996 – 13 giugno 1997;
- A/RES/51/143, Question of Western Sahara, 13 dicembre 1996;
- A/RES/52/75, Western Sahara, 10 dicembre 1997;
- A/RES/52/228 A+B, Financing of MINURSO, 31 marzo 1998 – 26 giugno 1998;
- A/RES/53/18 A+B, Financing of MINURSO, 2 novembre 1998 - 8 giugno 1999;
- A/RES/53/64, Western Sahara, 3 dicembre 1998;
- A/RES/54/87, Question of Western Sahara, 6 dicembre 1999;
- A/RES/54/268, Financing of the UN Mission for the Referendum in Western Sahara,
15 giugno 2000;
- A/RES/55/141, Question of Western Sahara, 8 dicembre 2000;
- A/RES/55/262, Financing of the UN Mission for the Referendum in Western Sahara,
14 giugno 2001;
- A/RES/56/ 69, Question of Western Sahara, 10 dicembre 2001;
- A/RES/57/135, Question of Western Sahara, 11 dicembre 2002;
- A/RES/57/331, Financing of the United Nations Mission for the Referendum in
Western Sahara, 18 giugno 2003;
- A/RES/58/109, Question of Western Sahara, 9 dicembre 2003;
- A/RES/58/309, Financing of the United Nations Mission for the Referendum in
Western Sahara, 18 giugno 2004;
- A/RES/59/131, Question of Western Sahara, 10 dicembre 2004;
- A/RES/59/308, Financing of the United Nations Mission for the Referendum in
Western Sahara, 22 Giugno 2005;
- A/RES/60/114, Question of Western Sahara, 8 dicembre 2005;
- A/RES/60/280, Financing of the United Nations Mission for the Referendum in
Western Sahara, 30 giugno 2006;
- A/RES/61/125, Question of Western Sahara, 14 dicembre 2006;

357
- A/RES/61/290, Financing of the United Nations Mission for the Referendum in
Western Sahara, 29 giugno 2007;
- A/RES/62/116, Question of Western Sahara, 17 dicembre 2007;
- A/RES/62/268, Financing of the United Nations Mission for the Referendum in
Western Sahara, 20 giugno 2008;
- A/RES/63/103, Implementation of the Declaration on the Granting of Independence
to Colonial Countries and Peoples by the specialized agencies and the international
institutions associated with the United Nations, 5 dicembre 2008;
- A/RES/63/105, Question Of Western Sahara, 5 dicembre 2008;

ƒ Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite


- 1975: S/RES/377 del 22 ottobre; S/RES/379 del 2 novembre; S/RES/380 del 6
novembre;
- 1988: S/RES/621 del 20 settembre;
- 1990: S/RES/658 del 27 giugno, con la quale il Consiglio di Sicurezza decide
l’organizzazione della Missione ONU per il Referendum nel Sahara Occidentale;
- 1991: S/RES/690 del 29 Aprile, con la quale il Consiglio di Sicurezza stabilisce la
Missione MINURSO e invita le parti alla cooperazione piena con il Segretario
Generale; S/RES/725 del 31 dicembre;
- 1993: S/RES/809 del 2 marzo;
- 1994: S/RES/907 del 29 marzo; S/PRST/39 del 29 luglio; S/PRST/67 del 15
novembre;
- 1995: S/RES/973 del 13 gennaio; S/RES/995 del 26 maggio; S/PRST/431;
S/RES/1002 del 30 giugno; S/95/498 del giugno – Report of the Security Council
Mission in Western Sahara; S/RES/1017 del 22 settembre; S/RES/1033 del 22
dicembre;
- 1996: S/RES/1042 del 31 gennaio; S/RES/1056 del 29 maggio; S/RES/1084 del 27
novembre;
- 1997: S/RES/1108 del 22 maggio; S/RES/1131 del 29 settembre; S/RES/1133 del 20
ottobre;
- 1998: S/RES/1148 del 26 gennaio; S/RES/1163 del 17 aprile; S/RES/1185 del 20
luglio; S/RES/1198 del 18 settembre; S/RES/1204 del 30 ottobre; S/RES/1215 del 17
dicembre;
- 1999: S/RES/1224 del 28 gennaio; S/RES/1228 dell’11 febbraio; S/RES/1232 del 30
marzo; S/RES/1235 del 30 aprile; S/RES/1238 del 14 maggio; S/RES/1263 del 13
settembre; S/RES/1282 del 14 dicembre;
- 2000: S/RES/1292 del 29 febbraio, S/RES/1301 del 31 maggio; S/RES/1309 25
luglio; S/RES/1324 del 30 ottobre;
- 2001: S/RES/1342 del 27 febbraio; S/RES/1349 del 27 aprile; S/RES/1359 del 29
giugno; S/RES/1380 27 Novembre;

358
- 2002: S/2002/161 del 29 gennaio – Opinione giuridica del UN Office of Legal
Affairs sulla legalità degli accordi petroliferi firmati dal Marocco; RES/1394 del 27
febbraio; S/RES/1406 del 30 aprile; S/RES/1429 del 30 luglio;
- 2003: S/RES/1463 del 30 gennaio: S/RES/1469 del 25 marzo; S/RES/1485 del 30
maggio; S/RES/1495 del 31 luglio; S/RES/1513 del 28 ottobre;
- 2004: S/RES/1523 del 30 gennaio; S/RES/1541 del 29 aprile; S/RES/1570 del 28
ottobre;
- 2005: S/RES/1598 del 28 aprile; S/RES/1634, del 28 ottobre;
- 2006: S/RES/1675 del 28 aprile; S/RES/1720 del 31 ottobre;
- 2007: S/RES/1754 del 30 aprile; S/RES/1783, del 31 ottobre;
- 2008: S/RES/1813, del 30 aprile.

ƒ Rapporti del Segretario Generale delle Nazioni Unite


- 1990: S/21360 del 18 giugno (in francese)
- 1991: S/22464 del 19 aprile; S/23299 del 19 dicembre
- 1992: S/23662 del 28 febbraio; S/24040 del 29 maggio; S/24464 del 21 agosto
- 1993: S/25170 del 26 gennaio; S/25818 del 21 maggio; S/26185 del 28 luglio;
S/26797 del 24 novembre
- 1994: S/283 del 10 marzo; S/819 del 12 luglio; S/1257 del 5 novembre; S/1420 del 14
dicembre;
- 1995: S/240 del 30 marzo; S/404 del 19 maggio; S/498 del 9 giugno – Report of SC
Mission; S/779 dell’8 settembre; S/924 del 6 novembre – “Letter to the President of
SC”; S/986 del 24 novembre
- 1996: S/43 del 19 gennaio; S/343 dell’8 maggio; S/674 del 20 agosto; S/913 del 5
novembre
- 1997: S/166 del 27 febbraio; S/358 del 5 maggio; S/742 del 24 settembre – Accordi
di Houston; S/743 del 25 settembre; S/882 del 13 novembre; S/974 del 13 dicembre –
Letter to the President of SC
- 1998: S/35 del 15 gennaio; S/142 del 19 febbraio – Letter to the President of SC;
S/316 del 13 aprile; S/404 del 18 maggio; S/534 del 18 giugno; S/634 del 10 luglio;
S/775 del 18 agosto; S/849 dell’11 settembre; S/997 del 26 ottobre; S/1160 dell’11
dicembre
- 1999: S/88 del 28 gennaio; S/307 del 22 marzo; S/483 del 27 aprile; S/721 del 25
giugno; S/875 del 12 agosto (in francese); S/954 dell’8 settembre; S/1098 del 28
ottobre; S/1219 del 6 dicembre
- 2000: S/131 del 17 febbraio; S/461 del 22 maggio; S/683 del 12 luglio; S/1029 del 26
ottobre
- 2001: S/148 del 20 febbraio; S/398 del 24 aprile; S/613 del 20 giugno – Piano Baker
I: Accordo Quadro sullo status del Sahara Occidentale
- 2002: S/41 del 10 gennaio; S/178 del 19 febbraio; S/467 del 19 aprile
- 2003: S/59 del 16 gennaio; S/565 del 23 maggio – Piano Baker II: Piano di Pace per
l’autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale; S/1016 del 16 ottobre

359
- 2004: S/39 del 19 gennaio; S/325 del 23 aprile; S/827 del 20 ottobre
- 2005: S/49 del 27 gennaio; S/254 del 19 aprile; S/648 del 13 ottobre
- 2006: S/249 del 19 aprile; S/817 del 16 ottobre
- 2007: S/2007/202 del 13 aprile; S/2007/619 del 19 ottobre
- 2008: S/2008/45 del 25 gennaio; S/2008/251 del 14 aprile

ƒ Risoluzioni e Raccomandazioni del Parlamento Europeo sulla situazione del


Sahara Occidentale
- Résolution sur l'aide humanitaire et la solution négociée au Sahara Occidental (6
gennaio 1987)
- Resolution on Western Sahara (17 febbraio 1987)
- Resolution on Western Sahara (11 ottobre 1990)
- Résolution sur les droits de l'homme au Maroc (18 aprile 1991)
- Resolution on the Western Sahara Peace Plan (12 settembre 1991)
- Euro-Mediterranean Agreement with Morocco - Human rights in Morocco and
Western Sahara (6 giugno 1996)
- Human rights in Western Sahara - Risoluzione del Parlamento Europeo sulle
violazioni dei diritti dell’uomo nel Sahara Occidentale del 10 febbraio 1995
- Risoluzione del 16 marzo 1995 sul Sahara Occidentale
- Raccomandazione dell’1 marzo 1996 sul Sahara Occidentale
- Raccomandazione del Parlamento Europeo al Consiglio del 10 marzo 1998 sul
Sahara Occidentale
- Raccomandazione sul Sahara Occidentale (26/02/1998)
- Risoluzione sul Sahara Occidentale (14/01/1999)
- Proposta di Risoluzione Comune (13/01/1999)
- Risoluzione del 14 gennaio 1999 sul Sahara Occidentale
- Risoluzione del 14 aprile 1999 sul Sahara occidentale
- Proposta di Risoluzione del 13 marzo 2000 sul Sahara Occidentale
- Risoluzione del 16 marzo 2000 sul Sahara Occidentale

ƒ Accordo di Pesca UE-Marocco: Interrogazione alla Commissione di Raül Romeva i


Rueda e Risposta del 05 maggio 2005;

ƒ L 141 (2006): Accordo di Partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea
e il Regno del Marocco;

ƒ Consiglio dell'Unione Europea:


- 29/12/1998 Western Sahara: UN-Settlement Plan
- 21/06/1999 Western Sahara - Declaration by the Presidency on behalf of the
European Union

ƒ La Proclamazione di Indipendenza della Repubblica Araba Saharawi


Democratica (27 febbraio 1976)

ƒ La Costituzione della Repubblica Araba Saharawi Democratica

360
Pubblicazioni

Nota.
La maggior parte delle pubblicazioni sono state consultate presso la Biblioteca
dell’Universitat de Barcelona, Facultat de Geografia i Història e presso gli archivi della
Fundación CIDOB e dell’Institut Europeu de la Mediterrània (IEMed); altri volumi e
archivi di riviste sono presenti nella Biblioteca Universitaria di Bologna e di Genova.

ƒ L. ARDESI, Sahara Occidentale, EMI della coop. SERMIS, Bologna 2004.


ƒ E. ASSIDON, Sahara Occidental: un enjeu pour le nord-ouest africain, Librairie
François Maspéro, Paris, 1978.
ƒ J. AVILÉS - J.TUSELL - R. PARDO, La política exterior de España en el Siglo XX,
Madrid, 2000.
ƒ M. BARBIER, Le conflit du Sahara Occidental, l'Harmattan, Paris, 1982.
ƒ Voyages et exploration au Sahara Occidental au XIXème siècle, Ed . L’Harmattan,
Paris, 1985.
ƒ Le processus historique de la formation du peuple saharaoui, Ed. L'Harmattan, Paris,
1987.
ƒ T. BÁRBULO, La historia prohibida del Sahara Español, Ed. Destino, Barcelona,
2002.
ƒ A. BERRAMDANE, Le Sahara Occidental, enjeu maghrebin, Ed. Khartala, Paris,
1992.
ƒ T. CALLAU, El Sàhara Occidental: història i actualitat d'un poble, Llibres de
l’Index, Barcelona, 2004.
ƒ F. CARLINI, Maratona per i profughi del Sahara, in "Il manifesto", 23/1/2001.
ƒ P.I. DE DALMASES, Los Últimos de África : crónica de la presencia española en el
continente africano, Almuzara, Córdoba, 2007.
ƒ M. DE FROBERVILLE, Sahara Occidental, la confiance perdue. L’impartialité de
l’ONU à l’épreuve, L’Harmattan, Paris, 1996J.
ƒ J. DE PINIÉS, La descolonización del Sáhara: un tema sin concluir, Espasa Calpe,
Madrid, 1990.
ƒ La descolonización española en las Naciones Unidas. Centro de Estudios Políticos y
constitucionales, Madrid, 2001.
ƒ T. DE SAINT MAURICE, Sahara Occidental 1991-1999. L'enjeu du référendum
d'autodétermination, l'Harmattan, Paris, 2000.

361
ƒ T. DESRUES, Mohamed VI y la paradoja de la transición marroquí, Fundació
CIDOB, 2001.
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http://dailymotion.alice.it/search/sahara%2Boccidentale/video/x6r9al_sahara-
occidental-leurope-dans-le-d_news;
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ƒ Sito web di Radio Radicale: http://www.radioradicale.it;
ƒ Sito web di Nimedia – Nigrizia Multimedia: http://www.nimedia.it/;
ƒ Sito web di Radio For Peace : http://www.radiokcentrale.it/radio4peace.htm;

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ƒ Sito ufficiale MINURSO: http://www.minurso.unlb.org
ƒ Centro di Documentazione delle Nazioni Unite: http://www.un.org.Docs
ƒ Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati: http://www.unhcr.ch
ƒ Sito web della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia: http://www.icc-cpi.int
ƒ Sito ufficiale dell'Unione Europea: http://www.europa.eu.int/comm/
ƒ Sito web dell’EuroMed Info Centre: http://www.euromedinfo.eu/, da cui si può
giungere ad informazioni e documenti circa l’Unione per il Mediterraneo ampliando
il menu a sinistra alla voce “The EuroMed Partnership” – Union for the
Mediterranean.
ƒ Sito web dello IEMed – Institut Europeu de la Mediterrània con sede a Barcellona:
http://www.iemed.org/
ƒ Sito del Dipartimento per gli aiuti umanitari (Echo) della Commissione europea:
http://europa.eu.int/comm/echo/
ƒ Sito ufficiale dell’Unione Africana: http://www.africa-union.org
ƒ Sito web del “CSIS Centre for Strategic and Internacional Studies”:
http://forums.csis.org/africa/?p=35
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http://www.arso.org.

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http://www.mincom.gov.ma/french/reg-uil/sahara.htm
ƒ Sito web del U.S. Department of State: http://www.state.gov, da cui si possono
raggiungere, tra l’altro, le pagine relative ai programmi MEPI
(http://mepi.state.gov/.htm) e BMENA (http://www.bmena.state.gov)
ƒ Sito ufficiale dell'”Instance Equité et Réconciliation” marocchino: http://www.ier.ma
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Relazioni Internazionali e degli Studi Strategici: http://www.equilibri.net
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ƒ Sito web del GEES – Grupo de Estudios Estratégicos: http://www.gees.org
ƒ Sito web dell’IGADI – Instituto Galego de Análise e Documentación Internacional ,
dotato di un ricco archivio di documentazione e ricerca di carattere economico,
sociale e politico: http://www.igadi.org/
ƒ Sito web di IFRI, Institut Français de Relations Internationales: http://www.ifri.org
ƒ Sito web dell’International Relations Center: http://www.irc-online.org/
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http://www.ispionline.it
ƒ Centre for Research on Globalization: http://www.globalresearch.ca/
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http://www.afkar-ideas.com/
ƒ Archivio e sito internet di “Nigrizia”, tra le riviste più attente al continente africano
ed al Sahara Occidentale: http://www.nigrizia.it
ƒ Rivista di politica africana con sede a Parigi: http://www.politique-africaine.com
ƒ Sito del quotidiano francofono "El Watan": http://www.elwatan.org
ƒ Mensile di informazione sul Marocco: http://www.maroc-hebdo.press.ma
ƒ Sito del quotidiano marocchino “Le Matin”: http://www.lematin.ma
ƒ Sito web della “Revista de Estudios Internacionales Mediterráneos”, interessante
pubblicazione telematica quadrimestrale dell’Universidad Autónoma de Madrid con
contributi di professori e ricercatori prevalentemente spagnoli, francesi e marocchini :
ƒ http://www.uam.es/otroscentros/TEIM/Revista/revista.htm
ƒ Sito web della rivista trimestrale “Confluences Méditerranée”, dedicata a tutti i paesi
del bacino mediterraneo e che conta dei contributi da giornalisti provenienti da tutta
l’area: http://www.confluences-mediterranee.com/
ƒ Sito web del MERIA – Middle East Review of International Affairs:
http://meria.idc.ac.il/journal_fr/, anche nell’edizione francese.
ƒ Sito web della “Revista Electrónica de Estudios Internacionales”: http://www.reei.org
ƒ Sito di informazione sul Sahara Occidentale: http://www.saharalibre.es
ƒ SPS - Sahara Presse Service (agenzia di stampa ufficiale della RASD):
http://www.spsrasd.info
ƒ Western Sahara Online: http ://www.sahara.net/press.html
ƒ Associazione saharawi delle vittime delle violazioni dei diritti dell’uomo (sito in
lingua francese): http://www.asvdh.org
ƒ Rete di associazioni per l'organizzazione della Sahara Marathon:
http://www.saharamarathon.org
ƒ Associazione Nazionale di Solidarietà con il popolo Saharawi. Coordinamento
nazionale con sede a Roma: http://www.ansps.it
ƒ Associazione “El Ouali” di Bologna per la libertà del Sahara Occidentale:
http://www.saharawi.org
ƒ Mappe dell’area, prevalentemente dal sito delle Nazioni Unite: ReliefWeb – Map
Centre http://www.reliefweb.int/rw/rwb.nsf/doc114?OpenForm
ƒ Sito web di Afrika.no, The Norwegian Council for Africa, “The Index on Africa”,
http://afrika.no/index/Countries/Western_Sahara/index.html
ƒ Sito di All Afrika.com, http://fr.allafrica.com/westernsahara/
ƒ Associazione Peacelink: http://www.peacelink.it

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ƒ Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco – Sezione Internazionale (Tribunale
Permanente dei Popoli): http://www.internazionaleleliobasso.it/index.php.
ƒ Global Research – “Centre for Research on Globalization” :
http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=6879
ƒ Sito web del Progetto di ricerca “Minorities at Risk”:
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369

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