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Lo Stato, La Costituzione e Le Forme Di Governo

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COSE NUOVE PER INTERROGAZIONE :

Capitolo 4 : I principi della forma di governo


1. La forma di governo
Con l'espressione forma di governo si intende il modo in cui lo Stato è organizzato: gli organi che
lo rappresentano, i loro poteri e i rapporti reciproci.
Bisogna fare attenzione alla parola "governo": nell'espressione "forma di governo" essa è usata
in generale, per indicare il complesso di tutti gli organi costituzionali che reggono lo Stato. Ciò
che, invece, chiameremo "il Governo" è uno di tali organi costituzionali: quello al quale spetta il
potere esecutivo.
Le forme di governo sono la monarchia e la repubblica.
1) La monarchia (che deriva dal greco monos, "*uno", e arché, "governo", e significa
"governo di uno solo") è quella forma di governo che prevede la presenza di un sovrano. Il
principio ispiratore della monarchia è che il governo sul popolo è dato da Dio a un suo
rappresentante politico: il Re.
2) La parola "repubblica" (dal latino res, "cosa", e publica, "pubblica") significa che il bene
pubblico (cioè lo Stato) appartiene a tutti. Il principio ispiratore della repubblica è che il
governo deriva dalla volontà del popolo.
La Repubblica può essere parlamentare o presidenziale. La repubblica parlamentare (come
quella italiana) si basa sulla centralità del Parlamento (i cui componenti sono eletti dal popolo),
ma contempla anche un particolare collegamento tra il Parlamento e il Governo, che
assicura al primo la supremazia politica sul secondo.
➔ Il Parlamento è l'organo più ampio, che rappresenta tutto quanto il popolo, in quanto è
eletto direttamente da questo, e ha compiti che sono prevalentemente deliberativi (in
particolare, fa le leggi e controlla l'operato del Governo).
➔ Il Governo è un organo più limitato: è espressione della maggioranza del Parlamento e
ha il compito di dare impulso ed esecuzione al proprio programma politico.
Il collegamento tra il Parlamento e il Governo consiste nel rapporto di fiducia: il Governo, per
poter restare in carica, deve infatti avere la fiducia del Parlamento, cioè l'appoggio politico della
maggioranza parlamentare, espresso con un voto di fiducia a suo favore. Il Governo è, così,
l'organo che impersona o rappresenta l'orientamento politico prevalente in Parlamento.
Nelle repubbliche presidenziali (come la Francia e gli Stati Uniti), il Parlamento e il Presidente
della Repubblica (che è anche il Capo del Governo) si trovano sullo stesso piano. Entrambi questi
organi sono inoltre eletti direttamente dal popolo e hanno quindi identica "legittimazione
democratica". Poiché sia il Parlamento sia il Capo dello Stato derivano da una elezione
popolare, non esiste nessuna dipendenza politica di un organo rispetto all'altro.
L'Assemblea costituente prese in considerazione l'idea di introdurre in Italia un sistema
presidenziale, ma la scartò per ragioni storiche e di cultura politica.
Infatti era ancora troppo vicina l'esperienza fascista, con un "uomo forte" al comando, e si
temeva che la concentrazione di molti poteri in una sola persona potesse costituire di nuovo un
pericolo per la democrazia.
La forma di governo prevista dalla Costituzione italiana è la repubblica parlamentare. Essa è
caratterizzata dai seguenti elementi:
➔ la separazione dei poteri;
➔ la rappresentanza politica;
➔ i partiti politici.

2. La separazione dei poteri


La separazione dei poteri consiste nella suddivisione del potere dello Stato in tre poteri distinti
(legislativo, esecutivo e giudiziario) e nell'attribuzione di ciascuno di essi a organi diversi e
indipendenti tra loro (rispettivamente: Parlamento, Governo e Magistratura).
Quindi la reciproca indipendenza degli organi fa si che nessuno possa dominare sugli altri. Da
ciò nasce uno spontaneo equilibrio di pesi e contrappesi, grazie al quale il sistema costituzionale
sta in piedi, come un edificio in cui tutte le parti sono indispensabili, ma nessuna, da sola, è
sufficiente.
Gli organi tra i quali è suddiviso il potere dello Stato sono elementi della forma di governo
delineata dalla Costituzione: si dicono, perciò, organi costituzionali e si considerano
reciprocamente sovrani, ciascuno con le proprie funzioni.

2.1 La separazione dei poteri nella Costituzione italiana


In relazione alla separazione dei poteri, la nostra Costituzione distingue:
➔ il potere legislativo, che spetta al Parlamento (art. 70 ss. Cost.);
➔ il potere esecutivo, che spetta al Governo (art. 92 ss. Cost.);
➔ il potere giudiziario, che spetta alla Magistratura (art. 101 ss. Cost).
Tra gli organi dello Stato è però necessaria collaborazione, per evitare che si creino conflitti e
disordine costituzionale.
Per questo motivo, accanto ai tre poteri tradizionali vi è anche un potere "di controllo" in grado
di impedire le prevaricazioni reciproche ed eventualmente ricostituire l'equilibrio. Tale controllo è
esercitato dagli organi di garanzia costituzionale, che nel nostro sistema sono:
➔ il Presidente della Repubblica, al quale spetta di rappresentare l'unità nazionale e
garantire il buon funzionamento degli altri organi costituzionali, prevenendo l'insorgere
di conflitti (art. 83 ss. Cost.);
➔ la Corte costituzionale, alla quale spetta il compito di reprimere le violazioni della
Costituzione (art. 134 Cost.).
La separazione dei poteri è più attenuata tra gli organi prettamente politici, cioè il Parlamento e
il Governo. Essi, infatti, con funzioni diverse, sono "collegati" dal compito comune di realizzazione
dell'indirizzo politico dello Stato. Tra questi due organi esistono forme di coordinamento, tra cui
spicca il rapporto di fiducia del Parlamento nei confronti del Governo.
La separazione dei poteri è, invece, mantenuta rigorosamente con riferimento alla Magistratura.
Essa è totalmente autonoma e indipendente da ogni altro potere dello Stato (art. 104 Cost.).
I giudici, infatti, sono soggetti soltanto alla legge (art. 101, c. 2, Cost.).

3. Democrazia e rappresentanza
La democrazia richiede che i governanti coincidano con i governati. Nella democrazia quindi è il
popolo stesso che prende decisioni.
La rappresentanza si basa su una distinzione tra governanti e governati.

3.1 La democrazia rappresentativa


La democrazia si distingue, dunque, dalla rappresentanza. Tuttavia, è possibile unire l'una e
l'altra nel concetto di democrazia rappresentativa, che caratterizza l'organizzazione della vita
politica oggi più diffusa nel mondo occidentale.
La democrazia rappresentativa esiste quando si stabilisce una corrispondenza di intenti tra
rappresentanti e rappresentati; quando, cioè, si può dire che la volontà dei primi è anche quella
dei secondi.
Anche la Costituzione italiana prevede una forma di democrazia rappresentativa, che riguarda
la funzione legislativa. Infatti, la legge è deliberata in Parlamento (organo centrale della nostra
Repubblica) e poiché i parlamentari sono eletti dal popolo, esiste un collegamento tra
rappresentanti (i membri del Parlamento) e rappresentati (il popolo), senza il quale non vi
sarebbe democrazia.
Gli strumenti per garantire questo collegamento sono soprattutto due, strettamente connessi
tra loro: le elezioni e i partiti politici.
➔ Con le libere elezioni, il popolo può scegliere i propri rappresentanti (tale scelta
presuppone che ci siano diverse opzioni).
➔ Ai partiti spetta elaborare le proposte politiche da sottoporre agli elettori e indicare
coloro che si candidano per realizzarle. Gli elettori, a loro volta, hanno il compito di
scegliere tra le diverse proposte e di eleggere i candidati.

3.2 La democrazia diretta


Il sistema democratico previsto dalla nostra Costituzione è fondamentalmente, ma non
esclusivamente, rappresentativo.
Accanto alla democrazia rappresentativa, che si esprime con le elezioni del Parlamento e con le
leggi deliberate da questo, esiste, infatti, uno strumento di democrazia diretta, che è il
referendum abrogativo (art. 75 Cost.).
Con il referendum, il popolo può votare direttamente per decidere se mantenere o abrogare
(cioè abolire) leggi in vigore.
In Italia, il primo referendum si è tenuto nel mese di maggio del 1974: aveva ad oggetto la
legge Fortuna-Baslini che aveva introdotto nel nostro ordinamento giuridico il divorzio.
Il referendum abrogativo non è in contrasto col carattere rappresentativo della nostra forma di
governo parlamentare. Anzi, sotto certi aspetti, lo rafforza. Per comprendere come ciò possa
avvenire, occorre tenere presente che il referendum previsto dalla Costituzione può servire, come
si è appena detto, solo ad abrogare, cioè a eliminare, una legge approvata dal Parlamento. Non
è ammesso il referendum approvativo (con il quale il popolo sarebbe in grado di far entrare in
vigore una legge, scavalcando i propri rappresentanti), né il referendum consultivo (con il quale
il popolo potrebbe premere sul Parlamento per costringerlo ad adottare le leggi che esso
desidera).
L'efficacia esclusivamente abrogativa del referendum indica che quest'ultimo ha solo un
valore accessorio e correttivo rispetto alla democrazia rappresentativa, che rimane la forma
politica principale e normale.
Inoltre, la Costituzione attribuisce al popolo altri due poteri, ma di scarsissima efficacia:
➔ la petizione, con la quale tutti i cittadini possono rivolgersi al Parlamento, per chiedere
provvedimenti legislativi ed esporre comuni necessità (art. 50 Cost.);
➔ l'iniziativa legislativa, con cui 50.000 cittadini possono sottoporre al Parlamento un
progetto di legge perché sia esaminato (art. 71, c. 2, Cost.).
Questi due poteri sono solo apparentemente di democrazia diretta: in realtà, essi servono a
sollecitare l'attività parlamentare.

3.3 Il diritto di voto


È essenziale che il sistema politico garantisca il corretto esercizio del diritto di voto, senza il
quale non si potrebbe parlare di democrazia.
Per questo motivo, la nostra Costituzione, all'art. 48, enuncia le caratteristiche di questo diritto,
stabilendo che il voto è:
1) universale;
2) personale;
3) uguale;
4) libero e segreto.
Universalità del voto significa che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno
raggiunto la maggiore età.
La maggiore età è fissata a 18 anni; solo per l'elezione del Senato il diritto di voto si acquista più
tardi, al compimento del 25° anno (art. 58, c. 1, Cost.).
L'art. 48, u.c., Cost, consente alla legge di privare del diritto di voto alcuni soggetti che si trovano
in situazioni particolari (per esempio, gli interdetti).
Con l'espressione elettorato attivo si indica il diritto di essere elettore. L'insieme dei cittadini
aventi diritto di voto costituisce il corpo elettorale. Il diritto a essere eletti si definisce, invece,
elettorato passivo.
Personalità del voto significa che ciascun elettore deve far uso di persona del suo diritto e non
può delegarlo ad altri.
L'elettore deve essere identificato nel momento del voto. Per questo, si deve presentare al seggio
con un documento di identificazione: la tessera elettorale.
Perciò chi non può recarsi al seggio non può votare. Gli invalidi (per esempio, i ciechi) possono
però farsi accompagnare nella cabina da persona di propria fiducia, per essere aiutati a
esprimere il voto.
Uguaglianza significa che il voto di ciascuno vale quanto quello di tutti gli altri.
Ciò esclude che a certi elettori (per esempio, i padri di famiglia o le persone con particolari titoli
di studio, come è avvenuto nei secoli scorsi) possa attribuirsi un voto più "pesante". In altri
termini, gli elettori si devono contare, non pesare.
Libertà e segretezza tutelano il diritto di voto. La libertà e la segretezza sono due aspetti
collegati del diritto di voto: la segretezza significa che non deve essere possibile sapere come
ciascun elettore ha votato e ciò è evidentemente garanzia di libertà dalle pressioni esterne.
In pratica, il diritto di voto si esercita per iscritto tramite schede anonime, al riparo di una cabina
che isola l'elettore. Se la scheda contiene segni di riconoscimento che permettono di distinguerla
dalle altre, essa è nulla.
La Costituzione riconosce non solo che il voto è un diritto, ma stabilisce anche che il suo esercizio
è un dovere civico (art. 48, c. 2).
Con questa espressione, viene espressa l'opportunità che i cittadini siano consapevoli delle
proprie responsabilità e partecipino alla vita pubblica andando a votare (anche con la libertà di
votare scheda bianca o astensione al voto).
Anche in Italia, negli ultimi anni, si è manifestata una tendenza all'aumento dell'astensionismo,
come conseguenza di disinteresse e delusione nei confronti della politica e come forma di
protesta contro la classe politica, a torto o a ragione colpita da un crescente discredito. Questo
fenomeno deve essere preso molto sul serio, come segno di indebolimento della democrazia.
4 I partiti politici
4.1 La mediazione dei partiti
I deputati e i senatori eletti in Parlamento sono esponenti dei partiti politici dai quali sono stati
candidati alle elezioni: per questo, essi non decidono individualmente e liberamente, secondo il
loro giudizio personale, ma seguono le indicazioni dei partiti cui appartengono.
La democrazia rappresentativa è mediata dalla presenza dei partiti (mentre la democrazia
diretta è immediata).
La posizione mediana dei partiti può essere sia un collegamento sia un ostacolo tra il popolo e il
Parlamento. Tanto più i partiti riescono a interpretare le esigenze della società, tanto più il
Parlamento sarà un organo democratico. Ma se vi è un distacco - come spesso si dice - tra
società e politica, tra Paese reale e Paese legale, perché i partiti interpretano solo i propri
interessi, essi saranno di ostacolo alla democrazia effettiva.

4.2 I partiti come associazioni di cittadini


L'art. 49 Cost, riconosce a tutti i cittadini il «diritto di associarsi liberamente in partiti per
concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale»
Tutti i partiti sono ammessi: soltanto il Partito fascista non può essere ricostituito, sotto nessuna
forma (XII disp. trans, e fin. Cost.).
Inoltre, i partiti sono associazioni di cittadini garantite dall'art. 18 Cost.: «I cittadini hanno
diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli
dalla legge penale».
I partiti raccolgono e organizzano coloro che professano le stesse idee politiche e intendono
unirsi per farle valere in modo più efficace.
I partiti, a differenza di tutte le altre associazioni private, sono indispensabili al funzionamento
della nostra democrazia e assumono, perciò, un importante rilievo pubblico. Per questo, non
possono essere lasciati completamente senza regolamentazione, soprattutto per quel che
riguarda il finanziamento delle loro attività e la trasparenza delle risorse di cui dispongono e
del loro impiego.
In sintesi, i compiti tipici dei partiti sono:
➔ organizzare politicamente i cittadini, elaborando le proprie proposte politiche e, sulla
base di queste, chiedere adesioni;
➔ selezionare i candidati per le elezioni;
➔ organizzare gli eletti, in modo che essi agiscano conformemente alle indica- zioni dei
partiti ai quali appartengono;
➔ mantenere vivo il collegamento tra gli eletti e gli elettori, nell'intervallo tra una
elezione e quella successiva.
Ricordiamo che, dal punto di vista civilistico, i partiti ricadono tra le associazioni non
riconosciute, previste dall'art. 36 ss. del codice civile. Questa loro natura, oggettivamente in
contrasto con la loro funzione pubblica, è però una garanzia della loro massima autonomia. Su
questo tipo di associazioni, infatti, non si esercitano controlli della pubblica autorità.

La libertà personale (art.13 Cost.)


Art. 13 Cost. : << La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di
detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà
personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla
legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di
Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro
quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive
quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva. >>
C'è un'importante distinzione tra i diritti: quelli che si esercitano individualmente (come la
libertà di pensiero) e quelli che si esercitano insieme ad altri soggetti, cioè collettivamente (per
esempio, il diritto di associarsi).
Tra i diritti individuali il più importante è la libertà personale, che l'art. 13 Cost. dichiara
«inviolabile». Essa consiste nella garanzia contro ogni costrizione della persona, in senso fisico e
morale.
La garanzia fondamentale della libertà personale si fonda sul fatto che nessuno può essere
detenuto, sottoposto a ispezione o a perquisizione personale arbitrariamente.
Perché l'arresto di una persona sia valido, occorre dunque rispettare due "riserve", previste
dall'art. 13, c. 2, Cost.: una riserva di giurisdizione e una riserva di legge. Infatti, l'ordine di
arresto (o perquisizione ecc.) può essere emanato:
➔ solo attraverso un provvedimento motivato di un giudice, che è un organo imparziale, e
non del Governo o della sua Polizia, come avviene nei regimi autoritari;
➔ nei soli casi e modi previsti dalla legge, affinché sia riservata al Parlamento la decisione
su quali siano i comportamenti dei cittadini che possono comportare il carcere. Solo nei
casi d'urgenza (anzi: «in casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati tassativamente
dalla legge», secondo la formula rigorosa dell'art. 13, c. 3, Cost.), quando cioè l'intervento
del giudice sarebbe tardivo, è ammesso che le Forze dell'ordine (Polizia, Carabinieri,
Guardia di finanza) agiscano di loro iniziativa. Questo può avvenire in due casi:
1) l’arresto in flagranza di reato, cioè quando una persona è sorpresa nell’atto di
commettere un reato grave o nei momenti immediatamente successivi;
2) il fermo di indiziati, cioè di persone nei cui confronti sussistano indizi di un grave
reato e vi sia il sospetto di fuga. Avviene a reato compiuto.
Tuttavia, tali provvedimenti sono solo provvisori, dovendo essere comunicati entro 48 ore al
giudice per la convalida. Se non sono convalidati nelle successive 48 ore, si intendono revocati e
sono privi di ogni effetto, con la conseguenza che il cittadino deve essere rimesso in libertà.
Il momento principale in cui la libertà personale è messa in discussione è il processo penale,
poiché la condanna penale può comportare l'irrogazione di pene detentive.
La carcerazione, che è la principale limitazione della libertà personale derivante dal processo
penale, può essere di due tipi: preventiva oppure successiva rispetto alla sentenza definitiva di
condanna. Solo la carcerazione del secondo tipo è una vera e propria pena, poiché è
conseguenza di una sentenza che ha riconosciuto la responsabilità dell'imputato. (sbagliato,
prima del rinvio al giudizio e quindi durante le indagini viene chiamato indagato).
La carcerazione preventiva, detta anche custodia cautelare, precede lo svolgimento del processo
e quindi l'accertamento della responsabilità penale. Essa può essere disposta dal giudice solo
quando, in presenza di gravi indizi, si verifichi una di queste tre esigenze:
➔ evitare che l'imputato fugga;
➔ impedire che l'imputato approfitti della libertà per creare prove false (il cosiddetto
"inquinamento delle prove");
➔ impedire all'imputato di continuare a commettere gravi reati.
Può accadere che una persona sottoposta a carcerazione preventiva sia poi assolta nel
processo. Ciò pone problemi gravissimi. La carcerazione preventiva è una specie di pena
anticipata che può poi rivelarsi ingiustificata. Essa, oltre a ledere il diritto fondamentale del
cittadino alla sua libertà, va contro la presunzione di non colpevolezza, secondo la quale:
«L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»» (art. 27, c. 2, Cost.).
Tuttavia, la carcerazione preventiva è insopprimibile: non si può pensare di lasciare in libertà
pericolosi delinquenti per tutto il tempo che occorre allo svolgimento del processo. Molti
inconvenienti sarebbero superati se il processo fosse rapido e si giungesse perciò
tempestivamente alla sentenza definitiva (di condanna o di assoluzione). La libertà del singolo
verrebbe allora sacrificata nella misura minore possibile. Ma, da questo punto di vista, la
situazione del nostro Paese è deplorevole, al punto che l'Italia è stata più volte condannata
dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a causa della durata eccessiva dei nostri processi.
Per impedire che si possa restare in carcere indefinitamente, l'art. 13, c. 5, Cost. prevede che: «La
legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva», alla scadenza dei quali
l'imputato deve essere messo automaticamente in libertà. Accade così che, se il processo non è
rapido, pericolosi criminali (o meglio, persone che si presume siano tali: terroristi, mafiosi ecc.)
debbano riacquistare la libertà.

Coercibilità della sanzione → anche se una persona non vuole andare in carcere, lo Stato la
manda per forza
Diritto disponibile → può essere oggetto di contrattazione (di proprietà)
Diritto indisponibile → non posso cederlo a nessuno,
Nemmeno la tortura è ammessa oltre alla pena di morte.

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