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1
Dobbiamo fare trasformazioni profonde.
Questa immagine evocativa ci aiuta a capire la portata delle trasformazioni necessarie.
E ci fa anche comprendere che è necessaria una grande dose di immaginazione per
riportare in equilibrio un sistema nel quale abbiamo vissuto e propserato per molti
decenni.
Ci aiuta a capire la distanza che c’è dal nostro sistema attuale (città, produzione,
trasporti, rapporto con la natura, rapporti sociali….) a quello a cui dobbiamo tendere.
2
Tutti, chi più approfonditamente chi meno, sa il perché stiamo cercando di ridurre la CO2
e perché dobbiamo adattarci al nuovo clima.
Tutti sappiamo che serve fare qualcosa di concreto ma, spesso, trascuriamo il COME ci
organizziamo per farlo, come rendiamo possibili le azioni che andiamo a mettere nel
PAESC.
Nella PA il come è scritto nelle norme e nelle procedure. MA qui ancora non abbiamo
tutte le norme e le procedure che servono….
Mi vorrei concentrare su due aspetti:
1) Organizzazione interna: va avviato un processo di trasformazione che abbatta gli
steccati e garantisca una progressiva contaminazione delle politiche
2) Il modo con cui prendiamo le decisioni: le trasformazioni sono di portata tale che
non sono più sufficienti i meccanismi decisionali che abbiamo usato negli anni
precedenti.
3
ORGANIZZAZIONE
Concentrarsi sul COME è ancora più importante farlo per la pubblica amministrazione
che è regolata da norme e procedure e da una organizzazione in cui le interazioni tra
uffici e settori sono molto codificate.
Il problema che dobbiamo risolvere invece non è di un ufficio che richiede ad altri il
supporto che serve, ma è di tutti (e senza un canale per condividerlo significa di
nessuno).
Provo a farvi qualche esempio più concreto per non rimanere sul teorico.
4
Alla progressiva ma sostanziale modifica delle politiche utilizzate nei decenni precedenti
deve corrispondere un’analoga modifica di come i diversi settori condividono gli obiettivi
deve corrispondere un’analoga modifica di come i diversi settori condividono gli obiettivi
strategici e di come poi vengono ri-orientate le modalità operative e gli strumenti
regolamentari
5
Il PAESC va visto come l’untore che può aiutarci a contaminare le politiche ordinarie nel
tempo. Non abbiate l’ansia da prestazione di inserire oggi tutte le azioni possibili, tanto
tempo. Non abbiate l’ansia da prestazione di inserire oggi tutte le azioni possibili, tanto
domani ne servirà un’altra che non avete scritto. Ma preoccupatevi molto di inserire
PROCESSI che possano durare nel tempo per garantire una graduale ma costante
contagio in tutte le politiche.
6
Torniamo all’immagine che vuole rappresentare l’entità delle trasformazioni.
La differenza non sta solo nella tecnologia, nel come organizziamo gli spazi…. Ma nel
cambiamento, a volte drastico, delle abitudini dei cittadini: di come viviamo, di come ci
muoviamo, di come accediamo alle conoscenze, di come lavoriamo….
Indurre queste trasformazioni con il classico meccanismo “pianifico, regolo e controllo”
è sostanzialmente impossibile.
Bisogna amplificare le funzioni di “ispirazione, stimolo, sostegno” al cambiamento e per
farlo serve avere le professionalità adeguate
7
8
Servono strumenti diversi e i Comuni, nonostante la nostra costituzione gli assegni un
mero mandato amministrativo, stanno organizzando diversamente le proprie strutture,
mero mandato amministrativo, stanno organizzando diversamente le proprie strutture,
le proprie società, nascono nuovi regolamenti che nessuna legge prevede, qualcuno sta
già sperimentando l’affiancamento ai meccanismi decisionali istituzionali nuovi modi di
assumere le decisioni.
Ed è proprio sul modo di prendere le decisioni che dobbiamo riflettere.
Sono decenni che sappiamo che non andrà a finire bene. Ma, nonostante questo, ancora
non abbiamo deciso di fare quello che serve.
E il motivo è che il nostro sistema decisionale non è adeguato a prendere le decisioni
necessarie. Quindi serve affiancare ai nostri sistemi di governance altri strumenti, più
adeguati alla situazione.
9
Cambiare metodo non è una cosa naif che alcuni Comuni provano ad utilizzare ma
scopriamo che sono metodo molto efficaci e utili per la collettività
scopriamo che sono metodo molto efficaci e utili per la collettività
A Parigi li abbiamo usati per raggiungere l’accordo, ma è stato poco raccontato e
nessuno, di fatto, se ne è accorto. Dopo giorni di stallo che rischiava di far chiudere la
conferenza con l’ennesimo nulla di fatto sono entrati in campo una squadra di facilitatori
che ha utilizzato un metodo per raggiungere l’accordo. E in 3 giorni si è arrivati a
chiudere con l’assenso di tutti.
Sono strumenti sociali che l’uomo antico si è inventato e che sono stati spazzati via dalla
globalizzazione dei meccanismi decisionali che noi oggi chiamiamo per convenzione
democratici (elezioni, rappresentanti delegati che decidono) ma che non possono essere
considerati esaustivi del concetto di democrazia: sono un sistema che ci siamo inventati
e che per anni ha funzionato abbastanza bene ma che adesso, cambiate le condizioni al
contorno, va aiutato con altri meccanismi e, in prospettiva, fatti eveolvere.
Ma non dobbiamo rifarci solo al passato per capire quali sono: oggi le conoscenze che
abbiamo nel campo delle neuroscienze e delle tecnologie sociali ci permettono di
disegnare meccanismi decisionali diversi. Ne esistono già diversi e se volessimo
potremmo perfezionarli, scalarli, aumentarne l’efficacia. Serve volerlo fare.
Cosa abbiamo da perdere se ci proviamo?
Fino ad ora non ha funzionato: sono passati almeno 50 anni da quando la
consapevolezza è diventata collettiva e da allora le emissioni sono aumentate del 60% e
sono ancora in aumento. Dobbiamo prenderne atto e fare almeno qualche prova (forti
delle tante evidenze scientifiche che ce lo dicono).
Provare a livello locale (municipi) forse aiuta ad avere coraggio per i livelli sovraordinati.
E i Comuni lo stanno facendo: vanno incoraggiati e supportati anche con la creazione di
nuove professionalità in grado di facilitare le decisioni
10
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Non solo "cosa" ma "come"

  • 1. 1
  • 2. Dobbiamo fare trasformazioni profonde. Questa immagine evocativa ci aiuta a capire la portata delle trasformazioni necessarie. E ci fa anche comprendere che è necessaria una grande dose di immaginazione per riportare in equilibrio un sistema nel quale abbiamo vissuto e propserato per molti decenni. Ci aiuta a capire la distanza che c’è dal nostro sistema attuale (città, produzione, trasporti, rapporto con la natura, rapporti sociali….) a quello a cui dobbiamo tendere. 2
  • 3. Tutti, chi più approfonditamente chi meno, sa il perché stiamo cercando di ridurre la CO2 e perché dobbiamo adattarci al nuovo clima. Tutti sappiamo che serve fare qualcosa di concreto ma, spesso, trascuriamo il COME ci organizziamo per farlo, come rendiamo possibili le azioni che andiamo a mettere nel PAESC. Nella PA il come è scritto nelle norme e nelle procedure. MA qui ancora non abbiamo tutte le norme e le procedure che servono…. Mi vorrei concentrare su due aspetti: 1) Organizzazione interna: va avviato un processo di trasformazione che abbatta gli steccati e garantisca una progressiva contaminazione delle politiche 2) Il modo con cui prendiamo le decisioni: le trasformazioni sono di portata tale che non sono più sufficienti i meccanismi decisionali che abbiamo usato negli anni precedenti. 3
  • 4. ORGANIZZAZIONE Concentrarsi sul COME è ancora più importante farlo per la pubblica amministrazione che è regolata da norme e procedure e da una organizzazione in cui le interazioni tra uffici e settori sono molto codificate. Il problema che dobbiamo risolvere invece non è di un ufficio che richiede ad altri il supporto che serve, ma è di tutti (e senza un canale per condividerlo significa di nessuno). Provo a farvi qualche esempio più concreto per non rimanere sul teorico. 4
  • 5. Alla progressiva ma sostanziale modifica delle politiche utilizzate nei decenni precedenti deve corrispondere un’analoga modifica di come i diversi settori condividono gli obiettivi deve corrispondere un’analoga modifica di come i diversi settori condividono gli obiettivi strategici e di come poi vengono ri-orientate le modalità operative e gli strumenti regolamentari 5
  • 6. Il PAESC va visto come l’untore che può aiutarci a contaminare le politiche ordinarie nel tempo. Non abbiate l’ansia da prestazione di inserire oggi tutte le azioni possibili, tanto tempo. Non abbiate l’ansia da prestazione di inserire oggi tutte le azioni possibili, tanto domani ne servirà un’altra che non avete scritto. Ma preoccupatevi molto di inserire PROCESSI che possano durare nel tempo per garantire una graduale ma costante contagio in tutte le politiche. 6
  • 7. Torniamo all’immagine che vuole rappresentare l’entità delle trasformazioni. La differenza non sta solo nella tecnologia, nel come organizziamo gli spazi…. Ma nel cambiamento, a volte drastico, delle abitudini dei cittadini: di come viviamo, di come ci muoviamo, di come accediamo alle conoscenze, di come lavoriamo…. Indurre queste trasformazioni con il classico meccanismo “pianifico, regolo e controllo” è sostanzialmente impossibile. Bisogna amplificare le funzioni di “ispirazione, stimolo, sostegno” al cambiamento e per farlo serve avere le professionalità adeguate 7
  • 8. 8
  • 9. Servono strumenti diversi e i Comuni, nonostante la nostra costituzione gli assegni un mero mandato amministrativo, stanno organizzando diversamente le proprie strutture, mero mandato amministrativo, stanno organizzando diversamente le proprie strutture, le proprie società, nascono nuovi regolamenti che nessuna legge prevede, qualcuno sta già sperimentando l’affiancamento ai meccanismi decisionali istituzionali nuovi modi di assumere le decisioni. Ed è proprio sul modo di prendere le decisioni che dobbiamo riflettere. Sono decenni che sappiamo che non andrà a finire bene. Ma, nonostante questo, ancora non abbiamo deciso di fare quello che serve. E il motivo è che il nostro sistema decisionale non è adeguato a prendere le decisioni necessarie. Quindi serve affiancare ai nostri sistemi di governance altri strumenti, più adeguati alla situazione. 9
  • 10. Cambiare metodo non è una cosa naif che alcuni Comuni provano ad utilizzare ma scopriamo che sono metodo molto efficaci e utili per la collettività scopriamo che sono metodo molto efficaci e utili per la collettività A Parigi li abbiamo usati per raggiungere l’accordo, ma è stato poco raccontato e nessuno, di fatto, se ne è accorto. Dopo giorni di stallo che rischiava di far chiudere la conferenza con l’ennesimo nulla di fatto sono entrati in campo una squadra di facilitatori che ha utilizzato un metodo per raggiungere l’accordo. E in 3 giorni si è arrivati a chiudere con l’assenso di tutti. Sono strumenti sociali che l’uomo antico si è inventato e che sono stati spazzati via dalla globalizzazione dei meccanismi decisionali che noi oggi chiamiamo per convenzione democratici (elezioni, rappresentanti delegati che decidono) ma che non possono essere considerati esaustivi del concetto di democrazia: sono un sistema che ci siamo inventati e che per anni ha funzionato abbastanza bene ma che adesso, cambiate le condizioni al contorno, va aiutato con altri meccanismi e, in prospettiva, fatti eveolvere. Ma non dobbiamo rifarci solo al passato per capire quali sono: oggi le conoscenze che abbiamo nel campo delle neuroscienze e delle tecnologie sociali ci permettono di disegnare meccanismi decisionali diversi. Ne esistono già diversi e se volessimo potremmo perfezionarli, scalarli, aumentarne l’efficacia. Serve volerlo fare. Cosa abbiamo da perdere se ci proviamo? Fino ad ora non ha funzionato: sono passati almeno 50 anni da quando la consapevolezza è diventata collettiva e da allora le emissioni sono aumentate del 60% e sono ancora in aumento. Dobbiamo prenderne atto e fare almeno qualche prova (forti delle tante evidenze scientifiche che ce lo dicono). Provare a livello locale (municipi) forse aiuta ad avere coraggio per i livelli sovraordinati. E i Comuni lo stanno facendo: vanno incoraggiati e supportati anche con la creazione di nuove professionalità in grado di facilitare le decisioni 10
  • 11. 11