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Compendio Di Geografia Umana+Geografia Fisica - Watermark

Geografia riassunto manuale
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Programma di Geografia Umana - Corso di laurea in Lettere - A.A.

2021/2022

COMPENDIO DI GEOGRAFIA UMANA


Capitolo 1: Introduzione alcune nozioni di base
Capitolo 2: Interazione spaziale e comportamento spaziale
Capitolo 3: La popolazione: modelli mondiali e tendenze regionali
Capitolo 4: Le radici e il significato della cultura
Capitolo 7: Strutture economiche territoriali: attività primarie
Capitolo 8: Mezzi di sussistenza ed economia dai colletti blu ai colletti d’oro
Capitolo 10: Sistemi urbani e strutture urbane
Capitolo 11: L’organizzazione politica dello spazio
Capitolo 12: L’impatto umano sui sistemi naturali

GEOGRAFIA FISICA
1) Per lo studio della carta topografica da scegliere liberamente tra quelle caricate cfr.:
Aversano-Leggere le carte geografiche di ieri e di oggi-Il mondo delle carte geografiche.
2) Studiare le pagine dedicate alla tettonica delle placche caricate su Teams.
3) Studiare le pagine dedicate alla idrosfera continentale caricate su Teams.

LETTURE CONSIGLIATE:
- «Introduzione» tratto dal volume «Le nuove migrazioni» di Catherine Wihtole de Wenden (caricato
sulla piattaforma Teams)
- «La complessa cartografia dei fenomeni liquidi: la geografia del land grabbing»; scaricabile dal seguente
link http://hdl.handle.net/10077/29826 dal titolo: «Il fenomeno della Land concentration nell’Unione
europea» e «La concentrazione aziendale dei sistemi agricoli europei», entrambi caricati su teams

PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE I FENOMENI VULCANICI IN CAMPANIA:


Dall’Atlante dei Tipi Geografici disponibile on line alla pagina (https://www.igmi.org/italia-atlante-dei-tipi-
geografici/consulta-latlante) leggere:
- Cartografia ufficiale dell’Istituto Geografico Militare di ANDREA CANTILE, Istituto Geografico
Militare disponibile alla pagina (https://www.igmi.org/italia-atlante-dei-tipi-
geografici/++theme++igm/atlante_tipi_geografici/pdf/cartuff.pdf)
- Vulcani attivi: il Vesuvio di FILIPPO RUSSO, Università degli Studi di Napoli Federico II disponibile
alla pagina (https://www.igmi.org/italia-atlante-dei-tipi-
geografici/++theme++igm/atlante_tipi_geografici/pdf/64.pdf)
- I Campi Flegrei e Ischia di FILIPPO RUSSO, Università degli Studi del Sannio disponibile alla pagina
(https://www.igmi.org/italia-atlante-dei-tipi-
geografici/++theme++igm/atlante_tipi_geografici/pdf/67.pdf)
COMPENDIO DI GEOGRAFIA UMANA
CAP.1 INTRODUZIONE: ALCUNE NOZIONI DI BASE
Da descrizione: ghè ghès (=terra) e graphè (= a interpretazione)
LA GEOGRAFIA UMANA: studia come le popolazioni, le culture, le società e le economie con le loro
manifestazioni materiali (città, strade, campi, fabbriche) si diversificano nello spazio terrestre, in relazione
al variare delle condizioni ambientali e storiche.
Il metodo geografico distingue tre caratteristiche essenziali:
1. La distribuzione spaziale;
2. relazione tra l’uomo e l’ambiente;
3. sintesi regionale.
LO SPAZIO
Lo spazio denota un’estensione della superficie terrestre di dimensioni non definite.
Abbiamo diversi concetti di spazio in geografia:
1. Spazio assoluto;
2. Spazio relativo;
3. Spazio relazionale o sistemico (costruzione sociale);
4. Spazio percepito (umanistico e social radicale).
LO SPAZIO ASSOLUTO
Entità geometrica le cui dimensioni, distanze, direzioni e contenuti possono essere definiti e misurati con
precisione con la metrica corrente. È lo spazio delle normali carte geografiche dove ogni oggetto ubicato,
ogni luogo, ogni regione trovano una loro esatta collocazione.
LO SPAZIO RELATIVO
Uno spazio le cui proprietà variano a seconda dei contenuti, cioè dei fenomeni che vi si svolgono
SPAZIO TEMPO SPAZIO COSTO SPAZIO OPPORTUNITA’
Nell'analisi geografica, non è importante soltanto la localizzazione degli oggetti e dei fenomeni nello spazio,
ma anche (e soprattutto) le relazioni tra questi.
LO SPAZIO RELAZIONALE
Lo spazio geografico è anche uno spazio «relazionale», dove le relazioni possono essere di diverso tipo:
- Relazioni orizzontali (interazioni spaziali): scambio e flussi di beni, persone, informazioni tra
diversi luoghi geografici;
- Relazioni verticali: tra gli oggetti geografici e l'ambiente, oppure tra i soggetti/attori e i luoghi;
- Relazioni materiali (merci, persone, infrastrutture);
- Relazioni immateriali (informazioni, idee, emozioni).
Possiamo valutare lo spazio che ci circonda attraverso: UBICAZIONE, DIREZIONE e DISTANZA.
L’UBICAZIONE può essere ASSOLUTA /matematica (coordinate) oppure RELATIVA, ossia la posizione di un
luogo in relazione a quello di altri luoghi.
La DIREZIONE può essere ASSOLUTA (punti cardinali) o RELATIVA (es. vicino/estremo oriente).
La DISTANZA può essere ASSOLUTA (separazione spaziale tra due punti sulla superficie terrestre misurata in
km/m) o RELATIVA (trasforma misurazioni lineari in altre più significative es. distanza in termini di tempo).
SCALA: tecnicamente rapporto di riduzione. Possiamo eprò studiare un fenomeno (es. la popolazione o
l’agricoltura) su scala: locale, regionale o mondiale.
PAESAGGIO NATURALE: contesto dove si svolge l’azione umana.
PAESAGGIO CUKTURALE: manifestazione dell’attività umana.
Ubicazione + distanza relativa conducono all’interazione spaziale: Tobler 1° legge della geografia “ogni cosa
è correlata a ogni altra cosa, ma le cose vicine sono più correlate tra loro di quelle lontane”. Per cui,
l’interazione tra i luoghi dovrebbero perdere intensità all’aumentare della distanza tra di essi=
decadimento con la distanza. La considerazione della distanza comporta la valutazione dell’accessibilità,
che evoca l’idea di connettività. La globalizzazione comporta l’aumento dell’interconnesione fra popoli e
società in tutte le parti del mondo.
La DISTRIBUZIONE SPAZIALE può essere analizzata sulla base degli aspetti:
 DENSITÀ, misura in n° della quantità di un elemento interno a un’unità areale. Quindi è un computo in
relazione allo spazio in cui si trovano. Densità numerica: relazione assoluta. Densità fisiologica: misura
del numero di persone per unità di superficie di terra coltivabile.
 DISPERSIONE, distanza tra gli elementi. Possono essere: accentri/agglomerati o dispersi/sparsi.
 Modello di DISTRIBUZIONE, disposizione degli elementi. Può essere; lineare, irregolare o a
centuriazione, cioè l’organizzazione a scacchiera del terreno agricolo di età romana.
Non possono esistere due luoghi identici, ma somiglianze che ci inducono a pensare che ci sia una
regolarità spaziale, così definiamo le REGIONI: zone della terra che mostrano elementi significativi di
uniformità interna e differenza esterna rispetto ai terreni circostanti. Le regioni sono espedienti artificiali
perché son costrutti mentali. Tipi di regione:
1) REGIONE FORMALE O UNIFORME: caratterizzata da un’uniformità di caratteristiche fisiche e culturali o
politiche. All’interno delle quali vigono in alcuni settori una legge e un’amministrazione uniformi.
2) REGIONI FUNZIONALE O NODALE: le sue parti sono interdipendenti, possiede un’unità non in termini di
contenuto statico, ma di connettività operativa.
3) REGIONE PERCETTIVE: riflettono sensazioni es. la Ciociaria.
CAP.2 INTERZIAONE SPAZIALE E COMPORTAMENTO SPAZIALE
L’INTERAZIONE SPAZIALE indica il movimento di popolazioni, idee e prodotti all’interno delle aree
geografiche e fra di esse. Il geografo Edward Ullman indagò sulle condizioni essenziali che influenzano tali
interazioni e propose un modello. Osservò che l’interazione è governata da 3 fattori:
1. Complementarietà, perché due luoghi interagiscono, l’uno deve avere ciò che l’altro desidera.
Anche quando esiste complementarietà l’interazione si verifica soltanto quando vengono soddisfatte le
condizioni di
2. Trasferibilità, quando i costi di uno scambio risultino accettabili. La trasferibilità esprime la modalità di
un bene e varia in funzione di tre condizioni:
i. Le caratteristiche e il valore del prodotto;
ii. La distanza misurata in termini di incidenza di tempo e denaro;
iii. La capacità del bene di reggere i costi di trasporto.
Se i costi sono troppo elevati lo scambio non avviene.
3. L’opportunità interposta è improbabile che un acquirente acquisti dei beni identici a distanza, se ha a
disposizione un’offerta vicina più conveniente. Decadimento con la distanza.
IL MODELLO GRAVIDAZIONALE
Henry C. Carey applicò la legge della gravità di Newton alle azioni degli umani: le cose di grandi dimensioni
si attraggono reciprocamente più di quanto non facciano gli oggetti di piccole dimensioni (hanno più
capacità gravitazionale), che le cose vicine hanno una attrazione più forte rispetto agli oggetti più lontani.
Egli ipotizzò che l’interazione fra due luoghi può essere calcolata sostituendo alla massa fisica nel modello
gravitazionale le dimensioni della popolazione, mantenendo la componente della distanza.
L’interazione diminuisce all’aumentare della distanza dei luoghi e aumenta al crescere delle dimensioni.
Le grandi città esercitano una maggiore attrazione.
Questa teoria fu ripresa da William J. Reilly che con la LEGGE DI GRAVITÀ DEL COMEMRCIO AL DETTAGLIO
determinò l’ammontare relativo di commercio al dettaglio che due città richiamerebbero da un luogo
intermedio in prossimità del punto di rottura.
La LEGGE DI RELLY afferma che due città richiameranno commerciò da località intermedie in maniera
direttamente proporzionale alla popolazione delle due città e inversamente proporzionale alla distanza
rispetto al luogo intermedio.
I PUNTI DI ROTTURA tra due città è definito come il punto fino al quale una città esercita la propria
influenza sul controllo del commercio al dettaglio e altre il quale è l’altra città a dominare.
I FATTORI DI MOVIMENTO
Il fattore della distanza favorisce i brevi spostamenti rispetto a quelli lunghi-.
Il fattore della direzione i flussi sono determinati da luoghi che fanno maggiore capacità di attrazione
rispetto ad altri. Esso in parte è un riflesso del fattore di rete (serie di strade e luoghi da esse collegati), la
presenza di canali di connessione influisce sulla probabilità che avvenga l’interazione spaziale.
MOBILITÀ: tutti i tipi di movimento dell’uomo sul territorio; due aspetti di esso:
1. utilizzo dello spazio, i tragitti per recarsi nei negozi, al lavoro non comportano l’idea di trasferimento;
2. a lungo termine legato alle decisioni di lasciare permanentemente la terra di origine per trovare
residenza in una nuova ubicazione, MIGRAZIONE.
I paesi, come i gruppi, tracciano intorno a sé dei confini e dividono lo spazio in territori che vengono difesi.
Territorialità→ attaccamento emotivo alla propria terra e la difesa di essa- spiegazione a azioni dell’uomo.
Ciascuno di noi reclama come SPAZIO PERSONALE la sua zona di vita privata e di separazione dagli altri.
I tipi di spostamento che gli individui compiono dipendono da tre variabili:
1. Stadio della vita, età;
2. Mobilità o capacità di viaggiare, ricco o povero;
3. Opportunità, se non ci sono negozi o scuole le aspettative e le opportunità sono limitate.
Il TEMPO limita le scelte spaziali. I nostri limiti spazio-temporali possono essere rappresentati da un prisma
spazio-temporale: le dimensioni e la forma del prisma sono determinate dalla nostra mobilità; i suoi confini
determinano ciò che possono e non possiamo compiere nello spazio o nel tempo.
La frequenza degli spostamenti tende a diminuire molto rapidamente oltre la DISTANZA CRITICA di un
individuo, ossia quella oltre la quale il costo, la fatica e i mezzi incidono fortemente sulla propensione a
spostarsi. Le distanze critiche sono diverse per ciascun individuo. Nel caso dei FLUSSI INFORMATIVI lo
spazio assume un significato diverso rispetto a quello della movimentazione delle merci. Non implica
necessariamente le rilocalizzazioni fisiche. Le tecnologie hanno condotto alla convergenza lo spazio-tempo
della comunicazione. I flussi di informazione sono di due tipi:
1. Gli scambi individuali;
2. Comunicazione di massa che possono essere FORMALI (necessita di un canale radio/telefono per
trasmettere il messaggio) o INFORMALI (non necessita di alcun veicolo).
Ciascun individuo sviluppa un CAMPO delle comunicazioni personali, ciascuno scambio interpersonale
costituisce un legame nel campo delle comunicazioni personali dell’individuo.
Comunicazioni di MASSA: trasmissione di informazioni per cui vi sono pochi emittenti e molti destinatari. I
mass media da singoli punti di origine trasmettono messaggi attraverso la stampa, la radio, la tv, l’internet;
ha potenziali destinatari all’interno di un’area geografica definita.
Gli individui si formano salde impressioni di luoghi che essi non hanno affatto conosciuto di persona ed esse
possono influenzare le decisioni di interazioni. I rischi naturali o eventi nell’ambiente fisico che non sono
causati dagli esseri umani, ma possono avere conseguenze dannose su di essi.
LA MIGRAZIONE-lo spostamento, permanente o a lungo termine, del luogo di residenza e uno dei tempi
durevoli della storia umana. Essa ha contribuito alla mescolanza di popoli e culture nelle varie aree del
mondo. negli ultimi decenni sono divenuti elemento di preoccupazione visto che incidono sulle strutture
economiche. Le decisioni di migrazione di massa e individuali possono essere l’espressione di relazione
pratiche alla povertà, alla rapida crescita demografica, al deterioramento ambientale o ai conflitti
internazionali e alle guerre civili.
Nel 2017, 253 milioni di individui vivano in un paese diverso da quello di nascita e la migrazione si conferma
oggi un problema sociale, economi e politico di primaria importanza.
Una migrazione non completamente volontaria -una risocializzazione indotta- di circa 8 milioni di
indonesiani ha avuto luogo a seguito di un’energetica campagna, indetta dal governo a partire dal 11969,
finalizzata a trasferire la popolazione da Giava, densamente abitata ad altre isole e territori del paese.
La grande maggioranza dei movimenti migratori è volontaria: rappresenta la risposta individuale ai fattori
che influenzano tutte le decisioni di interazione spaziale. Le migrazioni hanno luogo perché i migranti
ritengono che le loro opportunità di vita saranno migliori nella loro ubicazione di partenza.
FATTORI DI SPINTA: condizioni negative del luogo di origine che incoraggiano la decisione di migrare, fra
essi: disoccupazione, mancanza di opportunità, sovraffollamento, oltre la povertà.
FATTORI DI ATTRAZIONE: le presumibili condizioni positive del luogo di destinazione, di essi: sicurezza, cibo,
opportunità lavorativa, clima migliore.
L’UTILITÀ LOCALE rappresenta il livello di soddisfazione percepito da un soggetto rispetto a una data
ubicazione residenziale.
La decisione di migrare è un effetto di come il potenziale migrante valuta l’attuale luogo d’origine in
riferimento ad altri siti dei quali conosce qualcosa. Se le circostanze attuali vengono considerate
soddisfacenti allora la ricerca spaziale non ha inizio. Se, invece di avverte una insoddisfazione rispetto al
luogo d’origine, allora di assegna un’utilità a ciascuna delle destinazioni possibili.
La MIGRAZIONE GRADUALE implica il passaggio da una residenza in città centrale, attraverso una serie di
cambiamenti della fattoria al paese, alla periferia, alla grande città.
La MIGRAZIONE A CATENA parte da un’origine e si dirige verso una meta segue una seconda migrazione e
altre successive, che hanno origine nella stessa regione e sono spesso unite da legami di parentela.
La CONTROMIGRAZIONE (o migrazione di ritorno), ossia la probabilità che più o meno un quarto di tutti i
migranti ritornino nel luogo d’origine.
MIGRAZIONE CANALIZZATA
MIGRAZIONE GERARCHICA: individui in spostamento salgono di grado nella gerarchia urbana, passando da
luoghi di minore dimensione a luoghi di maggiore dimensione.
Anni 70’-80’ dell’800 E.G. Ravenstein formalizzò le “leggi della migrazione”
1. La maggior parte dei migranti percorre solo una breve distanza;
2. La migrazione a lunga distanza favorisce le mete verso le grandi città;
3. La maggior parte delle migrazioni procede passo per masso;
4. La maggior parte delle migrazioni ha luogo dalla campagna verso la città;
5. Ciascun flusso migratorio produce un contro flusso;
6. La maggior parte dei migranti è costituita da adulti;
7. La maggior parte dei migranti è costituita da giovani di sesso maschile, oggi meno valida perche le
donne e le ragazze costituiscono il 40% e il 60 % di tutti i migranti a livello mondiale.
CAP.3 LA POPOLAZIONE MODELLI MONDIALE E TENDENZE REGIONALI
La geografia della popolazione fornisce gli strumenti per analizzare l’ampiezza della popolazione, la
distribuzione degli individui in base all’età e al sesso che insieme alla fertilità, alla mortalità, alla densità
abitativa e al tasso di crescita, sono influenzati dall’organizzazione- e allo stesso tempo influenzano
l’organizzazione- di una società. Attraverso i dati demografici possiamo comprendere come vivono gli
abitanti di un’area, come possono interagire gli uni con gli altri.

LA CRESCITA DEMOGRAFICA
La popolazione mondiale negli ultimi decenni è sempre in crescita. Alcuni osservatori affermano che,
nonostante l’attuale ampiezza della popolazione o anche quella ragionevolmente prevedibile per il futuro,
la capacità di adattamento degli esseri umanai non verrà mai messa a dura prova. Altri invece dichiarano
che un veicolo limitato non sarà in grado di trasportare un numero di passeggeri in continuo aumento.
Essi, nel pronosticare i limiti che verranno posti alla crescita demografica citano le allarmanti condizioni di
inquinamento, esaurimento di risorse minerarie ecc.
Su scala globale, la tendenza demografica segue un’unica direzione: il numero delle nascite supera quello
dei decessi.

IL TASSO GENERICO DI NATALITÀ rappresenta il numero di bambini nati nell’anno considerato, ogni 1000
individui. Un paese che registra 2 milioni di abitanti e 4000 nascite all’anno avrà un tasso generico di
natalità del 20%.
Il tasso di natalità è influenzato dalla struttura per età e per sesso della sua popolazione, dalle dimensioni
della famiglia ritenuta ideale e dalle politiche adottate. Poiché tali condizioni sono soggette a variazioni il
tasso di natalità varia per area geografica. Il tasso di natalità è soggetto a variazioni.
La sua riduzione è attribuita all’industrializzazione, all’urbanizzazione e all’invecchiamento della
popolazione ma soprattutto strettamente connessa allo sviluppo economico. Nell’insieme, gli Stati
economicamente più avanzati hanno registrato un tasso di 11% nei primi anni del XXI sec. mentre quelli
economicamente meno avanzati il 27%.
Anche le questioni religiose e politiche possono incidere sul tasso di natalità. Il fatto che la maggior parte
delle tradizioni religiose proibiscano l’utilizzo di tecniche artificiali per il controllo delle nascite produce un
elevato tasso di natalità.
L’Italia possiede uno dei tassi di natalità più bassi al mondo. Alcuni governi europei- preoccupati che il tasso
di natalità sia troppo modesto per rimpiazzare le generazioni precedenti sovvenziono le nascite nel
tentativo di ampliarlo.

IL TASSO DI FECONDITÀ
Il tasso generico di natalità può presentare variazioni regionali a causa delle disparità statistiche provocate
dal fatto che esso viene calcolato sul totale della popolazione, anziché su quella in età riproduttiva. Il tasso
viene appunto denominato “generico” nel suo denominatore confluiscono anche coloro che non hanno
possibilità di procreare.
Il tasso di fecondità totale rappresenta un indicatore più preciso visto che esprime la capacità riproduttiva
delle donne in età feconda. Il tasso di fecondità totale indica il numero medio di figli che nascerebbero da
ogni donna se durante i suoi anni fertili procreasse secondi il tasso di fecondità dell’anno corrente relativo
alle donne della fascia d’età di appartenenza. Benché un tasso di fecondità totale pari a 2 possa sembrare
sufficiente a rimpiazzare la popolazione attuale in realtà il livello di sostituzione viene raggiunto soltanto in
presenza di un tasso superiore a 2,1. I decimali al di sopra di 2 sono necessari a compensare la mortalità
neonatale, le donne senza figli e i decessi inaspettati. Concetto di fecondità necessaria al rimpiazzo.
Il livello di fecondità che permette a ciascuna generazione di donne di mettere al mondo il numero di figli
sufficiente ad assicurare una nuova generazione. Maggiore è la mortalità di una popolazione, maggiore
dovrà essere il tasso di fecondità (tasso di sostituzione).
IL TASSO DI MORTALITÀ
Il tasso generico di mortalità si calcola mettendo in relazione il numero dei decessi avvenuti nell’anno preso
in esame per ogni 1000 individui. In passato si riteneva che il tasso di mortalità variasse. Si era soliti
associare i tassi più elevati ai paesi economicamente meno avanzati e quelli più bassi ai paesi sviluppati.
Tale correlazione perse la sua ragione negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, si registrano forti
riduzioni nel tasso di mortalità dei paesi considerati in via di sviluppo.
Il tasso di mortalità infantile migliorò quando si diffusero gli antibiotici e i vaccini. La differenza tra il tasso di
mortalità che si rileva nei paesi di prima industrializzazione e quello nei paesi a economia meno avanzata è
ormai minima. Per effettuare un confronto tra il tasso di mortalità di più popolazioni, occorre che le
popolazioni in esame possiedano la stessa struttura demografica. Ove manchino si può procedere
calcolando il tasso di mortalità per specifici gruppi di età. Il tasso di moralità infantile, per esempio, è
l’indice di mortalità dei bambini di età parti o inferiore a un anno ogni 1000 nati vivi.

LA PIRAMIDE DEMOGRAFICA
Per visualizzare le caratteristiche della struttura per età e per sesso di una popolazione, i demografi
ricorrono alla costruzione delle piramidi della popolazione. Diagramma a barre orizzontali:
-asse orientale vengono rappresentate le classi di età della popolazione per anno o per classi di età;
- asse delle ascisse si rappresentano la consistenza della popolazione per ciascuna classe;
-nella parte sinistra viene raffigurata la popolazione maschile e a destra quella femminile.
Il termine piramide proviene dal fatto che la struttura di una popolazione soggetta esclusivamente alle
tendenze di natalità e di mortalità “naturali”, senza interferenze assumerebbe la base larga che si stringe
progressivamente man mano che le fasce più anziane della popolazione si riducono a causa dei decessi. Ma
non esistono popolazioni esenti da interferenze esterne. Così il diagramma assume varie forme.
VEDI FIGURE A PAG 58

Per misurare il rapporto tra la popolazione che


lavora e quella inattiva (perché troppo giovane o troppo anziana), si utilizza L’INDICE DI DIPENDENZA.

Il TASSO DI INCREMENTO NATURALE si ottiene sottraendo il tasso generico di mortalità dal tasso generico
di natalità. Non tiene conto degli incrementi o dei decrementi dovuti alla migrazione. Se un Paese in un
dato anno registrasse un tasso di natalità del 22% e un tasso di mortalità del 12% il tasso di incremento
naturale darebbe del 10%.

IL TEMPO DI RADDOPPIO è il numero di anni necessari perché una popolazione che cresce raddoppi la
propria consistenza. Una popolazione con un tasso di incremento dell’1% impiegherebbe 70 anni per
raddoppiarsi. Un tasso di incremento del 2% porterebbe al raddoppio in soli 35 anni. Come possono
soltanto 20 individui in più su 1000 far aumentare così rapidamente una popolazione? Anche piccole
aggiunte annuali sono in grado di produrre ampi incrementi totali, in quanto si tratta di una crescita
geometrica, non aritmetica. La popolazione ha raggiunto una dimensione tale che ciascun nuovo raddoppio
provoca un aumento astronomico nel totale.
LA CURVA A J
La popolazione mondiale ha cominciato a trovarsi sull’arco della curva a J intorno al 1900. Dopo solo 50
anni tale crescita ha scatenato grosse preoccupazioni sulla capacità di sostentamento del pianeta. Entro il
2000 si è compreso che nel futuro soltanto pochi paesi economicamente sviluppati, in particolare l’Europa,
avrebbero raddoppiato le dimensioni della loro popolazione, se le proiezioni di crescita fossero state
basate- come di solito avviene- unicamente sui tassi attuali di incremento naturale. Invece, la crescita di un
singolo paese dipende anche dai modelli di immigrazione ed emigrazione. La crescita demografica naturale
può comportare proiezioni demografiche molto più basse e tempi di raddoppio molto più lunghi rispetto
alla crescita “complessiva” dello stesso Paese, che considera anche le migrazioni.

LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA
La relazione che sussiste tra la crescita demografica e lo sviluppo economico è rappresentato dal modello di
transizione demografica, che traccia le variazioni dei livelli di fecondità e di mortalità associati
all’industrializzazione.
Secondo tale modello, nel corso del tempo gli elevati tassi di natalità e mortalità sono gradualmente
sostituiti da tassi meno elevati.
Il primo stadio è caratterizzato da un tasso di natalità elevato controbilanciato da una mortalità altrettanto
elevata. Il numero delle nascite p lievemente superiore a quello dei decessi, la popolazione aumenterà
lentamente.
I demografi ritengono che la popolazione, per passare da 250 milioni, abbia impiegato
approssimativamente dall’anno 1 d.C. al 1650 d.C. ha avuto un tempo di raddoppio superiore a un
millennio e mezzo. La crescita non è stata costante, molti individui hanno perso la vita a causa di guerre,
carestie, la peste bubbonica uccise metà della popolazione.
Il modello di transizione demografica fu sviluppato per spiegare la storia dell’Europa occidentale, che entrò
in un secondo stadio con l’industrializzazione (1750) registriamo: calo delle mortalità e natalità in continua
crescita. Il rapido aumento della popolazione durante il secondo stadio è il risultato di un incremento della
speranza di vita. Il che riflette il calo del tasso di mortalità dovuto al progresso delle pratiche mediche.
Molti paesi dell’Africa mostrano caratteristiche del secondo stadio, non significa che l’impatto della
rivoluzione industriale sia stato avvertito in tutto il mondo. Esse suggeriscono che anche le società non
coinvolte né dalla prima rivoluzione industriale né da una crescita economica hanno avuto la possibilità di
beneficiare delle tecniche di salvaguardia della vita sviluppate altrove.
Il terzo stadio quando il tasso di natalità si riduce gli individui iniziano a controllare le dimensioni delle
famiglie. A differenza di società agricole, nelle culture urbanizzate i vantaggi di avere molti figli non sono
così evidenti. Anzi, tali culture collocano i figli tra le passività piuttosto che fra le attività nel bilancio
economico familiare. Quando il tasso di natalità scende e quello di mortalità rimane basso, le dimensioni
della popolazione iniziano a stabilirsi.
Il modello si conclude con un quarto stadio caratterizzato da tassi di natalità e di mortalità molto bassi. Esso
prevede soltanto lievissimi incrementi demografici e tempi di raddoppio lunghissimi. In alcuni paesi, il tasso
di mortalità ha iniziato a eguagliare o a superare il tasso di natalità, provocando un calo della popolazione.
Questa estensione del quarto stadio a un quinto stadio è stata finora in gran parte confinata al ricco mondo
industrializzato.
TRANSIZIONE EPIMIOLOGICA: Molte malattie mortali smisero di verificarsi con eccessiva frequenza grazie
all’introduzione dei vaccini e di norme igieniche e sanitarie innovative e i modelli di mortalità cominciano a
essere maggiormente influenzati da patologie non contagiose.
Molte società in via di sviluppo si sono fermate al secondo stadio del modello.

L’EQUAZIONE DEMOGRAFICA
L’equazione demografica sintetizza il contributo apportato alla variazione demografica nel tempo della
combinazione di cambiamento naturale (differenza tra nascite e morti) e migrazione netta (differenza tra
immigrazione de emigrazione).
La rilocalizzazione della popolazione
In passato, l’emigrazione si dimostrò un importante espediente per alleviare le pressioni indotte dalla
rapida crescita demografica, almeno in alcuni paesi europei. L’emigrazione oggi non costituisce più una
valvola di sfogo per i paesi in via di sviluppo. La popolazione è troppo numerosa per essere influenzata
sensibilmente dalle migrazioni. L’impatto della migrazione sull’equazione demografica aumenta al
diminuire delle dimensioni della popolazione presa in considerazione.
L’impatto dell’immigrazione
Laddove gli spostamenti sono massicci, la migrazione può avere un impatto rilevante sull’equazione
demografica. Le migrazioni europee e africane del passato crearono le strutture demografiche di nuove
terre di colonizzazione scarsamente abitate.
La distribuzione demografica mondiale
I miliardi di individui non sono distribuiti sulla Terra in modo omogeneo. Alcune aree geografiche sono
quasi disabitate, altre scarsamente popolate e altre contengono densi agglomerati di individui. Quasi la
metà risiede in città, e una percentuale in constante aumento risiede in città molto grandi.
La popolazione si concentra nelle aree pianeggianti; la sua quantità diminuisce con l’aumentare
dell’altitudine.
La prevalenza della popolazione è nell’emisfero settentrionale. Soltanto un individuo su nove vive a sud
dell’Equatore- non perché l’emisfero meridionale sia sottopopolato, ma perché costituito principalmente
da acqua.
Tra le parti del mondo favorevoli all’insediamento, quattro aree contengono consistenti raggruppamenti di
popolazione: l’Asia orientale, l’Asia meridionale, l’Europa, il Nord-Est degli Stati Uniti/Sud-Est del Canada.
La Cina da sola racchiude circa un quinto degli abitanti del mondo.
Il termine ecumene designa aree permanentemente abitate della superfice terrestre.
L’anecumene è la zona disabitata o scarsamente abitata, a differenza di quanto supponevano gli antichi,
l’anecumene non è continuo. Esso si incontra in discontinuo in tutte le parti del globo e comprende alcune
zone delle foreste pluviale, i deserti e le aree di alta montagna; però c’è una densa popolazione nella catena
andina in Sudamerica.
Circa il 35-40% di tutta la superficie terrestre è inospitale, una parte della Terra inferiore a quella che, nei
tempi antichi o anche nel corso del XIX sec. sarebbe stata definita inabitabile.
LA DENSITÀ DI POPOLAZIONE esprime la relazione fra il numero degli abitanti e l’area da essi abitata. La
densità numerica conteggia il numero di individui per area unitaria di superficie, la densità di popolazione
dell’Italia secondo i dati ISTAT del 2016 è di 201 abitanti per chilometro quadrato. Questa media, tuttavia,
racchiude realtà molto diverse fra loro.
La densità fisiologica è il rapporto tra popolazione di un Paese e il terreno coltivabile, presuppone che tutto
il terreno coltivabile sia ugualmente produttivo e parimenti utilizzato.
La densità agricola esclude le popolazioni urbane e riporta il numero di abitanti rurali per unità di terreno
produttivo dal punto di vista agricolo.
LA SOVRAPPOPOLAZIONE è la convinzione che un ambiente non è in grado di sostenere in modo adeguato
la propria popolazione. La sovrappopolazione non è la conseguenza necessaria e inevitabile di un’elevata
densità di popolazione. La SOTTOPOPOLAZIONE è la circostanza in cui il numero degli individui è troppo
esiguo per sviluppare le risorse di un Paese al fine di migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti.
La CAPACITÀ DI CARICO è il numero di individui che un’area può sostenere nel tempo, data la tecnologia.
L’URBANIZZAZIONE
Le pressioni sulle risorse della terra dei vari paesi sono aumentate non soltanto per la crescita della
popolazione, ma anche per la riduzione del terreno coltivabile. Una parte sempre maggiore della
popolazione mondiale deve essere sistemata in città che permettono il lavoro e l’accesso ai servizi pubblici.
L’urbanizzazione (il passaggio dallo status rurale a quello urbano) della popolazione nei paesi in via di
sviluppo sta aumentando vertiginosamente.
La Cina perse quasi un milione di ettari di terreno agricolo all’anno a favore dell’urbanizzazione, in Cina
l’attuale spostamento della popolazione dalle campagne alle città rappresenta la più ampia migrazione
nella storia mondiale.
I FATTORI CHE DETERMINANO LA POPOLAZIONE
Thomas Robert Malthus economista e demografo inglese, espose il problema: tutte le popolazioni hanno
un potenziale di espansione che supera l’attuale tasso di crescita, e le risorse per sostenere tale incremento
sono limitate.
1. La popolazione è inevitabilmente limitata dai mezzi di sussistenza.
2. Le popolazioni aumentano con l’aumentare dei mezzi di sussistenza, a meno che non siano frenate da
potenti ostacoli.
3. I fattori che inibiscono la capacità riproduttiva e che la mantengono in equilibrio con i mezzi di
sussistenza rientrano in due tipologie:
 Freni preventivi: restrizione morale, celibato e castità;
 Freni repressivi; guerra, povertà, pestilenza e fame.
È necessario raggiungere l’equilibrio tra il numero di individui e le risorse indispensabili. Quando la
popolazione è proporzionata si dice che ha raggiunto il plateau omeostatico.
Sebbene le idee di Malthus fossero state scartate i suoi timori si ripresentarono nel corso degli anni
Cinquanta del secolo scorso. I paesi occidentali, osservando la crescita demografica dei paesi a economia
meno avanzata e la pressione che essa esercitava sulle risorse, cominciarono a ritenere che la rapida
crescita demografica costituisse un immenso ostacolo alla crescita economica dei paesi in via di sviluppo.
Negli anni Sessanta del Novecento la popolazione mondiale aveva superato i 3,7 miliardi ed era
raddoppiata ben due volte in un solo secolo. Nel 1968 in Italia, Aurelio Peccei fondò il Club di Roma con lo
scopo di aviare ricerche tese a definire il possibile quadro socio-ambientale futuro di un pianeta la cui
popolazione continuava a crescere a dismisura. La conclusione era il collasso del sistema. I timori
neomalthusiani diedero vita a una ampia campagna per la riduzione della fecondità, diretta principalmente
verso le popolazioni dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. I paesi asiatici hanno adottato programmi di
pianificazione familiare. Anche nei paesi sud americani, persino nei più poveri si è verificato un calo del
tasso di fecondità, malgrado la posizione a favore delle nascite assunta dalla Chiesa cattolica romana.
L’Africa meno sensibile alle teorie neomalthusiane, poiché nelle relative culture è radicata la convinzione
che è auspicabile avere famiglie numerose. Se i tassi di fecondità totali vanno calcolando nella maggior
parte degli Stati sub-sahariani, rimangono ben al di sopra dei livelli di sostituzione. Le teorie
neomalthusiane non incontrano l’approvazione di tutti. Molti economisti cornucopiani espressero l’idea che
la crescita demografica non rappresenta non un deterrente, ma uno stimolo allo sviluppo. Dai tempi di
Malthus la popolazione è cresciuta passando da 900 milioni a oltre 7 miliardi di individui senza le disastrose
conseguenze preannunciate –dimostrazione che Malthus non riuscì a prevedere il ruolo cre avrebbe avuto
la tecnologia nell’ampliamento della capacità di carico della terra.
Una terza idea dei cornucopiani sostengono che l’ingegnosità scientifica non è automatica; non tutti i paesi
hanno la capacità sociale di approfittarne. Quelli che non riusciranno a stare al passo con i bisogni della loro
popolazione e sprofonderanno nella povertà e nel decadimento ambientale creando crisi nazionali.
IL MOMENTUM DEMOGRAFICO
Le nascite continueranno ad aumentare anche in corrispondenza di un calo del tasso di fecondità. La
ragione va ricercata nel momentum demografico (o inerzia demografica). Quando un’elevata percentuale
della popolazione è giovane, risultato degli elevati tassi di fecondità del passato, un numero sempre
maggiore di individui entra ogni anno nell’età feconda. Una popolazione con un numero maggiore di
giovani tende a crescere rapidamente.
Proiezioni demografiche: calcoli delle future dimensioni di popolazione regionali.
CAP.4 LE RADICI E IL SINGIFICATO DELLA CULTURA
La cultura rappresenta il complesso di modelli comportamentali, conoscenze adattamenti e sistemi sociali
peculiari, nel quale si sintetizza il modo di vivere acquisito da un gruppo di individui. I modelli di costruzione
e di coltivazione, la lingua, la politica- rientrano nella diversità spaziale studiata dagli esperti. Il genere
umano costituisce un’unica specie, perché le culture sono eterogenee? Quando e dove si situano le origini
delle diversità culturali? In che modo singoli tratti sviluppatisi in una zona si sono diffusi a una parte più
ampia? Come mai individui con origini simili presentano differenze a seconda dell’area geografica? Esistono
variazioni culturali distintive anche nelle società cosiddette melting pot, come quella statunitense o
canadese?

LE COMPONENTI DELLA CULTURA


La cultura si trasmette alle generazioni tramite imitazione, istituzione ed esempio. La cultura appresa, non è
biologica è un’intricata rete di comportamenti e modi di pensare che si modificano nel tempo. Per questo
motivo, la cultura è un processo, non un corpus inalterabile essa si trasforma attraverso l’interazione con
culture differenti. TRATTI CULTURALI: i più piccoli elementi distintivi di una cultura; essi vanno dalla lingua,
agli utensili, alle attività ricreative, una tecnica (la tessitura), una credenza o un modo di pensare. Essi sono
l’espressione più elementare della cultura. Chiaramente, lo stesso tratto –per esempio la religione cristiana
o la lingua spagnola- può ricorrere in più di una cultura.
Singoli tratti culturali correlati formano UNA STRUTTURA CULTURALE.
In molti paesi, tra cui anche l’Italia, esiste una struttura culturale sull’automobile. Gli italiani acquistano
automobili di marchi all’altezza del loro reddito, della loro occupazione. Il cinema e lo sport spesso sono
incentrati su automobili, un esempio è la Formula Uno. Anche i riti di passaggio possono essere fondati
sulle automobili: l’educazione stradale e l’esame della patenta.
I tratti e le strutture culturali possono essere proprietà condivisa di individui che presentano per altri
aspetti tratti distinti, ma associati dal punto di vista spaziale. Quando esistono sufficienti comunanze è
possibile individuare un SISTEMA CULTURALE.
Le società multiculturali, per quanto ulteriormente suddivise dalle differenze linguistiche, dalle varie
preferenze alimentarie da molteplici altre differenziazioni interne, potrebbero però condividere un numero
di caratteristiche comuni sufficiente a renderle entità culturali riconoscibilmente distintive. I cittadini del
melting pot statunitense si identificano come americani, costituendo tutti insieme un unico sistema
culturale.
In ambito geografico si fa riferimento alla REGIONE CULTURALE. Porzione della superficie terrestre
caratterizzata da alcuni elementi culturali distintivi. Esempi: organizzazioni politiche, religioni adottate,
abbigliamento, edifici abitativi.
Regioni culturale che presentano strutture e paesaggi culturali correlati possono essere raggruppate per
formare un COMPLESSO CULTURALE REGIONALE: ampio segmento sulla superficie terrestre che mostra una
presunta uniformità di base nelle sue caratteristiche culturali e che, in virtù di esse, si differenzia
sensibilmente dai territori adiacenti.
La globalizzazione genera un’omogeneizzazione culturale ma non elimina i regionalismi.
L’INTERAZIONE FRA ESSERE UMANO E AMBIENTE
ECOLOGIA CULTURALE indaga la relazione fra un gruppo culturale e l’ambiente naturale e l’ambiente
naturale da esso occupato.
I geografi hanno respinto le idee del determinismo ambientale, teoria secondo la quale l’ambiente fisico da
solo plasma gli esseri umani, le loro azioni e il loro pensiero.
Secondo la teoria del possibilismo, scuola di pensiero opposta al determinismo, sono gli individui, non gli
ambienti in sé, a rappresentare le forze dinamiche dello sviluppo culturale. Per es. il carbone, il petrolio e il
gas naturale hanno avuto la loro attuale collocazione durante tutta la storia dell’umanità, ma con la
rivoluzione industriale i depositi di carbone acquisirono importanza.
Il PAESAGGIO CULTURALE definito come la superfice terrestre modificata dall’azione antropica: i tipi di
abitazione, le reti di trasporto, i parchi sono alcuni indicatori dell’utilizzo del territorio da parte dell’uomo.
Gli uomini hanno utilizzato, alterato e sostituito la vegetazione in ampie aree dei tropici. Hanno cacciato
estese mandrie e intere specie animali fino a provocarne l’estinzione, reso sterili e deserti intere regioni.
LE RADICI DELLA CULTURA
Al tempo dei primi uomini, l’ambiente fisico era più condizionato per la vita. circa 11000 ghiacci
cominciarono a ritirarsi e le popolazioni cominciarono a diffondersi, colonizzando territori inaccessibili.
Paleolitico (antica età della pietra), periodo prossimo alla fine della glaciazione, furante il quale piccoli
gruppi sparsi cominciarono a differenziarsi da regione a regione nel modo di vivere e di sostentarsi. Tutti
erano cacciatori-raccoglitori, popolazioni pre-agricole che dipendevano dalla disponibilità nel corso
dell’anno di derrate alimentari vegetali e animali che erano in grado di assicurarsi con i pochi e rudimentali
utensili. Alla fine del periodo paleolitico gli esseri umani si erano diffusi in tutti i continenti tranne
l’Antartide, portando con sé le loro culture di cacciatori-agricoltori. Essi occupavano regioni diverse, ed
erano costretti a utilizzare differenti varietà di alimenti, in base alle risorse presenti nelle nuove aree di
insediamento. Mentre si diffondeva, la popolazione complessiva aumentava di numero.
Migliori tecnologie ampliarono la gamma delle opportunità di utilizzo dei materiali disponibili a livello
locale. Ne conseguì uno sfruttamento dell’ambiente fisico più ampio. Le differenze tra la flora, la fauna e le
condizioni ambientali tipiche di regioni diverse accelerarono la differenziazione culturale fra gruppi che
avevano condiviso caratteristiche comuni.
Quanto appreso e creato dal singolo veniva trasmesso all’interno del gruppo culturale. La varietà di
strategie e tecnologie che interessavano l’arte, la religione, la lingua comportarono eterogeneità culturale.
Il ritiro degli ultimi ghiacciai decretò la fine dell’era paleolitica, avviando processi di evoluzione come
sviluppo delle tecniche agricole e d’allevamento, per poi portare, secondo ritmi differenti nelle varie aree,
ai processi di urbanizzazione e industrializzazione. Non tutte le culture hanno attraversato
contemporaneamente fasi di cambiamento; divergenza culturale: le differenze tra i diversi gruppi umani.
Il ritiro dei ghiacci comportò un clima più mite e iniziarono a comparire foreste sulle pianure. Nel Medio
Oriente, dove la domesticazione sarebbe avvenuta più tardi, la vegetazione a savana (prateria) sostituì
paesaggi più aridi.
La crescita della popolazione richiese nuove basi alimentari e differenti tacniche produttive.
Nel Mesolitico (media età della pietra), che in Europa si colloca fra l’11000 e il 5000 a.C. segnò il passaggio
dalla semplice raccolta alla produzione del cibo (passaggio dall’”antica” alla “media” alla “nuova” età della
pietra).
Man mano che il rapido cambiamento climatico incideva negativamente sulle loro risorse alimentari
vegetali e animali, gli individui sperimentarono la domesticazione. La domesticazione degli animali, ossia
l’allevamento, cominciò durante il Mesolitico come conseguenza dell’abitudine di tenere negli alloggi
animali selvatici di piccola taglia e dal fatto che gli animali erano attirati dai rifiuti prodotti dagli
insediamenti umani. L’attribuzione di un significato religioso ad animali e la docilità a essere organizzati in
branchi sono fattori che rafforzano i legami fra uomini e animali, fino al raggiungimento della loro completa
domesticazione avvenuta a partire dall’8000 a.C.
La domesticazione delle piante pare che sia avvenuta in modo autonomo in più di una regione del mondo in
un intervallo di tempo compreso fra 10000 e forse persino 20000 anni fa.
Da ogni regione si verificò il passaggio di piante da coltura ad altre regioni, inizialmente con i tempi lenti dei
primi sistemi di mobilità, ma dopo il 1500 d.C. con l’inizio dell’espansione e della colonizzazione europea, in
forme più rapide ed estese. I coltivatori stessi si adattarono: assunsero una residenza di tipo sedentario per
proteggere le aree coltivare da animali. I contrasti a livello regionale fra cacciatori-raccoglitori e le società
agricole sedentarie aumentarono. I due gruppi entravano in competizione per il controllo territoriale, gli
agricoltori avevano la meglio sui cacciatori-raccoglitori. Il conflitto proseguì fino ai tempi moderni.
La domesticazione delle piante e degli animali ebbe inizio già nel periodo del Mesolitico, ma nella sua forma
più definita segnò l’inizio del Neolitico, fase di cambiamento culturale. Il termine dato a tale epoca rinvia
alla creazione in questo lungo lasso di tempo, di utensili e tecnologie più avanzate per far fronte alle
circostanze e alle necessità di una popolazione in espansione e sedentaria, la cui economia era basata su
una gestione dell’ambiente di tipo agrario. Gli esseri umani appresero l’arte di filare le fibre animali e
vegetali e a cuocere l’argilla per farne utensili; idearono tecniche per produrre mattoni ed estrarre e
fondere i metalli. Sulla base di tali progressi emersero una cultura di sfruttamento più complessa e una
economia più formale. Una società stratificata, basata sul lavoro e sulla specializzazione delle mansioni,
soppiantò la precedente uguaglianza fra adulti propria delle economie fondate sulla caccia e la raccolta.
Particolari vantaggi alcuni luoghi in termini di risorse promossero lo sviluppo di legami commerciali a lunga
distanza, che l’invenzione della barca a vela contribuì a mantenere. Gli esseri umani erano passati dall’arte
di adottare e plasmare le risorse offerte dalla natura a quella di crearle. Man mano che gli individui si
raccoglievano in comunità più ampie, nascevano regole di condotta. Sorsero i governi per far rispettare le
leggi, come la protezione della proprietà privata. Le religioni divennero più formali: se i cacciatori
praticavano un culto individualistico, legato alla salute e alla sicurezza personali, le comunità agricole
nutrivano preoccupazioni collettive basate sul calendario, concernenti il ciclo delle precipitazioni
atmosferiche, le stagioni di piantagione e di raccolta, l’innalzamento e l’abbassamento delle acque per
l’irrigazione. Le religioni che rispondevano a tali preoccupazioni sviluppavano rituali per le cerimonie e le
feste che erano scandite dai ritmi del lavoro sui campi. Si rese necessaria la figura del sacerdote che si pone
guida spirituale dell’intera società.
I FOCOLAI CULTURALI
In origine le nuove tecnologie si diffusero dalle culle di origine e furono adottate da individui che non
avevano preso parte alla loro creazione. Il termine focolaio culturale indica centri di innovazione dai quali
elementi culturali si spostarono per esercitare la loro influenza sulle regioni circostanti.
L’antropologo Julian Steward propose il concetto di evoluzione multilineare per spiegare le caratteristiche
comuni di cultura molto lontane, formatesi in condizioni ecologiche simili. Egli ipotizza che non possono
essere spiegare sempre sulla base del prestito o dell’esportazione devono essere considerate come la prova
di creazioni parallele sulla base di ecologie simili. La teoria opposta, il diffusionismo, è la convinzione che le
somiglianze culturali si verifichino tramite vie di commercio e non sono il frutto di creazioni separate. Il
diffusionismo è stato avvalorato da scoperte archeologiche. Convergenza culturale: condivisione di
tecnologie, strutture e tratti culturali che si manifesta in modo evidente fra società molto distanti nel
mondo moderno, caratterizzato dall’istantaneità della comunicazione e dall’efficienza dei trasporti, la prova
della dilagante globalizzazione della cultura.
LA STRUTTURA DELLA CULTURA
I tratti e le strutture della cultura possono essere raggruppati e come sottosistemi. White definì la cultura
una struttura tripartita composta di sottosistemi ai quali egli attribuì i nomi di ideologico, tecnologico e
sociologico. In una classificazione simile, ma distinta, vengono identificate tra componenti interrelate della
cultura: i prodotti mentali, materiali (o manufatti) e sociali. Insieme costituiscono un sistema culturale.
Il sottosistema ideologico è composto da idee, credenze e conoscenze di una cultura e dalle modalità
secondo le quali esse trovano espressione. Le mitologie, la leggenda, la letteratura, la filosofi e la saggezza
popolare fanno parte di questa categoria. Tali sistemi di prodotti mentali passati di generazione in
generazione e in parte modificati, ci indicano in che cosa credere e in che modo agire. Le credenze formano
la base del processo di socializzazione. Due elementi del sottosistema ideologico, la lingua e la religione.
Il sottosistema tecnologico è composto dagli oggetti materiali (e dalle tecniche per l’utilizzo) grazie ai quali
gli individui sono in grado di vivere. Gli oggetti gli utensili e gli altri strumenti che consentono di nutrirsi,
vestirsi, ripararsi. Huxley assegnò agli oggetti materiali che utilizziamo per soddisfare queste necessità
fondamentali il termine di manufatti.
Il sottosistema tecnologico è la somma di associazioni economiche, politiche, militari, religiose. Tali
prodotti sociali regolano il modo in cui il singolo si colloca rispetto al gruppo. Gli indumenti, per esempio,
sono un manufatto per proteggere il corpo in funzione delle condizioni climatiche, ma possono anche
essere considerati dei prodotti sociali, in quanto identificano il ruolo di un singolo all’interno della struttura
sociale. La natura interdipendente di tutti gli aspetti di una cultura prende il nome di integrazione
culturale.

Vengono proposti di tre processi atti a spiegare le forme principali di mutamento culturale: l’innovazione, la
diffusione e l’acculturazione. L’innovazione nuove idee create all’interno di una cultura. Potrebbe essere un
miglioramento nella tecnologia strumentale, come l’arco, può inoltre comportare lo sviluppo di forme non
strumentali di struttura sociale e interazione sociale come il feudalesimo o il cristianesimo. Molte
innovazioni hanno di per sé poche conseguenze, ma talvolta può succedere che un nuovo motivo musicale,
“adottato” da pochi individui, piaccia a molti. Questo può avere un’influenza sul ballo, che a sua volta può
influenzare la scelta dall’abbigliamento, che a sua volta può incidere sulle campagne pubblicitarie e sui
comportamenti di spesa dei consumatori.
Il processo attraverso cui un’idea o un’innovazione viene trasmessa da un individuo o a un altro prende il
nome di diffusione. Sono due le modalità in cui si esplicita:
1. Gli individui si muovono, per varie ragioni, in una nuova area, portando con sé la loro cultura. Es.
migranti europei nelle colonie americane si portano tecniche di raccolto estranei alla nuova patria.
2. Le informazioni circa un’innovazione (es. l’IPad) possono diffondersi con l’aiuto della pubblicità con
l’aiuto della pubblicità locale o dei mass media.
Il primo processo prende il nome di diffusione per spostamento, il secondo diffusione per espansione.
Quando la diffusione per espansione interessa quasi in maniera uniforme tutti gli individui e tutte le aree
estese alla regione di origine, viene definita diffusione per contagio: contatto diretto fra coloro che ne
vengono a conoscenza, e richiama alla mente l modalità di propagazione delle malattie infettive.
L’incidente dell’adozione in caso di diffusione per contagio viene rappresentata dalla curva a forma di S
decadimento con il tempo-distanza, la propagazione o l’accettazione viene di solito ritardata man mano
che aumentata la distanza dalla fonte.
In alcuni casi, però, nel trasferimento di idee la distanza geografica è meno importante rispetto alla
comunicazione fra centri principali. Si diffondono rapidamente fra le principali città e soltanto in un
secondo momento in quelle più piccole assume il nome di diffusione gerarchica. Mentre la diffusione può
essere rallentata dal decadimento con il tempo-distanza, la loro velocità di diffusione può essere
aumentata, fino a diventare istantanea, attraverso la comprensione spazio-temporale resa possibile dalla
moderna comunicazione. Mediante l’accesso alla radio, ai telefoni, alla televisione. La tecnologia della
comunicazione moderna ha incoraggiato e facilitato la globalizzazione della cultura.
La diffusione degli stimoli rappresenta secondo alcuni studiosi una terza forma di diffusione per
espansione: idea fondamentale stimola un comportamento imitativo all’interno di una popolazione
ricettiva. Sia nel caso della diffusione per espansione sia in quello per spostamento, innovazioni nei
sottosistemi tecnologici o ideologici possono essere prontamente diffuse a culture che hanno somiglianze e
compatibilità di base e da esse venire accettate. L’Europa e l’America poterono facilmente adottare le
innovazioni della rivoluzione industriale che si diffuse dall’Inghilterra, con la quale condividevano un
comune retroterra economico e tecnologico. Di contro, non fu subito accettata in società asiatiche e
africane che versavano in condizioni culturali totalmente diverse.
La diffusione delle innovazioni, il numero di coloro che adottano un’innovazione aumenta a una velocitò
crescente fino al punto in cui la metà circa del totale di coloro che alla fine decidono di adottarla hanno
assunto la loro decisione. A quel punto, il numero di coloro che adottano l’innovazione aumenta a una
velocità decrescente. Il mutamento culturale è stato spiegato come conseguenza del processo di
acculturazione, attraverso cui popolazioni immigranti acquisiscono valori, parlata della società che li ospita,
la quale a sua volta subisce un cambiamento indotto dall’assorbimento del gruppo ospitato.
In casi estremi, alcune società e culture cessino di esistere.
In molti casi, lo stretto contatto fra due diversi gruppi può comportare una rettifica dei modelli culturali
originari di entrambi, piuttosto che la scomparsa di uno dei due. Per esempio, il detto Greacia capta cepit
Roman (la Grecia conquistata conquistò Roma) in riferimento ai fortissimi influssi che dalla Grecia si
diffusero attraverso i territori romani, processo di ellenizzazione. La Grecia, d’altro canto, adottò il diritto e
le istituzioni politiche di Roma, la sua tecnologia civile e militare.
Laddove il flusso di scambi bidirezionali tra due popoli riflette uno scambio equo di tratti culturali si usa
trasculturazione.
Le culture che adottano innovazioni culturali non accolgono gli elementi tali e quali, subiscono una
alterazione volta a renderli accettabili al gruppo che li muta. Il processo di funzione del vecchio con il nuovo
prende il nome di sincretismo. In alterazione alla gastronomia di importazione, al fine di conformarla alle
esigenze del Paese importatore.
CAP.7 STRUTTURE ECONOMICHE TERRITORIALI: ATTIVITÀ PRIMARIE
La geografia economica affronta come una popolazione si guadagni da vivere, di come tali modalità varino
a seconda delle aree di diversi gruppi e ceti, di come le attività economiche risultino territorialmente
interrelate e connesse.
CLASSIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE E DELLE ECONOMIE
Inizialmente, il tentativo di comprendere i modelli territoriali di sussistenza economica delle diverse
popolazioni del mondo è stato riferito in prevalenza all’ambiente fisico e alle possibilità che esso offre.
Ratzel propone il concetto di “genere di vita”. il concetto è applicato a modi di vita dei diversi popoli della
terra, per i quali la connessione col quadro fisico-ambientale è molto evidente. I prodotti agricoli
fondamentali delle umide regioni non si ritrovano nei sistemi agricoli delle medie latitudini. Tuttavia, man
mano che una parte crescente della popolazione passa a modalità di vita economica più complesse e meno
riferibili alle possibilità che gli ambienti locali offrono sono opportuni nuovi criteri di modellizzazione delle
attività economiche.
A metà del XX secolo si fa strada concetto di struttura socio-economica. Tale concetto presenta il vantaggio
di non negare l’importanza delle diverse variabili per spiegare la diversità regionale. Al primo vantaggio le
differenze fra le economie che possono essere ricondotte a fattori culturali. Il fatto che nelle aree islamiche
il credo proibisce il consumo di carne suina, comporta che non si allevino i maiali, è una caratteristica
culturale. al secondo vantaggio distinguere il differente significato sociale e economico che l’uso delle
tecniche può occultare. Per esempio oggi un trattore è utilizzato da un piccolo viticoltore così come da una
grande azienda agraria a differenza che in passato –non è tanto- il livello tecnico degli “utensili” che
esprime la sostanza dell’attore economico quanto la logica dell’uso di tali utensili in una gerarchia
socioeconomica
CATEGORIE DI ATTIVITÀ
Classificazione del lavoro produttivo mondiale.
Le attività primarie sono quelle attività che raccolgo o estraggono qualcosa dalla terra o dal mare. Tali
attività implicano la produzione di alimentari di base e di materie prime: la caccia e la raccolta, la pastorizia,
l’agricoltura, la pesca, ecc.
Le attività secondarie aggiungono valore ai materiali, modificandone la forma per creare prodotti più utili
di maggior valore. Può variare dalla produzione di manufatti in ceramica al assemblaggio di articoli
elettronici. Sono incluse la fusione del rame, la fabbricazione dell’acciaio, la produzione di automobili, ecc.
Ne fanno parte anche la produzione di energie e l’industria edilizia.
Le attività terziare forniscono servizi ai settori primario e secondario. Comprendono servizi finanziari,
commerciali, professionali, amministrativi e personali e costruiscono il vitale collegamento tra produttore e
consumatore, perché le includono primariamente le attività di commercio all’ingrosso comprese le vendite
via Internet.
Quaternario: attività economiche composta dai servizi resi dai “colletti bianchi” professionisti impiegati nel
campo dell’istruzione, del governo ecc. a volte si distingue una suddivisione di queste funzioni direttive –le
attività quinarie- per evidenziare il ruolo dei centri decisionali: organizzazioni pubbliche e private.
TIPI DI SISTEMA ECONOMICO
Le economie nazionali, all’inizio del XXI secolo, rientrano in uno di questi tre principali tipi di sistema: di
sussistenza, di mercato o pianificato. Nessuno di questi sistemi è “puro”.
L’economia di sussistenza, i beni e i servizi vengono creati a uso dei produttori e lo scambio di merci è
modesto, e il bisogno di mercati limitato.
Nelle economie di mercato prevalenti i produttori commercializzano merci, la legge della domanda e
dell’offerta determina prezzi e quantità e la concorrenza commerciale e quantità e la concorrenza
commerciale costituisce l’elemento chiave per regolare le decisioni produttive e la distribuzione.
Nella forma estrema delle economie pianificate, associate alle società di tipo comunista, i produttori
disponevano delle merci ne controllavano la quantità offerta, le caratteristiche e il prezzo. Con poche
eccezioni, le economie rigidamente pianificate non esistono a favore più; a favore di strutture che sono di
libero mercato con un grado minore di controllo economico.
ATTIVITÀ PRIMARIE: L’AGRICOLTURA
Scopo basilare dell’economia umana è produrre o assicurarsi cibo sufficiente a far fronte alle richieste
giornaliere di energia individuale. Tali cibi possono essere direttamente, attraverso le attività primarie della
caccia, della raccolta, della coltivazione e della pesca, oppure indirettamente mediante altre attività
secondarie o di livello più elevato che forniscano a chi guadagna.
L’agricoltura, intesa come coltivazione di piante e allevamento di bestiame. Le Nazioni Unite ritengono che
più di un terzo delle terre emerse mondiali (escluse la Groenlandia e l’Antartide) sia utilizzabile da un punto
di vista agricolo. Era consuetudine classificare le società agricole sulla duplice base dell’importanza delle
vendite a distanza e del livello di meccanizzazione. Di sussistenza, tradizionale e avanzata. I tipi non si
escludono reciprocamente, rappresentano stadi di quello che in realtà è un continum.
1. SUSSISTENZA: produzione intesa esclusivamente per il sostegno familiare, con l’impiego di utensili
rudimentali e di piante autoctone;
2. TRADIZIONALE: l’agricoltura in cui la produzione è in parte destinata al consumo domestico e in parte
orientata alla vendita esterna;
3. AVANZATA: l’agricoltura tipica delle economie avanzate concepita per destinare i prodotti lontano dai
luoghi di produzione.
L’AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA
Un sistema economico di sussistenza implica la quasi totale autosufficienza. Si possono individuare due tipi:
1) L’agricoltura di sussistenza estensiva coinvolge vasta aree minima di manodopera per ettaro, sia il
prodotto per l’unità di superficie sia la densità di popolazione sono ridotti.
2) L’agricoltura di sussistenza intensiva prevede la coltivazione di appezzamenti tramite grande
mobilitazione di manodopera per ettaro; raccolto per unità di superficie e densità di popolazione
sono ambedue elevati.
L’agricoltura di sussistenza estensiva
Tra i diversi tipi:
- il nomadismo pastorale, il movimento migratorio controllato di bestiame che si alimenta
soltanto di vegetazione spontanea è il sistema di uso del suolo più estensivo. Un numero
relativamente ristretto di persone fa pascolare i capi di bestiame per il consumo del gruppo
stesso dei pastori, e non per la vendita sul mercato. Pecore, capre e cammelli sono gli animali
più diffusi. Qualunque sia la specie le caratteristiche comuni sono resistenza fisica, mobilità e
capacità di vivere con scarso foraggio. Gli animali forniscono: latte, formaggio, carne, pelliccia,
pelli escrementi che sono le fonti principali di sussistenza.
La transumanza è una forma particolare di trasferimento stagionale delle greggi, per sfruttare
condizioni di pascolo. Implica o il regolare spostamento in verticale, dei pascoli di montagna in
estate a quelli di pianura/valle in inverno o il movimento orizzontale fra le aree di pascolo
interamente in pianura, per raggiungere pasture lussureggianti, grazie alle precipitazioni
stagionali. I mutamenti economici spingono i gruppi di nomadi a modificare il proprio sistema di
vita o a scomparire del tutto ormai allevano il bestiame più per scopi commerciali che di
sostentamento.
- l’agricoltura itinerante si ritrova in tutte le aree caldo-umide. A causa della deforestazione i
terreni di queste aree perdono molti dei nutrienti e gli agricoltori che li coltivano devono
spostarsi altrove, dopo aver sfruttato il terreno per alcuni anni; per mantenere la produttività,
effettuano una rotazione dei campi anziché delle colture. Poiché la caratteristica è la
coltivazione discontinua della terra, ciascuna famiglia ha bisogno di un’area totale di
occupazione equivalente agli apprezzamenti di terreno di uso corrente, più tutta la terra
lasciata a maggese (a riposo) per la rigenerazione. La densità demografica è bassa. L’agricoltura
itinerante è uno dei sistemi agricoli più antichi e più ampiamente diffusi al mondo. l’agricoltura
itinerante sopravvive altresì in quasi tutta l’Africa.
L’agricoltura di sussistenza intensiva
Circa il 45% della popolazione mondiale si dedica all’agricoltura di sussistenza intensiva. Pur se le famiglie
possono ancor oggi sfamarsi con i prodotti dei loro appezzamenti, lo scambio di derrate agricole è ormai
considerevole. Malgrado ciò, milioni di indiani, cinesi, pakistani rimangono
produttori su piccola scala di riso, frumento, mais, miglio o leguminose essenzialmente per la propria
sopravvivenza. Coloro che si dedicano all'agricoltura di sussistenza intensiva sono concentrati in grandi valli
e delta fluviali tutte aree pianeggianti dal fertile suolo alluvionale. Questi territori caldi e umidi sono
adattissimi alla produzione di riso. Nelle zone dell'Asia più
fresche e asciutte si coltivano in maniera intensiva frumento e miglio e, con minore frequenza, il riso di
montagna. Oggi la risicultura costituisce il fondamento dell’agricoltura di sussistenza e delle popolazioni
comprese fra India e Corea.
L’agricoltura intensiva è caratterizzata dalla grande mobilitazione di lavoro per l’unità di superficie, dalla
ridotta dimensione degli appezzamenti, dell’uso di fertilizzanti e dalla speranza di elevati raccolti nelle
annate buone. Per assicurarsi comunque cibo si pratica la policoltura la produzione di molti raccolti diversi,
spesso sul medesimo campo.
Agricoltura di sussistenza urbana
Non tutta l’agricoltura si colloca in aree rurali. L’agricoltura urbana in rapido sviluppo, coltivatori di città un
settimo della produzione globale di derrate alimentari. Le attività agricole urbane variano dalla gestione di
piccoli appezzamenti all’allevamento di animali da cortile, alla piscicoltura in laghetti artificiali. Milioni di
persone sfamano le proprie famiglie e riforniscono i mercati locali di ortaggi, frutta, pesce e persino carne,
tutti prodotti all’interno della città stesse, senza le spese e gli sprechi dell’immagazzinamento o del
trasposto su lunga distanza. L'agricoltura urbana occupa non
soltanto il territorio delle città, ma anche i suoi confini. In ogni parte del mondo non industrializzato, nei
centri urbani le derrate alimentari di origine cittadina hanno ridotto della malnutrizione. Le attività agricole
sul versante positivo aiuta a trasformare gli sprechi da problema a risorsa. Il 25% dei rifiuti urbani viene
consumato per l'allevamento animale. Gli escrementi animali e umani e gli avanzi di cibo vengono
convertiti in concime. Ci sono però anche conseguenze negative dell’agricoltura di città. L’impiego diffuso
come concime di rifiuti umani non trattati espone al rischio di malattie infettive, come l’epatite.
Espansione della produzione agricola
Per promuovere l’incremento della produzione alimentare abbiamo due sistemi:
1. l'estensione delle superfici coltivabili;
2. l'incremento del raccolto nei campi già esistenti.
Il primo metodo non sembra una strategia promettente. Più o meno il 70% della superficie terrestre è
inadatto all'agricoltura, in quanto troppo freddo, arido o sterile. Nel rimanente 30%, la maggior parte del
suolo idoneo allo sfruttamento agricolo viene già coltivata e di questa parte milioni
di ettari vanno persi a causa dell'erosione del suolo, della salinizzazione, della desertificazione e della
trasformazione in aree urbane. Soltanto le foreste pluviali dell'Africa e del bacino del Rio delle Amazzoni
conservano aree abbastanza estese di terreni potenzialmente coltivabili. Il suolo di queste regioni, pero, è
fragile, povero di sostanze nutritive, capace di scarsa ritenzione idrica, soggetto a erosione e distruzione per
effetto della deforestazione. Per molte ragioni, la produzione mondiale di cibo non si può ragionevolmente
aumentare con la semplice espansione delle aree coltivate.
Intensificazione agricola e“rivoluzione verde”
Negli ultimi decenni l'azione chiave per sviluppare la produttività agricola è stata l'incremento delle rese nei
terreni già coltivati, non l'espansione delle aree coltivabili.
il secondo fattore di cambiamento consiste nella rivoluzione verde, molteplici innovazioni nelle sementi e
nella gestione per ottenere raccolti più ricchi ricorrendo alle tecniche della “rivoluzione verde”, la
produzione agricola in Asia è aumentata del 40%.
Per i successi della “rivoluzione verde” c’è un prezzo da pagare. L’irrigazione ha distrutto vasti tratti di
terreno, in quanto l’eccessiva salinità del suolo, dovuta a improvvide pratiche irrigatorie, ha seriamente
danneggiato la produttività di una superficie stimata tra 20 e i 30 milioni di ettari nel mondo, su una base
totale di circa 270 milioni di ettari di terre irrigate in tutto il pianeta. La grande
quantità di acqua richiesta dall'irrigazione per la "rivoluzione verde" ha causato un grave impoverimento
delle falde acquifere generando inoltre timori per la scarsità di risorse idriche, che in futuro potrebbe
scatenare guerre per 'approvvigionamento.
Si temono poi gravi conseguenze genetiche per l'abbandono dell'agricoltura tradizionale e di sussistenza
orientata verso la massima riduzione dei rischi. I contadini poveri, incapaci di permettersi l'investimento di
capitale richiesto dalla "rivoluzione verde" sono stati così soppianti dalla MONOCOLTURA di mercato,
orientata verso coltivazioni agroindustriali, concepite per l’esportazione piuttosto che per la produzione
alimentare a uso.
L’AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA
I contadini non producono per il proprio sostentamento, ma principalmente per un mercato lontano
dall’aziende.
Controlli di produzione in agricoltura
L’agricoltura delle moderne economie è caratterizzata dalla specializzazione (misurata sulla singola
impresa, sull’area); dalla vendita esterna (venditori che si avvinano di persona al cliente) in luogo della
produzione di sussistenza; interdipendenza di prodotti e acquirenti, collegati attraverso mercati. I contadini
producono colture che frutteranno di più. Meno i prodotti sono disponibile e maggiore sarà il loro prezzo
di mercato; il che dovrebbe indurre a un incremento di produzione. In alcuni paesi le politiche di governo
impongono un prezzo basso di certi generi; allora la corrispondenza tra costi di produzione e prezzi viene
meno e l’economia ne risulta alterata.
Le industrie desideravano un prodotto di qualità uniforme e il rispetto dei tempi di consegna.
Accordi contrattuali: agricoltore in contatto con l’acquirente-trasformatore, es. polli di una certa età e
misura, bestiame peso preciso.
L’agricoltura a contatto si va diffondendo anche nei paesi in via di sviluppo, criticata come negativo segno
della globalizzazione, in cui i piccoli agricoltori vengono sfruttati dal potente sistema agroindustriale
occidentale.
Un modello di localizzazione agricola
Agli inizi del XIX secolo è il Heinrich von Thunen osservò
che suoli dotati in apparenza delle medesime
caratteristiche fisiche venivano impiegati per scopi agricoli
diversi. Egli notò che attorno a ciascuna delle più
importanti città in cui si concentrava il mercato dei
prodotti agricoli si sviluppava una serie concentrica di
anelli di terreno, ciascuno usato per produrre derrate
agricole differenti. L’anello più vicino al mercato si
specializzata in prodotti deperibili, costosi da trasportare molto richiesti. Gli anelli più lontani dal centro
erano impiegati per derrate meno deperibili, con costi di trasporto più contenuti, domanda meno continua
e prezzi inferiori. Ai margini si trovavano i pascoli per il bestiame. Per spiegare come mai ciò accadesse
Thunen formalizzo il modello di von Thunen le differenze riflettevano il costo necessario per superare la
distanza; maggiore era la distanza più elevato del costo, più elevati erano i costi di trasporto più bassa la
rendita (differenza di valore tra due terreni agricoli uguali a distanza diversa) che si poteva pagare per la
terra. Prodotti deperibili, quali frutta e ortaggi, presentano alti costi di trasporto mentre altre merci, come i
cereali, hanno costi inferiori.
Piantagione: tenuta i cui lavoratori producono uno o due raccolti specializzati; raccolti spesso estrani alle
aree in cui vengono introdotti, per esempio il caffè e la canna da zucchero. I principali raccolti di
piantagione comprendono: il tè, la gomma, il cacao, la canna da zucchero, il caffè e le banane.
L'agricoltura delle nelle economie pianificate
Le economie pianificate presentano un alto grado di controllo centrale diretto sulle risorse e sui settori
chiave dell'economia, il che permette di perseguire gli obiettivi stabiliti dal governo. Quando il controllo si
estende al settore dell’agricoltura, Stato, fattorie collettive e comuni agricoli sostituiscono le aziende
private, la produzione separata dal controllo del mercato o dal fabbisogno delle famiglie e i prezzi vengono
stabiliti a tavolino invece di essere determinati dalla domanda dei costi di produzione.

ATTIVITÀ PRIMARIE: SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE


Oltre l’agricoltura, le attività del settore primario comprendono la pesca, la selvicoltura e l’estrazione
mineraria. Queste attività comportano lo sfruttamento diretto di risorse naturali non uniformemente
disponibili nell’ambiente e valutate in maniera diversa dalle diverse società. La pesca e la selvicoltura sono
attività economiche di raccolta, basate sull’utilizzo di risorse naturali rinnovabili, che però corrono un serio
rischio di estinzione a causa dell’eccessivo sfruttamento. Miniere e cave fanno parte delle attività
estrattive, che prelevano dalla crosta terrestre i minerali e non metallici non rinnovabili. Tali materiali sono
essenziale per le moderne economie industriali.
LA PESCA
La fornitura annuale di pesce proviene da tre fonti:
 la pesca delle acqui interne (stagni, laghi e fiumi);
 l’allevamento ittico, in cui i pesci crescono in un ambiente controllato e ristretto;
 la pesca marittima, che comprende tutto il pesce non di allevamento catturato nelle acque costiere
o in mare aperto.
La pesca marittima commerciale è di larga misura concentrata nelle acque dell’emisfero nord, dove
le correnti calde e fredde si incontrano e si mescolano e dove le condizioni ambientali sono
favorevoli alla riproduzione dei pesci.
Il numero dei pescatori si stima fra gli 8 e i 10 milioni. Negli anni successivi al 1950, le tecnologie più
moderne hanno aumentato di molto l’entità annuale di catture in acque marittime. La tecnologia
comprende l’uso del sonar, del radar, di elicotteri e di comunicazioni satellitari per localizzare i banchi di
pesce. Di recente la produttività della pesca in mare di è ridotta a causa della pesca indiscriminata (catture
superiori al tasso riproduttivo) e l’inquinamento delle acque.
LA SELVICOLTURA
Prima del ritiro dei ghiacciai le foreste e i terreni boscosi coprivano un buon 45% della superficie terrestre,
esclusa l’Antartide. Le antiche società, che si sostenevano con la raccolta della frutta, delle noci, delle
bacche, delle foglie, delle radici poche di queste culture sopravvivono, sebbene la raccolta sia
un’importante attività. Il manto forestale ricopre ancora il 30% circa della superficie del pianeta, malgrado i
millenni di disboscamenti. Le foreste di interesse commerciale sono ridotte a due vastissime fasce. Una si
trova nelle latitudini medie e settentrionali dell’emisfero nord; l’altra è collocata nelle zone equatoriali
dell’America meridionale e centrale, dell’Africa centrale e dell’Asia sud-orientale. Queste differiscono epr
tipo di alberi. La foresta del nord, “legno dolce”, è la più ampia e continua. Il pino silvestre, l’abete rosso,
l’abete si utilizzano per il legname da costruire. Sul alto meridionale si trovano i legni “duri” le varie specie
di quercia, l’acero, il faggio, il noce americano, la betulla ecc.
MIENIRE E CAVE
Le industri estrattive diventano rilevanti solo quando lo sviluppo tecnico e le necessità rendono possibile
una esplorazione delle risorse. Oggi queste forniscono le materie prime per il genere di vita tipico delle
popolazioni delle economie avanzate e sono il fondamento di un commercio internazionale, che connette
nazioni sviluppa e quelle più povere. I minerali non sono uniformemente distribuiti, la quantità è
determinata dai passati eventi geologici. I nostri successi nello sfruttamento delle risorse minerarie sono
stati ottenuti a spese dell’esaurimento delle riserve mondiali più facilmente sfruttabili e con l’inconveniente
che il costo monetario aumenta man mano che vengono consumati i giacimenti perché si devono applicare
tecnologie più avanzate e a più altro consumo energetico per estrarre i materiali desiderati dà profondità
sempre maggiori della crosta terrestre, o da nuovi giacimenti con tenore del materiale utile più ridotto.
Minerali metallici
I giacimenti minerari sfruttabili sono il risultato di eventi geologici accidentali, ne discende che tanto più
vasto è un Paese, tanto è più è probabile che eventi del genere siano accaduti all’interno del territorio
nazionale; tanto è vero che Russia, Canada, Cina, Stati Uniti, Brasile e Australia possiedono risorse
minerarie abbondanti e diversificate.
La produzione della maggior parte dei minerali metallici è condizionata da tre fattori:
1. quantità disponibile,
2. tenore metallico del minerale,
3. distanza dai mercati.
Un quarto fattore, il costo dell’acquisizione dei terreni e dei diritti di estrazione.
Anche se questi presupposti sono favorevoli, le miniere potrebbero chiudere qualora comparissero sul
mercato altri giacimenti a un prezzo più conveniente. Tale meccanismo spiega la crisi della già fiorente
estrazione dello zolfo siciliano per effetto della concorrenza dello zolfo californiano, divenuto di più agevole
estrazione grazie a innovazioni tecniche che fonde lo zolfo già nel sottosuolo, favorendone la salita in
superficie.
Le nazioni industrialmente sviluppate restano in posizione di svantaggio rispetto alla produzione dei paesi
poveri, i quali hanno costi di manodopera più contenuti e dispongono di miniere di proprietà statale con
riserve ricche e numerose.
CAP.8 MEZZI DI SUSSISTENZA ED ECONOMIA DAI COLLETTI BLU AI COLLETTI D’ORO
COMPONENTI DELL’ECONOMIA SPAZIALE
Ogni attività umana ha un’espressione spaziale. Nei diversi sistemi economici si riconoscono regioni di
concentrazione industriale, aree di specializzazione.
Classificazione delle attività economiche: primarie, secondarie, terziare, quaternarie e quinarie.
Le attività primarie sono legate alle risorse naturali che le attività stesse raccolgono sfruttano: la
localizzazione è quindi determinata dalla distribuzione minerali, combustibili, foreste, zone pescose delle
condizioni naturali che interessano agricoltura e allevamento. Gli stati successivi dell'attività economica
appaiono sempre più svincolati dalle caratteristiche dell'ambiente fisico. In questo caso, sviluppo,
distribuzione, comunicazione e gestione consentono di localizzare l'impresa in risposta a influenze culturali
ed economiche anziché fisiche. Si presume che per l'industria e per gli altri tipi di attività si possa
identificare un insieme ricorrente di vincoli economici.
CONCETTI E VINCOLI
I vincoli si rivelano in generale dal comportamento dell'essere umano rispetto al territorio e dalle scelte di
tipo economico. Si presuppone che produttori e venditori mirino alla massimizzazione dei profitti. Per
raggiungere tale obiettivo deve tener conto dei costi di produzione e di quelli derivanti dal mercato,
condizionamenti della politica, della concorrenza e di altri fattori limitativi, i capricci del comportamento
individuale. Alla fine bisogna supporre che la migliore valutazione sia determinata dal meccanismo di
mercato. Spesso i meccanismi del mercato vengono analizzati al di fuori di un contesto territoriale; gli
economisti trattano la domanda, l'offerta e il prezzo. Il luogo o i luoghi della produzione può differire da
quelli della domanda. Ci accorgiamo che esistono a geografia dell'offerta, una geografia della domanda e
una geografia del costo.

ATTIVITÀ SECODNAREI: MANIFATTURE


Se partiamo dal presupposto che i mercati siano liberi, i produttori razionali e consumatori informati, le
decisioni inerenti la localizzazione della produzione dovranno basarsi sulla valutazione di costi e
opportunità spazialmente differenziati. Le attività primarie, poiché legate all'ambiente, i punti di possibile
produzione sono fissati dalla natura; l'unica decisione è di sfruttarne o meno le risorse.
Le attività del settore secondario fino al quinario richiedono una la scelta localizzativa più complessa: sul
versante della domanda a definire le aree in base alle opportunità commerciali è la distribuzione della
popolazione delle capacità di acquisto; sul versante dell'offerta i produttori devono considerare il costo
delle materie prime, la distanza tra queste ultime e i mercati, il costo della manodopera, le spese per il
combustibile ecc.
SCELTE LOCALIZZATIVE PER LE MANIFATTURE
Le attività secondarie prevedono la trasformazione di materie prime in prodotti finiti, che in tal modo
acquisiscono un valore aggiunto. In questo campo domina la produzione manifatturiera: dalla fusione del
ferro alla confezione di abiti la cui caratteristica comune è l’impiego di energie e di lavoro specializzato
tipico dell'industria. Le manifatturiere pongono un problema di localizzazione diverso dall’acquisizione di
materie prime, in quanto presuppongono l’assemblaggio e la lavorazione dei materiali e la distribuzione dei
prodotti verso altri punti, e dunque presentano il dilemma di dove deve avvenire la trasformazione.
Principi di localizzazione
I principi della localizzazione sono:
1. Certi costi delle manifatture sono fissi, cioè restano più o meno invariati ovunque l'industria sia
collocata. Esempio: i salari stabiliti dai contratti di lavoro nazionali di settore.
2. Altri costi di produzione delle manifatture sono parzialmente variabili, differenze da un posto all'altro
sia per entità sia per quanto riguarda il contributo relativo al costo totale di lavorazione.
3. Scopo ultimo dell'attività economica e la massimizzazione dei profitti. In un ambiente competitivo,
l'obiettivo del profitto è ottenuto con maggiore probabilità se l'industria manifatturiera è situata nella
localizzazione minor costo totale.
4. I costi fissi non rivestono molto importanza nel determinare le localizzazioni ottimali. Invece, gli
industriali basano la ricerca localizzativa sulla minimizzazione dei costi variabili. La determinante di
localizzazione tenderà ad essere quel costo che risulta rilevante fra i costi complessivi e soggetto alla
massima variazione spaziale.
5. Le spese di trasporto sono variabili. In quanto tali, possono divenire determinanti per la localizzazione,
conferendo un inconfondibile orientamento alle decisioni circa la sede degli impianti.
6. Le imprese individuali sono raramente isolate: quasi sempre fanno parte di sequenze e ambienti
manifatturieri integrati integrati in cui interdipendenza aumenta parallelamente alla complessità dei
processi industriali. Le economie di interdipendenza strutturale e spaziale possono essere decisivi per la
localizzazione di certe industrie. Il collegamento fra aziende può spingere a situare delle manifatture in
aree di agglomerazione industriale.
Materie prime
Tutti i manufatti traggono origine dalla lavorazione di materie grezze, che soltanto in poche industrie sono
ottenute direttamente dalle aziende agricole o dalle miniere. Perlopiù, l’attività manifatturiera consiste
nell'ulteriore trasformazione e sagomatura di materiali già lavorati in un precedente stadio di fabbricazione,
localizzato altrove. Qualità, quantità, facilità di scavo o di raccolta di una risorsa possono rappresentare una
determinante per la localizzazione. I materiali grezzi quando sono ingombranti, perdono di peso nel corso
della lavorazione. Le varietà di materie prime può imporre un’ubicazione intermedia degli impianti: il minor
costo può risultare non dal costo di un singolo materiale grezzo, ma dai costi spazialmente differenziati
diverse materie prime che devono essere riunite.
Risorse energetiche
Risorse energetiche di limitata trasferibilità possono attrarre alcune industrie da esse dipendenti. Così
avvenne agli inizi della Rivoluzione Industriale, quando località ricche di energia idraulica determinavano la
localizzazione delle industrie tessili.
Manodopera
Anche la manodopera influenza le decisioni localizzative. Tradizionalmente, si considerano determinanti
per la manodopera tre fattori: il prezzo, la specializzazione e la quantità. Oggi per alcune attività è
necessaria forza lavoro a basso costo, mentre per altre la manodopera qualificata può rappresentare
un'attrazione localizzativa.
Mercato
Le merci vengono prodotte per soddisfare una domanda di mercato. Pertanto, dimensioni, natura e
distribuzione dei mercati possono influenzare le decisioni localizzative. Quando i costi di trasporto per
immettere sul mercato prodotti incidono in misura elevata l’attrazione di una sede vicina al consumatore
evidente. Il consumatore può essere un'altra impresa o il pubblico. Quando una fabbrica rappresenta lo
stadio di un più vasto processo di lavorazione la localizzazione accanto alla sede dello stadio successivo è un
vantaggio. Tale vantaggio aumenta se lo stadio conclusivo è vicino al mercato del consumatore finale.
Trasporti
Il trasporto è un elemento unificante di tutti i “fattori” relativi alla localizzazione. La fusione del rame,
eliminando le scorie prima della spedizione, onde un minimizzare i costi e trasporto. Alcuni orientamenti
sono opposti e volti all'aumento del peso. Per esempio, gli imbottigliatori aggiungono grandi quantità di
acqua a piccole quantità di sciroppo ottenendo un prodotto voluminoso, di valore relativamente basso. I
costi di trasporto si riducono se è soltanto il concentrato a essere mandato agli imbottigliatori locali, i quali
aggiungono l'acqua e distribuiscono ai negozianti della zona il prodotto finito.
Il trasporto su vie navigabili è il sistema di spostamento di merci più economico per la lunga distanza.
Le ferrovie permettono di spostare in modo efficiente grandi quantità di merci sulla lunga distanza a costi
contenuti di combustibile e di lavoro. Sono però fisse quanto al tragitto, lente nel rispondere ai mutamenti
dei modelli di localizzazione e costose da costruire e mantenere.
I camion, veloci e circolanti su reti stradali, hanno alterato il quadro competitivo in favore del trasporto su
gomma rispetto a quello ferroviario. Con il trasporto su strada si creano più facilmente centri intermedi.
Un vettore su gomma, per la breve distanza, e una spedizione su lunga distanza per ferrovia o vi acqua.

TRASPORTI E LOCALIZZAZIONE
Tassi di nolo: tariffe richieste per il carico, trasporto e lo scarico delle merci.
Ogni modalità di trasporto a una serie di costi fissi, relativi agli immobili e agli impianti necessari, oltre ai
costi terminali e a quelli del percorso. I costi terminali sono le tariffe legate alle spese di carico, di
imballaggio e di scarico, alle pratiche burocratiche e ai documenti di viaggio. I costi di percorso variano in
base alla modalità di trasporto scelta. I costi di trasporto totali rappresentano una combinazione di tutte le
spese e sono funzioni di distanza curvilinee anziché lineari. I costi del vettore tendono a diminuire
l’aumento delle distanze, ne risulta il principio di riduzione graduale. Una conseguenza della necessaria
assegnazioni di costi fissi a qualsiasi carico, qualunque sia la distanza di spostamento. Due trasporti brevi
costano più di un unico trasporto continuo sulla stessa distanza; ci sono però due eccezioni. I punti di
rottura del carico sono i luoghi in cui le merci devono essere trasferite da un vettore all'altro, per esempio
da una nave ai vagoni ferroviari. Quando avvengono simili trasferimenti, si impone un nuovo costo fisso o
terminale sul trasporto. Si assiste, pertanto, alla tendenza delle manifatture a concentrarsi in questi punti di
rottura, per evitare spese aggiuntive. Come incentivo, l'azienda di trasporti può concedere una speciale
tariffa unica della fonte di materiale prime al mercato, per un trasferimento che può essere interrotto per
la lavorazione. Questa tariffa elimina lo svantaggio rappresentato da due tratte brevi e tende a ridurre la
preferenza alle localizzazioni presso le materie prime.
TEORIE DELLA LOCALIZZAZIONE INDUSTRIALE
Le decisioni di localizzazione delle imprese non si basano sul peso di un singolo fattore. Sarà utile uno
sguardo ai tre fondamentali approcci al problema della localizzazione: la teoria del minor costo, la teoria
dell’interdipendenza e la teoria della massimizzazione dei profitti.
Teoria del minor costo
La teoria del minor costo, si fonda sul lavoro di Alfred Weber, analisi weberiana. Il modello spiega la
localizzazione ottimale di uno stabilimento manifatturiero in termini di minimizzazione di tre spese: costi
relativi al trasporto, alla manodopera e all’agglomerazione (raggrupparsi di attività di individui per un
vantaggio reciproco tramite la condivisione di impianti e servizi). Secondo Weber i costi di trasporto sono
l’elemento principale nel determinare la localizzazione. Egli formulò cinque assunti di controllo:
1) L’area è uniforme dal punto di vista fisico, politico culturale;
2) Le attività riguardano un unico prodotto, da trasportare a un unico mercato la cui ubicazione è nota;
3) Gli input concernono materie prime provenienti da più fonti conosciute, situate in luoghi diversi;
4) La manodopera è illimitata ma immobile sul post;
5) I percorsi di trasporto non sono fissi, ma collegano pinto d’origine e di destinazione per via più breve e i
costi di trasporto riflettono direttamente il peso degli articoli e la distanza da percorrere.
Weber deduce la localizzazione con il minimo costo di trasporto attraverso il triangolo localizzativo.
S1 e S2
rappresentano due
fonti di materie
prime di un
prodotto
consumato a M.
Approcci alla massimizzazione del profitto
Per molti le spiegazioni fornite dalle teorie del minimo costo e dell’interdipendenza delle localizzazioni sono
poco realistiche. Sostengono, la localizzazione perfetta di trova dov’è maggiore il profitto netto. Essi
propongo il principio di sostituzione è possibile compensare la diminuzione di un fattore produttivo (es. la
manodopera), oppure aumentare i costi di trasporto, riducendo la rendita del terreno.
Aziende libere non sono orientare né verso risorse né verso il mercato. Per esempio, le manifatture di
computer sono talmente costosi, leggeri e compatti che i costi di trasporto hanno scarsa influenza sul luogo
in cui avviene la produzione.
ALTRE CONSIDERAZIONI E VINCOLI LOCALIZZATIVI
Le economie di agglomerazione
Il raggruppamento in una medesima area delle attività industriali può assicurare alle singole imprese dei
vantaggi, condivisione di alcune infrastrutture, come gli impianti per i trasporti. Bacini comuni: la
manodopera specializzata e i servizi di supporto specifici per quell’attività si trovano già sul posto.
La concentrazione è implicito nel termine infrastruttura tenderà ad attrarre verso l’agglomerazione nuove
industrie da altre località.
In termini weberiani le economie di associazione alterano le decisioni di localizzazione che altrimenti si
baserebbero soltanto sui costi di trasporto e di manodopera e ogni nuova impresa che si aggiunge
all’agglomerazione porterà a un ulteriore sviluppo di infrastrutture e connessioni. L’area di Biella
(Piemonte), nella quale già agli inizi del Novecento si concentravano stabilimenti specializzati nella
lavorazione di lana. L’agglomerazione può produrre anche svantaggi se eccessiva alti prezzi del terreno e
inquinamento. Quando gli svantaggi superano i vantaggi, un’impresa trarrà profitto dalla rilocalizzazione in
una sede più isolata, processo deglomerazione.
Produzione flessibile o just-in-time
Le tradizioni industrie fordiste richiedevano l’immagazzinamento in loco di ingenti quantità e scorte,
ordinati e consegnati con molto anticipo rispetto alla necessità di produzione. La minor frequenza degli
ordini e la riduzione delle spese di trasporto, permettevamo così di contenere i costi. Tuttavia la certezza di
disporre scorte produceva alti costi di inventario e stoccaggio.
Al contrario, le manifatture just-in-time procurano materie prime soltanto al momento di usarle. Richiede
frequenti ordinazioni di contenute quantità di merci, consegne rapide da parte dei fornitori, che sono
incentivati a localizzarsi accanto al compratore.
Vantaggio comparato, outsourcing e offshoring
Vantaggio comparato: possono le singole aree o possono migliorare le proprie economie tramite la
specializzazione e il commercio, concentrandosi sulla produzione di quegli articoli più vantaggiosa rispetto
ad altre aree e importando tutti gli altri beni necessari.
Vantaggio comparato: fu riconosciuta quando la specializzazione e lo scambio riguardavano carichi di
grano, di carbone il cui costo di produzione in aree diverse era molto evidente. Oggi per molte imprese,
l’outsourcing, cioè la produzione all’estero per il mercato interno, è un elemento chiave nell’acquisizione
just-in-time di componenti pre-assemblate. Un esempio regionale caratteristico di deconcentrazione
industriale diversificato attraverso l’outsourcing si trova lungo il confine settentrionale del Messico.
Quando invece la manodopera straniera meno retribuita può rimpiazzare tecnici, professori e impiegati,
l’outsourcing prende il nome di offshoring e ha l’effetto di esportare i posti di lavoro di lavoratori qualificati
e altamente retribuiti. L’offshoring consiste nell’ingaggiare manodopera straniera oppure nell’appaltare a
un fornitore esterno la gestione di particolari processi o operazioni portando una frastica riduzione di costi.
Le localizzazioni imposte
Ulteriori vincoli influenzano la localizzazione: i piani regolatori vigenti, gli incentivi del governo allo sviluppo
di certe aree, i benefici fiscali ecc.
LE SOCIETÀ TRANSNAZIONALI
Le gigantesche industrie trasnazionali – aziende che hanno insediato filiali in nazioni diverse - diventano
sempre più importanti nell’economia globalizzata del mondo.
Le società transnazionali sono sempre più ramificate e hanno sede in paesi economicamente avanzati, nei
quali conservano le loro attività amministrative. L’investimento diretto estero – l’acquisto o costruzione di
fabbriche, da parte di multinazionali – è stato il motore della globalizzazione. Le tre principali fonti di
investimento diretto all’esterno sono i paesi che ospitano le maggiori società transnazionali: Stati Uniti,
Europa, Hong Kong e Giappone. In Europa, il Regno Unito, la Germania e la Francia sono leader
nell’investimento diretto estero. Le principali destinazioni di investimento in entrata sono Hong Kong, Cina,
Singapore, Messico, Brasile e India. La distanzia e la prossimità influenzato la destinazione di flussi di
capitale estero. Per esempio, è più probabile che gli IDE provenienti dagli Stati Uniti vadano verso l’America
Latina. Sebbene i paesi poveri confidino negli investimenti stragrande maggioranza dell’investimento
diretto estero fluisce verso le aree ricche. Che questi siano destinati ai paesi sviluppati appare
comprensibile: gli investimenti si utilizzano soprattutto per la fusione o per l’acquisizione di industrie di
consolidate, competitive all’interno di aree di mercato estero già sviluppate, e proprio le fusioni e le
acquisizioni di investimenti diretti esteri.

MODELLI E TENDENZE MONDIALI DELLE MANIFATTURE


La preminenza di numero relativamente ridotto di grandi concentrazioni industriali, all'interno di un gruppo
piuttosto ristretto di nazioni, principalmente, appartenenti al mondo “industrializzato” o “sviluppato”. Si
possono, grossomodo, distinguere quattro principali regioni manifatturiere comunemente riconosciute: la
parte orientale degli Stati Uniti, l'Europa occidentale e centrale, l'Europa orientale e l'Asia orientale.
Il Nord America
L'importanza delle attività manifatturiere del Nord America è in costante declino. Le manifatture si trovano
soprattutto delle zone urbanizzate, ma non sono distribuite in modo uniforme. La principale
concentrazione si situa nella parte nord-orientale degli Stati Uniti e nelle zone confinanti del Canada Sud
orientale, la cosiddetta cintura manifatturiera dei Grandi laghi. Quest'area ospita la maggior parte della
popolazione urbana dei due stati, la più capillare e sviluppata rete di trasporti, il più grande numero di
stabilimenti manifatturieri e la maggior presenza dell'industria pesante. Il suo centro è Megalopolis
(un'estesa area urbanizzata costituita attraverso la grande fusione di più città), un sistema urbano lungo
1000 km dal Maine in Virginia. Il cuore della Cintura manifatturiera si è sviluppato a cavallo dei monti
Appalachi, verso l'interno del continente.
L'EUROPA OCCIDENTALE E CENTRALE
La rivoluzione industriale, che ebbe inizio in Inghilterra alla fine del 1700 fece dell'Europa occidentale
centrale la religione manifatturiera principe nel mondo. La maggior parte della produzione manifatturiera si
concentra in una serie di aree che si estendono dalla Midlands inglesi a ovest, sino ai Monti Urali, a est. Fu
l'energia del vapore a fornire l'impulso per la completa industrializzazione di quel Paese e dell'Europa. Di
conseguenza, in Inghilterra, furono i giacimenti di carbone, e non i corsi d'acqua, le sedi nei nuovi distretti
manifatturieri. Londra, seppure lontana dai depositi carboniferi, divenne il più grande centro manifatturiero
del Regno Unito. L’area industriale più vasta e importante d'Europa si estende dal confine franco-belga sino
alla Germania occidentale. Il suo perno e la Ruhr, in Germania, concentrazione industriale con più di
cinquanta importanti città, che ospitano industrie siderurgiche, tessili automobilistiche, chimiche e metalli.
L'Europa occidentale sta sperimentando una fase di deindustrializzazione, iniziatasi negli ultimi decenni del
Novecento con il forte ridimensionamento dell'industria mineraria e della Siderurgia. La Ruhr, per esempio,
ha cambiato una volta chiuse le miniere ha rifondato il proprio apparato industriale nella direzione dell'alta
tecnologia.
L'EUROPA ORIENTALE
Tra la fine della seconda guerra mondiale le concentrazioni industriali dell'Europa orientale rimasero
escluse dalle precedenti connessioni con i grandi mercati e le economie delle altre regioni europee;
dovettero cantare alla pianificazione industriale e alla politica economica regionale imposte dall'Unione
Sovietica. Più a est, in Russia in Ucraina, dominano due forme diverse di indirizzo industriale, risalente ai
tempi degli Zar. La Russia si incentra sull' industria leggera, l'Ucraina riguarda l'industria pesante.
L'ASIA ORIENTALE
L’Asia orientale sta rapidamente diventando la più produttiva regione industriale del mondo. Il Giappone è
la seconda nazione manifatturiera in assoluto. La Cina, sfruttando ricche risorse e forza lavoro massiccia, si
sta industrializzato in fretta. La Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Hong Kong erano comunemente note
come “le quattro tigri” dell'economia asiatica, in virtù di una rapida industrializzazione che le ha rese
presenze di tutto rispetto sui mercati del mondo intero.
La dipendenza dell’importazione di materie prime e l'esportazione di prodotti finiti ha favorito la
localizzazione sulla costa della maggior parte delle fabbriche. Il cuore industriale è la fascia che si estende
da Tokyo alla parte settentrionale di Kyushu. A spingere la Cina in prima linea come potenza industriale
furono l'investimento diretto estero, l’outsourcing di ditte straniere verso i fornitori a basso costo cinesi e la
rilocalizzazione. A differenza del Giappone, la Cina possiede una riserva interna abbastanza ricca e
diversificata di materie prime, quali minerali e combustibili.

MODELLO HIGH-TECH
Le teorie localizzative tradizionali sono meno applicabili per spiegare l'ubicazione dell'ultima generazione di
attività manifatturiere, come l’high-tech. L'alta tecnologia è un concetto la si comprende applicazione di
intensi sforzi di ricerca e di sviluppo volti a creare nuovi prodotti molto avanzati, dal punto di vista
scientifico. I lavoratori altamente specializzati, “colletti bianchi”: scienziati ricercatori, ingegneri e tecnici
qualificati. Quando questi specialisti entrano in azienda, aggiungendosi al personale di amministrazione le
distinzioni tra attività secondarie (manifatture) e quaternarie (conoscenza) sono sempre più sfumate. Pochi
tipi di attività industriale considerati high-tech - elettronica, comunicazioni, computer, software,
farmaceutici, industria aerospaziale - ne sono esempi la robotica nella catena di montaggio.
Sono state identificate cinque tendenze localizzative:
1) la vicinanza alle principali università o a centri di ricerca e una grande riserva di manodopera
specializzata;
2) l'assenza di aree in cui le rigidità di contratto possono rallentare il processo di innovazione;
3) la disponibilità di capitale;
4) la localizzazione in centri ritenuti a buona “qualità di vita”;
5) la disponibilità di mezzi di comunicazione e di trasporto di qualità per tenere uniti tra loro gli stadi
separati dalla ricerca.
Le forze di agglomerazione giocano un ruolo essenziale anche in questo nuovo modello di localizzazione
industriale. Spin-off (derivate) fondate da dipendenti che hanno lasciato affermate aziende locali.

TERZIARIO E OLTRE
Le attività terziarie forniscono servizi ai settori primario e secondario e perseguono finalità diverse dalla
produzione di beni tangibili. I vantaggi nell'ambito manifatturiero, un tempo dei paesi sviluppati, non si
sono più potuti mantenere e sono stati sostituiti da noi orientamenti economici, che enfatizzano le attività
di servizio e l'informazione. Le economie avanzate nelle quali si è compiuta in maniera più completa questa
transizione sono spesso definite “post-industriali”. All'inizio del nuovo millennio l'Italia, come tutti gli altri
paesi dell'Europa occidentale, ha raggiunto la condizione di Paese post-industriale. La componente di forza
lavoro del settore primario è scesa. L'industria è cresciuta per poi scendere. Alla diminuzione di questi due
settori è corrisposta la crescita del terziario che dal 34% va al 70%. L'espansione del settore terziario, negli
anni Novanta del Novecento, fu di tre volte superiore alla media mondiale nei paesi in via di
modernizzazione. Terziario e servizi sono termini imprecisi che coprono dal negozio di barbiere alla
presidenza della Banca Mondiale. La categoria del terziario andrebbe disaggregata, per distinguere quelle
attività che rispondono alle esigenze della vita e quelle che riguardano i compiti dirigenziali, amministrativi
e finanziari. Sarà utile restringere il significato “terziario”, limitandolo ai servizi di basso profitto, connessi
alle necessità quotidiane della gente. Le attività più specializzate devono essere attribuite alle categorie
distinte del “quaternario” e del “quinario”.
SERVIZI DEL TERZIARIO
Alcuni servizi si occupano della vendita di merce all'ingrosso e al dettaglio e attribuiscono ad articoli
prodotti altrove ciò che gli economisti definiscono utilità di posizione. Quelle che si dedicano ai trasporti si
preoccupa o dell’ubicazione di persone e impianti da mettere in connessione o da trasferire. Le loro
determinanti localizzative sono le tipologie distributive della popolazione e la struttura spaziale di
produzione e consumo. La maggior parte delle attività terziarie, si occupa di servizi privati e commerciali
svolti nei negozi, nei ristoranti, raggruppati nei centri urbani. I fornitori di servizi personali tendono a
localizzarsi dov’è massima la densità di mercato e dove si concentrano le domande dei servizi multipli. La
crescita dei servizi indica quei cambiamenti resi possibili dall’aumento dei redditi personali e nello stile di
vita individuale. Per esempio, nelle economie di sussistenza le famiglie producono, prepara e consumano il
cibo. Le società industriali, invece, dipendono da agricoltori specializzati e da venditori all'ingrosso e al
dettaglio, i quali offrono cibo a famiglie che lo preparano e consumano in casa. Nei paesi post-industriali la
gente procura vivande pronte nei ristoranti, in risposta assistiamo a una crescita accelerata del numero di
lavoratori nel terziario.
Il turismo
Il turismo è la più importante attività del terziario, la maggiore industria mondiale per produzioni di posti di
lavoro. Il turismo internazionale genera nuovo reddito e posti di lavoro negli Stati in via di sviluppo i turisti
si spostano dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo. Il turismo ha registrato una crescita
eccezionale, che testimonia l'aumento dei redditi individuali. È difficile quantificare la forza lavoro dato che
le imprese come gli alberghi, i bar e i ristoranti sono spesso di piccole dimensioni e hanno una gestione
familiare. Il turismo è nato in Europa e si è in seguito sviluppato in tutti i paesi industrializzati. L'Europa
mantiene ancora un ruolo leader a livello mondiale, attirando la metà degli influssi turistici internazionali.
Per arrivi e per entrate turistiche nelle prime posizioni conta la Francia, primo paese del mondo per arrivi, la
Spagna, l'Italia, Stati Uniti e Cina. Nei paesi in via di sviluppo il turismo risulta frenato da diversi fattori,
come l’instabilità politica e le reti di trasporto. I flussi turistici privilegiano aree limitate, per molti paesi in
via di sviluppo sta comunque diventando il settore dominante.

OLTRE IL TERZIARIO
Il settore quaternario tratta compiti che vengono svolti negli uffici, nelle aule scolastiche universitarie, negli
ospedali e negli studi dei medici, nei teatri, ecc.
Oltre la metà dei lavoratori nelle economie ricche appartengono al solo “settore della conoscenza”, cioè si
occupano della produzione, immagazzinamento, recupero o distribuzione di informazioni. Le attività
quinarie dei “colletti d'oro” rappresenta le qualificate competenze lavorative ben retribuite di dirigenti
commerciali, funzionari governativi, scienziati e ricercatori, consulenti finanziari, ecc.
Queste persone trovano il proprio posto di lavoro nei maggiori agglomerati metropolitani, all'interno delle
più importanti università.
CAP.10 SISTEMI URBANI E STRUTTURE URBANE
UN MONDO IN VIA DI ORGANIZZAZIONE
La popolazione urbana del mondo ha superato quella rurale. Nel 2015, 29 metropoli hanno registrato una
popolazione di 10 milioni di abitanti, guadagnano il titolo di megacittà. Secondo stime delle Nazioni Unite
la popolazione urbana costituirà il 60% della popolazione mondiale entro il 2030. In prevalenza nei paesi a
basso e medio reddito; ma anche in quelli a reddito elevato dove i tassi di crescita registrano un’espansione
legate al flusso di migranti alla ricerca di opportunità per migliorare. Vi sarà anche un incremento delle
eterogeneità culturale. Il risultato è un crescente multiculturalismo urbano, con problemi di
frammentazione sociale, isolamento e povertà, specie nelle maggiori città degli Stati di destinazione.
MEGACITTÀ E FUSIONE DI METROPOLI
Megacittà: le aggregazioni urbane che superano i 10 milioni di abitanti.
L'ONU previde che nel 2015 sarebbero esistite 22 città con 10 milioni di abitanti, presto vi sarebbero state
città di dimensioni del tutto impossibile da gestire con 25 milioni di abitanti. Vennero espressi timori circa il
rischio di condizioni drammatiche di povertà in conseguenza a tale crescita. L’iniziale rapida espansione di
molte megacittà è andata rallentando, alcune di quelle più grandi potrebbero essersi stabilizzate o
addirittura veder scendere la propria popolazione. Quando importanti complessi metropolitani separati si
espandono lungo le strutture di trasporto da cui sono collegati, è possibile che si incontrino e si uniscano in
corrispondenza dei rispettivi margini esterni, creando le ampie regioni metropolitane o conurbazioni.
Il termine megalopoli designa la principale conurbazione presente in Nord America, una fascia urbana
quasi continua che si estende da nord di Boston fino a sud di Washington. Al di fuori del Nord America gli
esempi di conurbazione sono numerosi, nelle aree più industrializzate dell'Europa (la regione del Reno
verso Parigi, Londra e la Pianura Padana; banana blu dal geografo francese Brunet) e dell'Asia orientale
(regioni di Tokyo e Kyushu).

LA NATURA DELLE CITTÀ


Le città sono uno dei più antichi segni della civiltà. Risalenti a 6000 anni fa o più, ebbero origine a partire dai
focolai culturali da cui si svilupparono le prime forme di agricoltura stanziale. Ogni città svolge determinate
funzioni -ha una base economica- da cui ricava il reddito necessario per sostenere sé stessa e i suoi abitanti.
Nessuna città esiste “nel vuoto”. Ogni città costituisce un'unità all'interno di un sistema di città e un centro
d’attrazione per un'area non urbana circostante. Ogni unità urbana presenta una disposizione interna usi
del territorio, gruppi sociali e funzioni economiche. Tutte le città hanno conosciuto problemi riguardanti
l'uso del territorio, i conflitti sociali. Esse rimangono il fulcro attorno a cui le società le economie moderne si
organizzano. Nelle aree urbane si trovano: commercio al dettaglio, commercio all'ingrosso, produzione,
servizi professionali e personali, intrattenimento, amministrazione aziendale e politica, attività militari di
difesa, istruzione e funzioni religiose, trasporti e comunicazioni. La totalità degli individui e delle funzioni
presenti in una città costituisce un paesaggio culturale distintivo, le cui somiglianze e differenze da luogo
all'altro sono uno degli oggetti di analisi della geografia umana.
ALCUNE DEFINIZIONI
Unità urbane: insediamenti non agricoli, sorti attorno al nucleo centrale.
Città e cittadina: insediamenti sviluppati attorno a un nucleo centrale di carattere multifunzionale, l'uso del
territorio è distribuito tra residenziale e non residenziale. Le cittadine sono più piccole hanno un grado di
complessità funzionale inferiore rispetto alle città, tuttavia in esse le attività economiche rimangono
concentrati attorno a un nucleo.
Sobborgo: aerea secondaria, segmento insediativo specializzato sul piano funzionale. Non è autosufficiente,
dipende da aree urbane al di fuori dei suoi confini. I sobborghi, però, possono rappresentare entità
politico-amministrative indipendenti. Nel caso di grandi città comprendenti molti sobborghi, la parte
all'interno dei confini ufficiali del nucleo principale attorno al quale si sono sviluppati i sobborghi è
comunemente denominata città centrale.
Area urbanizzata: paesaggio caratterizzato da edificazione continua, definito dalla densità di edifici e di
popolazione senza alcun riferimento a confini amministrativi. Può avere al proprio interno una città
centrale e/o un gran numero di città, cittadine, sobborghi contigui e altri tratti urbani.
Area metropolitana: può contenere molte aree urbanizzate, a edificazione discontinua, ma operanti come
un insieme economico.
Il Bureau of the Census statunitense ha ridefinito il concetto di “metropolitana”.
Metropolitan statistical areas: sono formate da uno più contee (circoscrizione amministrativa) centrali con
almeno un’area urbanizzata caratterizzata da una popolazione minima di 50.000 abitanti, più una serie di
contee periferiche legate a quella centrale.
Micropolitan statistical area simili alla precedente, ma dimensioni inferiori. È formata da una contea con
una città centrale e almeno un agglomerato urbano compresa tra 10.000 e 50.000 abitanti, più alcune
contee periferiche.
Quanto l'Italia: “sono considerate aree metropolitane i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova,
Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta
integrazione territoriale, attività economiche e relazioni culturali.
L'UBICAZIONE DEGLI INSEDIAMENTI URBANI
I centri urbani sono collegati dal punto di vista funzionale ad altre città e ad aree rurali. Un'unità urbana
esiste per fornire servizi non solo a sé stessa, bensì anche ad altri destinatari esterni. Il centro urbano
consuma alimenti, distribuisce beni e servizi; per ottenere le forniture essenziali desso deve
necessariamente dipendere da zone esterne. La città deve avere un'ubicazione che risponda a criteri di
efficienza. La collocazione può essere collegata alle risorse, alle regioni produttive e alla rete di trasporti del
Paese. Nel discutere l'ubicazione degli insediamenti urbani, i geografi solitamente fanno riferimento alla
rilevanza del sito e della situazione. Il termine sito si riferisce alle caratteristiche fisiche del terreno su cui la
città è insediata, ubicazione assoluta. Ubicazioni in punti di rottura di carico, quali punti di attraversamento
fluviali dove merci e persone devono interrompere un viaggio; le ubicazioni corrispondenti a punti estremi
di navigazione, dove vengono raggiunti i limiti per il trasporto via acqua; le ubicazioni corrispondenti a un
capolinea ferroviari. In Europa, fattori come la sicurezza e la difesa (ubicazione su isole o siti elevati)
avevano grande peso nello scegliere la posizione dei primi insediamenti.
Situazione: l'ubicazione relativa, cioè la posizione di un insediamento rispetto alle caratteristiche fisiche e
culturali delle aree circostanti.
È possibile che il sito o la situazione non rimangano il fattore essenziale di crescita e sviluppo. L'economista
Gunnar Myrdal ha tentato (1957) di descrivere le relazioni tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati.

LE FUNZIONI DELLE CITTÀ


Nessuna città è un'unità isolata; ognuna è collegata ad altri centri in un sistema di città interconnesso,
fornisce beni e servizi alla regione circostante che gravita attorno a essa, regione detta hinterland, o area
commerciale. Non tutte le attività esercitate in una città hanno lo scopo di creare un collegamento con il
mondo esterno, infatti alcune servono a mantenere in vita la città stessa. Insieme, questi due livelli di
attività formano la base economica di un insediamento urbano.
LA BASE ECONOMICA
In un'unità urbana una parte della popolazione occupata si dedica alla produzione di beni o alla prestazione
di servizi a favore di aree e individui residenti all'esterno della città stessa. Lavoratori dediti ad attività di
esportazione, il cui impegno si traduce in un afflusso di denaro all'interno della comunità. Essi costituiscono
il settore di base della struttura economica complessiva della città. Altri lavoratori si occupano di produrre i
beni o servizi per i residenti, non genera un afflusso di denaro, ma costituisce un settore dei servizi o
settore non di base. La struttura economica complessiva di un'area urbana equivale alla somma delle sue
attività di base e non di base. È raro che un individuo possa essere classificato come appartenente
completamente a un settore o a un altro. Es. i medici hanno principalmente pazienti locali, e in tal caso
1. Le cittadine che forniscono alle campagne circostanti beni fondamentali si sviluppano in una pianura
uniforme priva di barriere topografiche, di direzioni privilegiate del traffico, nonché di variazioni della
produttività agricola.
2. La popolazione agricola è distribuita in modo uniforme in tale pianura.
3. Le persone hanno caratteristiche gusti, tipi di domanda e redditi simili.
4. Ogni tipo di prodotto ha un numero minimo di consumatori necessario per sostenerne l'offerta. Per un
piccolo negozio di alimentari è necessario un numero inferiore di consumatori.
5. I consumatori acquistano beni e servizi presso la struttura più vicina.
Se tutte le ipotesi vengono date per realizzate contemporaneamente, ne derivano le seguenti conseguenze:
1. Ogni acquirente è cliente abituale del centro più vicino. La pianura viene suddivisa in aree di mercato
non concorrenziali dove tutte le singole cittadine hanno il monopolio delle vendite.
2. Tali aree di mercato assumono la forma di esagoni, né alcuna zona può ricevere lo stesso tipo di servizio
da due centri in concorrenza.
3. È presente una località centrale al centro di ciascuna delle aree di mercato esagonali.
4. Le località centrali più grandi assicurano l'offerta di tutti i beni e servizi.
5. Le dimensioni dell'area di mercato di una località centrale sono proporzionali al numero di beni e
servizi offerto da tale località.
6. Contenute all'interno delle aree di mercato più grandi o ai margini di esse vi sono località centrali che
servono una popolazione minore e offrono una gamma più ridotta di beni e servizi.
Christaller giunse a due ulteriori importanti conclusioni:
I. le città di uguali dimensioni si trovano a una distanza uniforme l'una dall'altra; i centri più grandi sono
più distanziati rispetto a quelli più piccoli, esistono molte più città piccole che grandi.
II. Il sistema di città è interdipendente. Se una località centrale fosse eliminata, l'intero sistema
dovrebbe essere riadattato. Le città in cui sono disponibili molti beni e servizi diventano centri al
dettaglio regionali, mentre le località centrali più piccole servono soltanto chi risiede nelle immediate
vicinanze. I clienti sono disposti a fare molta strada per acquistare costosi articoli di lusso, ma non per
generi alimentari.
Il modello delle località centrali ha manifestato la propria inadeguatezza di fronte ai progressi compiuti
nell'ambito dei sistemi di trasporto e di comunicazione. Nel secolo scorso, avviarono il declino economico e
la scomparsa di alcune località centrali di ordine più basso le quali, data la maggiore mobilità nei trasporti,
venivano sempre più trascurate dai consumatori, attratti da centri più grandi e più lontani che offrivano
maggiore varietà di beni. In un mondo caratterizzato da industrializzazione la teoria delle località centrali è
sempre meno applicabile.
STRUTTURE URBANE RETICOLARI
Negli ultimi anni ha iniziato a diffondersi un nuovo modello spaziale urbano, che in parte si discosta dal
modello di ordinamento gerarchico delle città analizzato in precedenza. Le strutture urbane reticolari
nascono a seguito delle profonde trasformazioni economiche. L'indotto industriale e quello dei servizi
correlati si sono distribuiti su territori più vasti, connettendo le varie città come se fossero una città unica.
Quando due o più città in precedenza indipendenti, le cui funzioni sono divenute potenzialmente
complementari, si impegnano a collaborare sviluppando fra loro corridoi di trasporto ad alta velocità e
infrastrutture per le comunicazioni, sorgono città e strutture regionali reticolari. Per esempio, dopo la
riunificazione di Hong Kong con la Cina, nel 1997 è stata sviluppata un'infrastruttura di strade e linee
ferroviarie.
spostano più in periferia, mentre le fasce più povere (quelle più vicine al centro) diventano i dubbi
beneficiari delle aree meno appetibili lasciate libere.
A questi modelli si contrappone un modello a nuclei multipli, secondo il quale le grandi città si sviluppano
espandendosi verso la periferia a partire da molteplici nodi di crescita. I singoli nodi relativi a funzioni
speciali –commerciale, industriale- si sviluppano in risposta ai benefici derivanti dall’associazione spaziale di
attività simili. Il modello di usa del territorio urbano non ha una struttura regolare che parte da un unico
centro e si sviluppa con una sequenza di aree concentriche o con una serie di settori, ma si fonda su
aggregati di attività in contrasto fra di loro che si espandono separatamente.
Un nuovo modello detto degli “ambiti urbani”: i nuovi assetti riscontrati in alcune aree metropolitane dove
coesistono più modelli classici. Dagli anni Cinquanta del Novecento, la popolazione inizia a spostarsi nei
sobborghi esterni di alcune principali città, costituendi città di margine, accrescendo la quantità e la qualità
delle funzioni ospitanti.
AREE SOCIALI DELLE CITTÀ
Maggiori sono le dimensioni e il libello di complessità economica e sociale delle città, più forte risulta la
tendenza dei loro abitanti a separarsi in gruppi basati sullo status sociale, sullo status familiare e
sull’etnicità.
CONTROLLI ISTITUZIONALI
Durante il secondo dopoguerra, i controlli istituzionali hanno pesantemente influenzato gli schemi relativi
all’uso del territorio. Gli interventi sono mirati ad assicurare che lo sviluppo urbano avvenga secondo
modalità e modelli legalmente accettabili. Una pianificazione così attenta dovrebbe impedire la nascita di
aree altamente degradate.
LA SUBURBANIZZAZIONE NEGLI STATI UNITI
Suburbanizzazione: espansione di arre urbane oltre i propri confini (periferie).
Nei vent’anni precedenti la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti videro formarsi quella struttura
tecnologica, fisica e istituzionale. Miglioramenti nel settore automobilistico significa non dipende dai mezzi
di trasporto pubblico. Nel 1938 fu riconosciuto il diritto massimo di 40 ore lavorative la settimana,
permettendo uno spostamento quotidiano tra casa e luogo di lavoro impossibile quando era normale
lavorare 10 o più ore al giorno. Per stimolare l'economia attraverso l'effetto domino connesso
all'espansione edilizia abitativa fu creata la Federal Housing Administration: istituzione che garantiva ai
creditori la sicurezza dei mutui ipotecari concessi permettendo alla classe operaia di acquistare una casa
anziché rimanere in affitto e assegnava ai veterani della Seconda Guerra Mondiale condizioni vantaggiose
per l'acquisto di un'abitazione nuova. La domanda di abitazioni esplose dopo il 1945 e una massiccia
suburbanizzazione di persone e funzioni alterò il modello urbano esistente in America.
Edges cities: strutture adibiti a uffici, si caratterizzano per il fatto di ospitare al proprio interno più posti di
lavoro che residenti. I sobborghi esterni, exurbs, vaste aree in espansione con una crescita non strutturata
attorno a un centro e non sottoposta all’influenza delle città centrali o delle edge cities.
Il fenomeno di espansione incontrollata quasi informe che sta emergendo ha ottenuto la denominazione
negativa di spread city (“citta sparpagliata”) che definiscono come “non vera città” perché manca di uno o
più centri, né un sobborgo, perché non è satellite di alcuna città.
Le sue stesse zone più esterne non più riconosciute come urbane, sono il prodotto di una
conturbanizzazione, ovvero il trasferimento in aree rurali o in piccoli centri da parte di chi in precedenza
risiedeva in città.

DIVERISTÀ URBANA NEL MONDO


Se la città è un fenomeno universale, le sue caratteristiche sono diverse da regione a regione.
LA CITTÀ EUROPA OCCIDENTALE: IL CASO ITALIANO
È logico attendersi divergenza maggiori rispetto al modello statunitense. Le città europee si formano e
iniziano la loro evoluzione in epoca molto precedente rispetto la realtà americana, nascendo e
sviluppandosi attraverso la sedimentazione di culture, economie e società che si sono succedute su tempi
CAP.11 L’ORGANIZZAZIONE POLITICA DELLO SPAZIO
Mayflower Compact: accordo sottoscritto dai Padri Pellegrini in cui essi dichiaravano che "ci organizziamo
in un corpo civile e politico [...] per decretare, costituire e regolare, di tempo in tempo, quelle Leggi, Ordini,
Atti, Costituzioni e Uffici, giusti e uguali". Elessero un governatore.
La geografia politica studia le caratteristiche e la distribuzione dei fenomeni politici, analizza i gruppi
organizzati in un Paese, ovvero gli Stati
SISTEMI POLITICI NAZIONALI
Uno degli elementi più significativi nell'ambito della geografia culturale è la divisione della superficie
terrestre in unità-Paese. Un secondo aspetto è il fatto che questa divisione è recente. Solo nell'ultimo
secolo il mondo è stato suddiviso quasi completamente in entità indipendenti.
STATI, NAZIONI E STATI-NAZIONE
Uno Stato può essere definito come:
1) unità politiche che formano una federazione (USA o'Australia);
2) un'entità politica indipendente che detiene la sovranità su un certo territorio (Italia). In questo secondo
significato, il termine Stato è sinonimo di Paese o Nazione.
Una nazione può essere definita come:
1) un'unità politica indipendente che detiene la Sovranità su un territorio (un membro delle Nazioni
Unite);
2) una comunità di individui che condividono una cultura comune e un territorio (per esempio la nazione
curda). Nella seconda accezione, il termine non è dunque sinonimo di Stato o Paese.

Per evitare confusioni utilizzeremo Stato per indicare, a livello internazionale, un'unità politica
indipendente che occupa un territorio ben definito e stabilmente abitato ed è dotata della piena sovranità
sui suoi affari interni ed esteri.
Non tutte le entità territoriali riconosciute rappresentano altrettanti Stati. L'Antartide, per esempio, non ha
un governo costituito né una popolazione stabile, pertanto non è uno Stato. Neppure le colonie e i
protettorati sono riconosciuti come Stati. Infatti, pur avendo un territorio ben definito, una popolazione
permanente e una struttura governativa in certa misura autonoma, queste istituzioni non detengono il
controllo completo sulla totalità dei loro affari interni ed esterni.
Impiegheremo il vocabolo "nazione" in riferimento alle persone e non alla struttura politica. Una nazione
consiste in un gruppo di individui che condividono una cultura comune e occupano un determinato
territorio, i quali sono legati da un forte senso di unità, frutto di un patrimonio comune di costumi e
credenze. La lingua e la religione possono essere elementi unificatori, ma importanza ancora maggiore
rivestono la convinzione emotiva di avere una distinta identità culturale e il senso di etnocentrismo. La
nazione basca esiste per la sua unicità culturale, non in virtù di una sovranità territoriale.
Il termine composto Stato-nazione si riferisce a uno Stato la cui estensione territoriale coincide con l'area
occupata da una nazione o da un popolo distinto, oppure, la cui popolazione condivide un senso generale di
coesione. Lo Stato-nazione è un'entità i cui membri si sentono naturalmente legati fra loro poiché
condividono la lingua, la religione o qualche altra caratteristica culturale abbastanza forte da tenerli uniti e
far sì che si sentano distinti rispetto a chiunque si trovi all'esterno della loro comunità. Pochi possono
definirsi realmente Stati-nazione, poiché pochi sono del tutto omogenei etnicamente. L'Islanda, la Slovenia,
la Polonia e le due Coree sono esempi accettabili di Stato-nazione!
Uno Stato binazionale o multinazionale comprende al proprio interno più di una nazione. Spesso in questi
casi non vi è un singolo gruppo etnico. Una singola nazione può essere distribuita su più territori,
ricoprendo una posizione dominante in due o più stati. È così Stato-nazione con estensione parziale, dove il
senso di nazionalità supera i confini geografici di un singolo Paese. Un esempio tipico è quello della nazione
araba, predominante in diciassette Stati.
Nazione senza Stato: popolo che non ha un proprio Stato. I curdi, per esempio, sono una nazione di circa 20
milioni di individui suddivisi tra sei Stati e senza una posizione predominante in alcuno di essi.
L’EVOLUZIONE DELLO STATO MODERNO
La nozione di Stato moderno fu sviluppata dai filosofi politici europei del XVIII secolo. Essi portarono avanti
l'idea che gli individui hanno un obbligo di fedeltà verso uno Stato e il popolo che questo rappresenta, non
verso il suo capo.
Ai modelli spaziali, meno organizzati, di controllo tribale, i colonizzatori europei imposero le loro nuove
suddivisioni del territorio, gruppi che avevano poco in comune vennero riuniti nella stessa colonia.
Una volta ottenuta l'indipendenza politica, queste ex colonie hanno fatta propria l'idea di "Stato",
accettando, in modo da evitare rivendicazioni territoriali, i confini tracciati dai dominatori. La Repubblica
Democratica del Congo, per esempio, contiene circa 270 gruppi etnici.
Alla fine del Settecento esistevano circa 35 imperi, regni e paesi; nel 1939, essi erano raddoppiati. Dopo il
conflitto conclusione, la conclusione del periodo coloniale determinò un rapido aumento del numero di
Stati Sovrani nel mondo. Prima del 1990 gli Stati indipendenti nel mondo erano circa 180, ma il loro numero
aumentò a seguito della disintegrazione dell'URSS, della Cecoslovacchia e della Jugoslavia, da cui nacquero
oltre 20 paesi.

PRESSIONI NEI CONFRONTI DELLA SUPREMAZIA DELLO STATO


La validità della visione statocentrica del mondo è sempre di più messa in discussione dal ruolo assunto dal
potere economico e dalla società civile. Per questo va sottolineata la presenza dei seguenti fenomeni:
1. La globalizzazione delle economie e l'emergere di società transnazionali le cui decisioni in materia di
economia e produzione sono slegate dagli interessi del singolo Stato.
2. La proliferazione di istituzioni internazionali e sopranazionali che inizialmente si occupano di questioni
finanziarie o problemi relativi alla sicurezza, ma sono tutte espressione di una volontaria rinuncia a
parte della tradizionale autonomia dello Stato. L'Organizzazione Mondiale del Commercio, il NAFTA,
l'Unione Europea sono organismi che limitano la libertà di azione dei loro membri, riducendo la
supremazia assoluta degli Stati nelle questioni economiche e sociali.
3. L'emergere di organizzazioni non governative (ONG), i cui interessi specifici e le cui azioni collettive
travalicano i confini nazionali e uniscono coloro che condividono alcune preoccupazioni comuni
riguardo, per esempio, l'ambiente, le ingiustizie, influenzano e limitano le azioni dei governi.
4. I massicci flussi migratori, i bassi costi delle comunicazioni consentono agli immigranti di mantenere
solidi legami con la cultura e il Paese di origine, scoraggiando i loro sforzi per integrarsi completamente
nel nuovo ambiente sociale.
5. I movimenti nazionalisti e separatisti che minano al primato dello Stato, in precedenza indiscusso.
CARATTERISTICHE GEOGRAFICHE DEGLI STATI
Ogni Stato presenta determinate caratteristiche geografiche. Le dimensioni, la forma e l'ubicazione di uno
Stato, insieme, fanno sì che esso si distingua da tutti gli altri.
Dimensioni
L'area occupata da uno Stato può essere grande oppure piccola. Il Paese più grande al mondo, la Russia,
occupa oltre 17 milioni di chilometri quadrati, circa l'11% della superficie terrestre.
Maggiore è la superficie di uno Stato, maggiori saranno le possibilità che esso includa al proprio interno
giacimenti minerari, risorse energetiche e suoli fertili. Avere grandi dimensioni, però, può essere anche uno
svantaggio: può contenere vaste zone remote e con una popolazione sparsa, zone difficili da integrare nel
corpo principale dell'economia e della società. A differenza quelli piccoli hanno una popolazione
culturalmente omogenea, maggiore facilità a sviluppare sistemi di trasporto
Forma
La forma di un Paese può influire sullo sviluppo di uno Stato. La forma più efficiente appare quella circolare,
con la capitale ubicata nel centro. Così tutte le località sarebbero facilmente raggiungibili dal centro e la
spesa per le infrastrutture sarebbe minore. La Polonia pressoché circolare è Stato compatto; stati che si
caratterizzano per la presenza di alcune sottili estensioni costituite da una semplice penisola, come la
Thailandia; oppure hanno rilevanza economica o strategica. Le estensioni territoriali tendono a isolare una
contribuisce all’integrazione di gruppi diversi e consente di avere una popolazione unita. Questo è emerso
in paesi quali gli Stati Uniti e la Svizzera, dove gruppi culturali diversi si sono uniti danda vita a entità
politiche che suscitano sentimenti di fedeltà in tutti i cittadini.
Gli stati seguono svariate strade per promuovere il nazionalismo. L’iconografia è lo studio dei simboli che
contribuiscono all’unità di un popolo. Gli inni nazionali, le bandiere, le squadre nazionali, le festività.
La presenza di una famiglia reale può essere utile a tale scopo, come nel Regno Unito. Il nazionalismo può
assumere anche caratteri negativi e sfociare nel razzismo. Per esempio, il richiamo al nazionalismo è
servito, nella Germania nazista, per eliminare le minoranze etniche, viste come un pericolo per l’integrità
del Paese.
Istituzioni con funzione unificatrice
Tra le istituzioni più importanti: le scuole, in particolare le elementari. I bambini imparano infatti la storia
del loro Paese, i contenuti che riguardano quella degli altri ridotti. Ci si attende che le scuole li portino a
identificarsi con il loro Paese.
Altre istruzioni sono le forze armate e la religione.
Organizzazione e amministrazione
lo stato si impegna “a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitano di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini”.
Trasporti e comunicazioni
La rete dei trasporti promuovendo l’interazione tra aree diverse.

FORZE CENTRIFUCHE: SFIDE ALL’AUTORITÀ DELLO STATO


Forze centrifughe destabilizzanti. I trasporti e possono essere ostacolati dalla forma o dalle grandi
dimensioni di un Paese, per cui alcune sue parti rimangono non ben integrate con il resto del territorio. Se
non è bene organizzato o amministrato, un Paese è destinato a perdere la fedeltà dei suoi cittadini. Le
istituzioni che in alcuni Stati promuovono l'unità nazionale, in altri possono agire come forze che creano
divisioni. Scontri civili possono nascere anche per la presenza di posizioni settarie contrapposte all'interno
di un'unica fede dominante.
Il nazionalismo può dimostrarsi anche una forza centrifuga potenzialmente distruttrice. Le forze centrifughe
possono essere molto forti in paesi che ospitano svariate nazionalità e minoranze non integrate, conflitti
razziali o etnici.
Se una minoranza ha obiettivo la secessione totale o parziale dallo Stato in cui si trova, si dice che si ispira ai
principi del separatismo o del nazionalismo autonomo.
Sostengono di rappresentare il nucleo di un'entità nazionale separata. Essi chiedono l'autonomia regionale,
sotto forma di autogoverno. I movimenti separatisti sono espressioni del regionalismo, una forma di
autocoscienza delle minoranze che produce una tendenza a identificarsi con la regione di appartenenza
anziché con lo Stato.
Le due condizioni imprescindibili per tutti i movimenti autonomisti regionali sono il territorio e la
nazionalità. Il gruppo deve essere concentrato in una regione che rivendica come propria patria. In secondo
luogo, devono esistere caratteristiche culturali sulla base delle quali il gruppo avverte un senso di diversità.
Tali tratti possono essere costituiti dalla lingua, dalla religione.
Le regioni problematiche si trovano tendenzialmente in periferia, spesso isolate. Le regioni più povere
lamentano di avere livelli di reddito inferiori e tassi di disoccupazione superiori a quelli nel resto dello Stato.
I movimenti separatisti presenti in regioni relativamente ricche ritengono che potrebbero sfruttare a
proprio vantaggio le risorse di cui dispongono e ottenere risultati economici migliori senza i vincoli imposti
dallo Stato centrale.
Il terrazzamento prevede di sistemare un terreno a forte pendenza creando stretti ripiani adatti alla
coltivazione, che consentano l’attività in zone dove in precedenza essa era quasi o del tutto assente.
Inoltre, poiché scendendo rapidamente a valle l’acqua ha un potere erosivo, ridurre la sua velocità tramite
opere di terrazzamento significa far diminuire la quantità di suolo eroso. Sperimentazioni indicano che
realizzare coltivazioni su superfici con pendenza comporta una perdita di suolo.
Il deterioramento del suolo si manifesta in due modi: attraverso la progressiva riduzione di resa dei campi
coltivati con l’aumento della portata solida dei corsi d’acqua e della deposizione di silt (materia) a valle.

APPROVIGGIONAMENTO IDRICO E QUALITÀ DELL’ACQUA


Il volume totale di risorse idriche sulla terra è enorme, ma solo una piccola parte dell’idrosfera è adatta o
disponibile per essere utilizzata dall’essere umano.
LE DISPONIBILITÀ DELLE RISORSE IDRICHE
Le riserve idriche non sono distribuite in maniera uniforme sulla superficie terrestre. La distribuzione vara
dalle precipitazioni.
CONSUMO E CATTIVO USO DELLE RISORSE IDRICHE
Il 70% dell’acqua dolce utilizzata è destinata all’agricoltura; nei paesi più poveri la percentuale è pari al 90%.

CUMULI DI SPAZZATURA E RIFIUTI TOSSICI


Middens, cumoli di rifiuti comprendenti avanzi di cibo, attrezzi rotti e altri resti sono testimonianze
dell’insediamento umano.
RIFIUTI SOLIDI E IMMONDIZIA
Nella società industriale i rifiuti rappresentano uno dei più gravi problemi per l0ambiente e risultano in
continua crescita con l’aumento della popolazione e del reddito e con il cambiamento dei modelli di
consumo, che comporta una diffusione più rilevante dei beni “usa e getta”.
Anche se la spazzatura domestica e urbana non rientrano nella definizione di rifiuti pericoli: se smaltito in
modo improprio contiene delle sostanze pericolose per la salute.
In particolare è ormai evidente l’accumulo di rifiuti plastici. Per porre un limite a questo problema, diversi
paesi hanno varato leggi restrittive sulla produzione e l’uso dei prodotti usa e getta in plastica.
Smaltimento dei rifiuti in discarica
Nei paesi industrializzati la discarica è il sistema più diffuso per lo smaltimento dei rifiuti. Il tipo di discarica
più dannosa è quella a cielo aperto, oggi sostituita dalla discarica controllata, che comparta il deposito dei
rifiuti in una fossa. I rifiuti vengono poi coperti ogni giorno con uno strato di suolo, con la funzione di sigillo.
Un allarme è legato al rapido aumento dei e-waste, i rifiuti dei prodotti dell’elettronica computer, telefoni
contengono sostanze chimiche e metalli tossici. I governi consentano di smaltire questo tipo di rifiuti, senza
danneggiare l’ambiente devono essere venduti a distributori di apparecchiature o a imprese che si
occupano del recupero di questo tipo di articoli.
Incremento dei rifiuti
Le alternative alla discarica sono incenerimento bruciare i rifiuti producendo vapore o energia elettrica
comporta la riacquisizione dei componenti di scarto inutili. Gli inceneritori però inquinano l’aria, emettendo
fra l’altro diossina, composto altamente tossico.
Scarico dei rifiuti negli oceani
Per le comunità costiere l’oceano è stato il luogo dove scaricare i rifiuti negli anni Ottanta del Novecento
degli oceani vennero inclusi tra le aree di grande emergenza ambientale.
La risposta all’accumulo di rifiuti in mare va cercata a terra è la “regola delle tre R” ridurre, riutilizzare e
riciclare i prodotti di scarto.
RIFIUTI TOSSICI
Rifiuti tossici: materiali che possono provocare la morte o gravi danni a gli essere umani o agli animali.
Rifiuti pericolosi: si riferisce a tutti i rifiuti, compresi quelli tossici, che generano un rischio immediato o a
lungo termine per la salute dell’essere umano o creano un pericolo per l’ambiente.
in soluzione. Questa azione erosiva è immediatamente seguita dal trasporto: le particelle si muovono
sospese nell'acqua o sono trascinate sul fondo, oppure vengono mantenute in soluzione. L'azione
erosiva dei corsi d'acqua si compie in modo diverso a seconda del tipo di terreno e di roccia: sulle rocce
dure l'erosione procede più lentamente che su quelle tenere; essa può essere facilitata dall'usura che
esercitano i materiali detritici trasportati dalla corrente. Erodendo le rocce, le acque incanalate creano
«fossi» che con il tempo si trasformano in vere e proprie valli.
Un corso d'acqua giovane scorre su pendii molto inclinati, scava profondamente la roccia e forma gole con
pareti ripide. L'acqua scalza anche lateralmente le sponde dell'alveo, erodendo la base dei versanti fra cui
scorre, e il fondovalle si allarga. Intanto i fianchi della valle, a causa della degradazione meteorica e delle
acque dilavanti, diventano meno inclinati. Da tali processi deriva la forma a V della valle fluviale. In una
seconda fase prevale la deposizione. In qualsiasi punto in cui la velocità della corrente fluviale decresce, i
materiali che provengono dall'azione erosiva vengono abbandonati sotto forma di depositi alluvionali, che
possono avere varie forme. Il deposito dei detriti avviene più frequentemente nelle zone più depresse,
dove l'accumulo dei materiali trasportati forma le ampie distese pianeggianti -talvolta di notevole spessore-
delle pianure alluvionali. Tra le altre forme di deposito vi sono i conoidi alluvionali, che si creano quando un
corso d'acqua proveniente da una zona montana sbocca in pianura e si ha una brusca diminuzione della
velocità delle acque, e i delta fluviali.
Sono necessari milioni o decine di milioni di anni perché si formi un'ampia valle è in essa si sviluppi una
pianura alluvionale.
Nei fondovalle coperti da depositi alluvionali l'accumulo dei materiali e il conseguente innalzamento del
letto fluviale obbligano le acque a divagare. Sulla pianura alluvionale l'alveo descrive quindi delle curve
particolari, dette meandri. Con il passare del tempo i meandri tendono a spostarsi lateralmente e verso
valle, per il verificarsi contemporaneo di due processi dovuti all'azione della forza centrifuga sull'acqua in
movimento: l'erosione lungo la sponda esterna di ogni curva e la deposizione di detriti lungo la sponda
interna.
Nell'ultimo tratto di un corso d'acqua, cioè presso la foce, la velocità della corrente diminuisce
ulteriormente e il fiume non è più in grado di trasportare grandi quantità di detriti. I materiali che non sono
stati abbandonati in precedenza si depositano qui; prima quelli più grossolani, perché più pesanti, poi quelli
sempre più fini.
 Il graduale abbandono dei detriti porta alla formazione di un delta, una forma di deposito costiero che
presenta una parte emersa pianeggiante, spesso percorsa da una rete di corsi d'acqua minori (nei quali
si è suddiviso il corso principale) e un pendio sommerso, più ripido.
Le foci a delta si formano dove l'azione distruttiva del mare è troppo debole per disperdere i materiali
trasportati dalla corrente fluviale. Esse sono comuni nel Mar Mediterraneo. Il nome <delta»> è
attribuito anche agli apparati triangolari con base rivolta verso la terraferma (delta del Tevere, dell'Arno
ecc.) e a quelli con digitazioni (delta del Po ecc.).
 Dove invece i dislivelli tra alta e bassa marea sono notevoli, l'azione costruttiva dei fiumi viene
contrastata dal movimento dell'acqua marina. Durante il flusso di marea l'acqua marina risale per un
certo tratto il corso dell'acqua dolce, favorendo la deposizione, ma nel riflusso essa esce molto
rinforzata e spazza via i detriti, portandoli al largo. Questo processo si ripete ritmicamente e nesce a
produrre l'erosione del litorale nel punto di sbocco del fiume, mantenendo così <<aperta>> la foce. In
questo caso le foci sono larghe, a forma di imbuto, e vengono chiamate estuari. Le foci a estuario sono
comuni lungo le coste oceaniche.
I LAGHI
I laghi possono essere definiti come masse di acqua, per lo più dolce, ma talvolta salmastra o anche salata,
raccolta in depressioni naturali della superficie terrestre, senza comunicazione diretta con il mare. La
comunicazione con il mare può avvenire tramite un braccio fluviale (emissario) oppure può essere
completamente assente.I laghi sono ecosistemi ricchi di biodiversità e regolano il clima di zone anche vaste.

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