La Acción Redhibitoria en El Ius Commune de La Real Audiencia de Quito (Siglo XVIII)
La Acción Redhibitoria en El Ius Commune de La Real Audiencia de Quito (Siglo XVIII)
ISSN-1125-7105
Roma E America.
universalismo.
L’origine eurasiatica, e quindi mediterranea, del diritto romano rafforza l’esigenza del
confronto con le grandi realtà geopolitiche continentali (in primo luogo la Repubblica
Popolare Cinese), intercontinentali (il BRICS) e con gli altri grandi sistemi giuridici
37/2016
(in primo luogo il diritto musulmano).
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Mercedes Gayosso y Navarrete
Città del Messico, 27 luglio 1940 - Xalapa, Veracruz, 23 marzo 2014
INDICE
Pierangelo Catalano
In memoriam di Mercedes Gayosso y Navarrete......................................... » 9
Alice Cherchi
Ricordo della Direttrice del Seminario de Derecho Romano
y Derechos Indígenas............................................................................... » 23
Mariateresa Cellurale
Notas sobre estudio y enseñanza del Derecho romano en Colombia
(los últimos cuarenta años)........................................................................ » 107
america latina
Giovanni Turelli
Res incorporales, objetos corporales, objetos inmateriales.
» 171
Nota sull’itinerario moderno di un concetto antico......................................
Stefano Liva
Dal giudizio ‘Utrum recipienda sit appellatio an non sit’ al ‘Recurso de
queja’. La fase introduttiva dell’appello nel Digesto e nel Código procesal
civil modelo para Iberoamérica................................................................ » 183
eurasia
Pierangelo Catalano
Per un romanismo socialista del xxi secolo. Verso la solidarietà eurasiatica:
Sassari – Roma – Xi’an 1973-2013........................................................... » 235
Yin Qiushi
Le interpretazioni della Suprema Corte del Popolo cinese e lo ius honorarium.... » 251
INFORMAZIONi BIBLIOGRAFIChe
Gian Franco Rosso Elorriaga, Los límites de la responsabilidad objeti-
va. Análisis en el ámbito de la responsabilidad extraconctractual desde el de-
recho romano hasta el derecho civil latinoamericano moderno, Ciudad de
México 2016, I-XIII, 1-452 [Iole Fargnoli]......................................... » 281
Annamaria Abbruzzese
Bibliografia sul diritto latinoamericano. Scritti pubblicati in riviste europee
2006-2016................................................................................................. » 285
indice IX
NOTIZIE
Il Xix Congreso Latinoamericano de Derecho Romano a Città del Messico
[Antonio Saccoccio]............................................................................ pag. 347
Moot Court Competition. Diritto Romano e Tradizione Civilistica - Gargna-
no, 9-10 giugno 2016 [Sabrina Lo Iacono]............................................ » 353
Abstract: Dopo una analisi delle caratteristiche proprie dell’azione redibitoria in diritto
romano e della sua recezione nel diritto castigliano, si studia un giudizio redibitorio verificato-
si nel corso della seconda metà del XVIII secolo nella Real Audiencia di Quito, riguardante i vizi
occulti riscontrati su una schiava venduta nella città di Guayaquil. In tal modo, oltre a evidenzia-
re le differenti fasi di un giudizio redibitorio in questa epoca, si indagano i principi propri del ius
commune, in base ai quali le parti fondarono i propri diritti per ottenere la soluzione della con-
troversia in quei territori della corona castigliana d’Oltremare.
Palabras clave: Redhibitoria; compraventa de esclavos; proceso civil indiano; Real Au-
diencia de Quito.
Parole chiave: Redibitoria; compravendita di schiavi; processo civile indiano; Real Au-
diencia di Quito.
I. Introducción
El Archivo Central del Ecuador (ACE), con sede en la ciudad de Quito, posee un
patrimonio inestimable de manuscritos concernientes a la compraventa de esclavos que
van desde el siglo XVII hasta principios del XIX, entre los que aparecen también algunas
causas judiciales de redhibitoria instauradas en los territorios jurisdiccionalmente depen-
dientes de la Real Audiencia de Quito, y dirigidas a resolver los conflictos que se presen-
taron durante el periodo en el que este tipo de comercio fue un fenómeno ampliamente
admitido en tal contexto territorial.
En efecto, al verificarse de forma relevante dicho comercio, surgieron los típicos
problemas inherentes a la compraventa de esclavos, entre los que encontramos aque-
llos sobre la presencia de vicios ocultos en ellos, siendo el instrumento procesal utilizado
para resolver tales problemáticas, la romana actio redhibitoria, la cual llegaría casi inalte-
rada en su esencia al Derecho castellano, y cuya función era la de obtener la devolución
del esclavo y la consiguiente restitución del precio pagado por su adquisición.
En este sentido, la presente investigación tiene el objetivo de evidenciar, previo
análisis dogmático de las connotaciones propias de la acción redhibitoria en el Dere-
cho Romano y en el Derecho castellano, las diferentes fases que caracterizaron un juicio
de redhibitoria de finales del siglo XVIII en la Real Audiencia de Quito. De esta forma
se podrán recabar los principios propios del ius commune, en base a los cuales las partes
litigantes argumentaron sus demandas y excepciones en dicho contexto jurisdiccional 1.
giorno dell’avvenuto dictum promissumve»; y a p. 268: «Trattasi in ogni caso di rimedio innovativo per il di-
ritto romano, da cui probabilmente il termine brevissimo di sei mesi per poterla esperire […]; termine da
intendersi, tuttavia, come tempus utilis e cioè come decorrente dal momento in cui il soggetto ha la effetti-
va possibilità di intentare l’azione». En cuanto a los textos que refieren de dicho plazo: D. 21,1,19,6 (Ulp.
1 ad ed. aed. cur.): Tempus autem redhibitionis sex menses utiles habet: si autem mancipum non redhibeatur,
sed quanto minoris agitur, annus utilis est. Sed tempus redhibitionis ex die venditionis currit aut, si dictum pro-
missumve quid est, ex eo ex quo dictum promissumve quid est (sobre la posible interpolación del texto en la re-
ferencia a la quanti minoris, vid. L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 179, nt. 45); D.
21,1,48,2 (Pomp. 23 ad Sab.): Non nocebit emptoris, si sex mensum exceptione redhibitoria exclusus velit in-
tra annum aestimatoria agere; D. 21,1,55 (Pap. 12 respons.): Cum sex menses utiles, quibus experiundi potestas
fuit, redhibitoriae actioni praestantur, non videbitur potestatem experiundi habuisse, qui vitium fugitivi latens
ignoravit: non idcirco tamen dissolutam ignorationem emptoris excusari oportebit; CJ. 4,58,2: Imp. Gordianus
A. Petilio […] Etenim redhibitoriam actionem sex mensium temporibus, vel quanto minoris anno concludi, ma-
nifesti iuris est. Vid. al respecto F. Glück, Commentario alle Pandette cit., 116.
9
Según V. Arangio Ruiz, La compravendita cit., 362, nt. 3, la más común y reciente denominación
del Edicto es de mancipiis vendundis, sin embargo, el vocablo intermedio emundis sería la construcción gra-
matical original que proviene de la «tavoletta ercolanese». Sobre estas tablillas y otras que se refieren a los
vicios en la compraventa de esclavos vid. R. Ortu, ‘Aiunt aediles…’. Dichiarazioni del venditore cit., 83 ss.
10
Una de las razones que impulsó a que los Ediles se pronunciasen para proteger a los comprado-
res de esclavos fue el gran número de prisioneros que llegaron a Roma a causa de las victorias obtenidas en
las guerras púnicas, por lo que surgió la ‘necessitas’ de tutelarlos, cfr. L. Manna, Actio redhibitoria e respon-
sabilità per vizi cit., 260. Al respecto, observa A. Petrucci, Per una storia della protezione cit., 202: «Sto-
ricamente le sue origini si collocano tra la fine del III ed i primi decenni del II secolo a.C., in connessione
all’enorme afflusso di servi provenienti dalle vittoriose guerre di espansione contro Cartagine ed in Oriente,
e la sua finalità è quella di disciplinarne i modi e le forme di vendita nei mercati, attraverso aste private (auc-
tiones) da parte dei commercianti di schiavi». Según R. Ortu, ‘Aiunt aediles…’. Dichiarazioni del venditore
cit., 52 ss., las huellas más antiguas de la existencia del Edicto y de la redhibición están en las comedias (Fa-
bulae) de Plauto, escritas en torno al 204 y el 184 a.C. Sobre el debate doctrinal concerniente el origen de
la redhibitoria, vid. N. Donadio, La tutela del compratore cit., 40 ss.
11
En particular, en D. 21,1,1,1: Aiunt Aediles: Qui mancipia vendunt certiores faciant emptores, quid
morbi vitiive cuique sit, quis fugitivus errove sit noxave solutus non sit; eademque omnia, cum ea mancipia veni-
bunt, palam recte pronuntianto. Quodsi mancipium adversus ea venisset, sive adversus quod dictum promissumve
fuerit cum veniret, fuisset, quod eius praestari oportere dicetur: emptori omnibusque ad quos ea res pertinet iudi-
cium dabimus, ut id mancipium redhibeatur. Si quid autem post venditionem traditionemque deterius empto-
ris opera familiae procuratorisve eius factum erit, sive quid ex eo post venditionem natum adquisitum fuerit, et
si quid aliud in venditione ei accesserit, sive quid ex ea re fructus pervenerit ad emptorem, ut ea omnia restituat.
Item si quas accessiones ipse praestiterit, ut recipiat. Item si quod mancipium capitalem fraudem admiserit, mor-
tis consciscendae sibi causa quid facerit, inve harenam depugnandi causa ad bestias intromissus fuerit, ea omnia
in venditione pronuntianto: ex his enim causis iudicium dabimus. Hoc amplius si quis adversus ea sciens dolo
malo vendidisse dicetur, iudicium dabimus. Sobre el texto vid. la amplia bibliografía en R. Ortu, ‘Aiunt ae-
diles…’. Dichiarazioni del venditore cit., 71, nt. 210. Este Edicto es considerado una de las más importantes
intervenciones de los Ediles, así L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 1, quién además
en nt. 2, evidencia indirectamente el haber un error del copiador del texto luego de la locución iudicium da-
bimus, consistente en no haber colocado el plazo para actuar la redhibitoria, y que según Lenel habría teni-
do el siguiente texto: in sex mensibus quibus primum ea re experiundi potestas fuerit.
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 195
to 12 empieza estableciendo las reglas sobre la manifestación a los compradores 13 de las
enfermedades y vicios que pudieran tener los esclavos en venta 14, si alguno fuese fugiti-
12
El texto de Ulpiano inicia con la afirmación de Labeón, de que el Edicto de los Ediles sobre las
ventas de bienes se refiere tanto a inmuebles como muebles y semovientes. Al respecto, L. Manna, Actio re-
dhibitoria e responsabilità per vizi cit., 2 s., observa que la diferencia entre el principium del texto y el frag-
mento 1 se caracteriza porque en el primero el Edicto hace referencia a la venta de cualquier cosa, mientras
que en el segundo solo a los mancipia, por lo que la autora considera compilatorio el principium del tex-
to, determinado por la necesidad de extender el alcance del Edicto a la venta de todo tipo de mercancías.
13
Con respecto a la forma de manifestar las tachas físicas y del ánimo en los esclavos, el texto de Ul-
piano establece que se exprese con verdad todas estas circunstancias de forma clara en el momento de la ven-
ta. Esta parte del texto ha sido confrontada con la referida por Aulo Gelio en sus Noctes Atticae (4,2,1) don-
de narra que se colocaba en cada uno de los esclavos un cartel en donde se escribía de forma clara, para que
se pueda entender correctamente, cuál enfermedad o vicio padecía cada uno de ellos, cuál era fugitivo o va-
gabundo, o no esté libre de alguna responsabilidad noxal: Titulus scriptorum <servorum> singulorum scriptus
sit curato, ita ut intellegi recte possit quid morbi vitiive cuique sit, quis fugitivus errove sit, noxave solutus non sit,
cfr. L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 3; F. De Martino, Storia della costituzione ro-
mana cit., 239, nt. 71; A. Gellio, Le Notti attiche, bajo el cuidado de G. Bernardi-Perini, I, Torino, 1992,
L. IV, 2,1. Al respecto, observa V. Arangio-Ruiz, La compravendita cit., 365: «… qui gli edlili hanno avu-
to presente l’esposizione che dei disgraziati messi in vendita si faceva sul mercato, indicandone in un cartello
l’età, l’origine etnica, eventualmente anche il prezzo, ed hanno voluto messi in vedetta nello stesso cartello i
vizi dai quali ciascuno era affetto. Ma altretanto chiara resulta dalla riproduzione del Digesto l’esigenza che
il vizio fosse poi ripetuto a voce alta e limpida (palam recte pronuntianto) al momento della effettiva vendi-
ta». Según L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit. 3 s., del texto de Gelio se evidencia que
el Edicto de mancipiis vendundis tuvo que haber sufrido alteraciones, ya que menciona una disposición que
no aparece en el reproducido en el Digesto, y que concernía la obligación impuesta al vendedor de indicar
en un letrero (titulus), además del acostumbrado precio del esclavo, su edad y origen étnico, también los vi-
cios que éste tenía. Siendo esta la forma habitual de vender a los esclavos en los mercados públicos; sobre las
fuentes literarias que refieren de esta praxis vid. esta misma autora a p. 4, nt. 9. Al respecto, observa R. Ortu,
‘Aiunt aediles…’. Dichiarazioni del venditore cit., 79: «Quindi è certo che almeno in origine le disposizioni
dell’editto trovassero applicazione preferenziale nell’ambito dei mercati, cioè in quel contesto in cui gli edi-
li esercitavano la loro iurisdictio, e avessero quali diretti destinatari i venaliciarii che per professione vendeva-
no schiavi». De su parte, A. Petrucci, Per una storia della protezione cit., 206, considera que esta diferencia
se explica por corresponder cada una a un determinado momento histórico, donde la transición en la moda-
lidad de especificar los vicios del servus estaría en la frase titulus scriptorum <servorum> singulorum scriptus sit
curato, ita ut intellegi recte possit, y que iría hacia la genérica información de poner un cartel sobre los manci-
pia; transición ocurrida entre el final de la república y la redacción del edicto por Salvio Juliano, por lo que
la disposición de Gelio sería más antigua. A este respecto, F. Glück, Commentario alle Pandette cit., 13, nt.
57, observa: «Sembra che Giuliano non abbia inserito nell’edictum perpetuum il testo dell’editto edilizio come
era in origine. […]. Ciò che qui è detto del Titulus si riferisce all’usanza di appendere al collo degli schiavi al
momento della vendida una tavoletta su cui stavano scritte le loro qualità».
14
Observa G. Impallomeni, L’editto degli edili curuli cit., 7 s.: «Il venditore è dunque tenuto, in primo
luogo, a dichiarare, quid morbi vitiive sit […] con questa dicitura si prendono in considerazione unicamente
i difetti fisici, naturalmente quando siano tali da limitare realmente il rendimento normale dello schiavo». En
efecto, la enfermedad debía ser tal que impida el uso y el servicio del esclavo, lo cual daría lugar a la redhibi-
ción, pero no entraba en dicha categoría cualquier síntoma leve. Al respecto, observa R. Zimmermann, The
Law of Obligations cit., 311: «The aedilitian remedies applied only to latent defects». Por lo tanto, hay que dife-
renciar entre morbus y vitium en el texto del Edicto, distinción que fue objeto de análisis por los jurisconsultos
de la época republicana, así como evidencia el mismo Gelio en sus Noctes Atticae, 4,2,3: Propterea quaesierunt
iureconsulti veteres quod mancipiuem morbosum quodve vitiosum recte diceretur quantumque morbus a vitio dif-
ferret; y también en 4,2,3-5: Caelius Sabinus in libro quem de Edicto Aedilium Curulium composuit, Labeonem
refert quid esset morbus hisce verbis definisse: Morbus est habitus cuisque corporis contra naturam, qui usum eius
facit deteriorem […]. Según Labeón, el morbus es un estado del cuerpo contrario a la naturaleza que menosca-
ba la utilización del esclavo, sin importar que comprenda todo el cuerpo o solo una parte, mientras que vitium
comprendía algo más trascendente del morbus. En este sentido también Ulpiano en D. 21,1,1,7. De su parte,
196 Juan Carlos Prado Rodríguez
vo 15, vagabundo 16 o no esté exento de noxa 17, concediendo la acción redhibitoria (iudi-
cium dabimus) si se hubiere contravenido a estos preceptos o a lo que se hubiere dicho
o prometido para venderlos 18.
Modestino refiere que el elemento diferenciador entre morbus y vitium es, respectivamente, la temporalidad y
la perpetuidad de la patología del esclavo en D. 50,16,101,2 (Mod. 9 diff.): Verum est ‘morbum’ esse tempora-
lem corporis imbecillitatem, ‘vitium’ vero perpetuum corporis impedimentum, veluti si talum excussit: nam et luscus
utique vitosus est (sobre el texto vid. L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 36). Asimismo,
Ulpiano en D. 21,1,4,6 dice que no toda enfermedad da lugar a la redhibición, como por ejemplo, una leve
fluxión de ojos, o un ligero dolor de muelas, o de oído, o una pequeña úlcera; o una ligera calenturilla o una
pequeña herida, como también se recaba de D. 21,1,1,8 y D. 21,1,11. La trascripción castellana de los textos
son de I. García del Corral, Cuerpo del Derecho Civil Romano, Barcelona, 1892, Ed. Lex Nova, Valladolid.
Sobre otros textos en los que el defecto del esclavo es particularmente leve para no proceder con la redhibito-
ria, vid. L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 49 ss.
15
Sobre estos vitia animi, vid. L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 55 ss.; R.
Zimmermann, The Law of Obligations cit., 314 s. Cabe observar al respecto, como en D. 21,1,17 pr. Ul-
piano refiere a la definición de Ofilio sobre el esclavo fugitivo, siendo este el que intencionalmente perma-
nece fuera de la casa de su dueño para ocultarse de él (Ulp. 1 ad ed. aed. cur.): Quid si fugitivus, definit Ofi-
lius: fugitivus est, qui extra domini domum fugae causa, quo se a domino celaret, mansit.; y en el fragmento 1
observa que para Celio es fugitivo el que se marcha con intención de no volver a su dueño, aunque habien-
do cambiado de propósito, vuelva a él: Caelius autem fugitivum esse ait eum, qui ea mente discedat, ne ad do-
minum redeat, tametsi mutato consilio ad eum revertatur […]; sobre el texto vid. R. Ortu, ‘Aiunt aediles…’.
Dichiarazioni del venditore cit., 207 ss.
16
Para R. Ortu, ‘Aiunt aediles…’. Dichiarazioni del venditore cit., 218 s., entre los vicios del ánimo
del esclavo está también la tendencia a vagabundear, por lo que el vendedor debía declarar que el esclavo
“erronem non esse”, observando a tal respecto (p. 220 s.): «Perchè un servo possa essere definito erro, appare
necesario […] il suo allontanamento dalla casa del padrone (elemento materiale), sia la volontà di ritornare
dopo aver bighellonato (elemento soggettivo). In realtà l’elemento che differenzia questo “pusillus fugitivus”
dal fugitivus “magnus erro” […] è l’animus. Il fugitivus abbandona la casa del dominus con l’intenzione di
non ritornare […], mentre l’erro si allontana ugualmente, ma sempre con la volontà di ritornare».
17
La razón está en la posibilidad de que el comprador se vea involucrado en una responsabilidad
noxal, cfr. L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 64.
18
Para L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 109, a lado de la sanción en contra
del vendedor que no declaró los vicios que tenía el servus, está también aquella por haber declarado ciertas
características durante la contratación que eran inexistentes. De su parte, observa A. Petrucci, Per una sto-
ria della protezione cit., 208 s., que la tutela del comprador a través de la redhibitoria en contra del vende-
dor que no hubiere manifestado enfermedades o vicios inherentes al esclavo en venta, se extendieron tam-
bién a los casos en los que el esclavo no haya tenido las cualidades falsamente prometidas por el vendedor y
manifestadas al solo objeto de venderlo con facilidad. A este respecto, V. Arangio-Ruiz, La compravendi-
ta cit., 366, considera que en estas circunstancias, la redhibitoria se concede cuando «… la dichirazione dei
vizi non sia stata fatta, o che sia stata trovata mendace, nel senso che il servo non sia stato riscontrato quale il
venditore lo aveva dichiarato». Para R. Zimmermann, The Law of Obligations cit., 316: «Finally, the vendor
was also liable under the edict if he had in any way acted fraudulently». Al respecto, Gayo en D. 21,1,18,
pr. establece que, si el vendedor hubiere afirmado alguna cosa respecto a un esclavo y el comprador se que-
jase de que este no era así, puede ejercitar la acción redhibitoria, o la estimatoria, esto es la quanti minoris;
por ejemplo, si hubiere afirmado que era constante o laborioso, o diligente o vigilante, o que con su fruga-
lidad adquiría peculio, y él por el contrario hallara que era ligero, protervo, desidioso, dormilón, perezoso,
pesado, y comilón. En tal sentido vid. también Ulpiano en D. 21,1,4,3 y D. 21,1,14,9. Sobre el tema vid.
A. Mohino Manrqui, La eficacia real en las transacciones del comercio de esclavos, Dykinson, 2008, 46 ss.
Por otra parte, el texto de la primera rúbrica del Edicto dispone, ex adverso, la necesidad de tutelar los inte-
reses del vendedor en caso que el esclavo deba ser devuelto; sobre esta responsabilidad del comprador vid.
las consideraciones de N. Donadio, La tutela del compratore cit., 284 ss.
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 197
Así también, se admitía dicha acción cuando el esclavo hubiese cometido fraude
capital 19, intentado suicidarse 20, o tuviere señales de que en su pasado fue echado a com-
batir con las fieras en la arena 21; terminando el fragmento del Edicto con una cláusula que
refiere a la conducta dolosa del vendedor, cual criterio subjetivo de imputación para éste 22.
La ratio del Edicto era la de poner fin a los fraudes de los vendedores de esclavos y así
proteger a sus compradores 23, sin importar que estos hubieren sido perjudicados por igno-
rancia o astucia del vendedor 24. Por lo tanto, si el esclavo vendido resultó estar enfermo o
tener defectos físicos ocultos, o los vicios del ánimo antes indicados no habían sido declarados
por el vendedor, o carecía de las cualidades prometidas por este último, el comprador habría
19
Según G. Impallomeni, L’editto degli edili curuli cit., 14, el motivo que justificó esta disposición
radicaba en la posibilidad de que el adquiriente pueda perder en cualquier momento la disponibilidad del
esclavo.
20
Observa G. Impallomeni, L’editto degli edili curuli cit., 14 s., que Ulpiano justifica lo expuesto en
D. 21,1,23,3, ya que quien es capaz de «uccidere se stesso è capace anche di uccidere un’altra persona […]
chi abbia, seppure una volta sola, tentato il suicidio è normalmente affetto da una depressione psichica o da
una mania suicida perdurante nel tempo». Para L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit.,
68 s., estos vitia animi tienen como fundamento el hecho de que el comprador pueda sufrir una pérdida pa-
trimonial; en efecto, D. 21,1,23,3 refiere a la tendencia suicida del esclavo, así, por ejemplo, el que se apretó
un lazo, o bebió un medicamento por un veneno, o se hubiere precipitado desde una altura, o hubiere he-
cho otra cualquier cosa con la cual esperó que le llegaría la muerte.
21
Sobre el supuesto del esclavo ad bestias intromissus, observa L. Manna, Actio redhibitoria e respon-
sabilità per vizi cit., 72: «La giustificazione di tale ultima ricomprensione, va ricercata, invece, anche in que-
sto caso nel fatto che lo schiavo presenta caratteristiche tali da diminuirne il valore o da farne venire meno
la possibilità di utilizzazione da parte del compratore».
22
A tal respecto, observa G. Impallomeni, L’editto degli edili curuli cit., 18: «In forza della prima
parte dell’editto del fr. 1,1, il venditore è senz’altro responsabile per l’omessa denuncia dei vizi che abbia-
mo considerato; a suo carico è stabilita cioè una responsabilità oggettiva, che prescinde da ogni conoscenza
o ignoranza del vizio». Sin embargo, el mismo autor (p. 30) se pronuncia respecto a la cláusula final: «Oltre
alla responsabilità oggettiva del venditore […] se ne prevede un’altra di dolo». Para A. Petrucci, Per una
storia della protezione cit., 215 ss., el contenido de esta cláusula está en contraste con el régimen de respon-
sabilidad objetiva que emerge de la rúbrica sobre los vicios y defectos físicos y psicológicos del esclavo ven-
dido, además de la falta de las cualidades prometidas en él, por lo que el autor hace alusión a una posible
intervención de los compiladores. Sobre las diferentes hipótesis entorno a la cláusula de la responsabilidad
por dolo vid. L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 139 ss.
23
Para F. Glück, Commentario alle Pandette cit., 31, el Edicto se fundamenta en la equidad, la cual
no permite que nadie se aproveche de la ignorancia ajena para enriquecerse.
24
Como se recaba de D. 21,1,1,2: (Ulp. 1 ad ed. aed. cur.): Causa huius edicti proponendi est, ut occur-
ratur fallaciis vendentium et emptoribus succurratur, quicunque decepti a venditoribus fuerint: dummodo scia-
mus venditiorem, etiamsi ignoravit ea quae aediles praestari iubent, tamen teneri debere. Nec est hoc iniquum:
potuit enim ea nota habere venditor: neque enim interest emptoris, cur fallatur, ignorantia venditoris an callidi-
tate. Sobre el texto, L. Manna, Actio redhibitoria e responsabilità per vizi cit., 104, observa en el vendedor
de esclavos una responsabilidad objetiva, ya que se prescinde de cualquier averiguación respecto al conoci-
miento o ignorancia del vicio, desde el momento que Ulpiano sanciona el supuesto en el que el vendedor
ignore dicho vicio. En efecto, la función misma del edicto era la de socorrer a los compradores de los en-
gaños de los vendedores de esclavos, que, aunque hayan ignorado lo que mandan los Ediles, deben, no ob-
stante, quedar obligados, cfr. A. Petrucci, Per una storia della protezione cit., 211.
198 Juan Carlos Prado Rodríguez
podido utilizar la redhibitoria 25, basada justamente en tales circunstancias 26, independiente-
mente de la conducta dolosa o culposa del vendedor; de esta forma el comprador obtenía,
previa restitución del esclavo al vendedor, el reembolso del precio pagado por éste 27.
Con respecto al iter procesal de la acción redhibitoria 28, una vez que el comprador haya
constatado los vicios que padecía el esclavo adquirido, o que no tenía las cualidades prometi-
das por el vendedor, antes de que expire el plazo de seis meses desde la conclusión del nego-
cio, el comprador estaba facultado a llevar al vendedor ante los Ediles curules 29.
Una vez que el juez haya comprobado la existencia de los vicios en el esclavo, le soli-
citaba al comprador que cumpla con la redhibición del mismo y sus respectivos accesorios,
ganancias o indemnice su eventual deterioro 30. Esta observancia era necesaria para condenar
al vendedor en la devolución del precio y al resarcimiento de los gastos efectuados para su cui-
dado 31; por lo que, si el vendedor no acataba dicha obligación, el iudex lo condenaba a pagar
una cantidad determinada según el criterio del quanti ea res erit 32.
en Castilla), Barrocos Libreros, 1994; B. Bravo Lira, Derecho común y Derecho propio en el Nuevo Mundo,
Santiago de Chile, 1989, 89 ss.
35
Vid. al respecto, la doctrina referida por A. Morales Moreno, El alcance protector de las acciones
edilicias, en Anuario de Derecho Civil, 33, Madrid, 1980, 599, nt. 28.
36
P. 5,5,64: «De la tacha, o maldad que ouiesse el sieruo, que un ome vendiesse a otro. Tacha, o
maldad auiendo el sieruo, que vn ome vendiesse a otro, assi como si fuesse ladron, o ouisse por costumbre
de fuyrse a su señor, o otra maldad semejante destas: si el vendedor sabia esto, e non lo dixesse al compra-
dor, tenudo es de recebir el sieruo, e deue al comprador tornar el precio, con todos los daños, e los menos-
cabos que le vinieron ende. E si lo non sabia, deue fincar el sieruo al comprador. Pero es tenudo el vende-
dor, de tornarle tanta parte del precio, quanto fuere fallado en verdad, que valia menos por razon de aquella
tacha. Esso mismo dezimos que seria, si el sieruo ouiesse alguna enfermedad mala encubierta». Así el texto
en la edición de Las Siete Partidas del Sabio Rey D. Alfonso el X, con las variantes de más interés, y con la glosa
del Lic. Gregorio López, del Consejo Real de Indias de S.M., vertida al castellano […] por D. Ignacio Sanponts y
Barba, D. Ramón Marti de Eixala, y D. José Ferrer y Subirana, III, Barcelona, 1843, 129 s.
37
A pesar de que al igual que en las demás acciones edilicias presentes en las Partidas, no se le atri-
buye un nombre específico a esta acción, cfr. A. Morales Moreno, El alcance protector de las acciones edi-
licias cit., 602.
38
Observa A. Morales Moreno, El alcance protector de las acciones edilicias cit., 606: «Los defectos
han de ser ocultos. […]. Igualmente se exige que el vicio sea en su causa, anterior a la venta, aunque sean
posteriores sus manifestaciones».
39
Observa A. Morales Moreno, El alcance protector de las acciones edilicias cit., 607: «Respecto a la
acción redhibitoria, en cambio, sabemos que nos presenta a un vendedor de mala fe, que conoce y calla los
vicios […] por eso, junto al efecto resolutorio propio de esta acción, se prevé una amplia indemnización, por
dolo». Por otra parte, en la segunda parte de la disposición castellana se identifica a la acción quanti mino-
ris, al establecer la ley que si el vendedor no sabía de la existencia en el esclavo de las tachas y defectos men-
200 Juan Carlos Prado Rodríguez
mismo dezimos que seria, si se auiniessen en el precio ambos a dos, e fuesse fecha la vendida en tal manera,
que por tacha que ouisse la bestia, non la pudiesse desechar el comprador. Mas si el vendedor dixesse ge-
neralmente, que la bestia que vendiesse auia tachas, e encubriesse, callando, las que auia, o diziendolas em-
bueltas con otras engañosamente, de manera que el comprador non se pudiesse apercebir; entonce dezimos,
que seria tenudo de recebir la cosa que assi vendiesse, e de tornar el precio, a los plazos que diximosen la ley
ante desta», así el texto en la edición de Las Siete Partidas del Sabio Rey D. Alfonso cit., 131 s. Sobre el tex-
to vid. las consideraciones de A. Morales Moreno, El alcance protector de las acciones edilicias cit., 619 s.
44
Para nuestros fines resulta interesante observar como por Provisión librada el 31 de enero de 1595,
Hevia Bolaños obtuvo el cargo de Receptor de número de la Real Audiencia de Quito, cfr. G. Lohmann
Villena, En torno de Juan de Hevia Bolaños. La incógnita de su personalidad y los enigmas de sus libros, en
AHDE, 31, 1961, 123; sobre Hevia Bolaños vid. asimismo, S.M. Coronas Gonzáles, Hevia Bolaños y la
Curia Philippica, en AHDE, 77, 2007, 77-93; J. Rubio, La doctrina del fletamento en Hevia Bolaños. Confe-
rencia pronunciada el 10 de septiembre de 1943 en la Universidad de Oviedo, en AHDE, 15, 1944, 571-588;
B. Bravo Lira, Derecho común y Derecho propio en el Nuevo Mundo cit., 28.
45
Obra editada por primera vez en Lima en 1603, cfr. A. García Gallo, La ciencia jurídica en la
formación del Derecho hispanoamericano en los siglos XVI al XVIII, en AHDE, 44, 1974, 194; sin embargo, el
mismo autor (p. 197, nt. 136) pone en duda la paternidad de dicha obra para Hevia Bolaños, al observar:
«… la obra está escrita fuera de América, por quien desconoce sus problemas». Sobre esta obra posterior-
mente se publicó otra llamada Ilustración y continuación a la Curia Philippica, y correción de las citas que en
ella se hallan erradas: tratase de la mercancia, Comercio de tierra […] Tomo Segundo. Su author el Señor Don
Joseph Manuel Dominguez Vicente […] Segunda impression, en Valencia […] Año 1770, en donde, desde p.
140 a la 152, se corrigen las anotaciones originales.
46
«Redibitoria, es bolver la cosa comprada el comprador al vendedor, y el bolverse el precio que dió
por ella, por vicio, tacha, o defecto que ella tenga; porque valga menos; aunque no sea en mas de la mitad
del justo precio. Quanto minoris, es bolver lo que por esto vale menos solamente, sin rescindir regularmen-
te el contrato, como la redibitoria, segun una ley de Partida», J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica, I, Ma-
drid, 1776, Cap. XIII, 317, n. 1. La ley de Partida a la que se refiere es la 65.
47
Vid. J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 318, n. 9.
48
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 318 ss., los expone en los nn. del 10 al 15, y todos se fun-
damentan en el impedir el correcto uso del esclavo: «10. Esta redibitoria, o quanto minoris ha lugar en los
vicios, o defectos corporales de la cosa, porque se impide su uso, segun una glosa (Glos. in l. I. §. Aiunt. de
Aedil […]) y un texto, y procede, ora sea con ciencia, o ignorancia, que de ellos tenga el vendedor, conforme
un texto …»; «11. De que se sigue, que ha lugar la redibitoria, o quanto minoris en el esclavo, por defecto
corporal de no tener lengua, segun un texto; […] o por ser mudo, o sordo, que no puede hablar, ni oir; mas
no si habla, u oye tarde, conforme un texto […]. Y también ha lugar siendo ciego, que no vé, segun otros
textos […], o siendo tuerto, que no tiene mas de un ojo, o no vé, sino es con el uno; mas no si tiene en un
hojo mas vista que en el otro, o el ojo, mexilla, brazo, o pierna, o miembro mayor que otro, si por ello no se
impide su uso, conforme otro texto …»; «12. Siguese mas, haber lugar la redibitoria, o quanto minoris en
el esclavo, por defecto corporal de ser capado, que no tiene ningun testiculo, ni verga, mas no en el ciclán,
que tiene un testiculo solo, como se dice en el texto …»; «13. Tambien se sigue haber lugar la redibitoria, y
quanto minoris en el esclavo por defecto corporal de tener cortado algun miembro, u ser manco de él, o te-
ner pocos, o muchos dedos en las manos, o pies, si por ello tiene impedimento en el uso de ellos …»; «14.
Asimismo se sigue haber lugar la redibitoria, o quanti minoris en el escavo por defecto corporal de tener al-
202 Juan Carlos Prado Rodríguez
en ellos 49, que facultan para proceder judicialmente con dicha acción, así como el haber
prometido el vendedor que el esclavo esté libre de tales defectos 50, debiendo estos haber
surgido antes de llevarse a cabo la venta 51.
Sobre el plazo que dispone el comprador para proceder con la redhibitoria, Hevia
Bolaños retoma el criterio establecido en las Partidas; en efecto, manifiesta que se pue-
de pedir la redhibitoria dentro de los seis meses desde el día que se llevó a cabo la venta,
siempre y cuando el comprador haya tenido conocimiento en ese momento del vicio, así
guna mala enfermedad, segun unas leyes de Partida, […] como la calentura grande, y no pequeña, como se
dice en el Derecho […]. Y la terciana, o quartana, segun un texto […], o hydropesia, conforme otro texto
[…], o el que se orina en la cama por enfermedad de la bexiga, y no por sueño; mas no por el mal olor de
la boca, sino es que procede del pulmon, segun Derecho […], aunque sí, si tiene algun apostema, como se
dice en él […]. O si es leproso, segun Cepola: […] todo lo cual se entiende, perseverando en la enfermedad,
y no si por cura se puede sanar de ella, conforme un texto …»; «15. Sigue tambien haber lugar la redibito-
ria, o quanto minoris en la esclava por defecto corporal de baxarle, y purgarle su menstruo, costumbre ordi-
naria dos veces cada mes, o no le baxando una vez en él, sino es que es muy moza, o vieja, o está preñada, a
quien no baxa, segun un texto […], o por ser de su natura, o vaso tan cerrada, o abierta, que no se puede te-
ner con ella copula, o acceso carnal, conforme otro texto […], o si siempre pare los hijos muertos por vicio
de su natura o vaso, o es estéril por vicio de su cuerpo; mas no ha lugar si es preñada, o recien parida …».
49
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 319 s., los expone en los nn. del 16 al 20: «16. Empero
la accion redibitoria no se dá en el esclavo por vicio, o defecto del animo, segun un texto […] y Baldo, sino
es que el vendedor aseguró, o dixo, que no le tenia, conforme otro texto […], por ser en el hombre acciden-
tal, y poderse curar por contraria voluntad, segun Baldo […], salvo por dolo del vendedor, en saber el vi-
cio, y callarle segun una ley de Partida […], en cuyo caso todas las acciones degeneran, y asi puede ser con-
venido por esta a que reciba la cosa, y buelva el precio, segun Baldo […]; mas aunque lo ignore, ha lugar el
quanto minoris, segun la dicha ley de Partida …»; «17. De que se sigue ser vicio de animo para este efecto el
siervo ladron, segun una ley de Partida […], y procede, aunque haya hecho solo un hurto; salvo habiendole
hecho el señor, sino es que él dixo que no era ladron, segun unos textos […]»; 18. «Asimismo se sigue ser vi-
cio de animo para este efecto el ser esclavo fugitivo, acostumbrado a huirse, como lo dice una ley de Partida
[…], huyendose con animo de no bolver; mas no si se huye sin él, bolviendose, o huyendose por crueldad,
o ira de su señor, o alguna noche saliendo a dormir fuere de su casa; o el niño que se huye a la madre, por-
que el maestro, o señor no le maltrate, segun Derecho …»; «19. Siguese tambien ser vicio del animo, para
este efecto, el ser el esclavo facil en creer qualquiera cosa inconstante, y mudable en ella, supersticioso, o hy-
pocrita, o que finge tener enfermedad que no tiene, o iracundo, o sebervio, o furioso, contumáz, o inobe-
diente a su amo, jugador, borracho, o goloso, de vicio de gula, mentiroso, litigioso, inquieto, timido, o pe-
rezoso, o holgazán, acostumbrado a ello, por lo menos por tres veces, porque por dos no se dice serlo, segun
Derecho […], o siendo simple, bono sin entendimiento …»; «20. Aunque es vicio del animo para el dicho
efecto en el siervo haber cometido delito capital por donde se pueda imponer pena de muerte, o perdimien-
to de la tierra, o que se hirió, o quiso matar a sí mismo, segun Derecho […]. O si el siervo es entregado por
noxa, quiero decir, por el daño que se hace por delito privado que comete a quien le hizo, empero no lo es
habiendole solo cometido, conforme a Derecho …».
50
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 320, n. 24: «Tambien ha lugar la redibitoria, o quanto
minoris en otro qualquiera defecto de la cosa que el vendedor prometa, o asegure no tener, aunque no se ha
de entender en sumo grado, salvo obligandose a él, sino moderadamente con temperamento, segun un tex-
to […]: lo qual se entiende quando esta promesa, o seguro es especial de algun defecto que se nombra, y no
general aunqeu diga de todos, conforme unas leyes de Partida …».
51
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 320, n. 25: «Para haber lugar la redibitoria, o quanto
minoris, ha de ser el vicio, o defecto en que se funda nacido antes de la venta, y no despues de ella, sino es
que fue concebido, y engendrado antes, y despues empezó a perecer, que entonces tambien ha lugar, con-
forme un texto […], y Cepola, el qual (alegando otros) dice, que en duda si es nacido el vicio incontinenti,
o tres dias despues de la venta, se presume se habido antes de ella, y se puede pedir, y lo mismo dice Jacobo
Novelo, Boerio, y Joseph Ludovico».
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 203
como refieren las Partidas y Gregorio López, ya que afirma, que en virtud del Derecho
Común, no corre dicho plazo hasta que se tenga conocimiento (‘ciencia’) del vicio 52.
En este sentido, Hevia Bolaños considera el conocimiento del vicio como factor
que determina la utilización de la redhibitoria, el mismo que debe ser probado. Asimis-
mo, el autor considera que se puede usar de dicha acción inclusive en un momento pos-
terior a la muerte del esclavo 53; no pudiéndose proceder cuando el vendedor haya decla-
rado el defecto al comprador de forma clara y comprensible 54.
Por lo que se refiere a la prueba en sede judicial, Hevia Bolaños considera que el
testimonio hecho por el esclavo es plenamente válido en juicio 55; y que si el esclavo se
cura durante la litis, cesa la redhibitoria 56.
Para el jurista, el efecto de dicha acción tiene las connotaciones de la romana res-
titutio in integrum 57, al ser finalizada a devolver el esclavo defectuoso al vendedor, y que
éste restituya el precio pagado, junto al resarcimiento por los daños y perjuicios ocasio-
nados al comprador, lo que se traduce en el mantenimiento de la aequitas, al regresar las
partes al mismo estado en el que estuvieron antes de la conclusión del negocio.
En este sentido, Hevia Bolaños mantiene la tradición romanista, lo cual se eviden-
cia en las continuas referencias que hace a la ley romana, a las Partidas y a la glosa de los
52
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 320, n. 26: «Asimismo para haber lugar se ha de pedir la
redibitoria dentro de seis meses, y el quanto minoris dentro de un año, desde el dia de la fecha de la venta,
asi lo dice una ley de Partida [L.65. tit. 5. p. 5. ubi Greg. Lop. glos. II] en la qual dice Gregorio Lopez, que
esto se entiende si el mismo dia que se hizo la venta, el comprador supo el vicio, porque por el Derecho Co-
mun, no corren estos terminos hasta que se tenga ciencia de él, segun otro texto [L. 2. C. de Aedil. edict.]. Y
esta ciencia no se presume, si no se prueba, conforme unos textos …».
53
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 321, n. 27: «Las acciones edilicias de redibitoria, o quanto
minoris, duran despues de perecida, y extinta la cosa; porque se tienen para recuperar el precio, segun un texto
[…]. Y lo mismo despues de la muerte del esclavo, o animal, sucedida, sin culpa del comprador; mas no si su-
cedió por ella, o le dió libertad, conforme un texto […]. Y procede por qualquier culpa, aunque sea levisima, y
asi no lo puede pedir quando la muerte sucedió por falta de cura, o por no curarle con Medico, habiendole en el
Pueblo, o si habiendo muchos en él, no se llamó para ello a uno de los mas sabios, y perítos en esta ciencia …».
54
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 321, n. 28: «No se puede pedir la redibitoria, o quanto
minoris, quando el vendedor dice, y declara al comprador la tacha, o vicio de la cosa manifiesta, clara y es-
pecialmente, y no obscura, ni confusa, ni generalmente, como si dixese, que se la vende con todos los vicios,
o que el que tenia le embuelve, y expresa juntamente con otros que no tenia porque entonces la puede pe-
dir, como si ningun vicio se hubiera expresado: asi lo dicen dos leyes de Partida …».
55
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 322, n. 35: «La confesion, o responsión del siervo que
se trata de redibir, hecha en juicio, o fuera de él, en presencia de honestas personas, sobre la redibitoria, o
quanto minoris, con otros indicios, prueba plenamente sobre ello, conforme un texto […]: y asi esta sola
confesion, o responsion hace semiplena, o media probanza».
56
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 322, n. 36: «Si durante la litis del juicio redibitorio, la
cosa viciosa se hace sana, cesa la redibitoria, pagando las costas de las litis el vendedor, estando ignorante del
vicio al tiempo de la venta, y no en dolo; mas estando en él, o aunque no lo esté, si despues de la sentencia
executable se hace sana, lo contrario se ha de decir, como lo resuelve Cepola …».
57
J. de Hevia Bolaños, Curia Filípica cit., 322 s., n. 37: «Redhibiendose la cosa, ha de ser bolvien-
dola al vendedor, con mas lo que se hubiere deteriorado, o diminuido; y su aumento, acciones, partes, fru-
tos, y reditos, y alquileres causados despues de la venta, y todo lo demás que por ella hubiere adquirido el
comprador, al qual se ha de bolver el precio que hubiere pagado, con sus intereses, y la costa que en la cosa
hubiere hecho, y por ella le competa retencion de ella, porque el vendedor, y el comprador sobre esto han
de ser puestos en el mismo estado del tiempo que se hizo el contrato de venta, por ser la redibitoria una res-
titucion in integrum, como se dice en el Derecho». Vid. en este sentido A. Morales Moreno, El alcance
protector de las acciones edilicias cit., 605, nt. 4.
204 Juan Carlos Prado Rodríguez
juristas medievales españoles e italianos, reflejando así el iter tradicional del sistema jurí-
dico romanista.
Así pues, el juicio 63 fue seguido por don Casimiro Moreira 64 en contra de doña
María Ana Días del Pedregal, por la redhibitoria de una esclava llamada Gabriela, de
20 años aproximadamente, que fue vendida a Moreira por la cantidad de 500 pesos 65,
63
Los autos del proceso se encuentran en ANE, Serie Esclavos, Caja 8 (Años 1775-1778), Expedien-
te 6 (Guayaquil 1777), y constan de 150 folios; los autos tienen en su folio principal, no numerado, la si-
guiente escritura: «M. N. 4. Año de 1777. Autos ordinarios seguidos entre partes, de la una D. Cassimiro
Moreira actor demandante, y de la otra D. María Anna Días del Pedregal, rea demandada, por la redhibi-
toria de una samba nombrada Gabbriela. Juez. El S. Alcalde Ordinario de primer Boto. Escribano. El de
S.M.D. Gaspar Cenon de Medina. Secretario D. Antonio Ponce de León». La mayor parte de los folios lle-
van impreso al centro superior del primer folio, y en el que contiene el decreto de actuación del mismo, la
escrita “Sello Tercero, Vn Real, Años de Mil Setecientos y Setenta y Dos, y Setenta y tres”. Mientras que
al margen superior izquierdo presentan dos sellos redondos: el primero tiene escrito, alrededor del sello de
la Corona de España, la frase “Carolus III-D.G. Hispaniar-Rex”. El segundo sello redondo tiene escrito al
centro: “Por el S.D. Carlos III” y alrededor: “Quito 1776 y 1777”. Como es usual, modernizamos el tex-
to de los manuscritos de ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), vid. B.M. Tanodi,
Documentos históricos. Normas de trascripción y publicación, en Cuadernos de Historia Ec. y Soc., 3, 2000, 261
s.; A. Millares Carlo, Tratado de paleografía española, I, Texto, Madrid, 19322; M.A. Novoa, Nociones
de paleografía: alfabetos, Santiago de Compostela, 1997; M. Romero Tellafigo-L. Rodríguez Liáñez-A.
Sánchez González, Arte de leer escrituras antiguas. Paleografía de lectura, Universidad de Huelva, 2003.
64
Natural de Galicia en los Reinos de España, vecino y residente en la ciudad de Guayaquil, ANE,
Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 1r.
65
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 1r: en realidad, en la escritura de
compraventa la cantidad era de 470 pesos. Respecto a los precios de los esclavos en dicha época, observa
M. Lucena Salmoral, Sangre sobre piel negra cit., 65: «Las esclavas mulatas tenían gran demanda, a juzgar
por los altos precios a que se vendían. Así se pidieron 440 pesos por Juliana Villacís […]. Además del sexo
y de la edad, elementos primordiales, se tenía en cuenta el estado de salud de la persona, sus mutilaciones,
su constitución robusta (sobre todo si era hombre), el color de su piel (sobre todo si era mujer) y las habili-
dades que tenía». El instrumento de compraventa de la esclava objeto del juicio, a petición del comprador,
don Casimiro Moreira, fue trasladado por el escribano de Cabildo, Minas y Real Hacienda, don Alexo Gui-
raldes Pereira y Castro, a los autos del proceso, el 30 de agosto de 1777: «En la ciudad de Santiago de Gua-
yaquil en 7 días del mes de enero de 1777 años: ante mí el escribano de Cabildo, y testigos pareció presente
doña Mariana Días, vecina de esta dicha ciudad, a quien doy fe conozco, y por el tenor de la presente otor-
ga, que vende, y da en venta real, y verdadera, desde ahora para siempre jamás a don Casimiro Moreira, para
sí, sus herederos, y sucesores, y quien [en] su poder, y causa hubiere, y derecho representare […], una sam-
ba nombrada (f. 4r) Gabriela de edad al parecer de veinte años la que hubo, y compró de doña Ana Maru-
ri, y la vende por su propia esclava cautiva sujeta a servidumbre, y por libre de empeño censo, obligación ni
hipoteca, que no la tiene tasita, ni expresa de que la asegura, y sin asegurarla de ningún vicio, tacha ni de-
fecto, enfermedad pública, ni secreta, excepto mal de corazón, o gota coral de que no adolece, y en cantidad
de cuatrocientos, y setenta pesos, que confiesa haber recibido en reales de contado a su entera satisfacción,
y voluntad, y porqué su recibo de presente no parece renuncia (f. 4v) las leyes de las non numerata pecunia,
su prueba términos, y demás del caso como en cada una de ellas se contiene; y declara, que el justo, y verda-
dero valor del dicha samba es el de los expresados, cuatrocientos y setenta pesos, y que no vale más, y si algo
más valiese se la donaría, y más valor le hace gracia, y donación al comprador, buena puramente perfecta e
irrevocable, que el derecho llama hecha inter vivos, cerca de lo cual, renuncia las leyes del Ordenamiento
Real hechas en las cortes de Alcalá de Henares, que tratan sobre lo que se compra o vende por (f. 5r) más, o
menos de la mitad de un justo valor, y precio; y se desiste, quita y aparta del derecho de propiedad, acción,
dominio y señorío, que ha dicha samba tenía y había adquirido; y lo cede, renuncia, y traspasa, en el com-
prador para, que como suya propia, comprada con sus dineros, con justo título como lo es esta escritura o
su traslado signado, y firmado, la pueda vender, donar trocar, y cambiar disponiendo de ella a su voluntad,
y como le pareciere y como real vendedora se obliga a la evicción, seguridad y saneamiento de esta venta (f.
5v) en tal manera, que siempre le será, cierta, y segura, y no se le pondrá pleito, embargo, ni contradicción
por persona alguna, y si tal sucediese luego, que le sea hecho saber; aunque sea después de la publicación de
probanzas, saldría a la voz y defensa del tal pleito, o pleitos, y los seguiría, y acabará a su costa, y mención;
y si así saneársela no pudiere se devolverá los expresados cuatrocientos y setenta pesos con más las costas,
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 207
al habérsele atribuido determinadas cualidades que al parecer no poseía, y que además
padecía los defectos de cimarrona, ladrona y de un tumor en la boca del estómago que
le llevará a la muerte poco después de instaurado el proceso 66.
daños, perjuicios, y menoscabos que por defecto de saneamiento se le había seguido, y de merecidos a cuya
firmeza, y (f. 6r) cumplimiento se obliga con sus bienes habidos, y por haberse, con expresa renunciación
de todas las leyes, fueros, y derechos a su favor, y la general, que no valga en forma: y hallándose presente a
lo contenido en esta escritura el expresado don Casimiro Moreira lo aceptó a mi favor, como en ella se con-
tiene; en cuyo testimonio, así la dijeron, otorgaron, y firmó el que supo, y por él que no uno de los testigos,
que lo fueron don Josef Guillermo Gutiérrez, don Juachin Guerrero y don Ramón Rodríguez Plaza presen-
tes de que doy fe doña Mariana Días del Pedregal (f. 6v). A ruego de don Casimiro Moreira, y como testigo
Josef Guillermo Gutiérrez. Ante mí: Alexo Guiraldes Pereira y Castro: Escribano de Cabildo, Minas y Real
Hacienda. Concuerda con este traslado con la escritura original, que va hecho mención, que existe en este
Archivo de mi cargo, a que me remito, y en fe de ello lo signo, y firmo de pedimento de parte en esta ciudad
de Santiago de Guayaquil, en treinta días del mes de agosto de mil setecientos setenta y siete años. Ante mí
de verdad. Alexo Guirlades Pereira de Castro. Escribano de Cabildo, Minas y Real Hacienda», ANE, Serie
Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 7r. Como se puede observar del instrumento de ven-
ta transcrito, era usual emplearse algunas cláusulas que eximían al vendedor de cualquier responsabilidad
respecto al buen estado del esclavo, como aquella fórmula presente también en otros instrumentos de ven-
ta, que se vende al esclavo «con todas sus tachas buenas y malas, públicas y secretas»; con excepción de los
achaques de gota coral y mal de corazón, cfr. R. Pita Pico, Conflictos en torno a la compra y venta de esclavos
cit., 37 y 45. Asimismo, resulta interesante notar la referencia al instituto romano de la non numerata pecu-
nia, mientras que se renuncia a determinadas leyes en caso de conflicto, como se hace al Ordenamiento de
Alcalá. En este sentido, observa F. de Trazegnies Granda, Modelo de escritura pública de compra venta de
un esclavo, en Revista Derecho. PUCP, 32, 1974, 3: «En realidad el Derecho Romano no estaba vigente du-
rante la Colonia; sin embargo […] la práctica viciosa de los abogados lo había revitalizado de facto ya que
se alegaba en los pleitos y los Tribunales lo acogían. […]. En realidad, la jerarquía de leyes exigía que para
los pleitos civiles se aplicara principalmente la Nueva Recopilación; a falta de regla en ella, se aplicaban los
fueros municipales y solo en tercer lugar las Partidas. Algunos historiadores sostienen que los jueces opta-
ron por aplicar preferentemente las Partidas; […]. En todo caso, la confusión de fuentes legales en la época
de la Colonia parece bastante grande: no se citan las leyes vigentes y, en cambio, se renuncia expresamente a
leyes no vigentes (Derecho Romano) y a obras doctrinales más que legales (Partidas)». Sobre el tema vid. A.
Guzmán Brito, La vigencia del Derecho Romano en Indias según el jurista Juan de Corral Calvo de la Torre,
en Justicia, Sociedad y Economía en la América Española (siglos XVI, XVII y XVIII) - Trabajos del VI Congreso
del Instituto Internacional de Historia del Derecho Indiano, Valladolid, 1983, 71-89.
66
Según certificaciones médicas emitidas por el Dr. don Francisco Xavier Ruiz: «Certifico a los se-
ñores que la presente […] en la mejor manera, que debo, y puedo: que fui llamado por don Casimiro Mo-
reira a su morada al reconocimiento de una esclava llamada Gabriela la que hallé padeciendo de un absceso
[…] en la región gástrica sobre el mismo estómago […]; y habiéndole preguntado desde cuando padecía, y
de qué le provino dijo que desde antes de entrar en poder de dicho don Casimiro en poder de su otra ama
se dio una caída contra una alfajía de que recibió el golpe en dicha parte, y desde entonces le quedó el do-
lor […] hasta llegar al estado en que se hallaba (f. 48r) […], y para que conste y obre los efectos que con-
vengan en esta en toda a pedimento de parte. Guayaquil y agosto 26 de 1777. don Francisco Xavier Ruiz (f.
48v)». Y por don Josef Carrasco: «Certifico yo el infrascrito, de Protomédico y visitador general de las Pro-
vincias de Piura, Trujillo Sambayeque, Cajamarca y residente en esta de Guayaquil; que he visto y reconoci-
do a pedimento de don Casimiro Moreira, una sambita nombrada Gabriela y la he hallado con un absceso,
o apostema bastantemente considerable interno, situado sobre el mismo estómago en la región epigástrica
con inmediato contacto al hipocondrio izquierdo dicha sambita, se halla con fiebre aguda, con bastante di-
ficultad en la respiración y con tos compulsiva muy penosa; de modo que así por la confesión verbal de ella,
como por el tamaño del tumor se conoce claramente, tener origen anticuado su primera formación, pues
ella abiertamente dice que en poder de la ama que la vendió a don Casimiro sufrió una fuertísima caída so-
bre una alfajía y se dio un gravísimo golpe en el mismo número sitio en donde se le ha formado el absceso, y
que en los días inmediatos del golpe padeció repetidas fiebres, y vehemente dolor en aquella parte golpeada,
sin que la ama anterior a don Casimiro le hiciere otro remedio para evitar esta fatal resulta que el de unas
ayudas (f. 49r) y que quedó padeciendo por lunaciones el mismo agudo dolor con insufrible vehemencia,
208 Juan Carlos Prado Rodríguez
A. Demanda
La demanda inicial fue recibida por las autoridades de Guayaquil el 27 de agosto
de 1777; en ella Moreira interpone la redhibitoria en contra de Días por haberle vendido
la esclava con el engaño de que era costurera, lavandera y cocinera, asegurándole además
que no padecía vicio alguno, cuando en realidad el comprador manifiesta que la esclava
ignoraba dichos oficios y que además tenía «el defecto de cimarrona y la enfermedad de
una apostema interior sita en la boca del estómago» 67.
Según Moreira, dichos defectos habrían sido conocidos y ocultados por la vende-
dora, ya que por lo que respecta a las cualidades que le habría insinuado, él no pudo
constatarlas mientras Gabriela estuvo en su poder. Manifiesta también, que mientras
la esclava estuvo con Días, se le habría escapado por dos ocasiones 68, y que tampoco
le habría comentado la enfermedad que padecía, ya que durante su servicio, la escla-
va habría sufrido un accidente que determinó estar «sumamente fatigada y próxima
a morir, según afirman los médicos» 69, por lo que Moreira considera que «De todo lo
dicho se convence la perversa fe, y detestable dolo, con que procedió la vendedora» 70.
En consecuencia, Moreira solicita que Días reciba a la esclava y que devuelva el pre-
cio pagado por ella, con expresa condenación en las impensas que realizó para su curación
y las costas que resulten del proceso «por su malicioso proceder» 71; asimismo («Otro si»),
solicita que se le tome declaración a la esclava con citación de la contraparte 72.
y que así se permitió vender, silenciando este golpe y sus efectos para salir del poder de aquella ama. Dicha
sambita se halla constituida en el mayor peligro de su fallecimiento […]; y para que así conste y pueda pa-
recer esta verdad, en cualesquier tribunal donde convenga doy esta certificación en Guayaquil hoy, 26 de
agosto de 1777. Josef Carrasco», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 49v. Re-
sulta evidente como la práctica de hacer reconocer a los esclavos enfermos por médicos, tiene el fin de ase-
gurar que el vendedor indemnice las curaciones y el eventual entierro del esclavo, para así no verse afectado
en pérdidas patrimoniales, cfr. P. Peláez Marín, El cuerpo, la salud y la enfermedad en los esclavos cit., 161.
67
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 1r. El caso viene narrado muy bre-
vemente por B. Lavallé, “Aquella ignominiosa herida que se hizo a la humanidad” cit., 26 s.
68
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 1v. Sobre este defecto del ánimo
en tal contexto vid. J. García Sánchez, La venta del esclavo fugitivo: recepción del derecho romano en una
escritura notarial mirobrigense de 1621, en Anuario de la Facultad de Dereito da Universidade da Coruña, 7
(2003), 419 s., y la respectiva bibliografía en notas 57 y 58.
69
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 1v.
70
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 1v.
71
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 1v.
72
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 2r. Lo cual fue encomendado por
el Alcalde Ordinario de Guayaquil, Dr. don Jacinto Bodero, Abogado de las Reales Audiencias de Santa Fe
y de Quito, al escribano de Cabildo y Real Hacienda, quien en la misma fecha y en cumplimiento de lo de-
cretado por el Alcalde, pasó a la tienda de mercancías de Moreira y encontró en la trastienda a Gabriela pos-
trada en cama, y le hizo jurar por «Dios Nuestro Señor y una señal de Cruz, decir la verdad en todo lo que
supiese y le fuere preguntado», a lo que declaró: «que siendo esclava de doña Mariana Díaz de Pedregal dio
una fuerte caída de pechos encima de una alfajía estando vendiendo chicha un frasco se hizo pedazos en ella
que después se retiró a la casa de su ama con grande dolor en la parte de los pechos golpeada y habiéndole
dado parte del suceso y pasado la […] a dicha su ama la puso en la cama dos noches y la medicinó única-
mente con ayudas, y después la restituyó al ejercicio […] no le hizo en adelante otro remedio. Sin embargo,
de que cada luna le repetía el dolor de lo cual se le ha formado al presente en aquella parte lisiada un bul-
to que le causa grave fatiga y mucha tos que del poder de dicha doña Mariana había hecho fuga dos veces
y que aunque no se halló presente al tiempo que se contrató su venta sabe por noticia que la vendió su ama
con calidades de costurera lavandera y cocinera oficios todos que dice ignorar la declarante que asimismo
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 209
B. Contestación
La demanda de Moreira se trasladó a la vendedora el 29 de agosto de 1777, y en
su respuesta, Días presentó un escrito despachado por la autoridad el 1 de septiembre,
en donde considera que en los contratos de compraventa se debe estar a los términos
y condiciones que consten de la respectiva escritura otorgada, lo cual ignora Moreira,
«quien solo sobre su palabra quiere que se le crea» 73, siendo falso que se le haya mani-
festado que la esclava tenía las cualidades de costurera, lavandera y cocinera, como se
puede constatar de la escritura de venta presentada entre los autos de la causa: «Por ella
consta que la venta de dicha esclava se hizo sin condición alguna: y que únicamente me
obligo al saneamiento de ella en caso que constase ser ajena, o en el caso de padecer el
mal de corazón, o de gota coral» 74, y que «De otros defectos o enfermedades públicas, o
secretas no aseguro» 75.
Sobre el defecto de cimarrona, Días afirma que desde que estuvo en poder de su
anterior dueña, doña Ana Maruri, Gabriela nunca se escapó, y tampoco durante el mes
y medio que la tuvo en su poder 76. Respecto al apostema interior que Moreira afirma
padecer la esclava en la boca del estómago, Días considera ser esta otra falsedad 77, ya que
desde que la vendió era robusta y sana 78.
La vendedora refiere cómo la redhibitoria «tiene lugar después de seis meses que se
deben contar desde el día de la venta con tal que se tenga noticia del vicio» 79, mientras
que, «ignorando el vendedor la enfermedad que adolece el esclavo, o esclava, y pasando
el término de los seis meses ya no hay lugar alguno para la redhibitoria» 80. Por lo tan-
to, al haber vendido a Gabriela el 7 de enero (1777), «han corrido ocho meses: y cuan-
sabe que no se le dio noticia al que la iba a comprar de aquella después que había hecho y que antes bien se
silenciaron. Finalmente que habrían quince días poco más o menos que había descubierto a su actual amo
don Casimiro Moreira la enfermedad que adolecía y sus principios y que el tiempo de atrás nunca le había
participado de tal enfermedad y amonestándola que dijere la verdad sin respeto ni temor por estar amena-
zada con su último transe y haber prometido a Dios decirla bajo del juramento que tenía hecho se afirmó y
ratificó en todo lo dicho y dijo ser de edad a su paso de más de veinte años, y que no firmaba por no saber
pero se hallan presentes don Melchor de Ocampo, don [Agustín?] de Caldas y don Esteban de Arañón de
todo lo cual doy fe. Ante mí Alexo Guiraldes Pereira de Castro. Escribano de Cabildo, Minas y Real Ha-
cienda», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 2v.
73
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 8r.
74
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 8r.
75
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 8v.
76
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 8v.
77
Manifiesta también que si ahora padece de una apostema interior, la habría contraído en casa de
su amo a consecuencia de «los repetidos golpes y patadas que le ha inferido» (f. 9r), pero que ignoraba di-
cha patología. Por lo que habiendo pasado ocho meses desde su venta, la ley no le concede a Moreira la ac-
ción redhibitoria, admitida solamente en el caso de que la venta haya sido realizada con dolo del vendedor,
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 9v.
78
La vendedora pone en duda la declaración de la esclava, que según ella, la hizo sin libertad, ya que
habría sido instruida por Moreira bajo amenaza de ser castigada, a lo que añade su propensión a mentir,
siendo dicha declaración «destituida de toda verdad», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guaya-
quil 1777), f. 8v.
79
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 9r.
80
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 9r.
210 Juan Carlos Prado Rodríguez
do ella pasó a la casa de don Casimiro Moreira no tuvo el más leve indicante de enfer-
medad alguna» 81.
Concluye Días declarando de injusta la demanda de redhibitoria interpuesta en su
contra, sobre todo por haber prescrito el plazo establecido por la ley para intentar dicha
acción, siendo prueba de ello la misma escritura de venta 82.
C. Réplica
La réplica de Moreira aparece en un escrito actuado el 9 de septiembre, en el que
vuelve a solicitar la redhibitoria, considerando que lo alegado por Días no fundamenta
jurídicamente sus excepciones; y respecto al hecho de que las cualidades de la esclava no
constan en la escritura de venta, afirma que la vendedora las habría manifestado «priva-
da y verbalmente» 83, al objeto de convencerlo para adquirir la esclava 84.
Sobre el plazo para intentar la redhibitoria, Moreira considera que la ley de Partida
y la Glosa establecen los seis meses para redhibir el esclavo, «cuando el comprador, des-
de la fecha de la venta está impuesto en la tacha, o defecto que padece la cosa comprada;
por lo que al que ignora le corre el término desde que tuvo notica de la lesión; y que la
ciencia, o noticia no se presume si no se prueba» 85; por consecuencia afirma que ignora-
ba cuando compró la esclava, la enfermedad que ella padece 86.
81
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 9r.
82
Por último, («Otro sí»), solicita que el escribano Guiraldes sea recusado, por ser «odioso y sospe-
choso, así por la relación del compatriotismo con Moreira, como por otras causas» (f. 9v). En actuación a
esta solicitud, el Alcalde Ordinario procedió a recusar al escribano de Cabildo, nombrando como su susti-
tuto en la causa, a Gaspar Zenón de Medina; ambos escribanos procederán a notificar el día siguiente, 2 de
septiembre, el decreto a Días, y a trasladar el escrito a Moreira, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6
(Guayaquil 1777), f. 10r.
83
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 11v. A este respecto, R. Pita
Pico, Conflictos en torno a la compra y venta de esclavos cit., 49, observa «En la época de la Colonia la pala-
bra estaba revestida de un valor excepcional al momento de perfeccionar tratos. El ordenamiento de Alcalá,
promulgado en el siglo XIV, había sentado doctrina sobre el significado jurídico de los contratos verbales,
quedando por lo tanto estipulada la fuerza obligatoria de la promesa contractual».
84
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 11v.
85
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 11v.
86
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 11v. El escrito de Moreira fue
considerado por el Alcalde Bodero, quien decretó su traslado a Días, lo cual fue actuado por Medina el 9
de septiembre (f. 12v). En fecha 3 de septiembre se recibe un escrito de Días, en el que manifiesta que ha
llegado a su conocimiento que la enfermedad que está padeciendo Gabriela debe su origen al maltrato de
Moreira, quien además la está instruyendo para que declare falsedades (f. 13r). Por lo que reputa necesario
separarla de su amo y que todas las costas que se generen sean a cargo de éste, así para curar y alimentar la
criada, prohibiendo a Moreira tener contacto con ella para evitar, mientras se le toma declaración, que in-
fluya en sus declaraciones y tenga suficiente libertad para ello. Asimismo, Días solicita que una vez separa-
da la criada, pase a reconocerla el Protomédico don Fermín Llorente para que certifique el tipo de mal que
adolece, el tiempo y la duración del mismo, y que todo esto se lleve a cabo ante el escribano, quien le toma-
rá declaración a la esclava, advirtiéndola que deponga sin temor de su amo y bajo juramento. Días solicita
nuevamente que se le recuse enteramente al escribano Guiraldes, y «que actué solo el escribano real Medina
las diligencias que ocurran hasta la conclusión de esta causa» (f. 13v). Respecto a estos requerimientos, Bo-
dero decretó que se ponga a la esclava en casa de doña Rita Abad para su cuidado, y que el escribano de Ca-
bildo sea separado de la causa para que prosiga solo Medina, quien ese mismo día leyó y notificó dicho de-
creto a Moreira, mientras que el día 4 de septiembre lo hizo a Guiraldes; ese mismo día también citó a don
Xavier Ruiz, Protomédico de Guayaquil y el día siguiente a don Fermín Llorente, médico y cirujano de di-
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 211
D. Dúplica (contrarréplica)
Por su parte, en un escrito actuado el 16 de septiembre, Días solicita se declare no
haber lugar la redhibitoria 87, ya que Moreira fundamenta su acción en el supuesto de
que se le vendió a la esclava con ciertas cualidades, que no constan en la escritura de ven-
ta, habiendo asistido el comprador a la lectura de la misma de forma personal 88.
Sobre la alusión a la enfermedad de la esclava para fundamentar la redhibitoria,
Días observa como la ley de Partida y los mismos Comentadores de ella, «distinguen los
tiempos en que los esclavos han contraído el mal, y juntamente la ciencia, o ignorancia
del vendedor» 89, considerando al respecto que la enfermedad no se presume, sino que
se debe probar, aun cuando la esclava haya declarado bajo instrucción de su amo, que
el golpe que originó la apostema interior se lo dio cuando estuvo en su poder, lo cual
reputa ser falso 90.
cha ciudad (f. 14r). El 9 de septiembre, después de que los médicos Ruiz y Llorente reconocieron a la en-
ferma, amonestándole del «peligroso transe en que se hallaba, que era la cercanía a la muerte, y el reato que
habría cometido ante Dios si faltaba a la verdad» (f. 14v), ella declaró: «que ella no ha faltado a la verdad,
porque la declaración que hizo ante el otro escribano es lo mismo que le ha pasado: y que no hay duda que
en poder de su ama doña Mariana había dadose dicho golpe en la boca del estómago por haberse caído en
unas alfajías de cuyo golpe dio pronto aviso a la dicha su ama, quien la estuvo curando tres días, con ayudas
y que de allí se levantó sin que se le hiciesen más medicamentos» (f. 15r). Y habiéndole preguntado el escri-
bano sobre si Moreira la había maltratado con golpes o patadas, y si era cierto que también la había ame-
nazado poniéndole algún temor para que hiciese la anterior declaración, respondió: «que dicho su amo no
le había dado golpes y patadas porque aunque la castigó, las veces que lo hizo fue con azotes. Que su amo
no la había atemorizado ni amenazado, para que efectuara la dicha declaración: añadiendo que el golpe re-
cibido en poder de su ama doña Mariana este le quedó (no obstante la curación que le hizo y tiene expues-
to) siempre doliendo por lunas, pero que después que se suspendieron los menstruos por el tiempo de cin-
co lunas experimentó dolor continuo en el estómago […]» (f. 15r). Terminada la declaración, el escribano
encontró en casa de la matrona Rita Abad, a una esclava criolla, quien le contó que la enfermedad de Ga-
briela es consecuencia de un golpe que se dio en casa de Días, y que luego su amo, en la misma parte le dio
una patada que le aumentó considerablemente el dolor en el estómago (f. 15v); ante esta noticia, el escriba-
no volvió donde la enferma para contrastar esta novedad, haciendo entrar también a la esclava criolla, pero
Gabriela desmintió esta afirmación (f. 15v). Por último, entre los autos aparece la certificación que hizo don
Fermín Llorente sobre el reconocimiento médico que le practicó a Gabriela el mismo día 9 de septiembre,
y donde certifica haber hallado un tumor en la parte izquierda del estómago de difícil curación: «Certifico
que […] pasé a casa de Rita Abad a reconocer a Gabriela, mulata esclava, con la que encontré a don Xavier
Ruiz doctor en medicina en la Universidad de Quito […] y el escribano de la causa; y habiéndola recono-
cido y examinado, hallé en esta, al lado siniestro del estómago, un tumor […] (f. 16v) de difícil curación
[…]. Sin que a esto obste al que diga esta criada que se dio tiempo antes un golpe en el estómago, porque
siendo esta entraña tan delicada por su fábrica; que recibiendo algún golpe de mediana consideración oca-
sionaría de improviso la muerte, y siendo en las inmediaciones de esto baso, ocurriría inflamación con bas-
tante fiebre, con que habiendo faltado esto, es despreciable este dicho; y este tumor no tiene alusión a este
relato: sobre todo puedo certificar (f. 17r) como lo hago, de haberse visto sumar en el estado en que está,
esta doliente, estadios enfermos que se harán sujetado a la dirección médica; este es mi sentir salvo meliori;
y para que así conste doy este en Guayaquil en 9 días del mes de septiembre de 1777 años. Fermín Lloren-
te», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 17v.
87
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 18r.
88
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 18v.
89
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 18v.
90
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 18v.
212 Juan Carlos Prado Rodríguez
91
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 19r; al día siguiente, 17 de sep-
tiembre, el escribano comunicó a Moreira y luego a Días dicho decreto (f. 19v). En un escrito actuado el
mismo 16 de septiembre, Moreira considera que al no haber dado licencia el marido de la vendedora, don
Pedro Elorriaga, para que ella actúe en el litigio, solicita que éste «confirme y apruebe lo obrado hasta aquí,
y habilite para lo sucesivo la persona de su mujer, con percebimiento de que de no ejecutarlo se hará de ofi-
cio» (f. 20r). Asimismo, denuncia a Rita Abad, a quien se le ordenó que cuide a la esclava en su domicilio, y
a la que se le está pagando dos reales al día, por haber puesto a la esclava en el hospital de la ciudad; por lo
que solicita que la matrona acate lo mandado. En respuesta a estos requerimientos, en la fecha menciona-
da el Alcalde Bodero decretó que Rita Abad retome en su morada a la esclava, y que por faltar a la caridad
y obediencia se castigará su desacato con la pena proporcionada a su osadía. Ante lo cual, el escribano pro-
cedió en el mismo día a notificar dicho decreto a Rita Abad, quien le manifestó no poder admitir a la enfer-
ma, lo cual el escribano lo puso como diligencia actuada (f. 21r). Respecto al primer requerimiento, el 17 de
septiembre el escribano recibió la aprobación del marido de Días de lo actuado hasta la fecha, dándole ade-
más «su venia para que la dicha su esposa pueda libremente continuar en el seguimiento de esta instancia»
(f. 21v). Sin embargo, en un escrito actuado el 18 de septiembre, Moreira manifiesta que a pesar de haberse
notificado a la matrona que vuelva a recibir a la esclava en su morada, hasta la fecha no lo ha cumplido (f.
22r). Asimismo, manifiesta que Días y su marido han pasado en repetidas ocasiones por el hospital donde
se halla la esclava al objeto de persuadirla a que retracte las declaraciones que manifestó, a través de «suges-
tiones malignas y perversas» (f. 22v), sirviéndose en ocasiones de terceras personas, según informan los sir-
vientes del hospital, lo cual ha tenido conocimiento por información del Reverendo Padre Prior del mismo,
llegando al extremo de traer consigo al escribano para que constate la retracción de la esclava, lo cual no fue
admitido por dicho prelado (f. 22v). Por lo que solicita que se la sancione con alguna multa y se le prohí-
ba el ingreso al hospital (f. 23r). Ante lo cual, en la fecha mencionada, el Alcalde Ordinario impuso a Rita
Abad la pena de 25 pesos por no haber recogido a la samba; y bajo la misma sanción, obligó a que Días y su
marido se abstengan de comunicar con Gabriela, pidiendo al Padre Prior que no permita que nadie pueda
conferir con ella, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 23v.
92
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 25r. Observa también como Ga-
briela, atormentada en su conciencia, llamó a un confesor para que le administre consuelo, y en esa oca-
sión le habría manifestado que quería pedirle perdón a su antigua ama por el grave perjuicio que le estaba
ocasionando con sus declaraciones, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 25v.
93
Ante lo cual, el Alcalde decretó en la misma fecha que se provea como pide la parte, con citación
de Moreira, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 26r.
94
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 27r.
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 213
por lo que solicita que un médico la reconozca y certifique si ella «está o no en su ente-
ro juicio» 95.
En un escrito actuado el 25 de septiembre, Días solicita que el plazo de ochen-
ta días concedido para presentar pruebas sea restringido, ya que Moreira no tiene más
pruebas para fundamentar su demanda que la declaración que hizo la esclava bajo sus
amenazas 96.
Sin embargo, en un escrito actuado el 7 de octubre, Moreira solicita que sus testi-
gos, libres o esclavos con la venia de sus amos, sean examinados al tenor de un interroga-
torio formulado por él 97; en consecuencia, el Alcalde Ordinario decretó en la fecha men-
95
En consecuencia, el Alcalde decretó que se proceda a reconocer a la esclava enferma por un médico
dando de ello noticia a Días, y que se le conceda la prórroga de hasta ochenta días para presentar pruebas (f.
28r); ante lo cual, Medina procedió el 23 de septiembre a notificar el decreto a Días, y a citar a don Xavier
Ruiz para que reconozca a la esclava, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 28r.
96
Petición que el Alcalde decretó dar traslado a la contraparte, lo que fue actuado inmediatamente
por el escribano (f. 31v). Ante lo cual, en un escrito actuado el 1 de octubre, Moreira solicita no tener lugar
dicha pretensión, y que más bien se le condene en las costas del juicio (f. 32r), argumentando que al verse
desprovisto de pruebas necesita de dicho plazo para conseguir testigos que declaren a su favor (f. 32v). En
consecuencia, el Alcalde decretó en la misma fecha, que los autos pasen bajo la asesoría del Dr. Lizón, con
citación de las partes; a lo que el escribano las citó el día siguiente (f. 33r). En un segundo decreto emanado
en fecha 3 de octubre, el Alcalde admitió la prórroga del plazo para presentar pruebas hasta los ochenta días
comunes concedidos por ley, decreto firmado también por Lizón y notificado inmediatamente por el escri-
bano a Moreira (f. 33v). En un escrito dirigido al Reverendo Padre Guardián el 29 de septiembre, Días le
solicita licencia para que los Padres, Fray Mariano de los Reyes y Fray Juan Joseph de la Cruz, declaren so-
bre lo que Gabriela les manifestó estando cercana a la muerte (f. 75r). Ante lo cual, el Presidente Juan Jose-
ph de Escudero decretó que al tratarse de un juicio extraño a la competencia de su estado, los Padres se abs-
tengan de declarar, pero sin embargo, para la seguridad del orden, comparecerán ante él y expondrán todo
lo que pudieren decir en favor de la verdad; lo cual se llevó a cabo en presencia del Notario Miguel Macías
(f. 75r). Así pues, en la misma fecha compareció Fray Juan Joseph de la Cruz, quien dando juramento in
verbo sacerdotis declaró ante Escudero: «Que con ocasión de haberle llevado don Casimiro a que confesara
la samba de que se trata, le suplicó ésta a esta parte, para que le redujese a su amo don Casimiro para que le
traiga al escribano que quería por descargo de su conciencia […] que en efecto se lo dijo, y dicho don Ca-
simiro lo repugno […] y solicitando sobre que quería declarar por deseo de su conciencia, le respondió la
samba: que estos que antes de morir (como en efecto murió al 3 día) y para morir […], quisiera que vinie-
ra el escribano para declarar el haber dicho […]. Que de casa de su Sra. doña Mariana Días salió enferma,
y fue mentira de puro temor de don Casimiro, porque hallaba en ley de Dios que salió buena de dicha casa
de su Sra. doña Mariana. En que asegura bajo la religión del juramento ser cierto esto que le dijo, y leída su
declaración se ratificó en ella y la firmó conmigo, doy fe» (f. 75v). Asimismo, en la misma fecha compare-
ció Fray Mariano Reyes, quien jurando también in verbo sacerdotis, declaró: «Que con ocasión de haber ido
a ver a la samba enferma y tratar de las cosas de su consuelo espiritual, […] (dos o tres días antes de morir)
[…] le confesó de que de casa de su ama doña Mariana (f. 75v) salió buena y sana, asegurándoles al decla-
rante que se lo decía por descargo de su conciencia y por eso, se lo avisaba al P. Dice que esta es la verdad
bajo del juramento que lleva hecho, y en su virtud dijo que se ratifica en el dicho, y lo firmó conmigo de que
doy fe» (f. 76r). Por otra parte, en un escrito actuado asimismo el 1 de octubre, Rita Abad, cumpliendo el
obligo de retomar en su morada a la esclava, solicita que se mande al escribano a su casa para que certifique
como ella volvió a la misma, y que allí permaneció hasta que falleció y fue sepultada (f. 34r). Ante lo cual,
el Alcalde Ordinario decretó en la fecha mencionada, que el escribano certifique lo que solicita la matrona,
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 34r.
97
«Primeramente sean preguntados bajo el juramento acostumbrado, por el conocimiento de las
partes, notica de la causa, edad y demás generalidades de ley? 2ª Si saben que doña Mariana Días me ven-
dió a Gabriela Maruri su esclava por costurera, lavandera y cocinera? 3ª Si ignoraba estos oficios? 4ª Si sa-
ben que en poder de doña Mariana, saliendo la referida Gabriela a vender chicha cayó en una alfajía y rom-
pió el frasco de la venta que pagó a su ama, quien solo la medicinó con unas ayudas por tres días, sin hacer
214 Juan Carlos Prado Rodríguez
cionada, la recepción de los testigos por el escribano 98, y el día 10 compareció a testifi-
car Andrea Bajaña, a quien se le tomó juramento que lo hizo por «Dios Nuestro Señor y
una señal de la Cruz» 99, para que diga verdad en lo que supiese y le fuere preguntado 100.
otra diligencia médica (f. 38r) como debía para obviar los resultos de la caída? Digan y lo más que supieren
en el asunto. 5ª Si saben que de poder de doña Mariana le hizo fuga dos ocasiones y si asimismo, les consta
que después en mi poder se huyó también algunas veces? 6ª Si saben que la referida doña Mariana la cogió
en hurtos por dos ocasiones, siendo esto con causa para deshacerse de ella? 7ª Declare doña Juana Pinedo,
madre de la referida doña Mariana, si es cierto que habiendo entrado en una ocasión a mi tienda a comprar
hierva del Paraguay, me preguntó cómo lo pasaba con la esclava, que su hija me había vendido, y si queján-
dome yo de sus malas costumbres me dijo dicha doña Juana que su hija doña Mariana Días la había ven-
dido también por una maldad que había hecho la samba, y si preguntándole yo qué especie de maldad ha-
bía sido, se negó a descubrirla? Diga expresando el delito. 8ª Certifique el escribano actual de la causa y de-
clarados testigos, si saben que doña Mariana influyó y persuadió con eficacia repetidas veces a la esclava de
estos autos, cuando esta se hallaba en el hospital, afín de que se retractase de las dos declaraciones que tie-
ne hechas, siendo causa este influjo para que el Padre Prior de dicho hospital negase la entrada al escribano
que iba llamado autoritativamente de doña Mariana para (f. 38v) efecto de oír el retracto, expresando dicho
Padre Prior no hallarse la criada hábil y capaz para decir la verdad; y si esto pasó todo hallándose la referida
doña Mariana en la habitación de la enferma; habiendo llevado a prevención testigos; y asimismo, si preten-
dió dicha doña Mariana esconderse y huir a la tienda de una samba que se halla contigua a la que moraba
la enferma? Digan con lo más que supieren. 9ª Certifique don Alexo Guiraldes, jurando la certificación, lo
que le constase sobre el pasaje de una sortija que tomó la susodicha Gabriela de poder de su ama quien puso
la demanda en el anterior Gobierno. 10ª Si saben que doña Mariana Días acaba de tener otro pleito de igual
naturaleza y si asimismo fue vencida en este Gobierno y en la Real Audiencia y condenada en costas por su
tenaz capricho, constando todo en la Real Provisión que la parte vencedora obtuvo? Y lo más que supieren
de su conducta. 11ª Certifique el escribano actual de esta causa y declaren los testigos, si es cierto que los
más huyen de declarar y los que lo ejecutan es con repugnancia por miedo de doña Mariana? 12ª De públi-
co y notorio pública vos y fama V.», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 39r.
98
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 39v. Según observa M.E. Cha-
ves, La estrategia de libertad de una esclava del siglo XVIII cit., 57: «los interrogatorios a los testigos se ha-
cían previa la presentación de una de las partes, de un cuestionario para el efecto, ante escribano y previo
juramento de rigor».
99
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 39v.
100
Hay que observar que no a todas las preguntas antes transcritas respondieron los testigos, sea por
que no les correspondía o por ignorarlas, por lo que se transcriben solo las respuestas dadas al escribano que
tienen cierto contenido de fondo; así pues, «A la primera pregunta expuso que conoce a don Casimiro Mo-
reira, menos a doña Mariana Días y solo tiene noticia de ella, y que ahora en el acto de tomarle su declara-
ción sabe que estos dos están litigando, que es de edad de más de cuarenta años y que no le tocan las penas
de la ley, y responde. A la segunda dijo que ignora el que declara si la persona que contiene la pregunta fue
quien vendió la criada y con las condiciones que en ella se expresan, y que solo sabe por haberlo oído decir
por rara casualidad en la pulpería del capitán Manuel Romero, por una negra que expresó así, de la misma
Casa de doña Mariana Días, que fue quien vendió la esclava; asegurando a otras varias personas que allí se
hallaban, como don Casimiro había comprado una criada de la casa de su ama, y que estaba muy satisfecho
porque le parecía había comprado alguna cosa buena y que antes al contrario, porque no lo era a causa de
ser dicha esclava floja, cimarrona y que no sabía hacer cosa alguna, pues mejor era la criada que dicho don
Casimiro había vendido; estas expresiones que la declarante (f. 40r) oyó a la criolla a quien no conoce por su
nombre, fueron la noche del mismo día en que comprada dicha criada, según así lo dijo la referida criolla,
porque en aquella tarde había entregado el que la presenta, el importe de la criada que compró, y responde.
[…] A la quinta expuso que lo que sabe es que la criada que se enuncia se huyó de poder de don Casimi-
ro quien la presenta, y responde. […] A la duodécima dijo que lo que tiene dicho y declarado fue público y
notorio las expresiones que se refirieron y la verdad, la que tiene expuesta en cargo del juramento que dicho
tiene que se afirmó y ratificó, siéndole leída esta su declaración, y no firmó porque dijo no saber escribir y
de ello doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 40v.
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 215
El 11 de octubre compareció a declarar sobre el mismo interrogatorio, Josepha
Maruri 101. El 4 de noviembre testificó María Trinidad Pinedo, esclava de doña Petra
Aulestia, quien también juró por «Dios Nuestro Señor y una señal de Cruz» 102, decir
verdad en lo que supiese y le fuere preguntado 103.
El 5 de noviembre testificó don Melchor de Ocampo 104. De inmediato Moreira
llamó a don Agustín de Caldas, comerciante de la ciudad, quien juró ante el escribano
101
Siguiendo el mismo criterio expuesto en la nota anterior, «A la primera pregunta dijo que conoce
a las partes litigantes, que tiene noticia de la causa, que es de edad de más de quince años y que no le tocan
las generales de la ley, y responde. A la segunda dijo que sabe que doña Mariana Días vendió a la parte que
le presenta, a una criada nombrada Gabriela Maruri, pero no sabe si con las condiciones que expresa esta
pregunta, y responde. A la tercera dijo. Que sabe que la dicha Gabriela ignoraba estos oficios a causa de que
esta era esclava de adentro y para la mano, y que solo sabía cocer puntos […] y esto no con perfección, y res-
ponde. A la cuarta dijo que sabe y le consta a la que declara que Gabriela cayó una noche sobre una alfajía
y rompió un frasco de chicha que traía de venta, por lo cual se huyó de poder de su ama por un día y des-
pués que se hizo presente le pagó la venta a su ama, y que no sabe otra cosa, y responde. […] (f. 41r). A la
duodécima dijo que lo que lleva dicho y declarado es público y notorio. Pública voz y forma y la verdad so
cargo del juramento que tiene dicho en que se afirmó y ratificó, siéndole leída su declaración y no firmó por
no saber escribir todo lo cual doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 41v.
102
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 42r.
103
«A la primera pregunta dijo que conoce a las partes litigantes, que tiene noticia de la causa y que
su edad es de más de treinta y dos años, que no le tocan las generalidades de la ley con don Casimiro, y solo
sí con doña María Ana, porque la crio en la casa y por esta razón la quiere y tiene voluntad y desea que esta
gane el pleito, y responde. A la segunda dijo que es cierto que doña Mariana Días le vendió al que la pre-
senta, una esclava nombrada Gabriela Maruri, pero que no sabe si fue dicha venta con las calidades que in-
quiere la pregunta. A la tercera dijo que le consta que sabía cocer, menos lavar ni cocinar, y responde. […]
A la quinta que no sabe que en poder de doña Mariana se huyere nunca la criada, y que sí solo sabe que se
huía de poder del dicho don Casimiro, y responde. A la sexta dijo que sabe porque se lo contaron (f. 42r)
las mismas criadas de doña Mariana Días y que entre ellas especialmente una nombrada Viviana, que dicha
Gabriela la había hurtado a su ama algún dinero; el cual se lo halló en la tira de la enagua, pero que no sabe
a ciencia cierta que por este hurto la vendiese, y responde. […] A la octava dijo que sabe que doña Mariana
se iba al hospital de San Juan de Dios que estaba dicha Gabriela en él enferma y esto porque lo oyó decir,
y responde. […] A la décima dijo que sabe que doña María Ana Días […] de tener otro pleito semejante a
este y que le consta que lo pidió en este Gobierno y en la Real Audiencia de Quito y salió con demanda en
costas, y responde. […] A la duodécima que es público y notorio. Pública voz y fama todo lo que lleva de-
clarado so cargo del juramento dicho en que se afirmó y ratificó, no firmó porque dijo no saber y lo firmé
dando de ello fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 42v.
104
«A la primer pregunta, que conoce a las partes del litigio, que tiene noticia de la causa, que es de
edad de más de treinta años y que no le tocan las generalidades de la ley, y responde. A la segunda que sabe
que doña Mariana Días vendió a Gabriela Maruri su esclava a don Casimiro Moreira, y que aunque no estu-
vo presente al contrato de la venta, por confesión de la misma esclava sabe que fue vendida con las circuns-
tancias de que sabía lavar, coser y cocinar, y responde. A la tercera dijo que en el tiempo que el declarante
ha estado […] jamás vio cocer a la dicha esclava cosa particular, y que solo sí cosía unas camisas de […], las
cuales le daba su ama cortadas por motivo de que dicha Gabriela no debía cortar ni una camisa, y responde.
A la cuarta dijo que del mismo modo sabe porque se lo oyó en vida a la dicha Gabriela todo cuanto la pre-
gunta inquiere, de donde intuye ser esto muy cierto, y responde. A la quinta que lo que sabe es que del po-
der de don Casimiro se huyó una vez, y responde (f. 43r). A la sexta dijo que sabe por haberlo oído decir a
Jacinta Ysusquisa, quien se lo contó con insinuación, que habiendo un día doña Mariana Días contado una
cantidad de pesos y puesto los en una caja la que dejó abierta […] volvió la espalda para otra cosa que vaya a
hacer, llegó dicha Gabriela y le hurtó algunos pesos; y a poco rato que doña Mariana ocurrió por el dinero,
habiéndolo hallado con menoscabo y averiguando el paradero de este, halló que Gabriela lo había hurtado,
pues registrándola a esta encontró un peso en la tira de las enaguas; y que esto sabía dicha Jacinta por haberlo
visto cuando fue criada de dicha doña Mariana Días, y responde. […] A la décima que le consta todo lo que
esta pregunta expresa, porque lo ha oído decir por el público de esta ciudad, y responde. […] A la duodéci-
216 Juan Carlos Prado Rodríguez
decir verdad en lo que le fuere preguntado 105. Luego se presentó María Alcívar, esclava
de doña Catalina Navarrete, quien, con su licencia, juró decir verdad en lo que supie-
re 106.
El 26 de noviembre, para efecto de recibir declaración de Juana Pinedo y Aguiar,
madre de la vendedora, el escribano pasó a su casa y le hizo jurar decir verdad en lo que
le fuere preguntado 107. Por último, el 29 de noviembre compareció Anastasia Medina,
quien también juró según la forma de rigor, decir verdad en lo que le fuere pregunta-
do 108.
ma que lo que lleva dicho y declarado es público y notorio. Pública voz y fama y la verdad en cargo del jura-
mento que tiene hecho en el que se afirmó (f. 43v) y ratificó, siéndole leída esta su declaración, la que firmó
conmigo doy fe. Y en este estado habiéndose enterado de su dicho, dijo que en cuanto a lo que tiene decla-
rado en la sexta declaración, digo pregunta, tenía que añadir y añadía haber oído decir que dicha Gabriela
había escondido o enterrado algunos pesos más los que se encontraron en el fogón, y que todo es asimismo
verdad en que se afirmó y ratificó», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 44r.
105
«A la primera pregunta, que tiene noticia de la causa, que tiene conocimiento de las partes litigan-
tes, que es de edad de más de veinte cuatro años, y que no le tocan las generalidades de la ley, y responde.
A la segunda dijo que la ignora, esto es por lo que (f. 44r) respecta a la estipulación de la venta y sus condi-
ciones, y responde. A la tercera dijo que sabe por haberlo oído decir a la misma Gabriela que no sabía coci-
nar, lavar ni coser, y responde. A la cuarta dijo que a la dicha Gabriela le oyó decir en vida y estando enfer-
ma que se dio efectivamente el golpe y caída que se pregunta por cuya razón la medicinó su ama con ayudas
con lo demás, y responde. […] A la décima que la sabe por haberlo oído. […] A la duodécima que público
y notorio. Público y fama y la verdad en cargo del juramento celebrado en que se afirmó y ratificó, y lo fir-
mó conmigo doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 44v.
106
«A la primera pregunta, que conoce a las partes litigantes y que a la una con más extensión por
haber sido su esclava de doña Mariana Días, que tiene noticia de la causa, que es de edad de más de veinti-
trés años y que en cuanto a las generalidades, le tocan con doña Mariana por la razón dicha de haber sido
su familiar, y responde. A la segunda que sabe que la vendió, pero ignora si fue con las condiciones que cita
la pregunta; pero que con la ocasión de haber sido compañera de Gabriela, sabe que esta ignoraba cocinar,
y lavar y solo sabía coser puntos, y responde. […] A la cuarta dijo que en cuanto a esta pregunta sabe que
solo se le quebró el frasco, y que pasados días de esto cayó enferma con calenturas tres días, a cuyo acciden-
te se le medicinó con ayudas y con ellas se alentó, y luego salió a la calle a hacer las ventas […], y responde.
A la quinta dijo que sabe y le consta que en poder de doña Mariana Días no se huyó jamás (f. 45r) y que
solo sabe que huyó de poder de don Casimiro, y responde. A la sexta dijo que sabe por haberlo oído a doña
Mariana Días su ama que Gabriela le hurtó del baúl plata, y responde. […] A la octava dijo que solo sabe
con ocasión de haber pasado por el hospital de San Juan de Dios la declarante; y haberlo visto que en dere-
cho doña Mariana Días al dicho hospital en ocasión que se hallaba Gabriela enferma en […], pero que no
sabe con qué designio ni para qué centro, y responde. […] A la décima dijo que sabe que es muy cierto lo
que contiene en la pregunta, y responde. […] A la duodécima que lo que lleva dicho y declarado de públi-
co y notorio. Pública voz y fama y la verdad en cargo del juramento dicho en que se firmó y ratificó y no
firmó porque (f. 45v) dijo no saber y lo hice yo, de que doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6
(Guayaquil 1777), f. 46r.
107
Y al tenor de las mismas preguntas declaró: «que la declarante es cierto que pasó a la tienda de
Moreira en compañía de su hermana doña Jerónima a comprarle medio de yerba, y que no hubieron ni pre-
sidieron preguntas ni de su parte ni de Moreira en el asunto que se le inquiere, y que es la verdad so cargo
del juramento hecho en que se afirmó y ratificó, y dijo de ser de edad de más de cincuenta años, y que en
cuanto a las generalidades de la ley, es madre de doña María Ana Días, y que no por eso falta a la religión del
juramento, y la firmó de que doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 46v.
108
«A la primera dijo que conoce a las partes que litigan, que tiene noticia de esta causa, que es de
más de cuarenta años de edad, y que no le tocan las generalidades de la ley, y responde. A la segunda dijo que
se lo ha oído decir así al mismo don Casimiro, y responde. A la tercera dijo que no sabe si la esclava sobre
que se litiga sea, como sea, costurera, lavandera y cocinera, y responde. […] A la quinta dijo que no sabe si
la expresada Gabriela hizo fuga de poder de doña María Ana, pero le consta que se huyese de poder de don
Casimiro; que lo único que sabe en punto a la fuga, por que estando la declarante a la puerta de la tienda
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 217
De su parte, en un escrito actuado en fecha 6 de noviembre 109, Días solicita que sus
testigos sean examinados sobre un interrogatorio por ella formulado 110; ante lo cual, en
del dicho don Casimiro, oyó decir a una negra nombrada Francisca, esclava de doña Juana Pinedo en aque-
lla razón, que la mencionada Gabriela que se la iba a vender al mencionado don Casimiro, era cimarrona y
que después gritaría la pata; y que no sabía cocinar ni lavar; y eso le informaba la dicha negra a la mujer de
don Casimiro que la quería comprar, y responde (f. 47r). […] A la duodécima dijo que cuanto lleva dicho
y declarado público y notorio, y pública voz y fama, y la verdad en cargo del juramento que tiene hecho en
que se afirmó y ratificó, siéndole leída esta declaración, y no firmó por que dijo no saber, y lo hizo conmigo
de que doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 47v.
109
Anteriormente, en un escrito actuado el 10 de octubre, Días solicitaba que los Reverendos, Padre
Prior y Padre Capellán de San Juan de Dios, declaren sobre la retracción que habría hecho la esclava antes
de morir, de sus declaraciones, con licencia previa concedida para este último. Para fundamentar la revela-
ción del sigilo sacramental, Días argumenta varias doctrinas eclesiásticas (ff. 61r y 61v). Ante lo cual, el Al-
calde decretó en esa fecha que se proceda a tomarles declaración (f. 61v). Así pues, entre los autos aparece
la licencia otorgada por el Prior del Convento hospital de San Juan de Dios, Fray Manuel Rizo, ante el es-
cribano, para que el Padre Capellán Fray Francisco Xavier Montesinos declare (f. 62r); ante lo cual, previo
juramento in verba sacerdotis, declaró: «que con ocasión de hallarse en este hospital la esclava de estos au-
tos, un día lo mandó a llamar al exponente con aceleración para que le confesase por hallarse ya cerca de la
muerte, a lo que acuden el R.P. prontamente halló a la esclava entre de otras mujeres; y en cuanto lo vio le
dijo la enferma estas palabras: Padre, yo lo he llamado para que me oiga la verdad que voy a decir como que
estoy por morir, y es que yo cuando me vendió mi ama a don Casimiro fui sana y buena; y en su poder ad-
quirí estos males, por los golpes y maltratos de él; y si algo en contrario he dicho no es cierto y solo sí lo que
digo ahora que es muy cierto, y que la confesión se dirigió a lo mismo con aditamento de que la moribun-
da le confirió licencia para que expusiere esto ni dicho en caso necesario. Y que esta es la verdad en cargo de
mi celebrado juramento en que se afirmó y ratificó y lo firmó conmigo el presente escribano de que doy fe»,
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 62v.
110
«Primeramente, por el conocimiento de la parte, noticia de la causa y generalidades de la ley. 2ª
Como es cierto que la samba Gabriela Maruri fue mi esclava únicamente el tiempo de poco más de un mes
en el cual la traté con bastante amor y cariño, y que por esta causa nunca hizo fuga en mi servicio. 3ª Di-
gan cómo es cierto que habiendo vendido esta criada a don Casimiro Moreira a los cinco meses de su com-
pra le asaltaron unas calenturas (f. 56r) malignas, de que no fue curada antes por el contrario, con la fiebre
se le obligó al diario trabajo del lavado donde forzosamente no solo percibía la humedad por las manos sino
también por los pies, siendo preciso pararse en una igual donde se situaba su lavandero. 4ª Digan cómo es
cierto que después de este diario trabajo la dedicaba Moreira nocturnamente a la labor de costura con que
hacía el surtimiento de su tienda o mercancía. 5ª Digan cómo es cierto que además de todas estas ocupacio-
nes ejercitaba a Gabriela en la cocina y acarreo de agua, y todo cuanto ocurría, pues era la única esclava que
tenía Moreira en quien descuidaba todo el peso de su casa, cargándoles y amamantándoles los hijos. 6ª Di-
gan cómo es cierto si en la enfermedad que padeció don Casimiro de evacuaciones de sangre de que estuvo
desubicado la única […] fue Gabriela, ya que en atender a todas las demás ocupaciones a que era destinada.
7ª Digan cómo es cierto si todas estas operaciones que practicaba Gabriela no eran forzada del tumor, por-
que las excusaba como enferma a lo cual su amo don Casimiro la amenazaba diciendo que era fingido. 8ª
Digan cómo es cierto que continuamente en repetidas veces la maltrató don Casimiro en tal extremo que
pasaba los términos de concesión fraternal que le es permitido a los amos (f. 56v). 9ª Digan cómo es cierto
el modo de castigo de don Casimiro para Gabriela que solo eran golpes y patadas después de aplicarle con
un rebenque en que no sacaba la iracunda. 10ª Digan cómo es cierto que en presencia de varios circunstan-
tes en una ocasión que conducía Gabriela un botazo de agua que apenas podía moverlo por lo debilitada
que se hallaba de sus enfermedades, como por el escaso alimento que se le ministraba por su amo, la golpeó
de manera que quebrándole el botazo la entró a su tienda a golpes y patadas. 11ª Digan cómo es cierto que
el corto tiempo que fue mi esclava se mantuvo Gabriela buena y gorda y en una robustez que ella le obligó
a Moreira a contratármela. 12ª Digan cómo es cierto que al cabo de los cinco o seis meses de ser Gabrie-
la esclava de don Casimiro Moreira no fue cuando empezó a padecer siendo el origen de las calenturas re-
feridas de donde le provino por el descuido de su merente. 13ª Digan cómo es cierto que atemorizada Ga-
briela del mal tratamiento que le hacía su amo don Casimiro dio en huirse para liberarse del rigor para que
fuese causa de que vendiese. 14ª Como es cierto que una ocasión que le (f. 57r) llevaron a Gabriela apadri-
218 Juan Carlos Prado Rodríguez
la fecha mencionada el Alcalde decretó que el escribano proceda como pide la parte 111.
Así pues, el 10 de noviembre compareció Tomás Toledo, subteniente de una de las
compañías militares de Guayaquil 112, quien juró según el orden militar y «so cargo del
oficio a Dios y al Rey» 113, decir verdad en lo que le fuere preguntado 114. Luego acudió
don Manuel Ponce, quien juró ante el escribano por «Dios Nuestro Señor y una santa
Cruz» 115, decir verdad en lo que supiere y le fuere preguntado 116.
nar, le castigó cruelmente con cien azotes y le hizo tomar por fuerza un riate de meados podridos. 15ª Pú-
blico y notorio. Pública voz y forma», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 57v.
111
A lo cual proveyó con citación de la parte contraria, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6
(Guayaquil 1777), f. 57v.
112
Ya en un escrito actuado el 16 de noviembre, Días solicitaba al Alcalde que se le permita llamar a
testificar a miembros del fuero militar, por lo que pide se les conceda licencia a estos para declarar en el jui-
cio redhibitorio en acto (f. 55r), lo cual fue concedido por decreto en la fecha mencionada, ANE, Serie Es-
clavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 55v.
113
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 58r.
114
Se sigue el mismo criterio expuesto para las respuestas de los testigos de Moreira; «A la primera
pregunta, que conocía las partes litigantes; que tiene noticia de la causa y que no le tocan las generalidades
de la ley, y responde. […] (f. 58r). A la cuarta dijo que le consta haber visto que Gabriela cosía de día algu-
nas veces pero que no sabe si cosía nocturnamente como se inquiere, y responde. A la quinta dijo que solo
veía el declarante que Gabriela cargaba agua y también una criatura de Moreira, pero que no sabe si le ma-
nifestaba la manutención de los pechos como infiere y se pregunta. […] A la séptima que no se acuerda ni
le consta, y responde. A la octava que una vez vio que Moreira le castigó a la esclava Gabriela con la pena
de azotes y después vio también que le dio una patada teniéndola postrada en tierra; y que además de esto
oyó decir a unos oficiales de sastre que viven al frente de don Casimiro, que este siempre la castigaba a su
esclava, y responde. A la novena dijo que no sabe con qué ni de qué modo la castigaba, pues lo que dijo en
la anterior pregunta lo vio casualmente al pasar por su puerta, y responde. A la décima dijo que oyó decir
que estando enferma la dicha Gabriela la hacía cargar agua y que una ocasión que traía un botazo de agua,
la golpeo, y responde. A la undécima, que oyó decir que cuando estuvo en poder de la que le pregunta es-
taba gorda y hermosa, y responde. A la duodécima, que el declarante al principio de haberse sentado al po-
san de don Casimiro (f. 58v) la vio con robustez y gorda, y que pasados algunos meses la vio enferma y que
no sabe otra cosa, y responde. A la décima tercera que lo que sabe es que se huía Gabriela de poder de don
Casimiro pero que no sabe por qué se huía, y responde. […] A la décimo quinta, que todo es público y no-
torio. Pública voz y fama, y la verdad en cargo del juramento hecho en que se afirmó y ratificó y lo firma de
todo doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 59r.
115
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 59r.
116
«A la primera, que conoce a las partes que litigan, tiene noticia de la causa y que es de edad de
treinta y tres años, y que no le tocan las generalidades de la ley, y responde. […] A la cuarta dijo que sabe
solo que cosía camisas de día y que esto le consta de vista; como también (f. 59r) sabe porque lo oyó de-
cir que cosía hasta las nueve de la noche, y responde. A la quinta, que todo lo contenido en esta pregunta
es muy cierto y todo le consta de vista con oración de ser vecino de Moreira, y responde. […] A la séptima
dijo que oyó decir a don Casimiro que su criada Gabriela fingía estar enferma; y que al exponente le pare-
cía al contrario, porque hallaba ser cierta la enfermedad de que adolecía dicha esclava, y responde. A la octa-
va dijo que le consta que la azotaba y maltrataba mucho a Gabriela don Casimiro, y responde. A la novena
dijo que en aquellas ocasiones que le vio azotar a Gabriela, ha visto darle también muchos puños y patadas,
y responde. A la décima dijo que lo que sabe de esta pregunta es que vendía, vio venir a Gabriela con un bo-
tazo de agua, sumamente penosa por lo débil que se hallaba con la enfermedad, la que ocasionó el caer en
tierra y romper el botazo; por lo que cogió don Casimiro y dijo que era ficción la de la criada que metién-
dose dentro la azotó, y responde […] (f. 59v). A la duodécima que sabe por haberlo visto que cuando vino
Gabriela donde don Casimiro fue muy robusta y gorda, y que en su poder conoció que iba en decadencia
su salud, pero no sabe de qué fiebre adolecía, y responde. A la décima tercera dijo que es muy cierto que se
huía y que refiere que era por el maltrato, y responde. […] A la décima quinta dijo que todo es público y
notorio. Pública voz y fama, y la verdad so cargo del juramento hecho en que se afirmó y ratificó siéndole
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 219
El 26 de noviembre compareció a declarar Jacinto Novillo, vecino de Guaya-
quil 117. El mismo día acudió Josef de Aguilar, subteniente de milicias, quien, en virtud
de la licencia concedida, juró según el orden militar y prometió al Rey decir verdad de
lo que supiese 118. El 6 de diciembre compareció don Blas Valencia, quien también juró
leída esta declaración, y no firmó por no saber escribir de todo doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expe-
diente 6 (Guayaquil 1777), f. 60r.
117
«A la primera pregunta dijo que conoce a las partes litigantes, que tiene noticia de la causa, que es
de edad de más de cuarenta años y que no le tocan las generalidades de la ley, y responde. […] A la terce-
ra dijo que sabe el declarante que la dicha Gabriela la vio enferma en (f. 63r) poder de don Casimiro, pero
el tiempo que le aconteció lo ignora y que es cierto también en que así enfermosa como estaba, le servía a
su amo en todo aquello que en peculiar de una esclava, y responde. A la cuarta dijo que no sabe si de no-
che cosía la Gabriela, pues lo que vio el declarante fue que después que se la trajeron de una huida que ha-
bía hecho le impuso Moreira el que no saliese a la calle, y solo la tenía cosiendo camisas, pero eso es de día
y cree el declarante que muy pocas le cosería a causa que cuando se restauró de la huida vino ya muy enfer-
ma, y responde. A la quinta dijo que se remite a lo dicho en la tercera, y responde. A la sexta dijo que es cier-
to que en la enfermedad que padeció Moreira de evacuaciones fue Gabriela una de las autoras del enfermo
como que era la única esclava en todo cuanto era necesario y podía hacer, y responde. […] (f. 60v) A la oc-
tava dijo que lo que sabe el declarante es por haberlo visto algunas veces que don Casimiro azotó a la dicha
esclava con un látigo sin que pasaren los golpes de cuatro o cinco y que esto es lo único que ha visto por ha-
berlo ejecutado en la puerta de su tienda, y responde. A la novena dijo que lo que puede decir en cuanto a
esta pregunta es que una ocasión don Casimiro le pegó unas guantadas a su esclava pero sin pasar de exceso,
y responde. […] A la undécima dijo que lo que sabe es que cuando la compró don Casimiro estaba gorda y
al parecer sana, sin saber si traía algún mal interior y que aunque supo que era esclava de doña María Ana
Días no la conoció en su poder, y responde. A la duodécima dijo que sabe que de la enfermedad que tiene
dicho anteriormente le vino la muerte porque siempre se fue postrando más y más aunque sabe el declaran-
te que don Casimiro la curaba en su tienda y después supo que la llevó a donde Rita Abad (f. 64r) para su
curación de orden del Sr. Alcalde, y responde. A la décima tercera dijo que oyó decir que se había huido dos
o tres veces pero no sabe porque, y responde. […] A la décimo quinta dijo que cuanto lleva dicho y decla-
rado es público y notorio, pública voz y fama, y la verdad en cargo del juramento que dicho tiene en que se
afirmó y ratificó y no firmó por que expuso no saberlo ejecutar de todo lo que doy fe», ANE, Serie Esclavos,
Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 64v.
118
«A la primera pregunta, que conoce a las partes litigantes, que tiene noticia de la causa y que no
le tocan las generalidades de la ley, y responde. A la segunda dijo que supo que era su esclava y no sabe otra
cosa, y responde. A la tercera dijo que lo que sabe es que la compró don Casimiro a Gabriela, y responde.
[…] A la quinta dijo que el declarante sabe por habérselo dicho la misma Gabriela que servía a su amo en
todo y que no le gustaba nada de su servicio, y que por esto le daba mala vida, y solo reaseguró al declarante
que le aguantaba a su amo por tenerle amor a la hija de este, y responde. […] A la octava dijo que ha oído
decir el declarante que don Casimiro maltrataba con azotes a Gabriela, y que en una ocasión habiendo man-
dado este a la dicha Gabriela con el vaso inmundo a lavar al rio pasó él personalmente a verla y hallándola a
la orilla del dicho rio le dio una patada por detrás que la arrojó con el vaso al agua, de modo que salió em-
papada del dicho rio, y responde (f. 65r). […] A la undécima dijo que es cierto que la conoció en poder de
doña María Ana hermosa y gorda y por esto le parece al declarante que estaba sana y buena. A la duodéci-
ma dijo que el declarante vio a Gabriela en poder de don Casimiro en los mismos términos que arriba tie-
ne dicho y después la vio también en poder de este enferma bastantemente; añadió el declarante que en una
ocasión hallándose huida la esclava Gabriela de poder de Moreira llegó a casa del que declara, quien la lla-
mó diciéndole que tenía orden de su amo para cogerla (como en efecto tenía con oferta de doce pesos siem-
pre que la cogiere) pasó el declarante por no ocuparse en eso la aconsejó difundido se fuese a […] persona
de respecto para que la llevase y le respondió la mulata que iba donde don Josef Bauno, Presbítero para que
la comprase o entregase por lo que le movió al declarante el indagase que su valor y le retomó que valía (f.
65v) quinientos pesos y asombrado el declarante de tanto precio le preguntó; estas buena y sana sin lesión
ninguna? Y le respondió si señor me hallo buena; y que no sabe otra cosa, y responde. A la décima tercera
dijo que el declarante sabe porque la misma Gabriela le dijo en la misma ocasión que tiene referido que se
huía porque era malo su amo, y responde. A la décima cuarta dijo que el declarante sabía por haberlo oído
al mismo don Casimiro, que había azotado a Gabriela y le había dado los miedos, y responde. A la décima
220 Juan Carlos Prado Rodríguez
decir verdad en lo que le fuere preguntado 119. En tal contexto, ya en un escrito actua-
do el 15 de noviembre, Días solicitaba que, por licencia de sus amos, declaren algunos
esclavos al tenor de otro interrogatorio formulado por ella 120; a lo que el Alcalde Ordi-
nario decretó en la fecha mencionada, que los testigos sean examinados ante el escriba-
no de su Majestad 121.
quinta dijo que cuanto ha dicho y declarado es público y notorio, pública voz y fama y la verdad en cargo
del juramento que dicho tiene en que se afirmó y ratificó siéndole leída esta su declaración que la firmó con-
migo doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 66r.
119
«A la primera pregunta, que conoce a las partes que tiene noticia de la causa, que es de edad de
veinte y seis años, y que no le tocan las generalidades de la ley, y responde. A la segunda pregunta dijo que
solo sabe que Gabriela fue su esclava, y responde. A la tercera dijo que lo que sabe es haberla visto enferma,
pero no sabe en qué tiempo principió su accidente, ni menos sabe todo lo demás que se inquiere, y respon-
de. A la cuarta dijo que el declarante vio en algunas ocasiones que paso de día (f. 68v) por la tienda de don
Casimiro que la referida Gabriela cosía, pero no sabe para qué efecto ni qué cosa era, y que cuando esto ob-
servó o reparó se hallaba enferma esta, y responde. A la quinta dijo que solo sabe por haberlo visto que car-
gaba agua y se iba a comprar dicho estando así enferma como tiene dicho, y responde. […] A la octava y
novena dijo que solo sabe por haberlo visto pasando en días por la tienda de Moreira, que este azotó fuerte-
mente a la samba que se disputa, el cual castigo fue en presencia de varios circunstantes, y responde. […] A
la undécima dijo que es cierto que la conoció a Gabriela en poder la que presenta gorda y al parecer sana, y
responde (f. 69r). A la duodécima dijo que sabe que de la enfermedad en que el declarante la vio en poder
de don Casimiro no volvió a restaurar salud sino que de ella murió, y responde. A la décima tercera dijo que
ha oído decir que en poder de don Casimiro se huyó la expresada Gabriela y que cuando volvió a su poder
fue ya más enferma, y responde. […] A la décima quinta que todo es público y notorio, pública voz y fama
y la verdad en cargo del juramento que dicho tiene en que se afirmó y ratificó y la firmó conmigo de lo que
doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 69v.
120
«Primera: por el conocimiento de las partes, noticia de la causa y generalidades de la ley; 2ª Cómo
es cierto que don Casimiro Moreira la solicitó acariciándola con agasajo y […] para que expusiese como tes-
tigo en la causa de redhibitoria todo aquello que el mismo les informó a su antojo; 3ª Digan cómo es cier-
to que para facilitar la corrupción de lo que les había preparado les ofreció pagar por la declaración que hi-
cieren; 4ª Digan que cosas fueron las que les aconsejaba don Casimiro expusieren en la declaración que so-
licitaba con todo lo demás que acaeció; 5ª Digan que motivo han tenido para no reducirse a declarar a fa-
vor de don Casimiro una vez que las solicitaba para el efecto y que deben expresar todo cuanto saben en el
particular; 6ª. De público y notorio pública voz y fama», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Gua-
yaquil 1777), f. 71v.
121
En consecuencia, el 6 de diciembre acudió la esclava Margarita Carillo a quien, en virtud de la
licencia verbal dada al escribano por su amo, don Pedro Pérez, juró por «Dios Nuestro Señor y una santa
Cruz» (f. 72r) decir verdad en lo que le fuere preguntado en base al interrogatorio formulado por Días: «A
la primera pregunta, que conoce a las partes litigantes, que tiene noticia de la causa, que es de edad de más
de veinte y cinco años y que no le tocan las generalidades de la ley, y responde. A la segunda dijo que a la
declarante no ha solicitado don Casimiro, que lo que sabe es que los agasajos que expresa la pregunta fue-
ron (f. 72r) a una esclava de don Manuel Jiménez para que esta fuese a declarar en el pleito que tiene con
la que la presenta, pero que no oyó que don Casimiro la aconsejase lo que había de declarar sino es solo lo
que supiere, y responde; A la tercera dijo que lo que le consta es que el dicho don Casimiro le ofreció como
dos reales para que comprara leña a causa de que se reusaba de hacer la declaración; por decir se iba a traer
leña para su casa y que no sabe otra cosa, y responde. A la cuarta dijo que lo que oyó decir a don Casimi-
ro preguntándoles a la dicha mulata que si sabía que la esclava del litigio era cimarrona y si estaba enferma
en poder de su amo, respondió la que declara diciéndole a don Casimiro que no era cimarrona ni que te-
nía ninguna enfermedad, pues la conocía desde que fue esclava de don Joseph Echanique, a lo que respon-
dió la mulata de don Manuel Jiménez que no sabía nada de eso porque solamente se había huido un día de
poder de doña Mariana por la pérdida de una sortija, y responde. A la quinta dijo que a la exponente no ha
solicitado don Casimiro para que declare y que solo pasó lo referido delante de ella (f. 72v) y que no sabe
otra cosa, y responde. A la sexta dijo que todo es público y notorio. Pública vos y fama, y la verdad en car-
go del juramento que dicho tiene en que se afirmó y ratificó y no firmó por que dijo no saberlo ejecutar y
lo hice yo que de ello doy fe» (f. 73r). El mismo día 6 se presentó ante el escribano la esclava María Fran-
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 221
F. Petición alegando «más de justicia»
Llegado el año de 1778, en un escrito actuado el 13 de enero, Moreira plantea sus
últimas argumentaciones para que se proceda a sentenciar la causa, solicitando la redhi-
bitoria con expresa condenación en las costas procesales 122.
Ante todo, Moreira critica a las excepciones de la contraparte dirigidas a paralizar
su demanda; en primer lugar, los argumentos sobre el plazo de los seis meses para actuar
con dicha acción 123, y el haber negado las tachas que fundamentan la misma 124.
Sobre la prescripción de los seis meses, Moreira cita dos pasajes de la ley de Parti-
da 65 (P. 5,5): «luego que el comprador la entendiere aquella enfermedad, o tacha fas-
ta seis meses, puedela tornar al vendedor, e cobrar el precio que dio por ella»; y, «é este
tiempo de los seis meses […] se debe comenzar a contar desde el día que fue hecha la
vendida» 125.
Moreira considera que los autores están de acuerdo en entender que «los seis meses
deben contarse desde el día de la venta, si en ese mismo hubo noticia el comprador de
la tacha; pero si no, deben contarse y correr desde el día en que adquirió la tal noticia el
comprador, aunque se hayan vencido los seis meses» 126. Asimismo, considera acertada
esta interpretación, según la cual, al que ignora el defecto no le corre el plazo, y por ende
no tiene perjuicio, y esto lo argumenta observando que Días no le ha probado hasta el
momento que él conociese las tachas de la esclava, y que más bien, le afirmó que no las
cisca Jiménez, quien, bajo licencia verbal de su amo don Manuel Jiménez Palacios, juró por «Dios Nuestro
Señor y una señal de Cruz» (f. 73r) decir verdad en lo que le fuere preguntado: «A la primera pregunta: que
conoce a las partes que litigan, que tiene noticia de la causa, que es de edad de más de veinte años y que no
le tocan las generalidades de la ley, y responde. A la segunda pregunta dijo que es cierto que don Casimi-
ro le acarició para que declarase lo que pedía, y responde. A la tercera dijo que don Casimiro le ofreció dar
dos reales para que comprase leña respecto a que la declarante la iba a traer al monte para su casa y porque
así no se le postergase la declaración que solicitaba, y responde. A la cuarta dijo que don Casimiro le acon-
sejó dijese delante del escribano que la samba Gabriela había sido cimarrona en poder de la que la presentó
y que también expusiese que dicha Gabriela había estado en poder de la dicha ama enferma, y responde. A
la quinta dijo que no quiso ejecuten lo motivo de no querer exponer lo que […] don Casimiro que decla-
rase, y responde. A la sexta que lo que tiene dicho y en declaración es público y notorio pública vos y fama
y la verdad so cargo del juramento hecho en que (f. 73v) se afirmó y ratificó, no firmó por que dijo no sa-
ber, de ello doy fe» (f. 74r). Por último, compareció la esclava María Leonor, cuyo amo don Manuel Jimé-
nez dio licencia verbal al escribano a fin de que ésta pueda declarar, y jurando también de la forma de rigor
(f. 74r) expuso: «que conoce a las partes litigantes que tiene noticia de la causa que es de edad de cuarenta
años y que no le tocan las generalidades de la ley. Y que en cuanto a todo lo demás que inquieren las pre-
guntas de dicho escrito, solo sabe por haberlo oído decir a su compañera María Francisca no quiso sus dos
reales y como lo que de casa le instaba a su compañera que se dejase de declaraciones y que se fuese a traer
la leña a cuyo fin se dirigían ambas, la dicha María se apartó de don Casimiro (f. 74r) y llegándose a la de-
clarante que se hallaba en distancia para ir a su destino, y con esto el referido don Casimiro salió siguiendo
a dicha María diciéndole ven que te daré dos reales para la leña con lo cual la expresada volvió con enfado
diciendo déjate de declararos que tú le habrás dicho algo a don Casimiro pues bien con estas […] y con esto
dejándolo se retiraron a su destino, y que esto es lo único que le consta y sabe por haberlo oído y visto sien-
do todo la verdad en cargo del juramento en que se afirmó y ratificó y no firmó por no saber escribirlo y de
todo ello doy fe», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 74v.
122
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 78r.
123
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 78r.
124
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 78v.
125
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 79r.
126
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 79v.
222 Juan Carlos Prado Rodríguez
tenía, a que se agrega la confesión de Gabriela en la que declaró que su ama le «silenció
la enfermedad, y demás defectos» 127; por tanto, Moreira manifiesta haber puesto la red-
hibitoria «en tiempo hábil» 128.
Observa también que para los prácticos, los modos de probar la redhibitoria son
la confesión de la esclava y los indicios que prueban las tachas 129; así pues, afirma que
la confesión de la esclava fundamenta su acción 130, y respecto a las tachas, evidencia las
inexistentes habilidades de la esclava 131, y pone de relieve la enfermedad con la que se le
vendió, y que habría sido conocida por la vendedora sin manifestarla 132, al igual que las
otras tachas de cimarrona y de ladrona 133.
Sobre las declaraciones de los testigos al interrogatorio formulado por Días, Morei-
ra denuncia como ella haya persuadido a algunos de ellos para que depongan a su favor,
así como lo hizo con la esclava moribunda 134. Y sobre el vicio de cimarrona, recuerda
como ella se le huyó en alguna ocasión a Días 135.
127
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 79v.
128
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 79v.
129
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 79v.
130
Conjuntamente a la deposición de los testigos que declararon «haber oído antes de su muerte a la
samba las mismas expresiones que constan de las judiciales declaraciones de la esclava», ANE, Serie Escla-
vos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 80r.
131
Asimismo, Moreira recuerda las declaraciones que corroboran esta afirmación y expone dos re-
flexiones que justifican su argumento: la primera es que cualquier persona que necesita una esclava siempre
la busca con estas cualidades, ya que de lo contrario sería «cargarse de una boca y un bulto más que man-
tener en su familia» (f. 80v). La segunda radica en la costumbre de que una esclava que no sabe coser, co-
cinar ni lavar, cuesta trecientos cincuenta o cuatrocientos pesos, pero la que es experta en estos oficios, vale
cuatrocientos cincuenta o quinientos pesos; y al haberle vendido Días «en el precio supremo de quinientos
pesos, es presunción vehementísima que me significó la destreza de la samba en el referido servicio», ANE,
Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 80v.
132
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 81r.
133
Según Moreira, en repetidas ocasiones la esclava habría declarado, judicial y extrajudicialmente, el
golpe que sufrió al caerse en poder de Días, así como constatan algunos testigos y las certificaciones ratifica-
das por los médicos que visitaron a la esclava, quienes observaron que la enfermedad reflejada en el absceso
que padece, no pudo haberse formado «en menor tiempo que el que prescribe la deposición de la samba» (f.
81r), a lo cual, cita a la ley, «eso mismo diremos que sería si el siervo oviese alguna enfermedad mala encu-
bierta» (f. 81r). Asimismo, Moreira observa que entre las tachas y defectos que justifican la redhibitoria, está
la fuga del esclavo: «o si oviese por costumbre fuirse a su Señor» (f. 81 r); por lo que considera que Días ha-
bría debido advertirle este defecto (f. 81v). De igual manera, afirma que el latrocinio se considera también
por tacha legal, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 81v.
134
Respecto a la segunda pregunta de dicho interrogatorio, en la que Días espera «vindicar la tacha
de cimarrona» (f. 82r), observa Moreira que ninguno de los testigos la secundó (f. 82r). Sobre las preguntas
que van de la tercera a la séptima, en las que quería probar que la esclava le sirvió a Moreira a pesar de su
enfermedad, la mayor parte de los testigos declararon que ignoraban dichas preguntas (f. 82v). De la octava
a la décima tienen el objetivo probar el maltrato de Moreira hacia la esclava, pero según él, ninguno de los
testigos responden a favor de esta afirmación, deponiendo algunos más bien en su contra (f. 82v). Moreira
manifiesta que la undécima pregunta da a entender que ella intentaba probar que la esclava se encontraba
sana y en buen estado cuando la vendió, lo cual fue corroborado por algunos testigos; sin embargo, conside-
ra que esto no constituye prueba suficiente, ya que inclusive los médicos más expertos suelen afirmar que los
apostemas, desde su inicio e inclusive después de muchos años de haberse verificado el golpe que lo generó,
no dan señal externo de su existencia, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 83v.
135
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 83r.
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 223
Por último, ya que la vendedora mantiene otro proceso por causa de redhibito-
ria 136, Moreira resalta la «integridad de la mala conducta de doña Mariana […], al tener
otra litis de igual naturaleza, y aunque apeló para la Real Audiencia del Distrito, solo
consiguió el que fuese mayor el castigo en las costas en que fue condenada» 137.
De su parte, en un escrito actuado el 24 de enero, Días responde a Moreira, y con-
cluyendo también para definitiva, solicita no tener lugar la devolución del precio que
recibió por la esclava ya difunta, y que más bien, se condene a Moreira en las costas pro-
cesales 138; lo que sostiene al observar cómo son varias las tachas que el comprador le atri-
buyó a la esclava para pretender la redhibición del precio, unas de cuerpo y otras de áni-
mo 139.
Días recuerda la variedad de excepciones planteadas para contrastar las tachas antes
mencionadas: sobre la apostema interior se remite a su escrito de confrontación en el que
manifestó que éste lo contrajo en casa de Moreira a causa de los repetidos golpes que le
infirió, por lo que la enfermedad tiene su origen en dicho maltrato 140.
Asimismo, manifiesta haber opuesto como excepción, la prescripción de los seis
meses que establece la ley para la redhibitoria, y a pesar de que desde su primer escrito
se expuso el sentido de la ley de Partida, considera inútiles las argumentaciones ex adver-
so de Moreira, en cuanto «según la opinión de algunos autores que dicen que cuando el
vendedor ignora el vicio de la cosa vendida y pasan los seis meses desde el día de la ven-
ta, ya no hay lugar para la acción que llaman redhibitoria, sino solamente para la quanti
minoris. La razón es clara porque habiendo impuesto las leyes la obligación de redhibir
el precio del esclavo vendido, siempre que en él se encuentre tacha de ánimo o de cuer-
po todo su fin fue castigar el dolo que interviene el vendedor» 141.
Sobre el vicio de cimarrona, Días señala como la ley de Partida considera la cos-
tumbre de huir del esclavo como causa suficiente para la redhibitoria; sin embargo,
advierte que la misma ley considera que el esclavo tiene que tener la voluntad de no vol-
136
Los autos de ese proceso están en ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 2 (Guayaquil 1775),
por un total de 121 folios.
137
Ante la magnitud del escrito de Moreira, el nuevo Alcalde Ordinario, don Vicente Severo del Ca-
sillo, en la mencionada fecha del 13 de enero, decretó su traslado a la contraparte, lo cual fue actuado de
forma inmediata por el escribano (f. 85v). Poco después, en un escrito actuado el 22 de enero, Moreira ma-
nifiesta que Día aún no ha respondido, por lo que la acusa de rebeldía y pide que se le saquen los autos por
apremio (f. 86r). Ante lo cual, del Castillo, en la fecha mencionada, decretó dicha rebeldía, y que al haber-
se pasado el plazo se le saquen los autos por apremio. En consecuencia, el 24 de enero el Alcalde Cristóbal
Romero constata haber pasado por la morada de Días, quien le entregó los autos, ANE, Serie Esclavos, Caja
8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 86v.
138
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 87r.
139
«[…] ya la supone con una apostema contraída antes de la venta. Ya la figura fugitiva; y en fin la
quiere calificar de ladrona. […] añade que la vendí con las condiciones de costurera, lavandera y cocinera»,
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 87r.
140
Lo cual afirma, resulta de la misma confesión que hizo la esclava a su confesor, y por la deposición
de algunos testigos en respuesta a la octava pregunta de su interrogatorio (f. 91v); e inclusive, de la declara-
ción que la esclava le hizo al Padre Antonio Pérez de Guzmán se constata su inocencia, según las pablaras:
«Padre, es muy cierto que mi ama doña Mariana me vendió a don Casimiro sana y alentada y sin lesión»,
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 92r.
141
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 88r.
224 Juan Carlos Prado Rodríguez
ver, lo cual se constata cuando la fuga es prolongada y hacia lugares lejanos, y no cuando
habría «hecho una corta retirada de su casa sin apartarse de la ciudad» 142.
Con respecto al vicio de ladrona, Días admite que este defecto es por sí suficiente,
según la ley de Partida, para la redhibitoria, aunque se haya verificado tan solo una vez.
Sin embargo, considera falsas las declaraciones de los testigos que manifestaron haber
oído que su esclava le había robado, y si hubo un tal supuesto, lo considera ser de poca
relevancia 143.
G. Sentencia
Ante las alegaciones finales de las partes, dirigidas por un lado a fundamentar, y
por otro a contrastar la redhibitoria, el Regidor Perpetuo y Alcalde Ordinario de Gua-
yaquil, don Vicente del Castillo, decretó el mismo 24 de enero: «Autos citadas las partes
para sentencia definitiva, los que se pasarán al Licenciado don Joseph Joachin de Aguilar
con el honorario correspondiente» 144. Así pues, en fecha 17 de febrero de 1778 se emi-
tió sentencia:
«vistos los autos, con todo lo que verse y considerase, convino Fallo atento a los autos
y méritos del proceso, a los que en caso necesario me refiero que debo declarar, y declaro
que el dicho don Casimiro, actor demandante no ha probado bien y cumplidamente su
acción y demanda, como, probar le convino: lo declaro por mal probado, y que la dicha
doña María Ana, rea demandada, ha justificado sus excepciones, y defensas, como ha de-
bido: lo declaro por bien probadas: y a su consecuencia, debo absolverle y dar por libre,
como le doy de la demanda, contra ella intentada por dicho don Casimiro, imponiéndo-
le, como le impongo a este, perpetuo silencio, para que sobre ello no pueda pedir ahora,
ni en tiempo, alguno la pretendida redhibitoria: y por esta mi sentencia definitivamente
juzgando, así lo pronuncio, mando y firmo con costas, cuya tasación en mi reservo, he-
cho con dictamen de asesor nombrado. Vicente Severo del Castillo / Licenciado Joseph
Joachin de Aguilar» 145.
142
Días observa como algunos de sus testigos declararon que estando la esclava en su poder jamás se
escapó ni siquiera de esta última forma. Y por lo que respecta a los testigos que declararon haber visto huir-
se a la esclava, observa que estas declaraciones no son dignas de atención, ya que provienen de esclavos que
oyeron solo rumores, quienes además «en Derecho son sumamente despreciables», ANE, Serie Esclavos,
Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 92r.
143
Ya que «habiendo sido sorprendida en el robo se le halló un peso en la tira de las naguas» (f. 92v).
Al respecto, Días observa como sobre este asunto Moreira no hizo mención en su demanda inicial, ni de-
más escritos, siendo solo en el interrogatorio que indagó sobre el robo, y en su alegato final (f. 92v). Sobre el
último motivo, es decir, el de tener un antecedente judicial sobre un caso similar, Días concluye: «El haber
perdido yo un pleito de redhibitoria en esta ciudad y Real Audiencia del Distrito, ni a él favorece, ni a mí
me perjudica. Mucho menos el que ahora se haya puesto otra demanda contra mí en este Gobierno», ANE,
Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 93r.
144
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 93r. Según observa M.E. Cha-
ves, La estrategia de libertad de una esclava del siglo XVIII cit., 57: «Cuando el término de la prueba llegaba
a su fin y el demandado había contestado, se pedía “Autos para sentencia”, la misma que era dictada por el
Gobernador con consejo de un asesor».
145
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 94r. «Dio y pronunció la senten-
cia que antecede el señor don Vicente Severo del Castillo, Alcalde Ordinario de primer voto de esta ciudad,
Regidor perpetuo con parecer de asesor letrado, el Dr. don Josef Juachin de Aguilar, Abogado de la Real
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 225
H. Apelación
De forma inmediata Moreira presentó un escrito actuado el 19 de febrero, en el
que afirma haber tenido noticia del dictamen pronunciado por el Alcalde Ordinario de
Guayaquil, al que considera perjudicial para él, por lo que procede a apelar dicha sen-
tencia ante los señores Presidente y Oidores de la Real Audiencia del Distrito de Quito,
para lo cual solicita que se le entreguen los autos de la causa 146.
Esta segunda instancia se llevó a cabo por las partes a través de sus respectivos pro-
curadores ante la Real Audiencia 147. Así pues, el primer auto emitido por el procurador
de Moreira, Juan Manuel Mosquera, tiene como fecha de actuación por las autorida-
des de la Real Audiencia, el 3 de abril de 1778, y en el que Mosquera se presenta como
procurador en grado de apelación a la sentencia pronunciada por la justicia ordinaria de
Guayaquil, y solicita que se despache Real Provisión de Emplazamiento al objeto que
comparezca la contraparte a la Real Audiencia de Quito en el plazo previsto por dicha
ordenanza 148.
Audiencia de Quito a los 17 días del mes de febrero de 1778, doy fe, siendo testigos don Josef Sosa y don
Joachin Baltasar de Torres presentes. Ante mí Gaspar Zenón de Medina, escribano de su M. en dichos días
mes y años. Yo el escribano leí e hice saber y notifiqué la sentencia que antecede a doña María Ana Días del
Pedregal en su persona y la firmó doy fe. (firmas: doña Mariana Días. Medina). Incontinenti. Yo dicho es-
cribano hice saber la sentencia que antecede arriba dicha a don Casimiro Moreira en su persona doy fe (fir-
ma: Medina)», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 94v.
146
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 95r. En fecha 18 de marzo el es-
cribano de la causa constata haber entregado los autos a Moreira para instaurar la apelación de la sentencia
ante la Real Audiencia de Quito (f. 97v). Por otra parte, entre los autos aparece la certificación emitida el 7
de marzo por Fray Manuel Rizo, del Sagrado Orden de San Juan de Dios y Doctor en medicina, Ministro
Notario del Santo Oficio y Prior del Convento hospital de Santa Catalina, en la que certifica sobre la en-
fermedad de Gabriela y su fallecimiento: «Certifico […] como ahora meses, el suplicante bajó a este Santo
hospital, una criada nombrada Gabriela Maruri, para que se le asistiere de una apostema interior y fiebre,
pagando un peso por cada un día, y examinándola yo, el día que entró del tiempo que padecía dicho acci-
dente, y la causa de que le provino, me dijo que la causa fue que un día despachaba por su ama que fue doña
Mariana Días, a vender con un frasco de chicha, pegó una caída sobre una Alfajía y quebró el frasco, y que
desde ese entonces había sentido dolor en los pechos; y al quinto día de estar en el hospital una tarde vino la
dicha doña Mariana a visitarla, y oyendo ya unos gritos en el cuarto de la enferma, bajé y me encontré que
los gritos era de la enferma, la que decía que cuando salió del poder de su ama, estaba buena y sana, y que la
enfermedad la había contraído en poder del que lo era actual, y que todo lo decía para descargo de su con-
ciencia, y hallándola […] me pareció delirio de la enferma, como así se lo previne a uno de los escribanos de
esta ciudad don Gaspar (f. 131r) Medina, a quien la dicha señora había mandado llamar para que certificase
lo que la criada decía y que dejasen a la criada sola, y sosegar para mejor reconocerla; pero de esto no hubo
lugar por haberla sacado prontamente a la calle y murió al otro día, que es cuanto puedo certificar», ANE,
Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 131v.
147
En base al poder judicial otorgado por don Casimiro Moreira al procurador de causas de núme-
ro, don Juan Manuel Mosquera, dado el 18 de marzo de 1778 (ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6
(Guayaquil 1777), f. 98r-v) y al poder de doña Mariana Días del Pedregal al procurador don Francisco Xa-
vier Barbosa, dado el 25 de abril de 1778 (ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f.
100r-v). Ambos procuradores se sustituyen a los originalmente indicados en dichos instrumentos.
148
Ante lo cual, las autoridades de la Real Audiencia de Quito decretaron que se despache Real Pro-
visión compulsoria y de emplazamiento: «En la ciudad de San Francisco de Quito en 3 días del mes de abril
de 1778 años. En Audiencia pública de relaciones, ante los señores Presidente y Oidores de ella, don Nicolás
Vélez de Guevara, y […] el Conde de Cumbres Altas, y don Joseph Cabeza Enríquez, Oidores, se presentó
esta petición. Los dichos SS. Proveyeron el decreto de uso, siendo juez semanero dicho Sr. Conde de Cum-
bres Altas, quien lo rubricó. (firma León)» (f. 99v). Dicha Real Provisión se emitió el 4 de abril de 1778,
226 Juan Carlos Prado Rodríguez
cuya parte dispositiva establece (en nombre del monarca Carlos III): «Decisión. En cuya conformidad fue
por los dichos mi Presidente y Oidores acordado, que debían mandar dar ésta mi Carta y Provisión Real
de emplazamiento, para Vos y cada uno de Vos, en la dicha razón; Yo lo he tenido por bien; por la cual, os
mando, que siendo con ella requerido, por parte de don Casimiro (f. 104r) Moreira vecino de dicha ciudad,
veáis el Decreto, dado y proveído en la referida Real Audiencia, por los dichos mi Presidente y Oidores de
ella, que aquí va inserto; el cual, lo guardéis, cumpláis, y ejecutéis; y hagáis guardad, cumplir y ejecutar en
todo y por todo, según y cómo en él se contiene y declara. Y mediante a la observancia de lo literal de su
sentido, haréis, se le notifique lo contenido en esta Real Provisión a doña María Ana Días del Pedregal, ve-
cina de esa sobredicha ciudad, en su persona, pudiendo ser sabida; donde no ante las puertas de las casas de
su morada diciéndoles y haciéndoles saber a su marido, hijos o criados, si los hay o tiene, o sus vecinos más
cercanos, para que se lo digan, y hagan saber, y de ello no pretenda ignorancia diciendo que no lo supo; y
que dentro de veinte días, que es el término de la Ordenanza de esa citada ciudad, cumplidos primeros, y
siguientes que corren, y se cuentan desde el día de la tal notificación, en adelante; venga y parezca en la ex-
presada (f. 104v) Real Audiencia, por sí o su Procurador conferido, bien informado e instruido, con poder
bastante, a tomar traslado de lo pedido, he intentado por el referido don Casimiro de Moreira; que si dentro
del mencionado término pareciere, los dichos mi Presidente, y Oidores, le oirán, y guardarán justicia, y de
lo contrario, si pasado este, y no compareciendo como va dicho; oirán a la parte del susodicho, lo que decir
y alegar quisiere, entendiéndose en su ausencia y rebeldía habida por presencia; llevándose la causa adelante
hasta la sentencia de revista inclusive, y tasación de costas, si las hubiere; sin la más estas, llamar ni empla-
zar; que para todo lo que dicho es, y especial estación se requiere por la presente; la insto, llamo, y emplazo
perentoriamente; y le señalo, y he por señalados los Estrados Reales, de la dicha mi Real Audiencia, donde
se harán y notificarán todos los autos, sentencias, citaciones, y demás diligencias, y le pasará tanto perjuicio,
como si en su propia persona fuesen hechos y notificados. Todo lo cual así (f. 105r) hacéis y cumpliréis, los
unos y los otros, sin hacer otra cosa en contrario; so pena de mi merced, y de quinientos pesos de buen oro
para mi Cámara. Hecha en esta ciudad de San Francisco de Quito, en cuatro de abril de mil setecientos se-
tenta y ocho años. Yo don Antonio Ponce de León Secretario de Cámara y Gobernador del Rey, vista la hice
escribir por su mando y con acuerdo de su Presidente y Oidores. Rey. Chanciller. Don Luis de la Puerta y
Zelada», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 105v.
149
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 101r. En la fecha mencionada
y en Audiencia de Relaciones, la autoridad decretó que se mande como pide el procurador Barbosa. Por lo
que el día siguiente, el escribano Osorio notificó la petición y el decreto antes mencionado al procurador
Mosquera, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 101v.
150
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 114r.
151
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 114r.
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 227
va habría contraído en poder de la vendedora 152; y los vicios de cimarrona y ladrona que
aparecen justificados en su demanda 153.
Todo lo cual se agrava, según Mosquera, si se considera la costumbre que tiene
Días de vender esclavos viciosos, como resulta del otro pleito ya decidido por la misma
autoridad, y otro que tiene en acto en Guayaquil, pues afirma «el derecho enseña que
repetirá el mismo delito y se debe presumir lo repite el que una vez lo ejecutó» 154.
Llegado el año de 1779, en un escrito actuado el 23 de febrero, Mosquera mani-
fiesta que ha pasado tiempo desde que solicitó el apremio de Barbosa para que responda
a los agravios manifestados, pero hasta la fecha no se ha pronunciado 155; y en un escri-
to actuado el 10 de marzo solicita que se mande a que los autos «se traigan a relación
definitiva» 156, no admitiéndose que se presenten más escritos, por lo que también acusa a
la contraparte en rebeldía 157. Finalmente, el 8 de julio del año de 1779, la Real Audien-
cia pronuncia sentencia de revista en grado de apelación:
152
Respecto a la retracción que hizo la esclava en fin de vida observa: «[…] De modo que las leyes,
la autoridad de los DD. y la razón natural, persuaden este punto y hacen ver ser despreciables y obtenidas
por sugestión y engaño la retracción, cuando además consta lo cierto del golpe, y que este era causa bastante
para la enfermedad que se padecía», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 117v.
153
A este respecto observa: «Los otros capítulos de fuga y hurtos, como el defecto de las condiciones,
contribuyen para mayor razón de la redhibitoria. Sobre ellos me remito a lo que dicen los testigos […], y
pongo presente a V. A., que aunque en Guayaquil se tomó el efugio de alegar que la vendedora ignoró es-
tos vicios y enfermedad, esto no puede ser, y aunque fuera, el derecho decide (f. 117v) que aunque el ven-
dedor lo ignore tiene lugar la redhibitoria. Y aunque el hurto hecho al señor no se tuviera por bastante para
la redhibitoria, esto se limita que se aseguró su bondad, como aquí sucedió pues doña Mariana afirmó de
esta esclava, y lo persuade el precio de cuatrocientos y setenta pesos, pues nadie da tanto dinero sino por
una esclava muy recomendable y de cualidades excelentes, pues cuando se compra a todo riesgo, este peli-
gro rebaja la estimación, y no son de aprecio para tales costos las cláusulas que los escribanos ponen por se-
guir los formularios y el estilo, como sienten los DD. debiéndose en tales circunstancias estar a lo que re-
sulta probado y es verosímil en el contrato, como se debe estar a la verdad probada prescindiendo de ápices
y defectos de substancias, cual es no haberse puesto desde el principio el capítulo de ladrona, y agregado se
después, porque entonces se sabría», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 118r.
154
El escrito de agravios de Mosquera fue actuado en la fecha mencionada, siendo juez semanero
don Joseph Cabeza Enríquez, quien lo rubricó; fue notificado el 30 de junio a Barbosa (f. 118v). En con-
secuencia, en un escrito actuado el 7 de julio, Barbosa solicita que se le amplíe el plazo en un mes para res-
ponder al traslado del escrito de agravios; dicha solicitud la justifica por las múltiples ocupaciones que se le
han acumulado como Prefecto (f. 121r). Ante lo cual, en Audiencia Pública de Relaciones, por decreto se le
concedieron quince días para responder, siendo el juez semanero que rubricó el decreto, don Nicolás Vélez,
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 121v.
155
Por cuya razón solicita mandar que el Teniente ejecute dicho apremio (f. 119r). Ante lo cual, en
Audiencia de Relaciones, los señores Presidente y Oidor de ella, El Conde de Cumbres Altas y el Licencia-
do Juan Josef de Villaverdosa, decretaron en la fecha mencionada que se provea a dicha petición, siendo el
primero de ellos quien rubricó dicho decreto (f. 119v). En otro escrito el mismo Mosquera manifiesta que
el procurador de la contraparte no ha pagado los derechos de tiras de la causa, por lo que pide su apremio (f.
120r). Y en Audiencia de Relaciones se decretó el 12 de marzo dicho apremio, siendo el Conde de Cumbres
Altas quien rubricó dicho decreto, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 120v.
156
ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 122r.
157
Ante lo cual, en la fecha mencionada y en Audiencia de Relaciones, los señores Presidente y Oi-
dores de ella, don Josef García de León y Pizarro, del Consejo de S.M. y Presidente Regente de la Real Au-
diencia, y el Conde de Cumbres Altas como Oidor, decretaron que se traigan los autos para definitiva, con
citación de las partes, siendo este último quien rubricó el decreto (f. 122v). En consecuencia, el escribano
Bustamante, el 11 de marzo notificó dicho decreto y citó a los procuradores Juan Manuel Mosquera y Fran-
cisco Xavier Barbosa, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 122v.
228 Juan Carlos Prado Rodríguez
I. Suplicación
Este dictamen determinó que Mosquera, en un escrito actuado el 19 de julio, con-
sidere como dicho auto le haya ocasionado un grave perjuicio a su parte, por lo que soli-
cita que se le admita una súplica para que la autoridad se sirva reformar su sentencia, ale-
gando lo que no pudo; para lo cual pide se le entreguen los autos de la causa 160.
Por su parte, en un escrito actuado el 8 de octubre, Barbosa responde al traslado
del escrito de súplica, y considera ser inútil e ineficaz cualquier prueba que produjera la
contraparte en esta ulterior instancia, pero que, a pesar de causarle molestias y relevan-
tes gastos a su parte por las costas del juicio, se le confisquen los autos al suplicante para
poder fundamentar cualquier alegación que este hiciere 161.
V. Observaciones conclusivas
El juicio redhibitorio en consideración deja entender como dicha acción fue
ampliamente utilizada en la praxis jurídica del siglo XVIII, según las connotaciones pro-
pias del Derecho Romano y castellano, sobre todo, de las Siete Partidas (ius commune);
fue actuado por el escribano Bustamante el 11 de julio (f. 147v). Asimismo, en otro escrito actuado el 24 de
julio, el mismo Barbosa observa como Mosquera no ha cumplido con dicha obligación, por lo que solicita
que se le saquen prendas equivalentes al importe debido (f. 148r); ante lo cual, en la fecha mencionada y en
Audiencia de Relaciones los señores Presidente y Oidor decretaron que se le saquen dichas prendas, siendo
el mismo Conde de Cumbres Altas quien rubricó el decreto ante el secretario de Cámara y Gobierno, Anto-
nio Ponce de León, ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 148v.
166
«[…] proveyeron y firmaron el auto desuso los señores Presidente y Oidor de esta Real Audien-
cia, estando en la Sala del Real Acuerdo de Justicia de ella dicho Conde de Cumbres Altas oidor Decano, y
el Dr. don Fernando Cuadrado, Oidor en esta ciudad de San Francisco de Quito en 16 días del mes de sep-
tiembre de 1780 años, ante el Secretario de Cámara y Gobierno don Antonio Ponce de León», ANE, Serie
Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 148v.
167
En Audiencia de Relaciones y en la fecha mencionada, los señores Presidente y Oidor de ella de-
cretaron «Hágase como se pide con citación, y hecha la traslación tráiganse los autos para tasar el honorario
y salario del Procurador» (f. 149v); fue el Dr. Cuadrado en calidad de juez semanero que rubrico dicho de-
creto (f. 149v). En consecuencia, el 25 de octubre el escribano notificó el decreto a Mosquera (f. 149v); y en
su cumplimiento se procedió a tasar las costas respectivas (f. 149v): «Vistos los autos formo en la manera si-
guiente: Primeramente al Relator por vente y una hojas llenas a real…2,,5. Por la del frente…2,,5. (f. 149v).
Al relator por la mitad de la relación de vista, le tocan…6,,1½. Al escribano de Cámara por las tiras en di-
cha segunda instancia por f.22, llenas y un auto rubricado…3,,1. Por seis notificaciones a tres reales…2,,2.
Por dos traslados a cuatro reales…1. Por dos apremios a cuatro reales…1. Por el papel gastado en sus pedi-
mentos…2. Por la Real Provisión que se ha de despachar regulada en f.18, de estas se rebajan cuatro, por
haberse insertado la sentencia dada por el Alcalde Ordinario de Guayaquil, y por la súplica concedida, y solo
se cargan las catorce que importa con el real sello…10,,3. Por los derechos de esta tasación….6½. Suman
y montan las partidas de esta tasación (…29,6) los nominados veinte nueve pesos y seis reales, como pare-
ce de la suma del margen, salvo error de suma o pluma. La cual se ha hecho conforme a arancel, y práctica
de esta Real Audiencia de Quito 10 de noviembre de 1780. Firmado Manuel Vallano y Cuesta» (f. 150r).
Por último, el 12 de noviembre se decretó: «Regule el honorario del Abogado que defendió la causa de doña
Mariana Días del Pedregal en la redhibitoria de la esclava Gabriela Maruri intentado este juicio por don Ca-
simiro Moreira en 16 pesos y el salario del procurador en 10 pesos por los diez escritos que constan en los
autos», ANE, Serie Esclavos, Caja 8, Expediente 6 (Guayaquil 1777), f. 150r.
La acción redhibitoria en el ius commune de la Real Audiencia de Quito 231
en efecto, las partes siempre argumentaron sus diversas posturas en base a las Partidas y
a la doctrina castellana de Hevia Bolaños plasmada en su Curia Philippica.
El proceso se desarrolló según las fases propias de la época; así, ante la demanda
inicial siguió la contestación de la contraparte, para llegar, después de la réplica y dúpli-
ca, a la fase central del proceso, caracterizada por la presentación y publicación de prue-
bas, todas evidenciadas en las certificaciones médicas y en las declaraciones de los testi-
gos presentados por las partes.
El fallo fue contrario en admitir la redhibitoria en favor del comprador de la escla-
va, el cual, sin embargo, no contiene una motivación sobre las razones jurídicas que lo
determinaron, ya que solo se menciona que el «actor demandante no ha probado bien
y cumplidamente su acción y demanda», y que la «rea demandada, ha justificado sus
excepciones, y defensas»; inclusive, en las instancias siguientes al fallo, es decir, en la
apelación y en la súplica, la resolución de las autoridades de la Real Audiencia de Quito
fue la de respetar el fallo inicial emitido por la justicia ordinaria de Guayaquil.
A pesar de que la esclava evidenció padecer una apostema interior que determinó
su muerte durante las primeras fases del juicio, este hecho no pudo prevalecer para que el
comprador vea reconocida su demanda de redhibitoria. En este sentido, tal vez las razo-
nes que llevaron a su inadmisión, radicó en el plazo para admitir dicha acción.
En efecto, el fundamento de la demanda del actor era el de considerar la redhibi-
toria susceptible de aplicación desde el momento en el que el comprador tenía conoci-
miento del vicio en el esclavo, independientemente si habían pasado los seis meses con-
cedidos por la ley. Sin embargo, la vendedora consideraba, por el contrario, que el dere-
cho a la redhibitoria corre desde el momento mismo de la conclusión del negocio, siem-
pre y cuando el vendedor tenga conocimiento de los vicios del esclavo, pero si los igno-
ra, prescribe tal derecho a los seis meses de concluida la compraventa.
Estas circunstancias resaltan el carácter ambiguo de la normativa de las Partidas y
de la misma doctrina castellana sobre el tema del plazo para la redhibitoria, al contrario
que en el Derecho Romano, donde el mismo empezaba a correr desde el momento de la
conclusión del negocio de compraventa.
Documentos jurídicos de esta dimensión histórica son ejemplo del inestimable
patrimonio que poseen los archivos históricos del Ecuador, y evidencian como la esencia
de la romana acción redhibitoria se mantuvo, casi del todo inalterada, a través del Dere-
cho castellano en la praxis forense en los territorios de Ultramar, y gracias a su legado se
plasmaron también en las codificaciones civiles del siglo XIX 168.
168
El Código civil ecuatoriano vigente estableace aún las nomas sobre la responsabilidad de los ven-
dedores por los vicios ocultos en las cosas vendidas, entre otros, en sus artículos 1797 y 1806. Sobre la pro-
tección del comprador por los vicios ocultos en las cosas vendidas en el Derecho moderno vid. J. Oviedo
Albán, La protección del comprador ante los vicios ocultos de la cosa entregada: del Derecho Romano a los ins-
trumentos contemporáneos sobre contratos, en Revista de Derecho de la Pontificia Universidad Católica de Val-
paraíso, XLIII, Valparaíso, 2014, 221-235.
37
ISSN-1125-7105
ROMA E AMERICA.
universalismo.
L’origine eurasiatica, e quindi mediterranea, del diritto romano rafforza l’esigenza del
confronto con le grandi realtà geopolitiche continentali (in primo luogo la Repubblica
Popolare Cinese), intercontinentali (il BRICS) e con gli altri grandi sistemi giuridici
37/2016
(in primo luogo il diritto musulmano).
Con il contributo di
MUCCHI EDITORE
MUCCHI EDITORE