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III) Terza Parte

Il documento analizza l'evoluzione del concetto di geopolitica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, evidenziando come sia stato proscritto durante la Guerra Fredda per evitare conflitti ideologici. Viene discusso il riemergere della geopolitica negli anni '80, in particolare dopo la caduta dei regimi comunisti, e come le rivalità territoriali abbiano influenzato i conflitti in diverse regioni. Infine, si sottolinea l'importanza della geopolitica nel contesto delle aspirazioni nazionali e delle tensioni tra diverse etnie e stati.

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Il documento analizza l'evoluzione del concetto di geopolitica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, evidenziando come sia stato proscritto durante la Guerra Fredda per evitare conflitti ideologici. Viene discusso il riemergere della geopolitica negli anni '80, in particolare dopo la caduta dei regimi comunisti, e come le rivalità territoriali abbiano influenzato i conflitti in diverse regioni. Infine, si sottolinea l'importanza della geopolitica nel contesto delle aspirazioni nazionali e delle tensioni tra diverse etnie e stati.

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CHE COS’È LA GEOPOLITICA (III)


VAI ALLA PRIMA PARTE VAI ALLA SECONDA PARTE VAI ALLA QUARTA PARTE
di Yves Lacoste Pubblicato il 03 Marzo 1994 Aggiornato il 23 Settembre 2015 alle 14:41

Pubblicato in: Mediterraneo, l’Arabia vicina - n°2 - 1994

SI TRATTA ORA DI CAPIRE PERCHÉ il termine geopolitica sia stato


proscritto per così lungo tempo, dopo la fine della seconda guerra AREA GEOPOLITICA
mondiale, quando sarebbe stato assolutamente possibile
africa / america latina /
contrapporre alla geopolitica dei nazisti una geopolitica dei loro
asia-pacifico / europa / italia /
avversari. Perché questo termine è stato oggetto di un simile tabù
medio oriente / russia e csi /
(salvo che per l’uso interno degli ambienti vicini alla Casa Bianca, al
usa e canada /
Pentagono o al Cremlino) e ciò per trentacinque anni, malgrado diverse
spettacolari decisioni prese sia all’Est che all’Ovest avrebbero meritato
ARGOMENTI PIÙ TRATTATI
la qualifica di «geopolitiche»?
CINA DIFESA ECONOMIA

Q uando la guerra fredda era al culmine, gli americani avrebbero potuto GERMANIA IRAN ISRAELE RUSSIA

appropriarsi di una geopolitica del mondo libero e accusare i sovietici SCONTRO USA-CINA SIRIA TURCHIA

di praticare una geopolitica oppressiva. Questi ultimi avrebbero potuto UE USA


impossessarsi di una geopolitica anti-imperialista e socialista. Alcuni
scritti sovietici accusavano il pentagono di riappropriarsi della
geopolitica hitleriana, ma, fatto curioso, i comunisti non insistettero.
ARTICOLI CORRELATI
In effetti, Stalin aveva fatto proibire in Unione Sovietica e in tutti gli
Stati diretti dai partiti comunisti ogni riferimento alla geopolitica (e Il mondo cambia l'Ucraina
persino alla geografia umana, sospetta di connivenza), se non per
denunciarla come consustanziale al nazismo, ma senza troppa
ll sommario del numero 7/24 di Limes
convinzione. Sembra che Stalin volesse far dimenticare assolutamente dedicato alla guerra in Ucraina.
quella grande operazione geopolitica che era stato il Patto germano- Leggilo ora su questo sito: abbonati a
sovietico, nel quale si era fatto intrappolare, non prevedendo che Limesonline.
l’attacco tedesco sarebbe venuto meno di due anni dopo. In quella Da sabato 3 agosto in edicola e in libreria
operazione egli sarebbe stato sedotto dalle pretese leggi geopolitiche Ora su app
di Haushofer-Mackinder; che intendevano dimostrare la necessità di Presto in eBook su Amazon e Bookrepublic
un’Eurasia unificata, dall’Atlantico al Pacifico, e ciò tanto più in quanto
al centro dell’Unione Sovietica era situato lo Heartland che, per
‘La nazione dispersa’
Mackinder, era il futuro «centro del mondo».

D’altra parte, dopo lo scatenamento della guerra fredda, a partire dal Conversazione con Volodymyr Iščenko,
1947, la costituzione di due blocchi contrapposti in Europa, schierati ricercatore all’Istituto per gli studi sull’Europa
lungo la linea di confine fissata dagli accordi di Jalta nel 1945, spinse i orientale della Freie Universität Berlin.
leader dei due schieramenti a proscrivere ogni idea, ogni
rappresentazione che non rafforzasse quella dello scontro planetario
C’ERA UNA VOLTA LA RUS’
delle due concezioni del mondo: il «mondo libero» che i suoi avversari
DI KYIV
definivano imperialista o capitalista, e il «mondo socialista», chiamato
più semplicemente mondo comunista. Questa rappresentazione – la Uno sguardo alle basi storico-geografiche
divisione del mondo in due coalizioni con le loro zone di influenza – era dell’integrazione europea dell’Ucraina. Le
peraltro di tipo perfettamente geopolitico – rivalità di poteri su dei origini medievali del nostro Stato e i loro
territori, ma, per i dirigenti dell’una o dell’altra superpotenza, non era riflessi nelle chansons de geste. Le
auspicabile impiegare un termine che non poteva mancare di ricordare falsificazioni russe. La decisiva figura di
i recenti conflitti nazionali, né di ricordare a ciascuna nazione quanto Volodymyr il Grande. Quando Cimarosa ne
musicò il dramma.
aveva lottato per difendere o riconquistare il suo territorio.

Le nazioni appartenevano ormai all’uno o all’altro blocco, ed era


importante che nulla ne indebolisse la coesione. Nel «campo
socialista» gli Stati erano considerati fratelli grazie al socialismo, e la
geopolitica andava dunque vietata, poiché era così strettamente
legata ai conflitti territoriali che li avevano opposti gli uni agli altri solo
poco tempo prima. I conflitti sul territorio dovevano essere per
principio dimenticati una volta per tutte. In «Occidente » non era più
considerato opportuno evocare la geopolitica né i litigi territoriali (per
esempio, l’Alsazia-Lorena) che avevano portato a combattersi così
duramente tra loro delle nazioni che oramai facevano parte
dell’Alleanza atlantica. In ciascuno dei due campi, i problemi delle
nazioni e dei loro territori dovevano apparire secondari e sorpassati
tenendo conto della contrapposizione planetaria di due ideologie, di
due sistemi, di due mondi dai valori radicalmente diversi.

Non tutte le rivalità fra poteri sul territorio sono necessariamente


geopolitiche. E Dio sa quanto grande fosse questa rivalità ai tempi
della guerra fredda, giacché la posta in gioco era l’estensione delle
zone di influenza dell’una o dell’altra superpotenza sulla maggior parte
del globo. Ma la parola «geopolitica» era proscritta. Certo, c’erano dei
grandi dibattiti politici, ma essi erano fondati sui valori ideologici (il
Bene socialista contro il Male capitalista, e viceversa) e sulle ragioni
economiche della concorrenza fra le superpotenze. Ma non c’erano
affatto discussioni sulle rappresentazioni propriamente territoriali di
questa competizione. La teoria detta «del domino», formulata a
partire dal 1954 dai dirigenti americani a riguardo della pressione
comunista nel Sud-Est asiatico, era abbastanza rudimentale a causa
del suo aspetto meccanico, e d’altronde non suscitò un grande
dibattito.

È particolarmente significativo che il termine geopolitica abbia


ricominciato ad apparire sui media occidentali non gia in occasione
della guerra di Corea, né durante la guerra di Indocina, quando il più
lungo e più forte scontro militare fra Est e Ovest era al suo culmine, ma
solo dopo la fine di questo scontro: e precisamente nel 1978-’79 al
tempo del conflitto fra Cambogia e Vietnam. Riapparizione dapprima
timida, per la penna di certi giornalisti. Benché si trattasse di paesi
molto lontani dall’Europa, il tabù in un primo tempo fu rispettato, nella
misura in cui la geopolitica fu ancora una volta presentata come la
peggiore e la più stupida delle maledizioni che possano abbattersi sui
popoli: appena terminata una così lunga guerra, in cui i loro dirigenti
erano stati alleati contro l’imperialismo, ora questi arrivavano a
battersi per delle dispute di confine e in nome dei diritti storici su
determinati territori.

In un momento in cui l’opinione pubblica mondiale, grazie ai media,


seguiva con passione ciò che avveniva in Indocina (gli americani si
erano massicciamente impegnati contro il comunismo, prima di
mollare la presa), questo nuovo avvenimento mostrava in modo
spettacolare che, persino in seno al blocco comunista, le rivalità
territoriali tra due nazioni erano talmente gravi da poterle condurre
alla guerra. Certo, dopo la rottura fra Cina e Unione Sovietica nel 1958,
questo blocco era diviso, ma si pensava che degli Stati comunisti,
malgrado le loro rivalità, non potessero arrivare alla guerra aperta.
Quella che scoppiò tra i khmer rossi e i comunisti vietnamiti per il
controllo di una parte del delta del Mekong ebbe dunque un eco
fortissima nel mondo e contribuì al riapparire della parola
«geopolitica» per designare degli antagonismi molto meno ideologici
che territoriali. Ciò diede luogo a diversi dibattiti nel mondo
occidentale, e non solamente tra i marxisti, sconcertati e dilacerati da
quella che consideravano come una «lotta fratricida».

Il modo di porre i problemi in termini economici e politici o di rapporti


di classe era messo per la prima volta spettacolarmente in causa da
un’altra rappresentazione, che dava importanza ai territori e alle poste
in gioco di tipo economico, strategico e soprattutto simbolico che essi
costituivano per degli Stati o dei popoli. È sintomatico che queste
discussioni, non limitate agli specialisti, ma che riguardavano
correttamente, sul piano internazionale, un gran numero di cittadini,
fossero sempre più associate alla riapparizione del termine
«geopolitica» nei media occidentali.

In seguito a questo conflitto cambogiano, altre ambizioni territoriali


fondate su «diritti storici» hanno provocato altre guerre di grande
rilievo, da quella che oppose Iraq e Iran dal 1980 al 1988, fino
all’invasione e all’annessione del Kuwait da parte dell’Iraq nel 1990, da
cui nacque la guerra del Golfo (1991), preceduta quest’ultima da grandi
discussioni geopolitiche in tutto il mondo. In questi due casi, Saddam
Hussein pretendeva di liberare dei territori «storicamente parte della
nazione irachena », caso evidente di rappresentazione geopolitica
radicalmente opposta a quella dei suoi avversari. Tuttavia, nel Vicino
Oriente, il conflitto tra Israele e Palestina curiosamente non è stato
considerato geopolitico, benché sia uno dei conflitti geopolitici più
complessi. Invece, quello dell’Afghanistan ha largamente contribuito, a
causa delle reazioni suscitate, alla diffusione dei ragionamenti
geopolitici.

Il trionfo del diritto dei popoli di disporre di se stessi e... della


geopolitica

È soprattutto dopo il 1985 che l’uso del termine geopolitica ha


conosciuto il suo maggiore sviluppo. Intanto in quanto sono apparse,
in Europa orientale e sul piano mondiale, tutte le notevoli conseguenze
della perestrojka, e in special modo la glasnost – cioè l’esortazione ai
giornalisti di usare di una nuova libertà di stampa – si è venuti in un
numero crescente di paesi a considerare la geopolitica come un nuovo
modo di vedere il mondo. Infatti, il crollo dei regimi comunisti ha
disvelato la molteplicità di rivendicazioni di indipendenza nazionale e le
loro contraddizioni territoriali nella maggior parte d’Europa, in Europa
centrale, nei Balcani e nella ex Urss. In seno a ciascuna nazione,
compresa la Russia, la recente libertà di espressione ha provocato dei
dibattiti paragonabili in qualche misura a quelli che i tedeschi avevano
conosciuto quando apparve il movimento geopolitico. «Bisogna
staccarsi dall’Unione Sovietica?» Se i baltici hanno risposto in massa
di sì, la risposta era, invero, molto meno evidente nelle altre
repubbliche, se non inversa, prima del tentativo di putsch dell’agosto
1991. «Dobbiamo accontentarci del territorio della nostra repubblica
così come è attualmente delimitato o non dobbiamo profittare invece
delle condizioni attuali per rivendicare da subito i nostri territori
«storici», dove si trova una parte dei nostri compatrioti?». Si tratta
evidentemente di dibattiti fondamentalmente geopolitici e che d’altro
canto hanno scavalcato in importanza quelli propriamente politici. I
problemi posti sembrano di soluzione alquanto ardua a causa delle
aspirazioni territoriali contraddittorie della maggior parte delle nazioni
dell’ex Urss e del fatto che in certe regioni siano in casto nate diverse
minoranze nazionali.

Se la scomparsa dell’Urss non ha provocato finora grosse perdite


umane, salvo che nei conflitti caucasici o in Tagikistan, i rischi di
frammentazione della Repubblica federativa di Russia a causa delle
rivendicazioni di diversi popoli appartenenti alle repubbliche
autonome e soprattutto il destino dei 25 milioni di russi che vivono
fuori della Russia, pongono problemi geopolitici tanto più gravi in
quanto cominciano a essere sfruttati da alcuni leader politici. Inoltre le
strutture della Csi appaiono fragilissime.

Se la dimensione della Cecoslovacchia si è fatta nella calma, dopo


serie discussioni geopolitiche, la disgregazione della Federazione
jugoslava, dopo le proclamazioni di indipendenza delle repubbliche
federate, ha provocato combattimenti terribili, in Croazia e soprattutto
in Bosnia: il fatto che le diverse nazionalità siano frammiste sul
territorio e i timori reciproci costituiscano l’eredità di una storia
dolorosa e complicata, sono le cause principali della tragedia attuale.
Ma questa avrebbe potuto indubbiamente essere scongiurata se i
diplomatici europei, prima di riconoscere l’indipendenza di queste
repubbliche, avessero misurato i rischi connessi all’incastratura delle
nazionalità sul terreno e se i leader slavi, per far dimenticare il loro
recente passato comunista o per prevalere sui rivali, non avessero
fomentato la crisi e l’esasperazione delle rappresentazioni
geopolitiche antagoniste.

L’accentuazione e la moltiplicazione delle preoccupazioni geopolitiche


riguardano anche Stati dell’Europa occidentale, a causa dello sviluppo
di ciò che viene definito democrazia e del rispetto della libertà di
espressione.

L’emergere di poteri regionali, il riconoscimento dei particolarismi


culturali persino nel quadro di un vecchio Stato nazionale a forte
tradizione centralista come la Francia, pone nuovi problemi
geopolitici: per apparire democratico, il governo, seguendo la
maggioranza dell’opinione pubblica, discute con nazionalisti còrsi
presunti responsabili di diversi attentati che, appena vent’anni fa,
sarebbero stati giudicati e incarcerati da tempo. La Francia aveva già
conosciuto più di un dibattito politico – anche molto violento – ma è in
realtà la prima volta che in tempo di pace al- cuni cittadini pongono un
problema geopolitico che fino ad allora non era mai stato possibile
discutere apertamente: quello della separazione di una parte del
territorio nazionale, destinato a diventare territorio di un altro...
popolo e di un’altra nazione. Occorre che la libertà di espressione sia
divenuta ben grande perché simili rappresentazioni separatiste
possano esprimersi liberamente e perché i dibattiti politici vertano su
problemi geopolitici di tale gravità.

In Europa occidentale, a parte la riunificazione della Germania – che


porre ormai dei problemi geopolitici interni – è in Spagna che le
trasformazioni geopolitiche recenti sono state più considerevoli dopo
la morte di Franco, che aveva vietato l’espressione dei particolarismi
culturali basco e catalano, lo Stato è stato diviso in «comunità
autonome », cioè in governi autonomi corrispondenti alle vecchie
province, favorendo così il consolidamento delle nazioni basca e
catalana. In Canada come in Australia (e presto nel Nord della Russia e
altrove) piccolissimi gruppi di persone – che si tratti di indiani, di inuit o
di aborigeni australiani – consigliati da abili avvocati e con l’appoggio
dei media, arrivano a rivendicare i loro diritti su spazi vastissimi: essi
esigono, ad esempio, il versamento di royalties sullo sfruttamento
delle risorse minerarie o idrauliche dei loro territori. Simili pretese
geopolitiche non possono esprimersi e non possono ottenere
soddisfazione che in società molto attaccate ai valori democratici e
alla libertà di stampa, al punto che esse lasciano sviluppare fino alle
estreme conseguenze «il diritto dei popoli a disporre di se stessi»,
aiutando persino dei gruppi di qualche migliaio di persone a costituire
dei micro-pseudo-Stati, come quegli arcipelaghi del Pacifico
riconosciuti dalle istituzioni internazionali. Anche in quei casi si tratta
di geopolitica, così come geopolitici sono i problemi posti, nelle grandi
città di numerosi paesi, dalle minoranze di immigrati. Anch’esse
rivendicano il loro diritto alla differenza e all’autonomia.

Sicché l’esame degli svariati problemi geopolitici dello stesso tipo


recentemente emersi in Europa, e l’ascolto dei dibattiti non meno
geopolitici che essi provocano sia nelle nazioni che fra di esse,
confermano essenzialmente l’affermazione fatta precedentemente. E
cioè che sono specificamente geopolitiche le rivalità territoriali
oggetto di rappresentazioni contraddittorie oggi largamente diffuse
dai media, e che suscitano dibattiti politici fra i cittadini, a condizione
che vi sia una certa libertà di espressione.

(traduzione di Tancredi Rossi)

(3 - continua) Che cos'è la geopolitica (IV)

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