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Federica
Vincenzina
Nicoletta
Giovanni M
Silvia
Carlotta
La prima voce femminile
del mondo greco
Saffo è la prima voce femminile del mondo greco, dal
quale solitamente le donne erano escluse.
La vita
Saffo, vissuta tra il VII e il VI secolo a.C. di famiglia aristocratica, nacque a
Ereso, nell'isola di Lesbo, dove trascorse la maggior parte della propria vita,
attorno al 630 a.C. o al 626-623 a.C. Non si conoscono né la data della sua
morte né le circostanze in cui avvenne. Dato leggendario, ripreso dagli antichi
commediografi, è che si sia gettata da una rupe sull'isola di Lefkada, vicino alla
spiaggia di Porto Katsiki, per l'amore non corrisposto verso il giovane
battelliere Faone, che in realtà è un personaggio mitologico. Tale versione è
ripresa anche da Ovidio, nelle Eroidi, e da Giacomo Leopardi (Ultimo canto di
Saffo).
Il tìaso
Saffo era la direttrice e insegnante di un tiaso, sorta di
collegio in cui fanciulle di famiglia nobile venivano educate.
Secondo la tradizione, fra l'insegnante e le fanciulle
nascevano rapporti di grande familiarità, anche sessuale.
Probabilmente il fatto va inquadrato secondo il costume
dell'epoca, come forma prodromica di un amore
eterosessuale, cioè una fase di iniziazione per la futura vita
matrimoniale.
Poesie d’amore del tìaso
Nell'inno ad Afrodite,
forse una delle più
belle e delicate liriche
pervenuteci, Saffo
esprime la pena e
l'ansia per l'amore
non sempre
corrisposto e il
penoso tormento che
questo le dà.
L’eros saffico
Anche se l’amore è ritualizzato e consacrato dal tiaso, il
sentimento cantato da Saffo è estremamente
suggestivo ed intimo.
Gli epitalami
Gli epitalami erano anti
corali eseguiti in pubblico
durante le nozze ed erano
destinati ad un uditorio più
ampio di quello del tìaso. I
componimenti potevano
essere divisi per ambiti
sociali e gusti diversi. Saffo
sapeva comporre anche
epitalami di stile alto, come
il frammento 27 e 30 e 44 in
strofa saffica.
Lingua, stile e metrica
La lirica di Saffo, assieme a quella di
Alceo e di Anacreonte, rientra nella
melica monodica. Saffo offre
un'immagine semplice ma appassionata
dei sentimenti dell'io lirico, equilibrata ma
coinvolgente, dove l'amore ha un ruolo
da protagonista con tutta una serie di
riflessioni psicologiche e in cui il ricordo e
l'analisi delle emozioni passate ne suscita
nuove altrettanto forti. Più di ogni altro
poeta prima di lei, Saffo indaga sulle
emozioni provate da una persona
innamorata, in particolare nella
focalizzazione femminile. Saffo scrisse in
dialetto eolico di Lesbo, caratterizzato
dalla psilosi e dalla baritonesi: la psilosi
consiste nell'assenza dell'aspirazione
iniziale di parola; la baritonesi evitava che
ogni parola del dialetto avesse l'accento
sull'ultima sillaba. La sua poesia, nitida
ed elegante, si espresse in diverse forme
metriche tutte tipiche della lirica
monodica, fra cui un nuovo modello di
strofe, dette "saffiche", composte di
quattro versi ciascuna (tre endecasillabi
saffici e un adonio finale). Caratteristica
di Saffo è anche il frequente e non meno
importante uso dei distici elegiaci, un tipo
di versi molto comune allora, formati da
un esametro ed un pentametro. I distici
elegiaci erano frequenti nella lirica non
solo amorosa, brevi ma allo stesso tempo
essenziali e forti; ne abbiamo alcuni
esempi palesi non solo nella poetessa
greca, ma anche nel suo successore
latino Catullo.
La fortuna di Saffo
Saffo fu soprannominata “la decima musa” dagli antichi;
Dall’età ellenistica agli antichi: l’influenza di Catullo;
Il catalogo delle cose belle
Ο]ἰ μὲν ἰππήων στρότον οἰ δὲ πέσδων
οἰ δὲ νάων φαῖσ’ ἐπ[ὶ] γᾶν μέλαι[ν]αν
ἔμμεναι κάλλιστον, ἔγω δὲ κῆν ὄτ -
τω τις ἔραται•
πά]γχυ δ᾽εὔμαρες σύνετον πόησαι
πάντι τ[ο]ῦτ᾽, ἀ γὰρ πόλυ περσκόπεισα
κάλλος [ἀνθ]ρώπων Ἐλένα [τὸ]ν ἄνδρα
τόν [πανάρ]ιστον
καλλ[ίποι]σ’έβα’ς Τροΐαν πλέοισα,
κωὐδ[ὲ πα]ῖδος οὔδε φίλων το[κ]ήων
πά[μπαν] ἑμνάσθη, ἀλλὰ παράγαγ᾽αὔταν
[πῆλε φίλει]σαν
Ὠρος. εὔκ]αμπτον γὰρ [ἀεὶ
τὸ θῆλυ]
[αἴ κέ τις] κούφως τ[ὸ πάρον ν]οή[σῃ]ν.
οὐδὲ νῦν, Ἀνακτορίας, ὀνέμναι -
σ’οὐ παρειοῖσας.
τᾶ]ς κε βολλοίμαν ἔρατόν τε βᾶμα
κἀμάρυχμα λάμπρον ἴδην προσώπω
ἢ τὰ Λύδων ἄρματα
κἀνὄπλοισιπεσδομ]άχεντας
Malattia d’Amore
φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν
ἔμμεν' ὤνηρ, ὄττις ἐνάντιός τοι
ἰσδάνει καὶ πλάσιον ἆδυ φωνεί-
σας ὐπακούει
καὶ γελαίσας ἰμέροεν, τό μ' ἦ μὰν
καρδίαν ἐν στήθεσιν ἐπτόαισεν·
ὠς γὰρ ἔς σ' ἴδω βρόχε', ὤς με φώναί-
σ' οὐδ' ἒν ἔτ' εἴκει,
ἀλλά κὰμ μὲν γλῶσσα †ἔαγε†, λέπτον
δ' αὔτικα χρῷ πῦρ ὐπαδεδρόμηκεν,
ὀππάτεσσι δ' οὐδ' ἒν ὄρημμ', ἐπιρρόμ-
βεισι δ' ἄκουαι,
κὰδ' δέ ἴδρως κακχέεται, τρόμος δὲ
παῖσαν ἄγρει, χλωροτέρα δὲ ποίας
ἔμμι, τεθνάκην δ' ὀλίγω 'πιδεύης
φαίνομ' ἔμ' αὔτᾳ.
ἀλλὰ πὰν τόλματον, ἐπεὶ †καὶ πένητα†...
Catullo
Ille mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem
te
spectat et audit
dulce ridentem, misero quod
omnis
eripit sensus mihi: nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
vocis in ore,
lingua sed torpet, tenuis sub
artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.
Otium, Catulle, tibi molestum
est:
otio exsultas nimiumque gestis:
otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.
Leopardi
«...Morremo. Il velo indegno a terra
sparto,
Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,
E il crudo fallo emenderà del cieco
Dispensator de' casi. E tu cui lungo
Amore indarno, e lunga fede, e vano
D'implacato desio furor mi strinse,
Vivi felice, se felice in terra
Visse nato mortal. Me non asperse
Del soave licor del doglio avaro
Giove, poi che perìr gl'inganni e il
sogno
Della mia fanciullezza. Ogni più lieto
Giorno di nostra età primo s'invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e
l'ombra
Della gelida morte. Ecco di tante
Sperate palme e dilettosi errori,
Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
Han la tenaria Diva,
E l'atra notte, e la silente riva. »
(ultimo canto di Saffo,
Leopardi)

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Saffo

  • 2. La prima voce femminile del mondo greco Saffo è la prima voce femminile del mondo greco, dal quale solitamente le donne erano escluse.
  • 3. La vita Saffo, vissuta tra il VII e il VI secolo a.C. di famiglia aristocratica, nacque a Ereso, nell'isola di Lesbo, dove trascorse la maggior parte della propria vita, attorno al 630 a.C. o al 626-623 a.C. Non si conoscono né la data della sua morte né le circostanze in cui avvenne. Dato leggendario, ripreso dagli antichi commediografi, è che si sia gettata da una rupe sull'isola di Lefkada, vicino alla spiaggia di Porto Katsiki, per l'amore non corrisposto verso il giovane battelliere Faone, che in realtà è un personaggio mitologico. Tale versione è ripresa anche da Ovidio, nelle Eroidi, e da Giacomo Leopardi (Ultimo canto di Saffo).
  • 4. Il tìaso Saffo era la direttrice e insegnante di un tiaso, sorta di collegio in cui fanciulle di famiglia nobile venivano educate. Secondo la tradizione, fra l'insegnante e le fanciulle nascevano rapporti di grande familiarità, anche sessuale. Probabilmente il fatto va inquadrato secondo il costume dell'epoca, come forma prodromica di un amore eterosessuale, cioè una fase di iniziazione per la futura vita matrimoniale.
  • 5. Poesie d’amore del tìaso Nell'inno ad Afrodite, forse una delle più belle e delicate liriche pervenuteci, Saffo esprime la pena e l'ansia per l'amore non sempre corrisposto e il penoso tormento che questo le dà.
  • 6. L’eros saffico Anche se l’amore è ritualizzato e consacrato dal tiaso, il sentimento cantato da Saffo è estremamente suggestivo ed intimo.
  • 7. Gli epitalami Gli epitalami erano anti corali eseguiti in pubblico durante le nozze ed erano destinati ad un uditorio più ampio di quello del tìaso. I componimenti potevano essere divisi per ambiti sociali e gusti diversi. Saffo sapeva comporre anche epitalami di stile alto, come il frammento 27 e 30 e 44 in strofa saffica.
  • 8. Lingua, stile e metrica La lirica di Saffo, assieme a quella di Alceo e di Anacreonte, rientra nella melica monodica. Saffo offre un'immagine semplice ma appassionata dei sentimenti dell'io lirico, equilibrata ma coinvolgente, dove l'amore ha un ruolo da protagonista con tutta una serie di riflessioni psicologiche e in cui il ricordo e l'analisi delle emozioni passate ne suscita nuove altrettanto forti. Più di ogni altro poeta prima di lei, Saffo indaga sulle emozioni provate da una persona innamorata, in particolare nella focalizzazione femminile. Saffo scrisse in dialetto eolico di Lesbo, caratterizzato dalla psilosi e dalla baritonesi: la psilosi consiste nell'assenza dell'aspirazione iniziale di parola; la baritonesi evitava che ogni parola del dialetto avesse l'accento sull'ultima sillaba. La sua poesia, nitida ed elegante, si espresse in diverse forme metriche tutte tipiche della lirica monodica, fra cui un nuovo modello di strofe, dette "saffiche", composte di quattro versi ciascuna (tre endecasillabi saffici e un adonio finale). Caratteristica di Saffo è anche il frequente e non meno importante uso dei distici elegiaci, un tipo di versi molto comune allora, formati da un esametro ed un pentametro. I distici elegiaci erano frequenti nella lirica non solo amorosa, brevi ma allo stesso tempo essenziali e forti; ne abbiamo alcuni esempi palesi non solo nella poetessa greca, ma anche nel suo successore latino Catullo.
  • 9. La fortuna di Saffo Saffo fu soprannominata “la decima musa” dagli antichi; Dall’età ellenistica agli antichi: l’influenza di Catullo;
  • 10. Il catalogo delle cose belle Ο]ἰ μὲν ἰππήων στρότον οἰ δὲ πέσδων οἰ δὲ νάων φαῖσ’ ἐπ[ὶ] γᾶν μέλαι[ν]αν ἔμμεναι κάλλιστον, ἔγω δὲ κῆν ὄτ - τω τις ἔραται• πά]γχυ δ᾽εὔμαρες σύνετον πόησαι πάντι τ[ο]ῦτ᾽, ἀ γὰρ πόλυ περσκόπεισα κάλλος [ἀνθ]ρώπων Ἐλένα [τὸ]ν ἄνδρα τόν [πανάρ]ιστον καλλ[ίποι]σ’έβα’ς Τροΐαν πλέοισα, κωὐδ[ὲ πα]ῖδος οὔδε φίλων το[κ]ήων πά[μπαν] ἑμνάσθη, ἀλλὰ παράγαγ᾽αὔταν [πῆλε φίλει]σαν Ὠρος. εὔκ]αμπτον γὰρ [ἀεὶ τὸ θῆλυ] [αἴ κέ τις] κούφως τ[ὸ πάρον ν]οή[σῃ]ν. οὐδὲ νῦν, Ἀνακτορίας, ὀνέμναι - σ’οὐ παρειοῖσας. τᾶ]ς κε βολλοίμαν ἔρατόν τε βᾶμα κἀμάρυχμα λάμπρον ἴδην προσώπω ἢ τὰ Λύδων ἄρματα κἀνὄπλοισιπεσδομ]άχεντας
  • 11. Malattia d’Amore φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν ἔμμεν' ὤνηρ, ὄττις ἐνάντιός τοι ἰσδάνει καὶ πλάσιον ἆδυ φωνεί- σας ὐπακούει καὶ γελαίσας ἰμέροεν, τό μ' ἦ μὰν καρδίαν ἐν στήθεσιν ἐπτόαισεν· ὠς γὰρ ἔς σ' ἴδω βρόχε', ὤς με φώναί- σ' οὐδ' ἒν ἔτ' εἴκει, ἀλλά κὰμ μὲν γλῶσσα †ἔαγε†, λέπτον δ' αὔτικα χρῷ πῦρ ὐπαδεδρόμηκεν, ὀππάτεσσι δ' οὐδ' ἒν ὄρημμ', ἐπιρρόμ- βεισι δ' ἄκουαι, κὰδ' δέ ἴδρως κακχέεται, τρόμος δὲ παῖσαν ἄγρει, χλωροτέρα δὲ ποίας ἔμμι, τεθνάκην δ' ὀλίγω 'πιδεύης φαίνομ' ἔμ' αὔτᾳ. ἀλλὰ πὰν τόλματον, ἐπεὶ †καὶ πένητα†...
  • 12. Catullo Ille mi par esse deo videtur, ille, si fas est, superare divos, qui sedens adversus identidem te spectat et audit dulce ridentem, misero quod omnis eripit sensus mihi: nam simul te, Lesbia, aspexi, nihil est super mi vocis in ore, lingua sed torpet, tenuis sub artus flamma demanat, sonitu suopte tintinant aures, gemina teguntur lumina nocte. Otium, Catulle, tibi molestum est: otio exsultas nimiumque gestis: otium et reges prius et beatas perdidit urbes.
  • 13. Leopardi «...Morremo. Il velo indegno a terra sparto, Rifuggirà l'ignudo animo a Dite, E il crudo fallo emenderà del cieco Dispensator de' casi. E tu cui lungo Amore indarno, e lunga fede, e vano D'implacato desio furor mi strinse, Vivi felice, se felice in terra Visse nato mortal. Me non asperse Del soave licor del doglio avaro Giove, poi che perìr gl'inganni e il sogno Della mia fanciullezza. Ogni più lieto Giorno di nostra età primo s'invola. Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra Della gelida morte. Ecco di tante Sperate palme e dilettosi errori, Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno Han la tenaria Diva, E l'atra notte, e la silente riva. » (ultimo canto di Saffo, Leopardi)