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48 AZIENDABANCA - novembre 2015
Big data! Chi era costui?
I BIG DATA HANNO DELUSO
LE ASPETTATIVE? IN REALTÀ
NO: I BIG DATA HANNO
ANCORA IL POTENZIALE
PER RIVOLUZIONARE IL
BUSINESS, A PATTO DI
ADOTTARE UNA STRATEGIA
AD HOC E LE GIUSTE
COMPETENZE
Nilo Calvi, Associate Partner Juice Reply
modo più efficace per comuni-
care con una persona lontana
sia telefonargli, piuttosto che
iniziare un infinito thread di sms
o di instant message; e se pen-
sate che gli auguri di complean-
no sia più elegante esprimerli
con un biglietto scritto con la
stilografica anziché “twittarli”
o “postarli” sul social più alla
moda, rassegnatevi. Il mondo
è già, e sempre più sarà, com-
posto di Big Data. Ogni intera-
zione persona-persona, perso-
na-dispositivo e, con l’avvento
dell’internet degli oggetti, mac-
china-macchina, produce infor-
mazioni che popolano legioni
di server. Ogni dato e metadato
associato costituiscono un bit di
conoscenza che dice molto di
noi, delle nostre abitudini e del-
le nostre scelte, in un linguaggio
chiaro e univoco ma che può es-
sere interpretato solo ordinan-
do le informazioni elementari in
una sorta di spirale di DNA che
dinamicamente si scompone e
ricompone nel tempo ad ogni
nostra interazione con persone
e cose.
Acquisire e analizzare: la sfida
La capacità di acquisire tale im-
menso volume di informazioni, di
storicizzarlo e quindi di analizzarlo
può fare la differenza tra un’azien-
da di successo e un follower. Farlo
per drenarne tutto il suo valore a
un costo sostenibile e nei tempi
corretti, che ci siamo abituati a de-
finire con un audace neologismo
“real time”, è la competizione in
cui le aziende devono necessaria-
ESPERIENZE - REPLY
Sono trascorsi pochi anni da
quando è stato coniato il termi-
ne “big data” ma il suo utilizzo in
azienda non sembra più risveglia-
re attenzione, quasi si trattasse di
una delle tante innovazioni dimo-
stratesi non in grado di mantene-
re l’affascinante promessa iniziale.
Volendo fare un paragone astrat-
to, vedo un’analogia con l’avven-
to del windsurf, le cui vele hanno
colorato le nostre coste per poche
estati, essendo rapidamente rele-
gate a pochi spot ventosi dove un
ristretto numero di appassionati,
super tecnici e fisicamente dotati,
ne riescono a cogliere l’essenza.
Dopo aver animato convegni e
chart il destino del fenomeno big
data è davvero soddisfare un tar-
get di nicchia? La risposta è certa-
mente no, vediamo perché.
Tutto è big data
Se anche voi, come me, siete
tra coloro che ritengono che il
novembre 2015 - AZIENDABANCA 49
mente confrontarsi. Ma è anche il
campo in cui le nuove tecnologie
No-SQL hanno vinto la propria
battaglia rispetto ai tradizionali e
consolidati sistemi OLAP.
Perché i big data non piacciono
più?
Se questo è vero perché parlare
di Big Data non seduce più? For-
se per la stessa ragione per cui la
suggestione derivante dall’imma-
gine di un windsurfer tra le onde
e il vento delle Hawaii sbiadisce
rapidamente quando si cerca un
precario equilibrio su di un’iden-
tica tavola a vela nella brezza di
Ostia. Non è solo un problema
di tecnologia. La tecnologia esi-
ste, è sufficientemente matura e
acquisibile a costi decisamente
contenuti. Per di più, a differenza
di altri trend tecnologici, è nata
e continua a crescere dal bas-
so, ovvero attraverso comunità
di sviluppatori che muovendosi
nella logica del “crowdsourcing”
la indirizzano e la consolidano
indipendentemente dagli oppor-
tunismi di mercato, garantendole
autonomia ma soprattutto impe-
dendo nella pratica che la mul-
tinazionale del caso possa farla
propria per orientarne direzione e
velocità di progresso.
La maggiore efficienza è
dimostrabile
Che a parità di utilizzo la sostitu-
zione di un datawarehouse con
architetture No-SQL generi va-
lore è agevolmente dimostrabile
e per accertarlo, visto che siamo
in periodo di budget, invito ogni
CEO o CIO a opporre alle abituali
pretese di incremento costi per la
manutenzione e l’evoluzione dei
sistemi di business intelligence
la dirompente richiesta di ridurre
lo spending annuale di un valore
percentuale a doppia cifra, for-
zando così lo staff IT ad abban-
donare la comfort zone degli am-
bienti tradizionali per abbracciare
il nuovo archetipo. Vi assicuro che
il risultato sarà sorprendente.
Ci vogliono strategia e
competenze
Non è tuttavia l’efficienza il mo-
tivo di principale attenzione per
le tecnologie No-SQL ma piut-
tosto la costruzione di un reale
vantaggio competitivo, derivante
dall’accresciuta capacità di legge-
re e interpretare i segnali deboli
che l’ecosistema di business ge-
nera. Il dominio della tecnologia
non è a tal fine condizione suffi-
ciente. Gli ingredienti per il suc-
cesso contemplano altri aspetti,
sovente trascurati ma nondimeno
fondamentali: una strategia di bu-
siness guidata dal dato, corretti
Business Analytics e moderne
competenze di analisi. Abbando-
nare l’intuizione imprenditoriale
come elemento guida della stra-
tegia d’impresa non è semplice,
tanto più per le aziende che si
sono affermate grazie a essa. Non
possiamo però trascurare come i
comportamenti del consumato-
re, la multicanalità relazionale ed
il networking multimediale attra-
verso cui si forma l’idea di valore
che guida l’acquisto di prodotti e
servizi e si orienta la fiducia ver-
so il marchio abbiano raggiunto
livelli di complessità tali da non
poter essere compresi solo sulla
base di sensazioni, se non strut-
turalmente supportate da una
conoscenza, al massimo livello di
granularità, del comportamento
del consumatore durante tutto il
percorso decisionale.
Esplorare i dati in modo agile
Costruire tale consapevolezza
non è solo un tema tecnologico
ma richiede processi strutturati
e automatizzati che permettano
di navigare ed esplorare i dati in
modo agile, per integrare le infor-
mazioni durante il loro fluire e ge-
nerare molteplici viste del singolo
cliente solo esteriormente disso-
ciate. Ecco allora che il cliente e i
dati allo stesso pertinenti e dallo
stesso generati divengono patri-
monio comune nelle analisi del-
le diverse Funzioni aziendali che,
ciascuna perseguendo il proprio
obiettivo, dovranno relazionare
con lui e servirlo al meglio in ra-
gione - ma soprattutto al variare
- delle sue personali esigenze.
Gli analytics e il Data Scientist
Un tale sistema non può prescin-
dere dalla disponibilità e dall’u-
tilizzo esteso degli analytics per
far emergere dai dati schemi
comportamentali a priori ignoti,
che i più consolidati strumenti
di business intelligence non sa-
rebbero in grado di cogliere non
riuscendo – quantomeno ad un
costo accettabile – ad unire tutti
i minuscoli frammenti acquisiti
dai diversi punti di contatto at-
ESPERIENZE - REPLY
50 AZIENDABANCA - novembre 2015
ESPERIENZE - REPLY
traverso cui il cliente ma anche
i fornitori ed i competitor rela-
zionano con l’azienda, per com-
porre la fotografia di insieme e
rimodellarla dinamicamente ad
ogni cambiamento. Chi deve
utilizzare gli analytics e quali
competenze deve possedere?
Il pensiero va immediatamente
al Data Scientist, ossia quella fi-
gura molto ambita con compe-
tenze trasversali in informatica,
statistica e nello “storytelling”
ma probabilmente affidarsi alla
ricerca di un novello unicorno
non è la strada più corretta o
quantomeno non l’unica.
Un team integrato, non dei
tecnocrati
La disponibilità di profili aventi
competenze evolute nel tratta-
mento e nell’analisi dei dati è
indubbiamente un accelerato-
re, soprattutto se tali capacità
sono affiancate allo staff di linea
per integrare la conoscenza del
business con l’abilità nell’indivi-
duazione delle più utili fonti in-
formative e con la velocità nell’e-
laborazione dell’informazione
multi strutturata. Cosa diversa
è tuttavia immaginare che uno
staff di tecnocrati che agisce in
modo indipendente e scollega-
to dall’operatività quotidiana sia
sufficiente per fornire al top ma-
nagement le informazioni utili a
disegnare strategie ed assumere
decisioni, se non accettando il
concreto rischio di creare un pro-
fondo stacco tra disegno strate-
gico e capacità di esecuzione. IT
ed organizzazione aziendale de-
vono allora muoversi di concerto
per garantire che la triade fonda-
mentale composta da dati, pro-
cessi di business e competenze
analitiche generi il risultato volu-
to. La componente tecnologica
dovrà quindi assicurare strumenti
di front-end che permettano an-
che ai non informatici di navigare
in modo visuale il dato per vali-
dare le proprie intuizioni duran-
te lo svolgimento della propria
attività, incorporando di fatto la
fase dell’analisi del contesto nei
processi operativi di business. È
compito dell’organizzazione fa-
cilitare la costruzione di queste
competenze allargate affiancan-
do alle risorse operative figure
specialistiche in grado di agevo-
lare il trasferimento alle Funzioni
operative delle più evolute ca-
pacità di analisi e di sfruttamen-
to del dato. È il primo passo di
un percorso che abilita il reale
cambiamento e lo distribuisce
in azienda senza la necessità di
un “big bang” dirompente ma
pervadendo il tessuto aziendale
con continuità secondo una pia-
nificazione che in funzione degli
obiettivi di business uniformi e
guidi i comportamenti organiz-
zativi, senza distinzione di livello
e mansione, verso l’utilizzo del
dato come elemento unificante
e direttivo. E ancora una volta le
architetture No-SQL ci sosten-
gono, grazie alla loro capacità
di introdursi in azienda come
chiave di volta che lega i siste-
mi legacy e la necessità di sfrut-
tare appieno il valore dei Big
Data scalando orizzontalmente e
quindi consentendo di misurare
gli investimenti in funzione dei
primi risultati.
Verso una cultura analitica
Avviare tale strategia ha come
presupposto l’aver fatto proprio
come sia più opportuno affron-
tare le “architetture big data”
non come un sistema auto con-
sistente, quali sono una piatta-
forma CRM o ERP ma come una
potente leva di cambiamento,
utile per far crescere all’interno
dell’azienda una nuova e poten-
ziata cultura analitica che con-
duce verso una trasformazione
“data-driven” dei principali pro-
cessi operativi. Ecco dunque,
svelata nelle ultime righe come
si fa nei romanzi, la ragione ulti-
ma del perché trascurare il nuo-
vo paradigma introdotto dalle
tecnologie No-SQL potrebbe
dimostrarsi nel medio termine
scelta incauta.
Nilo Calvi
Associate Partner
Juice Reply
È COMPITO
DELL’ORGANIZZAZIONE
FACILITARE LA COSTRUZIONE
DI QUESTE COMPETENZE
ALLARGATE

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Ad

151117_AziendaBanca_Big-Data

  • 1. 48 AZIENDABANCA - novembre 2015 Big data! Chi era costui? I BIG DATA HANNO DELUSO LE ASPETTATIVE? IN REALTÀ NO: I BIG DATA HANNO ANCORA IL POTENZIALE PER RIVOLUZIONARE IL BUSINESS, A PATTO DI ADOTTARE UNA STRATEGIA AD HOC E LE GIUSTE COMPETENZE Nilo Calvi, Associate Partner Juice Reply modo più efficace per comuni- care con una persona lontana sia telefonargli, piuttosto che iniziare un infinito thread di sms o di instant message; e se pen- sate che gli auguri di complean- no sia più elegante esprimerli con un biglietto scritto con la stilografica anziché “twittarli” o “postarli” sul social più alla moda, rassegnatevi. Il mondo è già, e sempre più sarà, com- posto di Big Data. Ogni intera- zione persona-persona, perso- na-dispositivo e, con l’avvento dell’internet degli oggetti, mac- china-macchina, produce infor- mazioni che popolano legioni di server. Ogni dato e metadato associato costituiscono un bit di conoscenza che dice molto di noi, delle nostre abitudini e del- le nostre scelte, in un linguaggio chiaro e univoco ma che può es- sere interpretato solo ordinan- do le informazioni elementari in una sorta di spirale di DNA che dinamicamente si scompone e ricompone nel tempo ad ogni nostra interazione con persone e cose. Acquisire e analizzare: la sfida La capacità di acquisire tale im- menso volume di informazioni, di storicizzarlo e quindi di analizzarlo può fare la differenza tra un’azien- da di successo e un follower. Farlo per drenarne tutto il suo valore a un costo sostenibile e nei tempi corretti, che ci siamo abituati a de- finire con un audace neologismo “real time”, è la competizione in cui le aziende devono necessaria- ESPERIENZE - REPLY Sono trascorsi pochi anni da quando è stato coniato il termi- ne “big data” ma il suo utilizzo in azienda non sembra più risveglia- re attenzione, quasi si trattasse di una delle tante innovazioni dimo- stratesi non in grado di mantene- re l’affascinante promessa iniziale. Volendo fare un paragone astrat- to, vedo un’analogia con l’avven- to del windsurf, le cui vele hanno colorato le nostre coste per poche estati, essendo rapidamente rele- gate a pochi spot ventosi dove un ristretto numero di appassionati, super tecnici e fisicamente dotati, ne riescono a cogliere l’essenza. Dopo aver animato convegni e chart il destino del fenomeno big data è davvero soddisfare un tar- get di nicchia? La risposta è certa- mente no, vediamo perché. Tutto è big data Se anche voi, come me, siete tra coloro che ritengono che il
  • 2. novembre 2015 - AZIENDABANCA 49 mente confrontarsi. Ma è anche il campo in cui le nuove tecnologie No-SQL hanno vinto la propria battaglia rispetto ai tradizionali e consolidati sistemi OLAP. Perché i big data non piacciono più? Se questo è vero perché parlare di Big Data non seduce più? For- se per la stessa ragione per cui la suggestione derivante dall’imma- gine di un windsurfer tra le onde e il vento delle Hawaii sbiadisce rapidamente quando si cerca un precario equilibrio su di un’iden- tica tavola a vela nella brezza di Ostia. Non è solo un problema di tecnologia. La tecnologia esi- ste, è sufficientemente matura e acquisibile a costi decisamente contenuti. Per di più, a differenza di altri trend tecnologici, è nata e continua a crescere dal bas- so, ovvero attraverso comunità di sviluppatori che muovendosi nella logica del “crowdsourcing” la indirizzano e la consolidano indipendentemente dagli oppor- tunismi di mercato, garantendole autonomia ma soprattutto impe- dendo nella pratica che la mul- tinazionale del caso possa farla propria per orientarne direzione e velocità di progresso. La maggiore efficienza è dimostrabile Che a parità di utilizzo la sostitu- zione di un datawarehouse con architetture No-SQL generi va- lore è agevolmente dimostrabile e per accertarlo, visto che siamo in periodo di budget, invito ogni CEO o CIO a opporre alle abituali pretese di incremento costi per la manutenzione e l’evoluzione dei sistemi di business intelligence la dirompente richiesta di ridurre lo spending annuale di un valore percentuale a doppia cifra, for- zando così lo staff IT ad abban- donare la comfort zone degli am- bienti tradizionali per abbracciare il nuovo archetipo. Vi assicuro che il risultato sarà sorprendente. Ci vogliono strategia e competenze Non è tuttavia l’efficienza il mo- tivo di principale attenzione per le tecnologie No-SQL ma piut- tosto la costruzione di un reale vantaggio competitivo, derivante dall’accresciuta capacità di legge- re e interpretare i segnali deboli che l’ecosistema di business ge- nera. Il dominio della tecnologia non è a tal fine condizione suffi- ciente. Gli ingredienti per il suc- cesso contemplano altri aspetti, sovente trascurati ma nondimeno fondamentali: una strategia di bu- siness guidata dal dato, corretti Business Analytics e moderne competenze di analisi. Abbando- nare l’intuizione imprenditoriale come elemento guida della stra- tegia d’impresa non è semplice, tanto più per le aziende che si sono affermate grazie a essa. Non possiamo però trascurare come i comportamenti del consumato- re, la multicanalità relazionale ed il networking multimediale attra- verso cui si forma l’idea di valore che guida l’acquisto di prodotti e servizi e si orienta la fiducia ver- so il marchio abbiano raggiunto livelli di complessità tali da non poter essere compresi solo sulla base di sensazioni, se non strut- turalmente supportate da una conoscenza, al massimo livello di granularità, del comportamento del consumatore durante tutto il percorso decisionale. Esplorare i dati in modo agile Costruire tale consapevolezza non è solo un tema tecnologico ma richiede processi strutturati e automatizzati che permettano di navigare ed esplorare i dati in modo agile, per integrare le infor- mazioni durante il loro fluire e ge- nerare molteplici viste del singolo cliente solo esteriormente disso- ciate. Ecco allora che il cliente e i dati allo stesso pertinenti e dallo stesso generati divengono patri- monio comune nelle analisi del- le diverse Funzioni aziendali che, ciascuna perseguendo il proprio obiettivo, dovranno relazionare con lui e servirlo al meglio in ra- gione - ma soprattutto al variare - delle sue personali esigenze. Gli analytics e il Data Scientist Un tale sistema non può prescin- dere dalla disponibilità e dall’u- tilizzo esteso degli analytics per far emergere dai dati schemi comportamentali a priori ignoti, che i più consolidati strumenti di business intelligence non sa- rebbero in grado di cogliere non riuscendo – quantomeno ad un costo accettabile – ad unire tutti i minuscoli frammenti acquisiti dai diversi punti di contatto at- ESPERIENZE - REPLY
  • 3. 50 AZIENDABANCA - novembre 2015 ESPERIENZE - REPLY traverso cui il cliente ma anche i fornitori ed i competitor rela- zionano con l’azienda, per com- porre la fotografia di insieme e rimodellarla dinamicamente ad ogni cambiamento. Chi deve utilizzare gli analytics e quali competenze deve possedere? Il pensiero va immediatamente al Data Scientist, ossia quella fi- gura molto ambita con compe- tenze trasversali in informatica, statistica e nello “storytelling” ma probabilmente affidarsi alla ricerca di un novello unicorno non è la strada più corretta o quantomeno non l’unica. Un team integrato, non dei tecnocrati La disponibilità di profili aventi competenze evolute nel tratta- mento e nell’analisi dei dati è indubbiamente un accelerato- re, soprattutto se tali capacità sono affiancate allo staff di linea per integrare la conoscenza del business con l’abilità nell’indivi- duazione delle più utili fonti in- formative e con la velocità nell’e- laborazione dell’informazione multi strutturata. Cosa diversa è tuttavia immaginare che uno staff di tecnocrati che agisce in modo indipendente e scollega- to dall’operatività quotidiana sia sufficiente per fornire al top ma- nagement le informazioni utili a disegnare strategie ed assumere decisioni, se non accettando il concreto rischio di creare un pro- fondo stacco tra disegno strate- gico e capacità di esecuzione. IT ed organizzazione aziendale de- vono allora muoversi di concerto per garantire che la triade fonda- mentale composta da dati, pro- cessi di business e competenze analitiche generi il risultato volu- to. La componente tecnologica dovrà quindi assicurare strumenti di front-end che permettano an- che ai non informatici di navigare in modo visuale il dato per vali- dare le proprie intuizioni duran- te lo svolgimento della propria attività, incorporando di fatto la fase dell’analisi del contesto nei processi operativi di business. È compito dell’organizzazione fa- cilitare la costruzione di queste competenze allargate affiancan- do alle risorse operative figure specialistiche in grado di agevo- lare il trasferimento alle Funzioni operative delle più evolute ca- pacità di analisi e di sfruttamen- to del dato. È il primo passo di un percorso che abilita il reale cambiamento e lo distribuisce in azienda senza la necessità di un “big bang” dirompente ma pervadendo il tessuto aziendale con continuità secondo una pia- nificazione che in funzione degli obiettivi di business uniformi e guidi i comportamenti organiz- zativi, senza distinzione di livello e mansione, verso l’utilizzo del dato come elemento unificante e direttivo. E ancora una volta le architetture No-SQL ci sosten- gono, grazie alla loro capacità di introdursi in azienda come chiave di volta che lega i siste- mi legacy e la necessità di sfrut- tare appieno il valore dei Big Data scalando orizzontalmente e quindi consentendo di misurare gli investimenti in funzione dei primi risultati. Verso una cultura analitica Avviare tale strategia ha come presupposto l’aver fatto proprio come sia più opportuno affron- tare le “architetture big data” non come un sistema auto con- sistente, quali sono una piatta- forma CRM o ERP ma come una potente leva di cambiamento, utile per far crescere all’interno dell’azienda una nuova e poten- ziata cultura analitica che con- duce verso una trasformazione “data-driven” dei principali pro- cessi operativi. Ecco dunque, svelata nelle ultime righe come si fa nei romanzi, la ragione ulti- ma del perché trascurare il nuo- vo paradigma introdotto dalle tecnologie No-SQL potrebbe dimostrarsi nel medio termine scelta incauta. Nilo Calvi Associate Partner Juice Reply È COMPITO DELL’ORGANIZZAZIONE FACILITARE LA COSTRUZIONE DI QUESTE COMPETENZE ALLARGATE